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Autore: Mistful    23/05/2007    9 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

 

Dichiarazione di Maya sulla Politica Personaggi

Voglio più bene a Snape ma Sirius è più carino
Lupin dovrebbe proprio essere il mio padrino
Pansy è la mia ragazza, Hermione è brillante
Ginny è molto più di una persecutrice ansimante
Ron è adorabile, lo dico chiaramente
Lo stesso Harry, anche se ambiguamente
Ma chi è sempre al primo posto per me?
Sì, sì, sì, Malfoy è il nostro Re!

 

 

Capitolo Diciassette

Il colpo di grazia

No we can't be friends

Not while I'm still so obsessed

I want to ask were I went wrong

But don't say anything at all

[No, non possiamo essere amici / Non ora che sono così ossessionato / Voglio chiederti dove ho sbagliato / Ma tu non dire niente]

 

Il giorno dopo, Harry scelse il corridoio con la strega di pietra per iniziare a lavorare. Era isolato e tranquillo, e aveva con sé una spilla di scorta che gli aveva dato Lupin, delle scorte di Madama Chips e una gabbia enorme che gli aveva prestato Hagrid.

Non doveva far altro che guardare la spilla Serpeverde e concentrarsi.

"Ehm," disse, cosa che suonò molto strana in Serpentese. "Venite, serpenti. Vi voglio tutti qui. Qualsiasi serpente vicino a Hogwarts o nei paraggi... venite qui subito!"

Udì alcune domande vaghe, dei commenti stupiti e semplici assensi passivi.

Quando il primo piccolo serpente di campagna scivolò nella gabbia, provò un impeto di soddisfazione.

Era da troppo tempo che si sentiva inutile e frustrato. Non avrebbe mai permesso che la cosa lo abbattesse, se avesse sentito di poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, per cambiare le cose. Ma era da quasi un anno che Hogwarts sanguinava, e non era diventata altro che l'anticamera della depressione, perché nessuno aveva idea di cosa fare.

Se ci fosse stata anche solo una possibilità che fossero i serpenti, e quello avrebbe potuto fermarli...

"Avanti, venite," disse Harry persuasivo, facendo scivolare e sibilare le sillabe sulla propria lingua.

"Oh baby, dimmi le parolacce."

Harry sobbalzò, si voltò di scatto e roteò gli occhi verso Draco. Draco sogghignò e si appoggiò alla parete del corridoio.

"Mi hai fatto quasi prendere un colpo," gli disse Harry, e per un istante gli sembrò strano parlare in inglese.

"Noi Serpeverde siamo i maestri dell'astuzia e del sotterfugio," disse Draco, distaccatamente orgoglioso. "Senti, credo che dovremmo parlare."

"Ehm, sì, forse," rispose Harry, e aggiunse immediatamente ‘andare nel panico' alla lista di cose da fare una volta attirati tutti i serpenti. Spostò lo sguardo dal viso di Draco alla spilla sul suo petto, e disse, "Venite," giusto per essere sicuro.

Draco tossì. "Così mi distrai," commentò.

Altri serpenti strisciarono nella gabbia, intrecciandosi finché Harry non perse il conto.

"Beh, mi dispiace, ma si dà il caso che sia importante," disse Harry, più duramente di quanto volesse.

"Lo so," disse freddo Draco.

"E tu non mi sei d'aiuto," aggiunse Harry. "Non potremmo parlarne più tardi, qualsiasi cosa sia?"

"Oh, certo!" esclamò Draco, e la sua voce si fece più aspra. "Quale orario ti sarebbe più congeniale?"

"Ascolta, non si tratta di me," gli disse Harry. "Se fosse  per me... se fosse per me, troverei il tempo da dedicarti. Ma devo fare qualcosa per tutti, adesso. Devi capirmi."

"No, non proprio," disse Draco di riflesso. "Cosa ne so io della responsabilità? Dopotutto non sono un eroe."

"Non fare lo stupido!" sbottò Harry. "So che sei nervoso per Snape..."

"Non ficcare il naso nei miei affari," ordinò Draco, stringendo gli occhi alla menzione di Snape. "Bene. Mi spiace molto averti disturbato. Scappo."

Si girò e andò via.

"Draco!" gli urlò dietro Harry, ma lui non si voltò.

Harry guardò i serpenti esasperato, e poi lasciò perdere.

"Forza," disse, osservando di nuovo la spilla che aveva in mano.

Era solo un ultimo richiamo di sicurezza, ma pensava di averli presi tutti. La gabbia conteneva una massa lucida e acciambellata.

Era la loro unica idea, e potevano essere loro le spie, o almeno i loro complici.

Harry si ricordò di quando, a undici anni, aveva liberato il serpente dallo zoo.

Beh, i tempi erano cambiati.

Prese il veleno e cominciò a versarlo.

*

Harry si era scordato che Draco era di guardia quella notte, così decise che gli avrebbe parlato l'indomani.

Il giorno dopo, Draco, Tiger e Goyle saltarono la colazione, e il posto vuoto alla tavola dei professori rese chiaro il perché.

Harry non pensava che sarebbe successo così presto.

Doveva vedere Draco. Draco sarebbe andato a lezione, e lui lo avrebbe preso in disparte e gli avrebbe detto... beh, non gli avrebbe detto niente di così incoraggiante, ma almeno avrebbe controllato che stesse bene.

Perché ovviamente Draco stava bene.

Preferì non parlarne con Hermione, che era chiaramente nel mezzo di qualche furioso calcolo su quali sarebbero state le conseguenze dell'assenza di Snape, né con Ron, che guardava nervoso una Pansy Parkinson con gli occhi rossi. Il fatto che i Serpeverde possedessero dotti lacrimali sembrava avergli causato un tremendo shock, ed era quasi preoccupato che Pansy potesse esplodere da un momento all'altro.

Preferì anche non guardare verso il tavolo dei professori, dove Sirius mostrava grande allegria.

Si limitò ad osservare cupo il suo porridge, e a mangiarlo.

Draco non si fece vedere a nessuna lezione. Harry pensò di andare nei sotterranei dei Serpeverde, ma non sapeva se fosse appropriato disturbare tutti i Serpeverde così evidentemente turbati, e di certo non avrebbe usato il Mantello dell'Invisibilità... con la faccenda della conversazione origliata aveva già messo un piede in fallo.

Di conseguenza si sentiva male, e, peggio, inutile, mentre saliva mogio mogio le scale per il dormitorio maschile con un libro di incantesimi difensivi.

Era convinto che non sarebbero serviti a niente, ma magari avrebbe potuto incidentalmente guadagnarsi un Eccellente nel MAGO di Difesa contro le Arti Oscure.

