La storia insegna che la natura umana
è fatta di guerra, passioni, tradimenti, collera.
Ma insegna anche che è fatta di
solitudine.
Fin dall'alba dei tempi, i più grandi pensatori umani ritenevano
che la solitudine fosse parte integrante della vita dell'uomo. L'essere soli era
una condizione che andava accettata, che poteva portare a perdersi oppure ad
elevare il proprio spirito. Secondo alcuni si cammina soli per tutta la vita,
anche se in compagnia.
Per altri...si è soli e basta. In qualunque momento,
come unica compagna la pia illusione dell'amore.
Per i demoni invece si
trattava di una questione più complessa di quanto si potrebbe
pensare.
Indifferenti per natura, gelidi nello spirito, per i demoni la
solitudine era un dono.
Una situazione di fondamentale importanza.
E anche
di sostanziale noncuranza.
Essere soli ...comparato alla gloria e alla
conoscenza di una vita eterna.
Perciò, la bilancia aveva sempre avuto due
misure per mortali e immortali.
Eppure da qualche anno, nel Golden Fields,
alla residenza del primogenito della millenaria famiglia Cameron, un umano aveva
cominciato a sperimentare sulla sua pelle che l'esistenza demoniaca non era né
vuota né gelida.
Bensì forte e vorticosa come un turbine di vento.
Più
densa del sangue.
Cameron Manor, ormai più abitato da quello che era stato
nell'ultimo secolo, vibrò leggermente quel pomeriggio di giugno
piovoso.
L'immensa costruzione di mattoni chiari e decine di torri dalle
tegole nere sormontate da gargoyles guardiani avvertì una leggera
scossa.
Ogni vetrata emise un acuto sibilo, cosa che fece anche il padrone di
casa.
Chiuso nella sua stanza sulla torre del vespro, immerso nell'oscurità e
grato ai vantaggi dell'alcool, Caesar Noah Cameron aprì appena un occhio. Anche
al buio e assordato dall'incessante battito della pioggia, uno dei demoni puri
destinati a comandare la nuova generazione si guardò attorno.
Le luci erano
basse, colpa del suo mal di testa. La ricercatezza dall'arredamento
impallidivano al confronto del demone che alla sua nascita era stato
soprannominato dal nonno paterno Diamond, diamante.
I capelli bianchi appena
più corti erano scarmigliati su numerosi cuscini, mentre lui sdraiato su una
chaise-longue di damasco tanto blu d'apparire nero, risucchiò l'aria fra i denti
come perle e si ripose il braccio sugli occhi.
Da otto anni aveva imparato
che ignorare era molto meglio che fare domande.
Come sosteneva suo fratello
Leiandros, spesso l'ignoranza era più saggia del sapere.
Il problema però si
poneva quando i suoi obbligatori coinquilini minorenni dovevano far passare il
tempo.
E cinque demoni puri insieme ad un umano...portavano solo
guai.
Ringraziando il cielo a palazzo quel giorno ce n'erano solo due,
momentaneamente, ma ci avrebbe scommesso che tempo due ore e il gruppo si
sarebbe riunito per la serale caccia grossa.
Imprecando senza usare il fiato,
alzò la mano e una bottiglia di Merlò si sollevò dalla tavola di mogano che
sormontava quel bouduare appartato.
Si versò un bicchiere che poi lo
Smaterializzò direttamente nella sua mano sinistra.
All'anulare aveva rimesso
qualcosa che non aveva più portato da un pezzo. Per rabbia.
La sua fede
nuziale.
Che strano rivedere quell'anello al dito.
Eppure erano passati
solo ottant'anni. Incredibile come passava velocemente il tempo.
Brindò alla
salute d'Imperia, sogghignando, quindi mandato giù il calice se ne versò
immediatamente un altro.
E le finestre vibrarono ancora.
Si, c'era
battaglia nell'aria, pensò prima di ricadere in trans.
Battaglia e
divertimento.
Peccato che qualcuno ne sarebbe di nuovo uscito pieno di
lividi. E non solo di quelli.
Al primo piano, infatti, nella Sala delle Furie
data dalla rappresentazione allegorica di queste ultime sul pavimento di
porfido, un'ampia stanza circolare quasi priva d'arredamento e dal soffitto
basso ma dal diametro d'impressionante ampiezza, si stava consumando un
allenamento che era più un massacro.
Brandon Feversham, trecentonove anni
compiuti in gennaio, secondogenito della famiglia Feversham che era una delle
più giovani nate nei sette secoli precedenti, stava seduto sulla mensola di
granito dell'unica ampia portafinestra che illuminava la Sala col bagliore di
lampi e fulmini che sovrastavano il Golden Fields.
Capelli castani cortissimi
ma folti, lineamenti delicati e occhi bianchicci su cui spiccavano occhialetti
leggeri dalle minuscole lenti rossastre, leggeva privo d'interesse un libricino
logoro.
Un ginocchio contro il torace smilzo, guanti sempre alle
mani.
Ogni tanto levava lo sguardo...per scuotere il capo.
- Vlad.- disse
con la sua voce bassa e sottile - Vacci piano.-
Predica inutile.
Alla sua
sinistra per un metro e quasi novanta di altezza, il giovane demone puro
discendente da una famosa dinastia russa, da parte di madre. Vladimir Alexander
Stokeford non lo degnò di uno sguardo.
D'indole crudele quanto mai diffidente
e incurante, Vlad in poco più duecento anni era stato allevato come un
guerriero, da una famiglia che aveva partorito per millenni condottieri e feroci
assassini.
L'aspetto magnifico non riusciva a mitigare la sua
crudezza.
Capelli biondo grano, lunghi a ciocche sulla fronte, occhi
pallidissimi e quasi sempre socchiusi.
Un viso e un corpo mascolini che
tradivano potenza, specialmente il volto. Guance poco incavate, ma che non
mitigavano la spessa mascella ricoperta da un filo leggero di barba e spessi
segni neri sotto gli occhi.
Come un rapace.
Muscoli tonici, guizzanti. Su
una pelle diversa da tutti gli altri demoni.
Non pallida, bensì
ambrata.
Una camicia nera aperta sul torace, mostrava di sfuggita un
tatuaggio minuscolo sotto la clavicola sinistra.
Il segno del suo
casato.
Una falce e un iris, incrociati.
Lo stesso simbolo di alcuni zar.
Fra i suoi parenti, la stessa Alexandra Romanov, regina di tutte le Russie.
-
Vlad.- lo richiamò Brand, vedendo che la magia che stava scatenando verso il suo
avversario stava superando il limite - Devi solo rompere lo scudo. Non rompergli
le ossa.-
- Fa silenzio.- sibilò, levandosi la sigaretta penzolante dalle
labbra sottili.
Detto fatto, annoiato da quell'inutile allenamento, agitò un
palmo e lo scudo che stava penosamente cercando di trattenere la sua magia finì
in mille pezzi, con un rimbalzo tale d'aria da spedire con forza inaudita il
suo, ovviamente, più debole avversario contro la parete.
Brand fece una
smorfia, alzandosi.
Dal muro, come già si era ritrovato spesso in vita sua,
Thomas Maximilian Riddle scivolò a terra, tenendosi il capo.
Batté una mano
aperta a terra, per trattenere e al tempo stesso sfogare il dolore. Ma non ci
riuscì.
- Porca puttana!- ringhiò, gemendo.
Vlad schioccò la lingua,
soffiando fuori il fumo.
- Ne hai avuto abbastanza direi.- sibilò con voce
roca, guardando il mago dall'alto in basso - Mi sono stufato, ho di meglio da
fare che stare qua a giocare.-
- Ma porca.- Brand lo spostò, correndo da
Riddle.
Da in piedi, chiunque avrebbe potuto scambiare il giovane mago
ventiseienne per un demone.
Non contando i suoi occhi, chiaro.
Il
ragazzino di un tempo aveva assunto un fisico statuario e un'altezza
invidiabile, anche se non era possibile paragonarla a quella di
Stokeford.
Pelle di alabastro, presa dalla madre e la bellezza di un viso che
rappresentava il peccato per molti.
Al collo, l'argenteo bagliore del platino
e di un rubino nero rilucevano come la più magnifica delle
gemme.
T.M.R.
