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Autore: devonneshope    04/11/2012    8 recensioni
'dovevamo soltanto trovare il nostro modo per incontrarci, e tornare sulla terra.'
Genere: Drammatico, Guerra, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fioca luce dell’abat-jour illuminava il suo viso soltanto per metà, lasciando parte della sua pelle olivastra completamente buia.
 “Zayn, non puoi andartene.” sussurrai  incredula guardandolo negli occhi dopo un tasso di tempo indeterminato. Lui sorrise rassegnato e mi accarezzò dolcemente la fronte.
“Sam, voglio il meglio per noi. E se meglio implica indossare una tuta mimetica e combattere per difenderti, lo farò.” Disse deciso con l’intento di rassicurarmi.
“Ma non è questo il meglio. Non per noi. Non hai bisogno di stare a migliaia di kilometri di distanza da me per garantirmi il massimo, tanto meno dover utilizzare un fucile.” Ripetei scioccata.
“Non si tratta solo di questo. Non è una semplice chiamata alle armi, è la possibilità di difenderti. Sento il dovere di aiutare il nostro paese.” Sussurrò cercando di calmarmi.
Iniziai a scuotere la testa freneticamente, mentre sentivo gli occhi iniziare a pizzicarmi.
“Ti prego Zayn, non è così che deve andare. Il meglio per me dici? Allora dimmi perché sto piangendo!” dissi iniziando a sferrare una serie di pugni contro il suo petto.
Lui mi abbracciò e io mi abbandonai tra le sue braccia.
“Non farlo Zayn. Non ora che tutto ha un senso, non farlo Zayn…”dissi con le ultime forze che avevo.
Non rispose e lo sentii sospirare:
“Andiamo a dormire.” Mi prese di peso e mi adagiò sul letto, per poi sdraiarsi accanto a me.
Ancora mi chiedo con quale forza rimase sveglio tutta a sentirmi singhiozzare e ripetermi che sarebbe andato tutto per il meglio.

due mesi dopo.
Erano giorni che non dormivo; passavo le notti a guardarlo respirare e a provare a immaginare cosa avrei fatto durante la sua assenza. Purtroppo quel maledetto 16 settembre arrivò prima di quanto immaginassi e mi trovai presto a vivere la situazione che immaginavo da mesi.
Indossavo il mio vestito con i fiori, quello che indossavo soltanto quando ero davvero triste. Avevo gli occhi gonfi e le lacrime non smettevano di scendere sulle mie guancie: lo guardavo preparare le ultime cose, mentre infilava la camicia sul suo zaino verde e si calcava bene sulla fronte il capello che l’esercito gli aveva fornito.
Ero sull’uscio della porta e guardavo il furgone mimetico che lo stava aspettando. Misi a fuoco l’immagine e vidi altri uomini al suo interno.
Chiusi gli occhi e soffocai un gemito.
“Ti scriverò tutti i giorni. Non cambierà nulla e per giugno, sarò di nuovo qui.” mi sussurrò all’orecchio abbracciandomi da dietro.
“Per il mio compleanno?” cercai di parlare tra i singhiozzi, ma era impossibile. Lui annuì e mi lasciò un lungo bacio sul collo e poi sulle labbra.
“Non sarò mai lontano, hai capito? E se non dovessi tornare in tempo..” chiusi gli occhi e scoppiai a piangere.
“..ricordati di alzarti e riprovare finchè non sarai felice.” Mi tenne stretta e poi mi sorrise.
Gli sorrisi anch’io nonostante avessi il viso fradicio dalle lacrime e lo guardai scivolare via dalla nostra casa e salire su quel furgone.
“Ti amo” sussurrai sopra il rombo del motore che partiva e la polvere che si alzava.
Lo lasciai andare in silenzio, nonostante la mia anima urlasse di dolore.
Lo lasciai andare, credendo alla sua promessa e al suo ritorno.

26 giugno.
Giugno era lentamente sopraggiunto e io ero immersa nel preparare un torta al cioccolato per il mio compleanno.
Finalmente, dopo mesi di tristezza, riuscivo a sorridere. Il sole splendeva e illuminava la cucina come non aveva mai fatto durante l’inverno, da quando lui era andato via.
Guardai il cielo e sorrisi: erano passati nove mesi e io mi sentivo incredibilmente invecchiata. Gli incubi mi tormentavano tenendomi sveglia tutta la notte, i ricordi mi perseguitavano facendomi crollare troppo spesso e la sua nostalgia mi pesava sul petto come un macigno.
Le occhiaie si facevano sempre più profonde e scure, mentre esaurivo velocemente tutte le lacrime che avevo da piangere.
Ogni mese ricevevo una sua lettera, l’unico modo che aveva per ricordarmi che lui era esistito.
Erano passati nove mesi, eppure, mi sentivo invecchiata di anni.
Tolsi la torta dal forno e la posai sul tavolo soddisfatta dell’odore che emanava.
Mi sorpresi dell’enorme silenzio in quella cucina; uscii di casa e mi sedetti sulla sedia a dondolo sul porticato, aspettando.
Iniziai a osservare imperterrita la strada, aspettando la comparsa del furgoncino verde che aveva portato via Zayn dalla mia vita.
Passò un’ora. Non accennavo a muovermi. Due, tre ore. Il cielo si era fatto scuro e il celeste aveva lasciato il posto ad una sfumatura del blu. I lampioni della strada coloravano i tetti delle case vicine di arancione e l’unico rumore che si sentiva era il canto ininterrotto delle cicale.
‘arriverà’ mi ripetevo in continuazione.
‘ecco, sta arrivando’pensavo sentendo il rombo di un motore nella via vicina. Rimasi lì, tutta la serata, con un sorriso tirato fino alle orecchie e la speranza di ricevere un ‘tanti auguri amore’ che però non sarebbe arrivato.