Stava leggendo il capitolo sulle tombe maledette quando sentì la voce di Draco nella sala comune al piano inferiore, che chiedeva imperiosamente dove fosse.

Si alzò di scatto e scese.

Draco gli dava le spalle, e c'era un'atmosfera distintamente sgradevole, come se qualcuno avesse appena insultato qualcun altro, o perlomeno assunto un'espressione particolarmente sdegnosa.

L'atmosfera non sembrava aver influenzato Colin Canon, che aveva alzato gli occhi dalla sua sedia e stava camminando verso Draco.

"Ciao," disse, allegro ed entusiasta, come se Draco non l'avesse preso in giro o ignorato continuamente per più di sei anni. "Senti, Malfoy, sto facendo un collage del Giovane Consiglio, sicuramente non ti dispiace..."

Sollevò la macchina fotografica.

"Invece sì," sbottò Draco, esattamente sul clic della macchina fotografica.

Ci fu un flash di luce, e Colin disse, "Non sono sicuro di aver preso l'angolazione giusta... potresti..."

Draco si avvicinò e gli strappò via la macchina fotografica da sopra la testa. Parlò lentamente.

"Ti ho detto di non puntarmi addosso questa cosa."

Si sentì l'inconfondibile scricchiolio della camera fotografica che si rompeva. L'espressione di Colin si tramutò in stupito orrore. Draco inclinò la testa, come se si stesse godendo la visione e volesse cambiare punto di vista.

Gli altri Grifondoro rimasero seduti, immobilizzati dallo shock, quando Draco aggiunse sfacciatamente, "Che ti serva di lezione."

Harry ritrovò la voce.

"Draco," disse a voce alta. "Cosa diavolo credi di fare?"

Draco si girò, lasciando cadere la macchina fotografica. Lo sguardo desolato di Colin la seguì.

"Oh, Harry," disse, annoiato. "Eccoti."

"Fuori," scattò Harry. "Adesso. E dopo tornerai dentro e chiederai scusa."

Afferrò il braccio di Draco e lo tirò verso l'uscita. Appena giunti fuori, Draco tirò via il braccio.

"Non darmi ordini come se fossi un bimbo impertinente!" sbottò, offeso. "E non ti azzardare a toccarmi."

Con che coraggio parlava!

"Cazzo, non costringermi a colpirti di nuovo," ringhiò Draco.

Draco sollevò le sopracciglia. "Costringerti?" disse tagliente. "Strano, io non ricordo di aver aperto le braccia e di aver detto ‘Prego, Potter, prendi bene la mira.' Sarei stato contento se non avessi reagito affatto. Colpirmi è stata un'idea tutta tua."

"E lo sarà di nuovo, se ti becco ancora a fare il bullo in quel modo!"

"Se ci tieni tanto a quello sporco Mezzosangue fastidioso, digli di non seccarmi più," scattò Malfoy.

"No, e non usare più quella parola," si infuriò Harry. "Non puoi trattare la gente così!"

"Ma pensa un po'," lo informò Draco. "L'ho appena fatto."

La sua bocca era curvata in modo malvagio, e Harry era arrabbiato perché era familiare, perché sapeva che Draco era esattamente così, e che era per quello che aveva odiato tanto Malfoy, e ancora adesso...

"Tu chiederai scusa," disse in tono piatto.

"Puoi andare al diavolo," ribatté furioso Draco. "Non sono uno dei tuoi devoti seguaci. Non muoio dalla voglia di obbedire ai tuoi ordini."

"E io non sono uno dei tuoi Serpeverde! Non ti importa di nessun altro, ma a me sì, deve importarmi!" gridò Harry. "Quel tipo di comportamento non mi sembra divertente , e non ho intenzione di dartela vinta ogni volta. E' per questo che sei incazzato, vero?"

Draco lo guardò gelido.

"Non so di cosa parli."

Harry rincarò la dose. "Perché sei così abituato ad essere circondato da persone che fanno qualsiasi cosa per te, ad avere il controllo."

"Oh, certo," disse Draco, alzando la voce. "Che grande controllo ho sulle cose. Sono proprio felice che tu abbia notato quanto tutto il mondo obbedisca ai miei desideri..."

"Ma è ciò che vorresti! Vorresti essere come tuo padre per poter manipolare tutti e pretendere rispetto, e se gli altri non fanno esattamente ciò che ti aspetti da loro, pensi sia una mancanza di rispetto e li aggredisci perché hai paura!"

"Non ho paura!" urlò Draco, e lo spinse. "E non parlare di mio padre."

"Farò qualsiasi cosa mi sembri giusta! Anche senza il tuo permesso. So cosa stai cercando di fare, comportandoti come tuo padre..."

"Ti ho detto di chiudere la bocca!" esplose Draco.

"E io ho detto di no! Finché aiuti qualcuno, non mi importa. Ma se hai intenzione di fare il piccolo bullo crudele..."

"Io faccio quello che mi pare. Non sei tu a dovermi dare consigli. Non sono qui per obbedire ai tuoi desideri. E comunque, che te ne frega di lui?"

"Che te ne... è una persona!"

Draco curvò il labbro. "Non è interessante, non è utile, e mi stava bloccando la strada."

"Oh, perché Tiger e Goyle sono molto interessanti e utili," ringhiò Harry. "Nessuno merita di essere tormentato, idiota, quindi vedi di entrare e chiedere scusa immediatamente!"

Spinse di nuovo Draco. Draco lo fissò, gli occhi chiari stretti e il viso pallido accigliato.

"Ti piacerebbe," disse, e sbatté Harry contro il muro, così forte che la testa gli urtò sulla pietra e vide le stelle.

Quando si riprese, Draco era già andato via.

Tornò di corsa nella sala comune e, mentre si incamminava verso i dormitori, vide Ron e Hermione, ugualmente confusi.

"Harry, cosa è successo?" chiese Hermione.

"Quello stronzo di Malfoy," ringhiò. "Chi altri, se no?"

Mentre saliva le scale, udì Ron dire, "Proprio come i vecchi tempi."

*

Harry restò in fermento per tutto il giorno successivo, in cui Draco e i suoi scagnozzi continuarono ad essere assenti ovunque.

Era pura stupidità da parte di Draco saltare i pasti e le lezioni. In che modo sarebbe stato utile a Snape? In che modo sarebbe stato utile a chiunque altro? Ma Draco non pensava a quelle cose, lui preferiva crogiolarsi e tenere il broncio da qualche parte, tutto doveva riguardare lui, suo padre, il suo professore e la sua vendetta, e al diavolo tutti gli altri.

Qualcuno avrebbe dovuto dargli una lezione.

Spezzò una piuma mentre ci pensava, e sia Lupin che Hermione lo guardarono preoccupati. Mormorò una scusa a caso e ne tirò fuori una nuova.