Questo il marchio a fuoco sul serpente che lo
legava alla gola.
Per la vita.
I capelli d'inchiostro gli scivolavano
scomposti sulla nuca e sul viso.
Sull'avambraccio destro invece, ora spiccava
una lunga cicatrice di coltello, liscia al tatto. Vecchia di sette anni.
-
Tom, tutto ok?- gli chiese Brand, tirandolo in piedi.
Riddle gemette di
nuovo, toccandosi la nuca.
- Hai un taglio in testa.- gli disse Feversham,
portandogli una mano sulla parte ferita - Sta buono.-
Tom non rispose, ma
rialzò gli occhi blu come la notte su Vlad, che era rimasto a braccia
incrociate.
E lo fissava.
La lunga occhiata fra i due avversari parve non
avere fine.
E per poco, Tom vide un leggero bagliore aleggiare nello sguardo
del demone che sapeva bene cosa significasse.
- Fa male la schiena?- continuò
Brand, sbuffando.
- Secondo te?- e sorrise, alzando il viso sopra la spalla -
Non ho niente di rotto.-
- Ma qualche vertebra incrinata forse si.- replicò
Feversham - Vlad, che cazzo, ma non capisci proprio niente?-
- Me l'ha
chiesto lui.- si limitò a rispondere Stokeford, menefreghista come suo
solito.
- Non t'ha chiesto di spezzargli l'atlante!- sbottò Brand.
- Mica
è colpa mia se è fatto di burro.-
- Ma vaffanculo Stokeford.-
Tom rise,
vedendo il sopracciglio alzato di Vlad.
- Vuoi sfidarmi Feversham?- chiese,
con una nota goduriosa nella voce.
- Ti piacerebbe.- ghignò Brand, levandosi
gli occhiali e pulendoli con perizia - Ma adesso ho di meglio da fare.-
-
Ecco, vai a sbatterti Winyfred.- gli consigliò acidamente il biondo, dando loro
le spalle - Io me ne torno in camera.- e senza fare più un fiato agitò una mano
con aria annoiata e si creò un portale, essendo lui un Portalista, che
attraversò e sparì all'istante, senza stare a sentire le prediche di
Feversham.
- Pezzo di cretino.- sentenziò Brand, accennando un ghigno.
-
Lascialo stare Brand, dai.- sorrise Riddle, zoppicando fino a raggiungere la
mensola, dove si sedette lentamente, sentendo tutte le ossa del suo corpo di
burro urlare vendetta e pietà al tempo stesso.
- Sei troppo buono con lui.-
replicò Feversham, facendosi apparire una poltrona su cui si sistemò comodo - Il
polso fa male?-
- No, è guarito. Però, la pozione che mi hai fatto è
miracolosa. Me l'ha sistemato in un'ora.-
- Se ti rompi un osso al giorno
fratello non ci sarà incantesimo che ti riporterà dalla bara.- sogghignò
l'altro, facendo ridere anche lui - Vlad non sa dosarsi con te, lo sai. Perché
insisti?-
Thomas Maximilian Riddle tacque allora.
Abbassò il volto sulle
sue mani, ora coperte dai calli dell'uso frequente della spada.
Le dita
lunghe esibivano piccole ferite, ma nulla di serio.
Perché insiStevea?
In
fondo...che altro avrebbe potuto fare?
Si appoggiò ai vetri, avvertendo un
brivido.
La pioggia...sarebbe stato bello potersi sporgere dalla finestra e
toccare la sua prima goccia di pioggia dopo otto anni.
Invece quella finestra
poteva solo aprirla. Sentire l'aria, l'aria vera sulla pelle...ma niente di
più.
Distolse lo sguardo, tornando a sorridere e a massaggiarsi il
collo.
- Non preoccuparti per me, Brand.- disse pacato.
- No?- Feversham,
che poteva dire di conoscerlo molto bene essendo stato il primo a cercare di
conoscere otto anni prima quel ragazzino mortale che era stato Sigillato a
Cameron Manor, nascose un sorriso amaro.
Begli anni erano stati.
Loro, in
punizione per aver aiutato Caesar ad uscire dalla sua biblioteca otto anni
prima, erano stati cacciati dai genitori ed obbligati a stare a Cameron Manor
per un periodo di circa cinquant'anni.
Certo, potevano uscire come loro
pareva, ma ad alcuni la pena era stata un po' ridotta.
Winyfred Harkansky per
esempio, la più grande fra loro, lo era abbastanza da non dover rendere contro
al padre, il potente Horus Harkansky, delle retate in casa sua. Tantomeno
rendeva conto dei suoi viaggi nel tempo, cosa che aveva fatto imbestialire tutta
la famiglia.
Vlad aveva accolto la punizione con una smorfia, ma come una
tranquilla vacanza dalla vita sociale cui era costretto.
Val Hingstom invece
aveva letteralmente ballato sulla sua cacciata, potendo così godersi la vita di
vizi che aveva sempre sognato, lontano dal perbenismo della sua famiglia.
Ma
Val era sempre stato così.
Duecentodiciassette anni, cinque meno di Vlad, era
stato la pecora nera della famiglia Hingstom, quando si era fatto una
scampagnata fra i babbani durante il D Day più di mezzo secolo prima.
Ancora
peggio, si era infilato in mezzo a una manifestazione durante il 68' in Francia,
a Parigi, dove aveva manifestato insieme a migliaia di studenti con una cresta
verde in testa, macchiando così la reputazione del suo casato.
Per finire, la
sua vita sregolata aveva fatto morire di crepacuore la sua zia paterna, o almeno
così si diceva in giro, ma lungi dal piangerci sopra Val aveva accettato al volo
la possibilità di poter vivere col grande Caesar Cameron.
Senza contare tutto
l'interesse che il demone aveva sempre provato per Tom.
Come molti, provava
interesse per tutto ciò che esiStevea oltre al ristretto mondo demoniaco...e Tom
Riddle era stato, e tuttora restava, una grande fonte d'ispirazione per
lui.
Restava solo Denise.
Che...scontava una pena forse assai peggiore di
tutti loro.
Denise Axia Loderdail era nata solo centoventiquattro anni prima
da una delle più illustri famiglie demoniache che mai avessero poggiato occhi o
piede in Gran Bretagna dopo i Cameron.
Figlia unica, nata al posto del
sospirato maschio, era venuta alla luce una notte di luna nuova.
La madre
perì durante il parto e il padre, folle per aver perso la donna amata e non aver
avuto l'erede che voleva, dette alla piccola quel secondo nome.
Axia.
Tesoro in greco. Cosa
preziosa.
Come sfregio. Come ultimo dono forse, perché sputò ai piedi
della culla e da allora non si era più fatto vedere.
Era stata la nonna
paterna, Sapphire Loderdail ad allevare la bambina con rigidità e disciplina,
tanto da ricordarle sempre che a Loderdail Mansion lei era solo un monile. Un
prolungamento, tra l'altro non desiderato, della famiglia.
Non era passato
molto però prima che i Loderdail si accorgessero del grande dono che si annidava
in Denise.
Ladra spirituale.
La capacità di connettersi alla mente altrui,
specialmente ai ricordi.
E di manipolarli a proprio piacimento.
Perché sta
nei ricordi e nelle esperienze di vita ciò che siamo.
Cambiare i ricordi,
cambia il passato, il presente. E quindi il futuro.
Con la punizione però,
Denise si era presa l'impegno di tornare regolarmente a Loderdail
Mansion.
Per essere controllata.
Presto, infatti, i parenti le avevano
programmato possibili matrimoni per liberarsi di un'erede femmina che aveva
messo fine al loro casato.
Da principio, otto anni prima, ognuno di loro si
era aggirato per Cameron Manor per gli affari propri.
La presenza di Tom, un
moccioso umano, non aveva toccato nessuno di loro più di tanto, almeno fino a
quando non avevano capito con chiarezza cristallina quando Caesar fosse legato a
quel mortale.
Era qualcosa che nessuno di loro era riuscito a capire, spesso
ancora si stupivano di cosa poteva provare un demone che tutti consideravano il
capo della generazione giovane.
Poco a poco, le visite di Lucilla Lancaster
avevano fugato ogni dubbio.
Quell'umano era speciale.
Winyfred, Brand e
Val erano stati i primi a muovere dei passi avanti, senza neanche capire perché
volessero farlo.