Cammino lentamente inciampando tra i miei ricordi e le erbacce del campo, mentre sento le mie gambe deboli cedere sotto il mio peso. Tengo in mano un mazzo di rose, alcune lettere, le sue  lettere, foto e una paletta da giardinaggio. Ho le mani sporche di terra e piene di calli, mentre il sole di giugno brucia sulla mia schiena ricurva. Mi siedo sulla lastra di pietra e poggio delicatamente le lettere e le foto davanti a me, mentre accarezzo dolcemente la lapide sotto di me. Allungo la mano verso il vetro rotondo che copre la sua foto e la sfioro scoprendo un fresco sapore di lacrime. Chiudo gli occhi e tento di sentire la sua barba sfatta, il suo profumo, i suoi lineamenti. Li riapro lentamente e sorrido, prendendo una vecchia foto. Mi limito a guardarla con nostalgia e finalmente, quando apro bocca, fatico a trovare le parole.
“Ciao Zayn. Oggi è 26 giugno, il mio compleanno. Sai, odio questa data. È la stessa che è incisa qui, su questa lapide, come segno della morte.” Arranco sentendo il sapore amaro delle lacrime in gola.
“Quando te ne sei andato, sapevo che non sarebbe stato facile. Sapevo che saremmo stati molto distanti e che avrei dovuto combattere contro il dolore per non mollare. Sapevo che avrei dovuto imparare a convivere con la tua assenza. Non sapevo quanto avrei pianto o quanto sarebbe stato difficile.
Ti ho aspettato per mesi vagando nel buio e infine, il 26 giugno,ho capito che il mio sole non si sarebbe più riacceso. Ti ho aspettato per tanto tempo Zayn e ti aspetto ancora.
Sai,” presi una lettera e la riaprii, con mia grande fatica.
“Qui sopra mi hai scritto ‘ignora la distanza, in fondo siamo sotto lo stesso cielo no?’
Avevi ragione. Dovevamo solo trovare il nostro modo per incontrarci. Io avrei voluto incontrarti a metà strada del vialetto di casa, ma qualcun altro ha deciso che il nostro punto d’incontro sarebbe stato per sempre la metà tra sogno e realtà, metà tra sonno e lucidità, metà tra ricordo e nostalgia.
Ed è stato così per tutto questi anni: è toccato soltanto a noi due incontrarci a metà del percorso per ritornare sulla terra.
Ho voluto dar ragione alle tue parole: dopo la caduta, mi sono rialzata e ho continuato a provare. Ho avuto due bambini, saresti fiero di loro. Li ho adottati.
Nella mia idea di ‘ricominciare’ non era previsto qualcun altro che potesse prendere il tuo posto, così mi sono rialzata a modo mio. Sono passati sessantadue anni da quando sei andato via.” dissi toccandomi pelle rugosa del viso e appoggiandomi alla lapide per rialzarmi:
“..Eppure, la sera mi siedo sulla mia sieda a dondolo e aspetto che quel furgone ti riporti da me. Ogni domenica apro la cassetta della posta sperando di trovare una tua lettera dal fronte. Ti sogno ancora, e tutte le mattine apro il tuo cassetto della biancheria per annusare il tuo profumo. Ogni 26 giugno preparo la tua torta al cioccolato preferita, sperando che tu possa entrare in casa in silenzio solo per farmi una sorpresa.” Sussurro lasciando che il vento mi scompigli i capelli ormai bianchi. Prendo un accendino dalla tasca e afferro tutte le foto e le lettere. Lascio che la fiamma carbonizzi la sua calligrafia, mentre la carta si contorce pigramente sotto la fiamma giallognola.
Osservo il suo sorriso stampato sulla carta da fotografia andare a fuoco, e guardo il cielo sorridendo commossa.
“Ma non avrò da aspettare ancora a lungo. Non dovrò più accontentarmi soltanto del tuo ricordo come ho fatto in questi anni. Finalmente, so che stai venendo. E stavolta, so mi porterai via con te.”

spazio autore
Inizio col dire che questa OS è uno schifo e ne sono consapevole.
L'ho scritta ascoltando 'Down to earth' di Justin Bieber, (se la leggete con la canzone di sottofondo è anche meglio lol)
e ho buttato giù di colpo questa storia. Purtroppo, ho la brutta abitudine di scrivere OS sulle canzoni che più influenzano la mia vita personale.
Spero solo di non avevri annoiato e con questo, saluto tutte c:
un bacio!

  
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