Qualcuno avrebbe dovuto prendere a pugni la sua stupida testa bigotta, stenderlo e fargli male e...

"Due in una sola lezione, Harry?" chiese Lupin.

Harry guardò la piuma dilaniata nella propria mano. "Forse era un lotto difettoso ," sbottò.

Stupida manifattura scadente.

Si sentiva... nervoso, e scomodo nella sua stessa pelle. Draco meritava di essere preso a pugni per ciò che aveva fatto a Colin, ma aveva anche bisogno di appoggio perché Snape era andato via, e Harry voleva ancora fargli delle domande su quella stupida questione che non avrebbe neanche dovuto toccarlo.

Terry Boot lo intercettò mentre stava andando a cena, cena che si era limitato ad infilzare con la forchetta, più che mangiare.

"Ciao," disse.

"Ciao," disse freddo Harry, guardandolo. Fu stranamente soddisfatto nel rendersi conto che era più alto di Terry.

"Com'è andata con i serpenti?" chiese Terry.

Non sembrava nemmeno tanto intelligente da ciò che diceva. E aveva degli occhi piuttosto piccoli.

Doveva smetterla.

"Ok," tagliò corto Harry.

"Beh, comunque era una buona idea," disse vago Terry. "Senti, per quanto riguarda... ehm, Malfoy..."

Sembrava preoccupato e nervoso, e si lisciò i capelli.

"Non mi va proprio di parlare di lui," disse Harry, e se ne andò.

Più tardi si sedette sul bracciolo della poltrona in sala comune, e prese a rimuginare su ciò che aveva detto Terry. Cosa aveva voluto dire con comunque era una buona idea?

Neville stava parlando di un'idea tipo mettere il Tranello del Diavolo nei condotti. Harry lo fissò e cercò di ascoltare con attenzione.

"Harry."

Qualcuno gli toccò il ginocchio per chiamarlo, e lui sobbalzò.

Era Calì, acciambellata sulla poltrona accanto alla sua, piuttosto seducente col suo pigiama rosa, che invadeva il suo spazio personale.

"Sì?" chiese.

"Ho visto cosa è successo a Colin ieri," disse con cautela.

Giocava con la sua treccia nera come se si sentisse impacciata, ed era molto strano che Calì, sicura di sé com'era, esitasse su qualcosa. Forse stava pensando a come articolare la frase ‘il tuo amico è un piccolo deficiente che dovrebbe essere preso a schiaffi'.

"E' stato orribile," disse. "Lui è stato orribile. Lo so, non avrei dovuto dirgli la parola d'ordine. La cambieremo."

"Beh," disse Calì, ed esitò di nuovo. "Ehm, sì. Bene."

Studiò una ciocca che era sfuggita sulla sua manica, con gli occhi bassi per non incontrare quelli di Harry. Sembrava che avesse qualcosa di rosa e lucido sulle labbra, nonostante fosse vestita per andare a dormire.

Harry si chiese all'improvviso se avesse mai baciato Draco.

"C'è qualcosa che vuoi dirmi, Calì?" sbottò.

Lei alzò i suoi occhi scuri verso i suoi. "Non ho una grande opinione dei Serpeverde," disse schietta. "Ma Malfoy mi è sempre sembrato a posto." Rise leggermente. "So che non sono in molti a pensarlo, e forse c'entra il fatto che gli piacevo un po'..."

"Sono davvero felice per voi due. Arriva al punto, Calì."

Calì lo guardò confusa. "Non è per quello, Harry," disse. "Non è proprio il mio tipo. Stavo solo dicendo... Per me è a posto, ed è tuo amico. Non credi di essere stato un po' duro con lui?"

Hermione aveva sempre detto che Calì e Lavanda erano un po' ottuse. Improvvisamente, e appassionatamente, le dette  ragione.

"Scusa," disse. "Hai appena detto che pensi che io non sia stato giusto con lui? Lui entra nella nostra sala comune, si comporta da vandalo e fa il bulletto crudele, pregando di essere preso a pugni, e io sono quello ingiusto?"

Calì si morse le labbra. "Non sto dicendo questo," disse. "E' solo che... Harry, ha perso i suoi due migliori amici."

"Cosa?"

Harry si accorse che la voce di Neville si era interrotta, e che tutti si erano voltati verso di loro. Li ignorò e fissò gli occhi su Calì.

"Cosa?" chiese, con una voce più bassa e ragionevole.

Calì sbatté le palpebre. "Pensavo te l'avesse detto."

"Nessuno mi ha detto niente," ribatté Harry, cercando di tenere stabile la voce.

Nessuna parlava molto delle sparizioni. Non aveva senso rimuginare su qualcosa che nessuno poteva cambiare. Si cercava di ignorarle, di andare avanti, perché non c'era altro da fare, e maledizione, aveva parlato di Tiger e Goyle, e Draco doveva aver pensato che lo sapesse.

"Tiger e Goyle sono scomparsi due notti fa," disse Calì, abbracciandosi le ginocchia contro il petto. "Credo sia successo proprio dopo la partenza di Snape."

"Oh, no," disse Harry, nauseato. "Io... senti, devo..."

La lasciò, si alzò e corse via più veloce che poté. Probabilmente avrebbe dovuto ringraziarla, ma non gli venne in mente finché non ebbe già sceso la scala per la Sala Grande, e a quel punto non gli andava di tornare indietro.

Ecco a cosa si riferiva Terry. Se c'erano state altre sparizioni, evidentemente i serpenti non c'entravano.

Harry imprecò sottovoce e bussò sul muro davanti all'ingresso Serpeverde. Un attimo dopo, una voce soffocata disse:

"Chi è?"

"Harry Potter," disse Harry.

Udì una breve discussione condotta dall'altro lato del muro, e qualcosa che suonava come ‘ancora quel dannato Potter.' Alla fine la porta si aprì, e due ragazzi del primo anno lo guardarono sospettosi.

"Grazie," disse, spostandoli e ricordandosi poi del suo dovere di prefetto. "Ah, e siete un po' troppo piccoli per usare certe parole," aggiunse distrattamente.

I due sbuffarono mentre li oltrepassava, attraversando una sala comune piena di Serpeverde che lo ignorarono. Infine aprì la porta della stanza di Draco.

Draco era seduto sulle due poltrone unite accanto al fuoco. Tra le braccia stringeva Pansy Parkinson, che stava piangendo sulla sua spalla.

"Mi dispiace," disse d'impulso Harry.

Pansy alzò la testa di scatto e lo fissò fieramente tra le lacrime, come se i suoi occhi non fossero gonfi e arrossati, e potesse imbrogliarlo. Lasciò andare la presa stretta sulla maglietta sciatta e grigia di Draco.

Draco si districò e raggiunse la porta.