Spesso Tom era rimasto giorni interi chiuso in camera.
In
loro presenza non parlava mai.
Per quasi un anno aveva passato le giornate in
biblioteca, accettando solamente la compagnia di Caesar e Dimitri.
Tutto era
scoppiato nel momento in cui, un anno e pochi mesi dalla sua reclusione, Tom
aveva pestato inavvertitamente i piedi a Vlad.
Una discussione iniziata con
semplice e civile "Dov'è Caesar?" da parte di Riddle era finita con "Muori
bastardo." da parte di
Stokeford.
Di quel giorno restava la lunga cicatrice sul braccio di Tom.
E
qualcosa di dannatamente mutato nell'animo di un demone che era riuscito a
vedere dove non credeva avesse mai potuto esserci un mondo di luce.
Nella
Sala delle Furie all'improvviso si creò il caos.
Tom e Brand capirono subito
chi era, ancora prima che spalancasse le porte con un botto.
-
Ciaooo!-
Winyfred Zeta Harkansky irruppe agitando le braccia esili per
salutarli.
- Tom, tesoro, prepara quei cosi che scoppiano che domani ti porto
a vedere la presa della Bastiglia!- celiò, prima di abbassarsi e scoccare a
Brandon, il suo fidanzato, un profondo bacio a fior di labbra.
Per cosi che
scoppiano intendeva i pop corn.
E per Bastiglia...intendeva quella
vera.
Da anni l'Harkansky faceva girare Riddle in mezzo alla distorsione
temporale in sordina.
Tom era stato al Louvre, alla sua apertura. Aveva visto
Ramses distruggere la Siria, Napoleone a Waterloo, Hiroshima e Nagasaki dal
mare, aveva visto sorgere una nuova Babilonia con Alessandro Magno, la battaglia
a Pearl Arbour per poi vedersela in dvd due ore più tardi.
Aveva anche visto
l'assemblamento della Statua della Libertà, per non parlare del Sacco di Roma e
niente meno che il primo concerto dei Beatles oltre mare.
Tutti questi viaggi
due o tre volte al mese.
Ma la sera dopo proprio non poteva.
- Tesoro...-
disse dispiaciuto - Domani vengono è controllori del Ministero. È il due. Lo
sai.-
- Oh, che palle!- si lagnò lei, buttandosi seduta in braccio a Brand e
scostandosi i ricci fitti color rame dalle gote tonde e color pesca - Quei
noiosi mi hanno fregato la serata! Pensa che dopo volevo anche portarti a vedere
i Ramones!-
- Adorabile.- sorrise, divertito - Ma non domani. Facciamo
giovedì?-
- Mica posso fermarlo il tempo.- sospirò, mettendo il broncio -
Pazienza...vorrà dire che ti faccio vedere Robespierre decapitato! Meglio? O
preferisci Maria Antonietta?-
- Fai tu.- abbozzò, cercando di non ridere come
faceva Brand, silenzioso.
- Comunque quei Controllori sono una rottura.
Sempre a staccarti capelli e gocce di sangue.-
- Solo una volta al mese, per
controllare sia io e non un doppio.- le disse, tranquillo - Non è niente.-
-
Sono cafoni.- sbottò Winyfred - Non li batte neanche Stokeford...e parlando del
diavolo, dov'è Vlad?-
- In camera.- spiegò Brand, passandole le braccia alla
vita e baciandole una spalla nuda - Ha quasi spezzato la schiena a Tom e poi se
n'è andato.-
- Adesso lo sventro.- minacciò la rossa - Ti ha fatto male
amore?- chiese a Riddle, carezzandogli la testolina.
- Non troppo,
tranquilla.- e si alzò, baciandole una guancia - Ora scusate signori, ma credo
che andrò a trovare il padrone di casa. Poi mi faccio una doccia. Ci si vede a
cena dove mangio solo io.-
- Si, contaci!- ironizzò Winyfred, prima di
rovesciarsi addosso a Brand e finire entrambi direttamente giù dalla
poltrona.
Tom se la filò prima di vedersi lo spettacolo in prima fila, ma non
poté fare a meno di ridere.
- Divertitevi!- proclamò, chiudendosi i battenti
alle spalle.
Nel corridoio si fermò di fronte al parapetto delle
scale.
Cameron Manor era formato da un grande scalone a chiocciola, titanico,
che raggiungeva il piano più alto del palazzo.
La ringhiera di marmo della
scalinata poi, era larga e spessa, finemente elaborata.
Tom si Smaterializzò
all'ultimo piano, proprio su di essa.
La ringhiera era solida...ma lui,
inginocchiato sopra, si ritrovò a guardare in basso.
Metri e metri di caduta
libera.
I suoi occhi persero il divertimento che aveva costellato quella
giornata.
Si mise in piedi, mani nelle tasche dei pantaloni neri.
E
continuò a guardare in basso.
Nessuna vertigine.
Nessuno
sbandamento.
Un tuono in cielo si propagò nel castello.
- Ti piace così
tanto il pavimento dell'ingresso?-
Tom piegò le labbra, senza
voltarsi.
Piani più sotto il pavimento sembrava più lontano di quanto non
fosse.
Un buco nero. Una voragine.
Denise Loderdail gli apparve a
fianco.
Salì veloce e impalpabile sulla ringhiera, scalza, con addosso un
abito di seta rosa antico e sandali a tacco alto di strass in mano. Le spalle
scoperte, i lunghi capelli bianchi trattenuti in un'acconciatura costruita in
una ragnatela di perle e cristalli la rendevano quasi una fata.
La più bella
di tutte. E anche la più letale.
- Ciao.- le disse Tom.
Si chinò e la
baciò, schiudendo le labbra quando la demone gli chiese un maggior
contatto.
Quando si staccò da lei, senza accorgersene si ritrovò tranquillo a
terra.
Denise lo guardava attenta.
E negli occhi bianchi sotto cui
brillavano tanti scintillanti brillantini come cipria, spiccava qualcosa.
Un
tormento.
- Sei stata da Caesar?- le chiese, stringendola per i
fianchi.
Lei scosse il capo.
- No, sono di buon umore oggi.-
Riddle non
si azzardò a replicare, ben conoscendo quel limite che non doveva mai essere
valicato.
- Vado a trovarlo io.- sospirò, baciandola di nuovo - Ci sei a
cena?-
Denise annuì - A dopo allora.- e svanì in una nuvola di vapore,
proprio come fece anche Tom.
Ma la demone non era andata
lontano.
Riapparve dietro l'angolo, le palpebre basse verso quella dannata
ringhiera.
Sempre più spesso l'aveva trovato lì sopra, in quell'ultimo
periodo.
Da principio si era trattato di avvenimenti sporadici.
Poi
nell'ultimo anno la frequenza era aumentata fino a diventare una situazione
quotidiana.
In piedi o in ginocchio, a metri e metri di altezza.
A
guardare il basso, in una voragine, con un'avidità tale da far tremare le vene
ai polsi.
Si rimise i saldali e lasciò cadere lo strascico dell'abito, corto
sul davanti e in poche lunghe falcate raggiunse le stanze di Tom. Vi era un
ingresso circolare, con tre porte.
La stanza da letto a sinistra, da cui
proveniva il rumore di una doccia scrosciante.
Doveva essere Vlad.
La
porta a destra dava su un salotto, pieno di diavolerie babbane.
La porta al
centro...era la stanza dei giochi, come la chiamava Vlad.
Il luogo di quel
castello che Denise detestava a morte.
Lo aprì e rimase sulla
soglia.
Negli anni, il Ministero aveva accordato a Riddle numerose richieste
e Tom ne aveva approfittato per chiedere la possibilità di leggere la Gazzetta
del Profeta, ma non solo.
Sotto inchiesta, gli venivano recapitati numerosi
oggetti mistici, dalle semplici sfere di Veggenza ai nuovi ritrovati di studiosi
e alchimisti in campo di Difesa e Trasfigurazione. C'erano anche piante magiche,
giunte da Everland, e alcune creature che i professionisti avevano considerato
di scarto.
Fra queste, in una grandissima vasca di vetro, Melisande. Una
sirena che aveva perso la voce e non cantava.
Incredibile a dirsi, con Tom
l'aveva fatto.
