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Autore: RainySky    04/11/2012    1 recensioni
*Credo di stare per impazzire è la 3 volta che non mi prende l'intro*
Comunque! Ecco la seconda serie di Revolution Time. Se vi ricordate chi era Lens Ryuga allora fareste bene a dimenticare tutto quanto, poichè i due personaggi sono agli estremi opposti.
"Una guerra che sembrava essere finita dopo la morte di Ryuga Lens viene riportata in vita dal suo stesso figlio. La strage degli A.S. ha inizio ed io, sono l'unico rimasto."
___
Se avete presente la celebre frase del Gladiatore, "E avrò la mia vendetta in questa vita o nell'altra", molte cose vi verranno spiegate in un batter d'occhio :D.
Buona lettura.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tempo di Rivoluzioni'
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Le lezioni sono così noiose…
Durano all’infinito ed in ogni caso non imparo nulla di entusiasmante.
D’altra parte non sono mai andato a scuola, perché devo iniziare ora? Credo che da domani farò sciopero fino a quando il Grande-boss non si degnerà di togliermi dai corsi e mi mandi a fare qualcosa di meno istruttivo per la mia povera testolina.
 
Frequentavo la scuola da soli 2 giorni e avevo già ogni singolo ragazzo della classe contro, le ragazze per lo meno mi erano indifferenti.
Ogni tanto sentivo qualcuno fissarmi, ma dal momento che ero diventato il più odiato dell’intero istituto decisi semplicemente di non farci caso.
Alzai lo sguardo a guardare l’orologio: mancavano 5 minuti al termine. 5 infiniti minuti. Li occupai come potevo ovvero stracciando la carta e dondolandomi sulla sedia producendo fastidiosissimi rumori che nonostante tutto non impedivano al professore di continuare imperterrito la sua lezione.
 
Quando finalmente suonò la campana di fine lezioni fui il primo ad alzarmi e a sfrecciare fuori dall’aula mentre tutti gli altri raccoglievano le loro cose e chiacchieravano felici su poi chissà cosa.
Sarebbe bello se potessero imparare cosa vuol dire soffrire. Soffrire sul serio.
La solitudine (e la fame) mi portarono a lamentarmi senza motivo sul tetto della scuola. Andai a sedermi vicino alla balconata, distesi le gambe e sopportai la fame per quanto straziante fosse avrei sempre mangiato la sera ai dormitori, forse.
Chiusi gli occhi ed il mondo si spense con l’oscuramento della mia vista.
 