"Ti serve qualcosa?" chiese cauto. Aveva un aspetto cinereo e teso, come una corda troppo tirata.

"No," disse Harry.

La bocca di Draco diventò una linea diritta, come se stesse cercando di sorridere cortesemente ma non ci riuscisse.

"Bene allora," disse. "Se vuoi scusarmi..."

"Ho sentito solo adesso," farfugliò Harry. "Non lo sapevo. Mi dispiace davvero tanto."

La bocca di Draco si mosse di nuovo, ma il suo tentativo di sorridere fallì.

Harry lo guardò e si sentì completamente impotente e stupido. Non aveva idea di cosa dire. Draco sembrava stanco e malato, e anche ieri aveva avuto quell'aspetto, ma Harry era stato troppo arrabbiato per accorgersene.

Continuò a fissarlo. "I tuoi capelli sono orribili," disse alla fine.

Draco lo fissò come se non avesse mai visto una persona così stupida in tutta la vita, e Harry concordò segretamente con lui.

"Ci sono cose più importanti dei capelli," disse Draco, con una voce strana.

Pansy ridacchiò sul divano, in modo quasi isterico.

"Ecco," disse piano. "Moriremo tutti."

Un angolo della bocca di Draco si curvò leggermente all'insù. "Bravo, Harry. Le hai dato il colpo di grazia," disse. "E' vero, i miei capelli sono orribili. Che fai, entri?"

Harry entrò.

"Non chiudere la porta, sto andando via," gli disse Pansy. Aveva un'aria provata ed esausta sulle poltrone dove Draco l'aveva lasciata.

Draco si andò a sedere accanto a lei e le mise una mano sulla schiena curva.

"Non devi andare da nessuna parte," disse con voce stanca. Harry pensò che stesse cercando di suonare gentile.

Pansy curvò una spalla in una sorta di rifiuto approssimato.

"Voglio andare," rispose. "Devo pensare a cosa mettermi per domani."

Draco annuì pensieroso. "In effetti non possiamo essere tutti belli di natura."

"Non farmi ridere, Draco, persino Harry Potter pensa che i tuoi capelli siano brutti," disse Pansy.

Harry stava iniziando a sentirti un po' troppo responsabile per quel commento sui capelli, ma Pansy non sembrava assetata di vendetta perché il suo leader era stato terribilmente insultato. Rivolse a Harry un mezzo sorriso forzato ed uscì.

Draco guardò appena Harry, si alzò dalla poltrona e camminò un po' per la stanza, senza meta. Sembrava più piccolo che mai, fuori posto senza quei due bastioni dietro cui ripararsi. Sembrava piccolo, pallido e troppo magro, coi vestiti trasandati che pendevano e i capelli ridotti a una massa intricata e stressata.

Harry si ricordò che non sarebbe stato molto saggio toccarlo.

"Mi dispiace tanto, Draco," disse invece, e si mise le mani in tasca per resistere alla tentazione.

Draco si voltò e lo guardò. I suoi occhi erano vuoti.

"Certo," disse in tono piatto. "E perché? Non ti piacevano molto."

"Non volevo che li prendessero!"

"Beh, no," concesse Draco. "Ma se avessi dovuto scegliere chi dovesse essere preso e chi salvato..."

SI guardò intorno con sguardo assente, quindi andò a sedersi sul letto. Strinse forte le dita attorno alle sbarre della testiera.

"Non importa se mi piacevano o meno," disse Harry, e arrischiò un passo verso di lui. "So che piacevano a te. Per questo mi dispiace."

Draco lasciò andare le sbarre e si tirò le ginocchia al petto.

"Mio padre decise di istruirmi in casa, quando ero piccolo," disse a Harry con voce distaccata,

Harry cercò di non uscirsene con qualcosa di orribilmente banale tipo ‘Ho sentito che l'istruzione privata ha i suoi vantaggi,' e invece annuì.

"Esistono gruppi di studio per la maggior parte dei bambini maghi," spiegò Draco. "Ma mio padre non voleva che stessi con gente inopportuna ad un'età impressionabile. Cioè, i gruppi erano frequentati anche da traditori come i Weasley. Così sono stato istruito a casa."

Harry sentì segretamente che avrebbe dovuto difendere i Weasley, ma Draco aveva posato la guancia sul braccio, e continuava a parlare con quella voce stanchissima, e pensò che se anche avesse parlato lui non l'avrebbe ascoltato.

"Mio padre pensava che dovessi avere dei compagni, a circa otto anni," continuò Draco. "Così richiese ad alcuni suoi amici politici di mandare i loro figli a casa nostra qualche giorno, in estate. Alcuni erano più grandi e altri più piccoli, e... io non mi comporto molto bene con gli altri." Nei suoi occhi guizzò una scintilla di amara ironia. "Come avrai notato," aggiunse.

Qualcosa nella curva ferita della sua bocca spinse Harry ad andarsi a sedere sul letto accanto a lui, ad una distanza prudente.

"Giusto un paio di volte," disse.

"Succedeva che ogni tanto ne combinassi una," ammise poi Draco. "E allora loro mi disprezzavano, e io gli affibbiavo dei nomignoli. Però c'erano questi due stupidi bestioni, e tutti li sfottevano, anche io, e... loro non andavano via. Tutti gli altri si allontanavano quando li chiamavo con certi nomi. Evidentemente loro due avevano avuto ordine dai genitori di non ribellarsi, e... erano molto testardi quando si fissavano un'idea in testa. Restavano lì a incassare, e quando me ne andavo mi seguivano e io li colpivo, e loro incassavano anche quello. Io non avevo nessun altro, e loro neanche, così qualche volta gli lanciavo dei dolci o gli dicevo cosa fare per far sì che gli altri non li sfottessero troppo, e alla fine si affezionarono a me. Per una cosa tanto stupida. Non volevano andarsene. Volevano restare insieme a me."

Sembrava molto lontano, e suonava un pizzico orgoglioso. Come se nessuno avesse mai voluto stare con lui prima di allora, come se Tiger e Goyle gli avessero concesso un onore.

"Loro facevano tutto ciò che i genitori volevano che facessero," disse Draco, gli occhi grandi e lucidi, "ma da quell'estate in poi cominciarono a fare tutto ciò che io volevo che facessero. Non ho mai dovuto convincerli con dei trucchi o con le parole. Non importava cosa facessi. Loro mi apprezzavano. Ed erano diversi, fra l'altro, tutti ne parlavano come se fossero la stessa persona divisa in due corpi, ma non lo erano. Tiger sotto sotto era un romanticone, e io lo prendevo in giro per quello, mentre Goyle aveva paura del buio quando eravamo piccoli."
Draco si spostò dall'angolo del letto e si gettò al centro, fissando il soffitto con occhi tristi. Harry guardò una delle mani di Draco, poggiata sul cuscino con le dita curvate all'interno.