Ed era l'unico con cui parlava.
La sirena stava
sonnecchiando, avvolta nei suoi lunghi capelli scuri.
Aprì un occhio nero
come la pece e le dette le spalle, facendo finta d'ignorarla.
Denise fece lo
stesso.
Si lasciò scivolare seduta, posando lentamente lo sguardo su ogni
oggetto presente in quella stanza piena di giocattoli.
La stanza di un
bambino...resa simile al mondo esterno, perché non poteva uscire.
Entrato
in camera di Caesar, Tom strabuzzò gli occhi infastidito.
- Va bene che qua
sono l'unico che non vede al buio completo, ma farmi pesare così le mie mancanze
è troppo.- estrasse la bacchetta e l'agitò lievemente.
Candelabri e tende
riuscirono a riportare un po' di luce, tanto che Cameron irrigidì le mascelle,
ancora sdraiato sulla chaise-longue.
- Brutta giornata.- sindacò Riddle,
raggiungendolo, prendendo la bottiglia ormai vuota di Merlò e andando alla
tavola ingombra di carte e missive - Come stai oggi?-
- Andrebbe meglio se
fossimo in due in questa fottuta casa. Peccato che Demetrius abbia avuto la
bella idea d'imbucarsi di nuovo a cena.- replicò Caesar, senza aprire gli occhi
- Cos'era quel casino?-
- Vlad mi ha spedito contro la parete nella Stanza
delle Furie.-
- Affascinante.- commentò il padrone di casa, decidendosi a
mettersi un po' seduto. Si sistemò i cuscini dietro la schiena, scrutando Riddle
da capo a piedi - Hai intenzione di farti paralizzare?-
- E tu?- Tom levò la
bottiglia vuota - Il tuo fegato starà urlando.-
- Il mio fegato ha quasi
mille anni.- replicò Caesar, accendendosi una sigaretta.
I suoi occhi bianchi
rimasero immobili, quando la sua voce tradì la prima predica.
- Non dovresti
preoccuparti della mia salute, ma della tua.-
- Oddio.- Tom mollò la
bottiglia, poggiandosi si peso alla tavola con le mani - Ok, va bene. Hai
ragione tu, lo so. Ma ho solo mandato giù qualche pasta quando facciamo festa.
Erano solo allucinogeni.-
- Tom, Tom.- lo bloccò Caesar all'istante, levando
la mano. La sua espressione tornò a essere segnata dall'abbandono, dalla noia
quasi - Frena. Non sono tuo padre, sei maggiorenne e vaccinato e puoi fare
quello che vuoi. La grazia dei narcotici è un dono di Dio, o del Diavolo, a
seconda di come vuoi vederla e so bene cosa arriva a fare uno per passare il
tempo ma se ti metti in testa di divertirti con loro, almeno vedi di ricordarti
che il tuo metabolismo è almeno cento volte più debole di quello di un demone.
Non puoi darti ai bagordi con Vlad e Val come niente fosse.-
- Lo so.- ammise
docile - Hai ragione.-
- Non voglio aver ragione.- Caesar rise appena,
soffiando fuori il fumo - Voglio solo non dover dire a Lucilla che durante i
vostri baccanali hai mandato giù una caramella di troppo. Chiaro?-
-
Chiaro.-
Tom fece una smorfia, sedendosi.
- Non fare quella faccia.-
continuò Cameron, ghignando - Divertiti come vuoi, voglio solo che ti ricordi la
differenza sostanziale fra te e quel manicomio che ti orbita attorno.-
- Ci
pensa Denise a me.-
Riddle se l'era aspettato.
Al nome della demone,
Caesar non aprì più bocca.
Restò a fumare, guardando chissà cosa.
Poi Tom
lo capì. Guardava la sua fede, che aveva iniziato a portare di nuovo da poco
tempo.
Per monito...a Denise. E a se stesso, probabilmente.
Stava per
aprire bocca, per cercare di capire, quando un passo che azzarderei animalesco
irruppe nel corridoio.
E la porta si spalancò tanto da far finire i battenti
contro le pareti.
Poteva essere una sola persona.
- Dimmi che non è nudo.-
sibilò Caesar, mettendosi una mano sugli occhi.
Tom si morse le labbra per
non scoppiare a ridere.
Val Hingstom era in piedi dietro alla chaise-longue
di Cameron, completamente nudo a parte la tovaglia rossa di flanella di un
tavolo da gioco legata ai fianchi.
Capelli lunghi castano scuro, legati in un
codino minuscolo e barba da pomeriggio, Val puzzava come se fosse uscito da una
ciminiera. Quindi era stato all'Azmodeus Club di Londra, il luogo più malfamato
d'Europa e il casinò sotterraneo più bazzicato da gentaglia di ogni livello mai
vista.
- Io-odio-gli-Angeli-della-Morte!- tuonò furibondo, raggiungendoli e
al contempo tenendosi il gonnellino improvvisato - Li odio! Mi fottono sempre al
poker, mi spiegate come cazzo fanno? Eh? Loro e la loro stupida lucina che hanno
in testa! Ci scommetto quello che volete che si portano le anime e si fanno dire
le carte avversarie! Affanculo!-
- Ciao Val.- lo salutò Riddle, agitando la
bacchetta e facendogli comparire addosso almeno un paio di pantaloni bianchi -
Quanto hai perso a parte le mutande?-
- Oh, niente di che. Ma mi fa incazzare
come mi fregano sempre!- sbottò, grattandosi la schiena, infastidito - Li
detesto! Ciao Caesar, come va? E poi sai cosa odio?-
- La lucina che hanno in
testa.- sospirò Riddle, ridendo - Quella volta che li hai portati qua, però, io
non ho visto nessuna lucina.-
- La vedono solo i demoni e i mezzi demoni. Gli
umani sono ciechi come talpe. Dovresti farti insegnare da Denise.- chiarì
Hingstom - Per non parlare di quei Quattro deficienti dell'Apocalisse che
facevano il tifo dal tavolo accanto! Per colpa loro ho dovuto pagare metà a
soldi e metà con un tatuaggio.-
- Ti sei fatto fare un tatuaggio per
scommessa?- Caesar lo guardò senza sapere più cosa dire, se non la formula di
una specie di palla di fuoco gigantesca - Fa' vedere.-
E poi ci fu realmente
da ridere.
Il tatuaggio diceva "I LOVE CROUPIER", spiccando allegramente
sulla natica pallida di Val.
- Credo che andrò in cantina a prendere del vino
per cena.- disse Cameron, alzandosi contro voglia - Se andaste tutti e due a
sistemarvi prima che mi metta a tavola, senza mangiare come sempre, mi fareste
un favore. Grazie.-
Sparito il maggiore, Val attese qualche secondo prima di
posare lo sguardo sulla bottiglia di Merlò vuota.
E poi sulla
chaise-longue.
- Ha rimesso la fede, hai notato?- chiese Hingstom.
- Si,
ho visto.- annuì il mago, passandosi una mano fra i capelli neri.
- Se
continuano così tutti e due finiranno per ammazzarsi.-
- Non credo che Denise
sia propensa a discutere della cosa. E tantomeno lui.-
- Capito.- Val si
alzò, dandogli una mano per fare lo stesso - Vado a immergermi nel sapone di
Marsiglia, chissà che lo scadente lezzo dei sigari degli Angeli mi si scolli di
dosso. A dopo fratello.-
- Ok...a dopo.-
Caesar Cameron aveva ragione.
Aveva assolutamente ragione.
E' incredibile cosa uno può arrivare a fare
quando l'unica sua preoccupazione è quella di far passare il tempo.
Senza
sogni né progetti, si arriva a seguire le strategie più disparate.
Tom Riddle
ci stava pensando, quella notte verso l'una passata.
Viaggi nel tempo,
festini, fumo e droga...
- Questa è la cosa più cretina che abbia mai
visto.-
Sorrise, ritornando alla realtà.
Era seduto nel salotto delle sue
stanze, sdraiato su un divano e appoggiato con un cuscino dietro alla testa
all'addome di Vlad che, seduto smodatamente ma con classe, guardava niente meno
che Tremors alla televisione piatta di Riddle.