Dopo non so quanto tempo mi riaccesi, come se fossi rimasto spento troppo a lungo senza dare cenno di vita come se pensassi ci fosse qualcuno ad aspettarmi..
Stropicciai gli occhi contro voglia e mi stiracchiai per diversi istanti, quando infine mi accorsi che avevo del ramen proprio accanto a me. Lo guardai con l’acquolina in bocca, decisi a prenderlo e a saziare questa dannata fame, non potevo resistere fino a stasera contando che erano solo le 2 del pomeriggio.
Presi in mano le bacchette che erano state messe sopra la ciotola del ramen “Itadakimasu!” urlai felice come un bambino.
Finito il ramen lasciai a terra la ciotola e mi alzai a guardare il panorama che il tetto della scuola offriva: la vista era davvero bellissima, senza ombra di dubbio. La parte dove mi ero affacciato offriva la vista sulla parte opposta a quella dove dovrebbe esserci la cittadina, lì vi erano solo montagne e un lago più in là. Tutto quello era davvero mozzafiato, potevo tranquillamente paragonarlo al paesaggio di casa e ciò mi rendeva felice poiché potevo dire di aver trovato il mio angolo di paradiso in quello che per me si preannunciava l’inferno. Per la seconda volta in quei giorni mi passò davanti una farfalla blu sgargiante e di nuovo io la seguì con lo sguardo per vedere dove stavolta mi avrebbe portato.
Mi fece girare e fu così che la vidi, non mi ero accorto della sua presenza anche se al contrario credo fosse stata lei a portarmi il ramen.
Rimasi fermo incapace di non fissarla per un istante, l’istante in cui una folata di vento le mosse i lunghi capelli e lei chiuse gli occhi simultaneamente.
Scossi la testa dandomi dell’idiota e decisi semplicemente di andarmene da lì ma come le passai dietro questa mi guardò di striscio “Dovresti trovare un modo per procurarti da mangiare all’ora di pranzo”.
Mi fermai dietro di lei, senza però girarmi “Non c’è bisogno che sia tu a dirmelo”, parlai con una nota di acidità che mi sorprese letteralmente.
Kagura scoppiò a ridere “Figurati non c’è bisogno di ringraziare per il ramen, Jerky-boy”.
Sprofondai quando mi resi conto che aveva effettivamente ragione, mi aveva portato da mangiare e nemmeno l’avevo ringraziata ma non potevo né volevo lasciargliela vinta così, cambiai argomento.
“Kagura” dissi per attirare la sua attenzione e di fatto lei si girò con una nota di sorpresa in volto < Come fai a conoscere il mio nome? >, le diedi il foglio che le era caduto tempo addietro, non avendo occasione di rivolgerle la parole semplicemente non ho potuto restituirlo prima.
Lo prese e prima di metterlo nello zaino lo guardò con apprensione “Lo hai letto?”, scossi la testa ed in ogni caso mi squadrò da cima a fondo per cercare anche una minima traccia di menzogna ma per sua sfortuna doveva ammettere che avevo ragione io. Non mi sogno nemmeno di farmi gli affari suoi.
“Dì.. Tu hai smesso di sognare, Kagura?” chiesi facendo ritornare l’argomento alla stessa situazione di qualche giorno prima, mi guardò un po’ sorpresa, un po’ scioccata senza sapere cosa dire.
Alla fine si girò e guardò all’orizzonte “Non siamo dei bambini, su certe cose bisogna cercare di essere più realisti… Certe cose bisogna.. Smettere di sognarle. Perché se cerchi in fondo a te sai che non potranno mai accadere. Non ti verrà mai data l’opportunità di scappare da dove non puoi, né tanto meno ti diranno che puoi cambiare il passato o cambiare ciò che sei” e su quest’ultima frase diede molta enfasi, avrei voluto chiederle perché ma già avevo sentito la tristezza nella sua voce e lasciai perdere.
“Mi spiace. Non intendevo portare alla mente brutti ricordi” la stupida staff si mise a ridere flebilmente, portò una mano al viso e la strofinò a livello degli occhi. Stava piangendo?
“Sai non avrei mai pensato di sentirti chiedere scusa a qualcuno” bofonchiò cercando di trattenere un singhiozzo anche per una minima parte, mi avvicinai alla balconata guardando nella sua stessa direzione cercando il qualcosa che attirava la sua attenzione ma mio malgrado non trovai nulla.
“Non sono sempre stato così” risposi abbassando il tono di voce, quasi a non volermi far sentire quando, attualmente, era tutto il contrario.
Ero stranamente felice che Kagura mi avesse rivolto la parola, anche se per poco. Forse sarei stato felice indipendentemente da chi mi avesse parlato dal momento che a lungo andare la solitudine diventa pesante da sostenere, nonostante nei primi anni della mia vita io ve n’abbia avuto a che fare.
 
Rimanemmo in silenzio, di sottecchi ogni tanto guardavo Kagura, la quale era troppo impegnata ed immersa nei suoi pensieri per potersene accorgere. Io stesso mi riscossi dall’essere stato così sentimentale (?) e feci per andarmene.
“Grazie”.


Spazio Autrice:
Salve salve, ecco uscito il capitolo 8!
Mi sento in obbligo di dire che man mano che scrivo mi riscopro quasi a descrivere situazioni che conosco. Cosa intendo rimarrà un mistero :')
Questo capitolo è un po' più lungo rispetto ai precedenti, ma dal momento che avevo iniziato un discorso fra i due non mi andava di tagliarlo a metà. Son più per: "le cose vanno iniziate e finite! Cribbio" ^^.
Detto questo non c'è molto altro che io debba aggiungere, alla prossima =)
Un bacione!
  
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