"Erano diversi," insisté Draco, come se Harry avesse avuto da ridire. "A un certo punto gli dissi che avremmo cambiato schieramento e loro accettarono senza che avessi nemmeno bisogno di spiegargli perché. Lasciarono le loro famiglie e non mi chiesero neanche il perché. Si fidavano di me, e io potevo contare su di loro, non se ne sarebbero mai andati, non mi avrebbero mai lasciato..."

La voce gli si incrinò, un suono dolorosamente turbato, e Harry alzò lo sguardo dalla sua mano. Il viso di Draco era schiacciato sul cuscino, coperto dai capelli, e se ne scorgeva solo qualche centimetro teso.

"Draco, no," disse sconsolato, e si accoccolò accanto a Draco, gli mise una mano sulla schiena e lo strinse.

In quel momento Draco voltò il viso verso di lui, e Harry riuscì a sentirlo deglutire e cercare di ricomporsi.

"Erano miei," disse, il respiro umido e caldo contro il lato del collo di Harry, "E io ho lasciato che gli accadesse una cosa simile, loro hanno cambiato schieramento per me e io non sono neanche riuscito a proteggerli..."

"Non è colpa tua," disse fieramente Harry tra i suoi capelli. "Non si può proteggere nessuno da una cosa così. Non c'era niente che tu potessi fare, Draco, non..."

Draco tremava violentemente e Harry lo strinse più forte, abbracciandolo in modo protettivo ma cercando allo stesso tempo di mantenere le distanze, alzando l'altra mano per spostare i capelli di Draco dai suoi occhi e lasciare tra loro qualche centimetro.

"Erano miei," ripeté, quasi furiosamente. "Ora non c'è nessun altro e io non so cosa fare!" Inspirò, le labbra e le ciglia umide contro il profilo del viso di Harry, e Harry trattenne il respiro quando sentì le dita di Draco posarsi sulle sue costole, e Draco disse, "Io..."

Aprì gli occhi di scatto, e Harry lo guardò. Erano così vicini che gli occhiali di Harry premevano contro il naso di Draco. Il respiro di Draco diventò improvvisamente simile a quello di un animale in trappola.

Spinse via Harry ferocemente, e Harry per poco non cadde dal letto.

Draco si buttò sull'altro lato e scese dal letto, schiacciandosi contro il muro con le ginocchia nuovamente tirate al petto e gli occhi, sottili e diffidenti, che guardavano cupi Harry da dietro le braccia incrociate.

"Non mi fido nemmeno di te," sbottò. "So perfettamente che la tua amicizia non è affatto pura e disinteressata. Nessuno fa niente per niente, e io sono troppo stanco!"

Harry si alzò a sedere, col fiatone.

"Draco," disse, "ma di che diavolo stai parlando? Se credi..."

"Oh, non fare l'ipocrita, Potter," disse Draco, ancora infuriato, con quella voce bassa e precisa e le braccia attorno alle ginocchia. "Mio padre mi aveva messo in guardia. Decidesti tu di non voler essere mio amico, quando eravamo piccoli. Sei tu che non mi hai particolarmente apprezzato, quando ho rotto la macchina fotografica di quel sudicio Mezzosangue."

Harry si alzò dal letto, poiché restare seduto lì sembrava inappropriato, e rimase a guardare Draco dall'altra parte.

"Che cos'è, una specie di test?" chiese, disperato. "Senti, non devo approvare tutto ciò che fai per essere tuo amico! E non ho intenzione di... di scaricarti o chissà cosa, se fai qualcosa che non condivido! Non si tratta di un test, non è così che funziona..."

"Certo che no," disse Draco, curvando la bocca. "Non importa se vuoi ammetterlo o no, Harry. Tutto si può comprare. Questo lo so. E io sono stanco di tutto questo, ho la nausea, voglio andare a casa e voglio... vorrei..."

Piegò la testa sulle braccia, e Harry vide solo la sua testa bionda piegata e la figura rannicchiata contro il muro.

"Draco," disse. "Ti prego..."

La voce di Draco lo colpì come una frusta.

"Vattene via!" ringhiò. "Non ci provare. Non posso... Lasciami in pace!"

Harry esitò. "Non posso...?"

"Per favore!" Draco lo disse come un insulto. "Vattene!"

Harry se ne andò. Non avrebbe voluto andarsene, non poteva sopportare l'idea di lasciare solo Draco in quel frangente, ma non poteva restare se Draco glielo chiedeva in quel modo.

Tornò in sala comune e trovò Ron e Hermione seduti accanto al fuoco. Il camino risplendeva sui capelli rossi di Ron, e Harry si avvicinò a loro con un enorme senso di sollievo. Entrambi gli sorrisero cautamente quando entrò. Ron aveva approntato una partita di Spara Schiocco sul tavolino, probabilmente per persuadere Hermione a giocare, mentre Hermione aveva un libro aperto in grembo.

"Cosa c'è?" chiese Ron, guardandolo in viso. "Hai litigato di nuovo con Malfoy?"

"No," disse Harry. "Sì. Più o meno."

Ad onor del vero, Ron non fece altro che sogghignare appena quando disse, "Mi dispiace."

I serpenti non c'entravano, Tiger e Goyle erano spariti, e Draco era seduto solo e amareggiato nei sotterranei.

"Ecco," iniziò Harry. "Cioè. Vorrei solo che sapeste. Voi due. Io... insomma."

Hermione chiuse il libro e alzò lo sguardo su di lui, confusa. "Sì, Harry?"

"Beh. Lo sai," disse goffamente Harry, prima di tendersi e stringerla in un abbraccio.

Era la prima volta che la abbracciava di sua iniziativa, e udì il verso di sorpresa incerto e contento?) che fece contro il suo torace . Poi gli mise le mani attorno al petto e lo strinse per un minuto. Harry aveva in faccia i suoi capelli crespi, e la strinse forte.

"Sì, lo so," gli disse Hermione.

La lasciò andare, e rise nervosamente. "Sei sempre stata tu quella intelligente."

Hermione si risistemò sulla poltrona e gli sorrise. "Non è mai stato difficile."

Ron lo guardò preoccupato quando Harry si chinò verso la sua poltrona.

"Non credo che dovremmo abbracciarci," disse in fretta. "Siamo troppo virili."

"Ah, gli uomini," osservò Hermione col suo vecchio tono rassegnato, e Harry diede un pugno sulla spalla a Ron.

"Ti va di giocare a Spara Schiocco?" chiese Ron.

Harry accettò.