- Come fa a farti schifo?-
ghignò il mago, assonnato ed esausto dopo i lunghi combattimenti della giornata
- E' un classico. Un incrocio fa fantascienza e thriller ecologico. Ha sbancato
ai botteghini e poi è diventato troppo commerciale piuttosto.-
Stokeford
spense la sigaretta, disgustato - E' una puttanata.-
Tom rise ancora,
cambiando canale. Lo mise su MTV, rete internazionale di musica e tendenza per
sentire il demone lamentarsi che i babbani non sanno fare musica.
Non
sopportava i Queen, diceva i Pistols erano solo degli psicotici troppo fatti, e
lì Tom non se la sentì di negare con troppa veemenza, non reggeva neanche Jimi
Hendrix. Per questo Winyfred, che lo considerava il suo idolo babbano, più volte
l'aveva già minacciato di amputazione cruenta.
Passò qualche minuto e col
buio e una musica lenta, Tom riuscì quasi ad appisolarsi.
Ma non funzionò a
lungo.
- Vlad? Mi fai vedere le stelle?-
- Diluvia.- sibilò l'altro,
senza staccare gli occhi dalla tv.
- Non questo cielo. Uno
qualunque.-
Sbuffando, il demone spense la sigaretta e alzò un braccio in
aria, passando la mano sul soffitto con un gesto sinuoso.
Si aprì un portale
e Tom poté ammirare lo scorcio del firmamento più brillante che avesse mai
visto.
- Caraibi?- chiese.
- Polinesia.-
- Però.-
Stokeford si
accese un'altra sigaretta, da cui fuoriuscì un leggero profumo di menta.
-
Denise mi ha detto tempo fa che nella tua famiglia portate nomi di
stelle.-
Anche se era solo poggiato al suo torace con un cuscino, Vlad lo
sentì tendersi all'istante.
- Si.- rispose Tom, richiudendo gli occhi - Nella
famiglia di mia madre hanno sempre avuto questa tradizione.-
- Quella
biologica.-
- Si. Lei era...una Black. E' una delle più antiche famiglie di
maghi purosangue esistente. Tutti i Black avevano nomi di stelle, ma l'ultimo ad
avere avuto l'onore credo sia Draco. Mio cugino.-
- Draco? È una
costellazione ambigua, si diceva.- replicò il demone - A te non l'hanno dato un
secondo nome?-
- Me lo diede Lucilla e poi non credo che Bellatrix Lestrange
si fosse sprecata a pensare a un nome che seguisse la regola, quando sono nato
io. Primo perché eravamo ad Azkaban e secondo perché non perdi tempo a pensare
alle stelle, quando metti al mondo l'erede del Lord Oscuro.-
Vlad si poggiò
sul bracciolo del divano.
- Ricominci.-
- Mi hai svegliato tu con le
domande.- lo zittì - Evita di parlare della mia famiglia e andremo
d'accordo.-
- E non mettere mai in luce la tua deficienza riguardo alla
Sigillazione, terza regola.- concluse Stokeford, irritandolo ancora di più - Me
n'ero scordato per qualche secondo, scusa.-
Fra il sarcastico e il
condiscendente c'è una linea sottile...ma lì si esagerava.
- Dove cazzo eri
stamattina?- continuò il demone, dopo un breve silenzio - Quando mi sono
svegliato non c'eri.-
- Ti dà fastidio svegliarti a letto da solo?- ironizzò
Riddle.
Vlad soffiò fuori una nube di fumo alla menta - Mi secca che le mie
cose si spostino da dove le ho lasciate.-
- Porca puttana.- Tom inspirò,
senza smettere di fissare il cielo - Imprigionato, drogato, depresso e pure
schiavizzato.-
- E se non la smetti anche morto.- finì il demone con
indifferenza - L'immortalità è già abbastanza pesante senza gli umani che hanno
istinti suicidi.-
- Solo di mattina li ho.-
- Io uno adesso, perciò
regolati.-
Andò a finire come sempre. S'ignorarono a vicenda fino a che
Riddle non finì nel mondo dei sogni, così che Vlad potesse distogliere lo
sguardo dalla tv, per posare gli occhi bianchi su di lui.
La mano alzata,
stava per toccargli il viso, ma l’arrivo di Winyfred lo fermò. La ragazza
apparve nella stanza, oltre il divano. Fece un risolino.
- Interrompo
qualcosa?- chiese tutta allegra.
Stokeford roteò le pupille - No.-
- E Tom
che fa là sotto?- tubò, alzandosi sulle punte degli stivali di lucidissima
pelle.
- Dorme, spostata.-
- Però. Ormai gli fai solo questo effetto.- e
prima che Vlad potesse mandarla al diavolo, la rossa si Smaterializzò sopra di
lui, passandogli con una presa d'acciaio il braccio al collo.
Serrando
lievemente la mascella, Vlad protese di nuovo la mano su Riddle, affinché non
potesse svegliarsi.
- Cosa vuoi?- chiese allora, rovesciando il capo verso
Winyfred.
- Due cose.- disse l'Harkansky, con voce a dir poco sepolcrale,
cambiando come da giorno a notte - La prima è che cominci a tenere a freno la
lingua e non parlo del privato. Ma di come gli fai sempre domande riguardo al
passato.-
- Hn.- mugugnò, pacifico - E la seconda?-
- Vacci più piano in
allenamento.- sibilò lei, assottigliando le palpebre - Sono stata chiara?-
-
E' lui che vuole.-
- Per questo dovresti controllarti!- ringhiò Winyfred - E'
prigioniero qui dentro, non è fatto di ghiaccio come noi! Perciò non dargli
spago quando cerca l'oblio!-
- Mollami.- sibilò allora Stokeford, duro -
Mollami subito.-
Lei lo fece, lentamente.
Vlad riabbassò il viso su Tom,
masticando un'imprecazione fra i denti.
Gli umani cercavano spesso la morte,
almeno questo aveva imparato negli anni da Tom. E sebbene detestasse la
debolezza in ogni sua forma, aveva anche imparato che il suicidio non era un
atto di mera codardia. Non per gli esseri umani, almeno.
- Domani vengono i
Controllori.- disse Winyfred, prima di sparire verso la porta - Spero che non ti
farai vedere come al solito.-
- Conosco la recita a memoria, non c'è bisogno
che me la rispieghi.-
- Ottimo. Allora ci vediamo domani
sera.-
Dannazione.
Maledetti i demoni e gli umani con la loro anima
nera.
Vlad fece sparire il cielo stellato, richiudendo il portale, poi volse
lo sguardo oltre la vetrata fradicia di pioggia.
Troppi temporali
ultimamente.
Troppe avvisaglie nel firmamento.
Come se in cielo gli
spiriti stessero colpendo con forza le nubi della volta, per avvisarli di
qualcosa.
Era meglio dormirci sopra.
Il giorno dopo, Tom si svegliò
verso le due del pomeriggio, dopo una lunga nottata insonne.
Aprì lentamente
gli occhi e la prima cosa che percepì contro la pelle fu il freddo e liscio
corpo di Denise, abbracciato al suo. Lei lo toccava con la schiena, i capelli
sciolti di cui poteva percepirne la fragranza di gigli.
Si mosse appena,
cercando di non svegliarla, ma lei fu più rapida e alzò il capo.
-
Buongiorno.- la salutò, baciandole la fronte.
- Scusa se sono piombata qua.-
mormorò, rimettendosi comoda sotto le lenzuola - Ma sono tornata a casa mia e ho
avuto un'accoglienza fin troppo calorosa. Avevo bisogno di pace.-
Riddle
tacque, poggiandosi su un gomito.
Le carezzò la spalla con due dita,
corrucciando la fronte.
- Non vuoi parlarne vero?-
- Non per ora.- si girò
ancora, posandogli un bacio al livello del cuore, poi altri piccoli e lievi sul
collo - Vai pure. Non preoccuparti per me.-
La prese in parola, nonostante
conoscesse molto bene l'incredibile capacità di Denise Loderdail nel
mentire.
Era abile, molto abile. Solo un empatico potentissimo poteva carpire
le sue menzogne.
Si girò nel letto, sentendosi dolorante ovunque e cercò i
suoi vestiti.
Non trovò neanche i boxer e imprecando infilò il primo paio di
jeans tutti pieni di strappi che gli arrivò a tiro.