*

Il giorno dopo Draco tornò a seguire le lezioni, ma non parlava con nessuno. Era seduto accanto a Pansy o Blaise Zabini, ma non parlava con loro. Hagrid cercò di parlargli dopo Cura delle Creature Magiche, ma Draco mormorò poche parole e se ne andò molto in fretta.

Chiaramente non voleva essere scocciato. L'unica cosa da fare era rispettare i suoi termini e i suoi desideri, e aspettare che fosse pronto ad accettare un po' di sostegno. Per quanto sostegno Harry potesse dargli, ovviamente, ma non era quello il punto.

La cosa più sensibile che potesse fare era lasciarlo in pace.

Così Harry fece esattamente quello per tutto il giorno, e non guardò nemmeno verso il tavolo dei Serpeverde, durante i pasti. Piuttosto parlò con Neville e Dean, mentre Neville cercava di descrivergli e Dean di disegnargli il piano per piazzare il Tranello del Diavolo nelle tubature, in modo da lasciare spazio solo per il passaggio dell'acqua.

Rimase a parlare con loro di idraulica per circa due ore dopo cena, fino a quando Neville non decise di spiegare il piano a tutti gli altri.

Fu a metà della spiegazione di Neville agli altri Grifondoro che Harry lo interruppe e, con una scusa, andò a cercare Draco.

Per poco non inciampò su di lui, una volta scese le scale. Draco era steso a pancia in giù a giocare a biglie.

"Bella camminata," notò Draco. "Ti alleni spesso?"

"E' stato più facile di quanto pensassi," gli disse Harry.

Draco si tirò su puntellandosi su un gomito. "Cosa, esattamente?"

Harry abbassò lo sguardo su di lui. "Trovarti."

"Oh," disse Draco, e poi, cambiando discorso con suprema disinvoltura, proseguì: "Ecco cosa facevo quando avevo dodici anni."

Prese una biglia dal sacchetto accanto al suo gomito e la fece rotolare verso il gruppetto di fronte a lui. La biglia colpì un'altra biglia che diventò rossa, e rimbalzò per colpirne altre tre. Diventarono tutte rosse, all'improvviso accese come sangue fuoriuscito da un taglio sul pavimento, e Harry le guardò e si sedette per terra.

Il viso di Draco era al livello del suo, e, anche se non poteva di certo essere dimagrito nel giro di un giorno, il suo sguardo ferocemente teso fece apparire i suoi zigomi terribilmente aguzzi. I suoi occhi erano sbarrati e tragici e furiosi col mondo.

Harry soffocò l'impulso di abbracciarlo.

"Biglie incantate," disse Draco, vagamente soddisfatto. "Devi cercare di ucciderne il maggior numero possibile. E le uccidi solo se il centro della tua colpisce il centro di ogni biglia. Quattro è un buon colpo, ma a tredici anni arrivai a sette."

"Ehm," disse Harry. "Mi sembra che collezionare figurine delle Cioccorane sia molto meno criminale."

"E' un gioco basato sull'abilità," gli disse Draco, offeso. "E sul desiderio di uccidere delle cose."

"E' proprio da te," disse Harry, e rise un pochino di lui. "Perché tu, indubbiamente, sei una persona orribile."

"Ovviamente ho smesso di giocarci," lo informò Draco, "perché io, a differenza di te, sono tremendamente maturo e sofisticato."

"Io continuo a collezionare figurine delle Cioccorane," lo informò Harry a sua volta, "perché, a differenza di te, non mollo."

Draco fece rotolare un'altra biglia, e stavolta ne colpì cinque. Si ringalluzzì un attimo.

"Ecco una cosa che mollerò ," annunciò. "Appena sarà tutto finito, smetterò di essere gentile con gli altri. Lo odio. Durante il quinto anno compilai una lista di tutte le persone con cui avevo intenzione di comportarmi male, annotando come l'avrei fatto e le parole esatte che avrei detto."

Harry prese una biglia, e Draco gli dette uno schiaffo sulla mano e lo guardò severamente.

"Do per scontato che il mio nome fosse sulla lista."

"Quarantacinque volte," rispose prontamente Draco. "La mia vendetta sarà terribile e totale."

"Oh," disse Harry. "Hai ancora intenzione di farlo?"

"Sì," disse Draco, molto determinato.

"Pensavo che dato che siamo amici e tutto il resto..."

"Terribile e totale," ripeté Draco. "Nessun ripensamento, Harry. La tua vita, a meno che tu non scelga la parte migliore del coraggio (*) e non fugga dal paese, sarà una tragedia epica."

Harry unì le braccia attorno alle ginocchia e mimò il tono superbo di Draco.

"Sfido te e le tue temibili minacce, Draco Malfoy. Puoi essere cattivo quanto vuoi, ma non andrò da nessuna parte."

"Benissimo," disse Draco con calma. "Allora esigerò vendetta da tutti i miei nemici, e anche dagli amici e dagli sconosciuti il cui aspetto non mi convince, e passerò il resto della mia vita a sollazzarmi, odiato e temuto da tutti, fermandomi solo per leggere qualche libro e occasionalmente sedermi sul balcone come un dio del sole."

"Un dio del sole," ripeté scettico Harry. "Draco. Potrebbero venirti le lentiggini."

"Quarantasei volte sulla lista. Continua a parlare. Migliorami la giornata." Draco alzò un sopracciglio, e si fermò in atteggiamento di sfida. Harry riuscì a stento a non agganciare, e Draco disse stancamente, come se Harry non gli avesse dato pace fino a costringerlo a cedere, "Ho comprato a Canon una dannata macchina fotografica nuova, se ti rende felice."

"Lo hai fatto per farmi contento?"

Draco sogghignò. "No, sono un tipo generoso." Tirò un'altra biglia, e ne prese solo due.

"Gli hai comprato lo stesso modello? Gli piaceva tanto."

"No," disse Draco, curvando il labbro. "Gliene ho preso uno migliore. Un Malfoy non entra in un negozio a chiedere prodotti di basso livello." Si illuminò. "In realtà ne ho comprata una anche per me. Il negoziante mi ha fatto vedere un manuale di fotografia, penso che potrebbe essere interessante. Lo sai che non esistono fotografi magici, tranne che per i giornali? Pensa alle foto panoramiche con i fiumi che scorrono."

"Magari tu e Colin potreste fondare un club," disse Harry.

"Quarantasette," gli disse Draco. "Non mi sto divertendo, lo sai. Beh... magari un pochino."

Si sollevò a fatica, la maglia bianca si tese appena un po' sulle spalle, e si mise seduto. Quindi tirò fuori un pezzo di pergamena ripiegata dalla tasca, e lo porse a Harry.

"Mi è arrivata una lettera da mia madre, ieri," disse. "Puoi leggere il primo pezzo. Se ti va."

"Ehm, ok," disse Harry, chiedendosi se non fosse tutto un piano malefico per fargli fare crisi con Narcissa Malfoy.

Non che fare crisi esistesse, come verbo.

Aprì la lettera e la lesse tra sé e sé.

‘Caro Draco,' diceva la lettera, ‘Ho ricevuto la tua ultima con grande interesse. Non era per niente simile alle solite. Se quando riceverai questo Gufo avrai fatto pace con Harry Potter, ti prego di salutarlo da parte mia. Altrimenti, ti prego di non inviarmi alcuna Strillettera. Non credo proprio che siano missive appropriate da parte di un ragazzo ad un genitore rispettato, e l'ultima ha spaventato gli elfi domestici.'

Harry abbassò la lettera, sorrise e la porse di nuovo a Draco.

"Dunque la tua ultima lettera era sul genere di Perché Odio Quell'Idiota di Potter, Volume IV, Parte VII?" chiese.

Draco sollevò il mento. "Più o meno, forse," ammise. "Ho scritto il Gufo quando avevamo litigato. Naturalmente lei ha risposto solo ieri... e naturalmente, io le ho risposto subito." Curvò il labbro, forse rivolto a se stesso. "Volevo solo... fartela vedere. A volte perdo le staffe," continuò, "ma non vuol dire che ti odierò per sempre o chissà cosa."

Harry strinse gli occhi. "E' il tuo modo tortuoso scusarti per avermi colpito, Draco?"

"Forse," ammise altezzosamente Draco.

"Bene, allora," disse Harry. "Scusami per aver reagito al colpo."

Draco si tese e prese la lettera dalla mano di Harry. "Ma ricorda, non ho intenzione di scusarmi con Canon, quel figlio di Babbani," disse. "Ho il mio orgoglio."

"Non vedo cosa c'entri il tuo orgoglio col suo essere figlio di Babbani," dichiarò Harry, cercando di non andare oltre. "Lui e suo fratello non possono farci niente."

Draco parve leggermente sorpreso. "Ha un fratello? Ecco perché certe volte sembrava più basso di altre."

"Sì, ha un fratello," disse Harry. "Insomma, Draco."

"Oh, per favore," lo beccò Draco. "Nominami un Serpeverde del quinto anno. Uno solo. Avanti."

"Ehm," disse Harry. "Ehm. Quel Cacciatore, comesichiama, ehm, è del quinto anno?"

Draco fece un encomiabile sforzo per ridacchiare. 

"Lo ammetto," disse Harry con dignità. "Sono un po' distratto."

"Vuoi dire egocentrico," lo corresse Draco.

"Mi scusi, signor bue, mi pare che lei mi abbia appena dato del cornuto."

"E sei anche smemorato," proseguì allegramente. "E in definitiva non sei affatto una persona per bene."

Sorrise appena. "Beh, tranne quando ti trovi con le spalle al muro."

Faceva quello che era necessario, quello che alla fine era meglio per tutti, quando persone come Ron si allontanavano dalla porta... quando si trovava con le spalle al muro. E Draco lo sbatteva sempre con le spalle al muro per portarlo a quel limite, ed era incredibile quanto volesse essere messo con le spalle al muro, finché si trattava di Draco.

Finché lui poteva metterlo spalle al muro a sua volta.

"Forse no," ammise. "Non credo che le persone per bene salvino il mondo."

"E non diventano neanche mie amiche," osservò Draco, come se per lui le due cose avessero la stessa identica importanza.

"Beh, sono fortunato, allora," disse Harry, e ripensò a quando aveva versato il veleno per i serpenti.

"Per quanto riguarda i figli di Babbani," disse Draco, lentamente. "Prima che cominciassimo a mischiare il nostro sangue col sangue babbano, noi maghi eravamo più protetti, sai? Ed eravamo in grado di generare talenti, prima che si diffondessero gli incroci."

"Non credo che i matrimoni dovrebbero essere combinati tenendo conto della procreazione," disse Harry, guardando fisso Draco. "Mia madre era figlia di Babbani."

"Lo so, Harry, ma non ti preoccupare, i Potter erano un'ottima famiglia," lo consolò distrattamente Draco. "Anticamente nascevano Animaghi innati, stando a quanto dicono i libri. E il Metamorfomaghismo era presente nella mia famiglia, prima che così tante famiglie di maghi mischiassero il sangue con i Babbani, che il corredo genetico si riducesse e il filo si indebolisse. C'è stato solo un Metamorfomago nella mia generazione, ed è anche una mezza Babbana. Non potrà più procreare."

"La conosco," disse Harry, ripensando alla ragazza nell'Ordine della Fenice. "E' carina, a dire il vero. E preferirei che non usassi mai più la parola ‘procreare'."

"Si, ma, Harry," disse Draco, con quel fervore che gli faceva brillare gli occhi e che a Harry piaceva tanto vedere, anche quando pensava che Draco stesse dicendo un mare di cretinate. "Una volta eravamo creature mitologiche, dotate di incredibili poteri, e avevamo il mondo in pugno, poi siamo stati sminuiti dal sangue babbano, traditi dalle loro parole e bruciati." Fece rotolare un'altra biglia, e ne colpì sei. Fra quelle fiorì il colore rosso. "E' una cosa su cui riflettere," aggiunse, spostando gli occhi su Harry.

Harry gli soffiò una biglia e la lanciò direttamente a Draco.

"Eccoti una cosa su cui riflettere," disse. "Per quale motivo la colpa dovrebbe essere di Colin?"

"Beh, non lo è," ammise Draco controvoglia. "E' solo che mi sembra un cretino."

Harry rise forte. "Tu sei un cretino," disse affettuosamente.

"Può essere," disse Draco con sdegno, piegandosi a raccogliere le biglie, "ma sarei potuto essere un Metamorfomago. Pensaci, avrei potuto assumere le sembianze di chiunque. Sarei potuto essere il dio del sesso di Hogwarts. Avrei potuto avere chiunque volessi."

"Non dico che non ti servirebbe una mano," concordò innocentemente Harry. "Calì Patil mi stava giusto dicendo che non sei il suo tipo."

"Beh, no, Harry," disse Draco, guardandolo col suo sguardo ‘Potter, sei un idiota senza speranze'. "Aveva una cotta per te il quarto anno. Non vedo come una persona che si sia presa una cotta per te possa prendersi una cotta per me; non potremmo essere più diversi fisicamente. A meno che, ovviamente," aggiunse assorto, "uno dei due non fosse Millicent Bulstrode."

"Non io," disse Harry. "Un attimo... Calì aveva una cotta per me?"

Draco riassunse la sua posizione prona sul pavimento e iniziò a guardare con occhio predatore le biglie risistemate.