Afferrò una camicia e
raggiunse il bagno, dove trovò Vlad, intento a sciacquarsi la faccia, con un
asciugamano attorno ai fianchi e una scia di gocce d'acqua sulla schiena.
-
Ciao.- l'apostrofò Riddle, chiudendo la porta - C'è Denise di là.-
- Ma tu
guarda.- disse il demone, senza fare una piega - E' diventato di nuovo un ménage
a trois senza che me ne accorgessi. Potevate chiamarmi.-
Tom gli scoccò
un'occhiata sarcastica.
- E' andata a casa sua, mi ha detto.-
- Al
mausoleo, vorrai dire.- replicò Stokeford, tirandosi indietro i capelli con un
gesto automatico.
- Ha problemi con l'eredità, vero?-
- Problema non è un
vocabolo che definisce bene la sua situazione.-
Riddle allora perse la
pazienza.
- Qua nessuno mi dice mai niente.- sbottò - Ora andiamo in camera
tua e sputi il rospo.-
- Come ti pare.- poi Vlad alzò qualcosa fra le dita e
gliela sventolò davanti - I tuoi boxer me li tengo per ricordo?-
- Da qua!-
ringhiò Tom inferocito, facendo finalmente sogghignare il suo
amante.
Riapparvero nella cupa e confusionaria camera di Stokeford, che in
quanto a ordine lasciava molto a desiderare. Buttò giù una marea di vestiti e
libri da una poltrona, dove fece sprofondare il mago.
- Mai imparati
gl'incantesimi di più comune utilizzo domestico?- gli chiese Tom ironico.
-
Spiacente. Appena ho superato il metro di altezza i miei mi hanno messo una
spada in mano.- celiò gelidamente Vlad, facendosi comparire addosso indumenti
comodi ma di ottima fattura. Mosse agilmente le dita e in mano gli apparve un
portasigarette di legno intarsiato. Ne prese una, poi lanciò tutto a Tom che si
accese la sigaretta alla menta dalla fiamma del demone.
- Cosa vuoi
sapere?-
- So che...- Tom guardò il suo orologio da polso -...hai dieci
minuti prima che arrivino i Controllori del Ministero per dirmi che grane ha in
casa Denise. Perciò fai un riassunto.-
- E' femmina, ha fatto morire sua
madre di parto e i Loderdail vogliono farla sposare con un parente stretto per
mandare avanti la dinastia.-
- Cazzo.- Tom prese una boccata - Tu si che li
sai fare i riassunti.-
Se Vlad colse del sarcasmo nella frase non se ne curò,
afferrando un portacenere buttato a terra.
Tom usò la magia per ripulire le
cicche e la cenere sparsa lì attorno, conscio che in quell'ambiente poteva anche
prendersi qualche infezione, ma non aveva ancora rielaborato la faccenda del
matrimonio di Denise.
- Vogliono farla sposare?- allibì, riprendendosi.
-
Tu si che ascolti quando la gente parla.-
- Ma non possono obbligarla!-
-
Ha centoventiquattro anni. E' minorenne secondo i nostri canoni. Si raggiunge la
maggiore età solo ai due secoli pieni.-
- Ma che stronzate, perché nessuno
dice niente? E chi dovrebbe sposare?-
- Val che conosce i suoi parenti dice
che il prescelto sarebbe quel tipo che hai visto a Capodanno, di sfuggita.
Quello che stava con le sorelle di Lord Demetrius.-
Tom allargò la bocca -
Quello con quello sfregio sulla guancia?-
- Si, gliel'ha fatto mio cugino
qualche secolo fa. Piccolezze.-
- Ma lei non lo ama!-
Vlad levò il
sopracciglio.
A volte adorava terribilmente quel barlume d'ingenuità che era
rimasto nell'umano che gli sedeva di fronte.
Tom comunque si riprese presto
dall'uscita.
- Voglio dire, mica siamo nel Medioevo! Non possono
costringerla! E Caesar non dice niente?-
- Caesar?- Stokeford si lasciò
sfuggire una risata cattiva, levandosi la sigaretta di bocca - Cocco, ricordi di
chi parli? Lo hai guardato bene di recente? Parli di uno che vive attaccato al
suo passato, che venera un anello e preferirebbe farsi scuoiare vivo piuttosto
che ammettere di provare attrazione per un'altra donna. Demone o umana che sia.
Perché secondo te ha lasciato andare via quell'umana tempo fa?-
- Hermione?-
mormorò Tom - Lei amava ancora mio cugino.-
- Stronzate, avesse voluto un
modo l'avrebbe trovato per tenersela. Ma è talmente testardo e rigido sulle sue
stronzissime posizioni che vivrà tutta la sua fottuta eternità da solo,
rimpiangendo la maledetta Glassharm e il giorno in cui l'ha lasciata suicidarsi.
Ecco la bella storiella.- e spense la sigaretta, infastidito - Adesso vai dai
Controllori, ho sentito i cancelli aprirsi. Vai.-
Era un ordine e Tom
sospirò, alzandosi.
Vlad teneva a quella situazione più di quanto avesse
mostrato recentemente.
Quando raggiunse l'ingresso, dopo essersi vestito per
le scale, trovò i soliti tre molesti esserini mandati dal Wizengamot.
Dopo
otto anni, poteva dire di essersi abituato alla loro boria.
- Signor Riddle.-
l'apostrofò il Primo Segretario Donovan, dell'ufficio del Ministro Edgar Dibble
- Confidavo che in questo lasso di tempo avesse imparato la
puntualità.-
Donovan era un uomo di mezza età, magro ma con la pancia
prominente e flaccida. I capelli già bianchi e l'aria arcigna di chi ha vissuto
tutta la sua vita in ufficio.
Accanto a lui, uno a destra e uno a sinistra,
il Sovrintendente di Azkaban Paul Brockway che a forza di vivere al buio
sembrava un vampiro tanto era pallido e smorto e per ultimo l'Auror David
Quinn.
- Buongiorno a tutti.- salutò pacato, senza stare a sentire i
borbottii del Segretario.
- Potrebbe essere un buongiorno.- sibilò quello.
Rapido gli strappò un capello, mentre Tom levava la mano. Si fece pungere il
dito, attese che i tre immergessero il suo sangue e il suo capello in una
boccetta contenente una pozione verde mela e che la suddetta di mettesse a
friggere.
Intanto l'Auror Quinn, con le sue manone, con la telecinesi gli
consegnò alcune casse che lasciò nell'ingresso.
- Giocattoli nuovi.- spiegò
Donovan, lisciandosi i baffetti - Il Ministro si è prodigato affinché lei avesse
altro per...passare il tempo.- e schioccò la lingua, acido - Sfere con gargoyles
in miniatura, che è pregato di non disperdere nella campagna, alcune fate dello
Yorkshire che hanno sviluppato strane tendenze a far piangere i girasoli,
Sbuffoli di granito e alcuni di pietra calcarea che sono stati piuttosto
irrequieti durante il viaggio, anche se non ne capisco il motivo...-
- Forse
perché gli Sbuffoli odiano i Thestral?- abbozzò Tom.
- Non faccia il
saccente, si risparmi.- fece il Segretario, arricciando narici e labbra - Si
ricorda perché è qui vero?-
- Perché sono un pericolo per la società dei
maghi.- recitò con tono incredibilmente distaccato.
- Esatto.- annuì
compiaciuto Donovan - E per finire una Dama dell'Acqua.-
- Una Dama
dell'Acqua?- Riddle sbattè le ciglia - Ma si stanno estinguendo, non dovreste
condurla magari a...-
- Ah, basta!- lo interruppe il Primo Segretario,
richiudendo il suo libretto di appunti - Voglio ricordarle che le sono concessi
privilegi che ad Azkaban non si sogna nessuno!-
- Se non altro ad Azkaban
anche i miei fratellastri hanno diritto a una visita una volta l'anno.-
La
voce di Tom si era incrinata, ma il suo alterco col Segretario volse di nuovo a
favore di quest'ultimo che sembrava provare un piacere immenso nel ricordargli
che razza di sangue gli scorresse nelle vene.
La pozione dell'Auror Quinn
aveva finalmente iniziato a ribollire e con la prova in mano i tre se ne
andarono, lasciando a terra numerose casse.
Nel silenzio più totale, Tom
riuscì ad inginocchiarsi.
Col cuore che gli batteva forte nel petto aprì
quella della Dama dell'Acqua.
Trovò un uovo di cristallo grande come la testa
di un gigante.
E dentro, fra tante bollicine, vide muoversi una sinuosa
presenza simile a una sirena.
Ma senza coda.
La Dama dell'Acqua.
Che
Tom ancora non sapeva essere...trappola e via d'uscita al tempo stesso.
Solo
per lui.
Era appena risalito nella stanza dei giochi e ricevette subito le
visite dei compagni di cella.
- Oh, che carino questo Sbuffolo!- cinguettò
Winyfred, vestita in un'indecente minigonna che fece smettere di pensare anche a
uno controllato come Vlad. Prese dalla gabbietta lo Sbuffolo in questione,
animaletti tondi con nasi schiacciati che come unico verso emettevano proprio
sbuffi inconfondibili.
Solitamente gli Sbuffoli inglesi erano pelosi, ma
alcuni esemplari del Suffolk spesso tendevano a Trasfigurarsi in rocce, per
mimetizzarsi alla cattura.
Lo aiutarono a tirare fuori i gargoyles, che
attaccarono con un cicaleccio senza fine, quindi le fate, che invece di
spruzzare Polvere Rallegrante accecarono Brand e Val con della Polvere
Piangente, forse arrabbiate con qualche umano che aveva disturbato la loro
quiete ma quanto Tom mise l'uovo di cristallo accanto alla vasca di Melisande,
che lo studiava curiosa, Denise irrigidì i lineamenti perfetti.
- Da dove
arriva?- gli chiese.
- Non so. Non mi dicono mai dove prendono le cose che mi
portano.- le spiegò Riddle.
- Ti fai portare roba che non sai dov'è stata?-
replicò la demone.
- Ma che ti prende?- le chiese anche Val, che piangeva e
al contempo imprecava dietro alle fate che sghignazzavano sadicamente - E' solo
una Dama dell'Acqua.-
- Già e chissà com'è che sono in via d'estinzione.-
disse Brand, che sembrava poco contento come la demone - Ho letto che fino a
pochi secoli fa si usavano come passaggi. Ovunque ci fosse una pozza d'acqua,
loro ci passavano in mezzo. I maghi avevano cominciato ad usarle per scopi
personali...-
- Io a casa ne ho una.- disse Winyfred tranquilla - Papà una
volta l'ha usata per andare nell'Eden. Mi ha portato una mela.-
- E l'hai
mangiata?- chiese Tom, preoccupato.
- No, era candita. Mi fanno schifo i
dolci.-
Logica impressionante. Lasciarono perdere Winyfred e le sue
elucubrazioni sulle mele ricoperte di glassa dalla dubbia provenienza ma niente
cambiava che Denise stesse fissando la Dama dalle movenze sinuose con
espressione minacciosa.
- Non liberarla mai dall'uovo.- gli disse allora,
mentre Tom aprire di più le tende e anche le finestre, senza potersi sporgere -
Capito?-
- Si, si.- annuì, guardando la magnificenza del Golden Fields anche
con un tempo infame come quello - Vedrai che non è un modo per il Ministero
della Magia di farmi secco. E' solo un prestito, non può esserci niente
di...terribile...in...un...prestito...-
La sua voce si spense, come portata
via dal vento.
Tom iniziò a fissare un punto imprecisato.
Lo videro
cominciare a tremare violentemente e spostarsi subito dalla finestra.
- Cosa
c'è?- gli chiese Val.
- C'è...- Tom deglutì, attaccandosi alla parete - C'è
qualcuno davanti ai cancelli, fra le margherite. Mi ha guardato.-
I demoni si
avvicinarono subito alla finestra. Si sporsero, ma non videro nulla. Fra le
margherite nere spazzate dal vento non c'era niente, neanche un passero.
- Lì
fuori non c'è nessuno.- gli disse Brand - Tom sei sicuro di aver visto una
persona?-
- Come sarebbe non c'è nessuno?- replicò, angosciato - C'era
qualcuno coperto da un mantello chiaro!-
- Era un uomo o una donna?- gli
chiese Vlad.
- Che ne so, non sono stato a guardare!- ringhiò allora, facendo
ben capire che fosse vicino a una crisi - Ma non sono pazzo! Ho visto qualcuno
là fuori e guardava me!-
- Se fosse apparso qualcuno davanti al cancello
l'avrei sentito.- gli disse più gentilmente Winyfred, prendendogli la mano -
Comunque adesso scendo a controllare. Va bene?-
- Controllare cosa?- berciò
Stokeford.
- Sta zitto Vlad e vieni con me. Avanti.-
- Vengo anch'io, la
cosa m'interessa.- celiò Val, Smaterializzandosi con loro.
Un sordo panico
gli aveva attanagliato le viscere.
Tom Riddle aveva scordato quella
sensazione da tanto tempo ormai...da quando aveva visto per l'ultima volta un
essere umano, otto anni prima. Da quando Angelica Claire King gli aveva detto
addio, da quelle stesse colline.
Il dolore tornò più forte di prima, a stento
riuscì a sedersi.
Sentiva solo la tensione che gl'induriva i muscoli delle
braccia, della schiena.
Le mani fredde di Denise non riuscivano a dargli
sollievo, neanche quando gli carezzò i capelli, poggiando il capo contro il suo
seno.
Fuori dai cancelli intanto, Winyfred, Val, Vlad e Brand giravano
attorno alle mura con circospezione.
- Io non vedo niente.- disse Val - Non è
che dorme troppo poco?-
- Sarebbe colpa mia?- frecciò Vlad truce.
- Siete
tu e Denise a tenerlo sveglio.- replicò Hingstom ridendo.
- Finitela di fare
i porci.- replicò l'Harkansky, col vento che le scompigliava i fini ricci color
rame. Di colpo poi Winyfred tirò su col naso. Si guardò attorno, percependo
qualcosa.
- Non sentite un insolito odore di...lavanda?-
Brand seguì la
traccia della sua ragazza, annusando l'aria.
- E' vero. E' fumo alla
lavanda.-
- Forse ho vinto io.- li richiamò Vlad, poco lontano - Gente,
venite qua.-
La sua aria terribilmente seria divenne proprietà di tutti
quando videro un avvallamento fra le margherite nere.
Alcune erano spezzate e
calpestate.
Alzando gli occhi, colsero in linea d'aria la stanza di Tom al
quarto piano di Cameron Manor. Denise si stava sporgendo, per capire
cos'avessero trovato.
- Non è finita. Ecco da dove arrivava il fumo.-
Stokeford si piegò e mostrò a tutti una cicca di sigaretta mezza spenta.
-
Lavanda.- annuì Val, odorandola - C'è stato qualcuno davvero.-
- Si ma adesso
è sparito.- replicò Brand, che coi suoi occhiali vedeva molto più di quanto si
credesse - Torniamo dentro. I poteri di Caesar forse possono dirci
qualcosa.-
Cameron, però, non parve lieto di sentire la notizia.
Colse
l'invasione nella sua biblioteca col solito silenzio stizzito e con un silenzio
ancora più gelido ascoltò i ragazzi dirgli della persona che aveva fissato Tom
dai cancelli.
- C'era quella a terra.- gli disse Riddle, sgomento.
Cameron
prese la sigaretta spenta dalle dita di Vlad, cupo. La fissò, poi rialzò il
viso.
- Poteva essere chiunque.-
- Mi ha guardato dritto in faccia
Caesar.- alitò il mago - Ne sono sicuro. Io ero troppo lontano, non ho capito se
fosse un uomo o una donna ma chiunque fosse guardava me.-
- Puoi capire
qualcosa?- gli chiese Winyfred, carezzandole le spalle rigide di Tom.
- Già,
puoi percepire qualche sentimento?- lo incalzò Val.
- Da una cicca?-
riecheggiò Caesar, quasi oltraggiato.
- Di più non abbiamo.- gli disse Brand
mesto.
- Magari era uno del Ministero rimasto di guardia.-
- Mi ha messo
i brividi Caesar.- sussurrò allora Tom in un soffio - Non era uno del Ministero.
Inoltre...- si bloccò, mordendosi il labbro, per poi continuare a fatica
-...Damon, Beatrix e Claire...si sono tenuti alla larga da qua, in questi anni.
Anche Harry e Draco hanno fatto lo stesso...non era nessuno di loro...ne sono
sicuro.-
Caesar capì che le brutte sensazioni provate negli ultimi giorni non
erano dovute all'alcool. Scrutò la cicca, quindi la richiuse nel palmo e inspirò
a fondo. Gli altri rimasero in attesa, tranquilli, e quando Caesar riaprì gli
occhi, ciò che Tom vi vide non gli piacque per nulla.
- E' solo una
sigaretta, non c'è molto.-
La voce del demone uscì sottile, quasi
lugubre.
- Ma posso dirti l'ultima cosa che la persona che la fumava ha
pensato.-
- Sarebbe?- chiesero i cinque demoni con stizza, mentre Tom,
pallido, taceva.
- "Padre mio, ti
vendicherò".- recitò Cameron, gelando in un istante il sangue nelle vene di
Riddle.
Vendetta.
Una delle forze più potenti sulla terra.
La notte
stessa verso le tre del mattino, ai cancelli di Cameron Manor si presentò
qualcuno decisamente più gradito dell'ultima presenza appostatasi nei paraggi
quel pomeriggio.
Caesar Cameron era nella sua sala da pranzo al primo piano,
le gambe lunghe su una tavola che non aveva mai conosciuto tanta scortesia.
Dall'altro capo, Lord Demetrius tamburellava le dita sul cedro lustro
freneticamente.
Gala Leoninus invece sedeva di fronte al camino e stava
sorseggiando la sua cena da una coppa dorata nel momento in cui Lucilla del
casato dei Lancaster varcò la soglia.
- 'Sera.- mugugnò, levandosi il
mantello e poggiandolo sulla sedia a fianco di quella di Caesar - Per qualunque
cosa sia, mi avete salvato da una festa. Ne avessi voglia vi bacerei.- aggiunse
sarcastica, sedendosi.
L'abito guepiére in raso, doppiato in pizzo nero, fece
capire a tutti in che tono fosse stata la festa così tardiva.
Ovvero la
classica riunione formale di sfoggio di classe.
Sempre giovane, sempre
stupenda, Lucilla si scostò i lunghi capelli bruni dalle spalle per gettarli
indietro.
- Allora?-
- Oggi c'è stato un problema.- iniziò Caesar, già
alla seconda bottiglia di vino.
- Peggiore del tuo umore?- replicò
sardonica.
Lui la ignorò, portandosi il flûte alle labbra, facendo
risplendere la fede al dito - Oggi qualcuno s'è appostato qua fuori. Tom l'ha
visto e ha giurato che stesse fissando proprio lui.-
- Auror?-
- No.- le
disse Demetrius - I ragazzi hanno trovato una cicca. Caesar ha potuto leggere
l'ultimo pensiero impresso da chi l'ha fumata.-
- E fatemi indovinare.-
Lucilla si sporse sulla tavola, incrociando le dita sotto il mento -
Mangiamorte?-
- Come fai a dirlo?- Cameron levò un sopracciglio - Che
succede?-
- Niente.- rispose lei, tranquilla - Ho sentito di un assassino in
libertà che vaneggia il ritorno alla gloria del passato. Niente di che, gli
Auror sono a un passo dal catturarlo.-
- E questo tizio è un Mangiamorte
marchiato?-
- Perché me lo chiedi?-
- Perché l'ultimo pensiero sulla
sigaretta diceva "Padre mio, ti vendicherò."- delineò Caesar.
A quel punto,
anche Lucilla come Tom avvertì qualcosa dentro di lei che si agitava. Qualcosa
che, Caesar lo sentì bene, riportò a galla vecchi ricordi.
- Potrebbe essere
chiunque.- s'intromise Gala, lucida come sempre - Può essere un figlio di Auror,
un figlio di mezzosangue torturati. Lord Voldemort ha massacrato troppa
gente.-
- Già, bisogna guardarsi le spalle su troppi fronti.- annuì
Dimitri.
- Non mi avreste chiamato qui se pensaste che è una sciocchezza.-
sentenziò la Lancaster - Ci sono stati altri problemi?-
- No, assolutamente.-
la placò Caesar - Volevo solo informarti. Tom è rimasto abbastanza scosso e a me
non piace ignorare le brutte sensazioni. Questo assassino in circolazione...ha
seri legami con i Mangiamorte?-
- Chiunque pensi che i sanguesporco sono
feccia da impiccare può essere considerato Mangiamorte.- sorrise Lucilla, senza
alcun divertimento - Metà della popolazione magica lo pensa. Ma questo è
diverso.-
- Infatti. Chiunque fosse s'è preso la briga di venire qua
davanti.- Demetrius si fece pensoso - Nessun umano può entrare. A malapena ci
riesce Jeager.-
- Bisognerebbe che fosse Tom ad uscire.- sussurrò Caesar,
senza staccare gli occhi da quelli di Lucilla - Cosa che si ritiene impossibile.
L'incantesimo di Sigillo è molto forte. Fatto dall'intero Wizengamot. Tom, per
quanto sia diventato spaventosamente forte, in maniera che stupisce anche me,
non è ancora in grado di romperlo.-
- Come si può farlo uscire? Quel collare
non glielo permette.- considerò Gala.
- Quindi c'è davvero qualcuno che vuole
vendetta.- disse la Lancaster in un soffio, dopo un lungo momento di silenzio -
Chiunque...chiunque potrebbe volerla, però.-
- Qua è al sicuro.- la calmò
Cameron - Fidati. Non c'è modo per entrare, né per uscire.-
L'espressione di
Lucilla si tese - I Controllori del Ministero?-
- C'è sempre qualcuno dei
ragazzi con Tom, quando vengono.- Demetrius scosse il capo - E poi finirebbero
nelle grane, al Ministero sanno delle tue visite, anche se fanno finta di
niente.-
- Ok e allora chi era la persona di oggi?- sbottò Lucilla, alzandosi
stizzita - Dannazione, mi sembrava che quasi otto anni di pace fossero un po'
troppi. Agli Uffici sugli Spostamenti Magici fanno un sacco di storie! Non mi
diranno mai delle Smaterializzazioni avvenute qui, oggi, oltre a quelle dei
Controllori.-
- Ammesso che questo qualcuno si sia Smaterializzato.- le
ricordò Gala - Pensa a un Animagus.-
- Sono registrati.-
- Tom no.-
abbozzò Demetrius - Abbiamo solo quella sigaretta alla lavanda. E un proposito
di vendetta.-
- Non abbiamo niente.- ringhiò Lucilla fra i denti - Ok,
d'accordo. Farò qualche indagine da sola, senza far sapere nulla agli altri. Non
voglio che si mettano in agitazione.-
- Forse con Degona posso fare
qualcosa.- le disse Caesar - Ma ogni volta che ci vediamo per le lezioni lei non
viene mai neanche a trenta metri da qui.-
- Proverò a parlarle.- annuì
distrutta - Per il momento però...tenute Tom all'oscuro. Va bene? Voglio che
viva tranquillo, questa pagliacciata la chiuderò ancora prima che inizi.-
-
Perfetto.- le concesse Cameron, alzandosi di malavoglia - Ti accompagno alla
porta.-
Ecco cos'erano state le tempeste degli ultimi giorni su Golden
Fields.
Avvisaglie. Presagi.
Avrebbe dovuto ascoltare i moniti, si dannò
Cameron, fermo ai cancelli con Lucilla che si nascondeva sotto il mantello.
-
Al primo problema ti chiamo.- le giurò, serio.
- Lo spero. Anche nel caso...-
abbozzò lei, indecisa se continuare -...il problema non fosse di Tom.-
- Che
significa?- sibilò.
- Lo sai.- Lucilla lo guardò ancora, poi sorrise mesta -
Ora vado. Abbraccialo da parte mia.- e sparì, lasciando il demone a fissare il
punto in cui se n'era andata.
Maledetta Lucilla. Maledetta Imperia.
Tutte le donne che se ne infischiavano della loro vita e ciò che
lasciavano indietro.
E maledetta anche la donna che lo fissava ora, oltre le
tende della finestra della sua stanza.
Maledetto chi non si guardava mai
indietro.
E lasciava una scia di cenere, che una volta erano stati sogni.