"Non riusciva a smettere di blaterare sul Ballo del Ceppo e su come tu l'avessi scelta," lo informo. "Harry, stupido smemorato, non te la meriti una vita sentimentale. Cosa deve fare una persona per attirare la tua attenzione?" Alzò lo sguardo, negli occhi una scintilla maligna. "Oltre a giocare come Cercatore contro di te, evidentemente."

Con suo grande orrore, Harry sentì di star arrossendo.

"Non è vero," disse. "Io non... non... non ho mai notato alcun Cercatore Tassorosso."

"No?" chiese Draco. "Non vorrei risvegliare brutti ricordi, ma Cedric Diggory non era male."

"Draco!" esclamò Harry. "Ti piacevano tutti quando eri più piccolo?"

"Forse," concesse Draco pomposamente, colpendo quattro biglie mentre le sue orecchie diventavano un po' rosse. "Tranne quella Fleur Delacour. Non ho mai capito cosa ci trovassero in lei, a dire la verità. Odio le bionde."

Harry si lisciò i capelli distrattamente. "Mi stai dicendo," disse piano, "che il fascino delle Veela è meno potente della tua vanità personale?"

"Non giudicarmi," disse Draco.

"Sono solo un po' terrorizzato, tutto qui."

"Vedrai se condividerò altri ricordi privati con te."

"Non piaceva neanche a me Fleur," disse Harry. "Ero fissato con Cho allora, ovviamente. Non mi ero nemmeno accorto di piacere a Calì, al Ballo del Ceppo."

Si stese accanto a Draco e cercò di allineare la propria visuale con la sua per capire come colpisse le biglie.

"Poco dopo l'inizio del ballo già non le piacevi più," annunciò Draco. "Perché, e mi addolora doverlo ripetere, sei uno stupido smemorato."

"Almeno non ci andai vestito da vicario," osservò Harry.

Draco corrugò la fronte. "Non ci andai... Non posso credere che l'abbia notato... Per tua informazione il velluto nero mi dà un'aria molto affabile."

"Come un vicario affabile, magari."

"Non cercare di darmi consigli sulla moda, Harry. Sarebbe come se un cieco cercasse di guidare uno con due Omniocoli. E i miei vestiti, per quanto affabili, erano al secondo posto sulla mia lista, in quanto dovetti convincere Tiger a togliersi di dosso quel coso orribile con l'immagine babbana di Marvin il Marziano per mettersi l'abito di scorta di Goyle..."

Draco si bloccò. Harry si tese verso di lui e gli toccò la schiena di sfuggita.

"Draco," disse. "Mi dispiace davvero tanto."

"Sì, beh," disse Draco distaccato, alzandosi in piedi e ripulendosi i pantaloni. "Devo andare."

"Andare? Dove?" chiese Harry.

Aveva notato, ma senza rifletterci su, il fatto che Draco indossava del jeans bianchi e una maglietta bianca aderente, e che i suoi capelli avevano di nuovo quell'aria più soffice del solito.

"Primo venerdì di giugno," disse Draco. "Notte al locale. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di rilassarci."

"Oh," disse Harry. "Non... fare stupidaggini."

"Cioè, cose tipo ignorare una ragazza attraente che mi punta tutta la sera? Quello è il tuo campo, non il mio," disse Draco, ammiccando. "Insomma, Harry, a volte sei veramente stupido. Tò," aggiunse all'improvviso, mettendo le biglie tra le mani di Harry. "Prendile. Credo che dovresti imparare a giocare."

"Grazie," disse Harry, abbassando gli occhi su quelle.

Draco alzò le spalle e chiuse le dita di Harry sulle biglie. "Di niente," disse. "Mi sembra di ricordare che una volta mi hai fatto un regalo senza alcuna ragione. E mi sembra di ricordare che non ti ho detto grazie."

Era bianco e argenteo nella luce soffusa. Harry si alzò in piedi.

"Beh," disse. "Già. Screanzato."

Draco rise. "Ci vediamo domani," disse, poi si voltò e tornò ai sotterranei.

Harry tornò lentamente alla sala comune Grifondoro, dove Ron stava sfogliando la copia di Harry di I magnifici sette.

"Ehi," disse. "Lo sapevi che qualcuno ti ha riempito il libro di scritte?" Notò le biglie. "Sono biglie incantate, quelle?"

"Ehm, sì," disse Harry.

"Mamma non ci permetteva di giocarci," commentò Ron. "Diceva che le famiglie come... sai, quelle dei maghi oscuri, giocavano con le teste avvizzite dei Babbani."

"Non penso che sia vero, Ron," disse Harry. "Dai, con le teste uno giocherebbe a bowling, o qualcosa del genere."

"Poteva essere vero," disse Ron, evidentemente intenzionato ad attenersi ai racconti della sua infanzia. "Avrebbe potuto esserlo."

Hermione li raggiunse, sollevando una mano per posarla sulla spalla di Ron.

"Cos'è successo, Harry?" chiese, preoccupata. "Non dovevi vederti con Malfoy?"

"Beh... sì," rispose Harry. "Ma stasera vanno a ballare."

"Ah," disse Hermione, stringendo gli occhi. "E tu resterai qui ad abbatterti, vero?"

"Magari potrei imparare a giocare a biglie."

"Dev'essere una noia mortale, Harry," continuò Hermione, incurante di ciò che diceva. "Dovresti uscire e conoscere gente nuova."

"Gente che viene a scuola con me, vuoi dire?"

Hermione allontanò quelle scuse improbabili con un gesto della mano. "Sai cosa voglio dire," disse. "Moltissime persone vanno a ballare, stanotte. E' divertentissimo."

"Ehi, forse è vero," concordò Ron, illuminandosi.

"Hermione," disse Harry. "Non credo proprio..."

*

Due ore dopo, ci stava ancora provando. "E' che, ehm, non sono sicuro..."

"Oh, avanti, Harry," disse Ron incoraggiandolo. "Ti prometto che sarà divertente."

Ma mentre Harry si guardava intorno con apprensione, non sembrava poi così piacevole. Il locale sotto i Tre Manici di Scopa era pieno di fumo e affollatissimo, e il buio veniva squarciato a intermittenza da cerchi di colore abbagliante. Un sacco di corpi si intrecciavano l'uno con l'altro rivelando mantelli o vestiti babbani pressoché inesistenti.

Harry non era affatto certo che fosse il posto adatto a lui. Sembrava più adatto alle coppie, o... a chi cercava disperatamente qualunque tipo di contatto fisico.

E lui a quel punto non ci era ancora arrivato.

Ron e Hermione lo guardavano speranzosi, mano nella mano, probabilmente aspettandosi che si mettesse a saltare per la gioia e che si buttasse nella mischia.

"Vado a prendere qualcosa da bere," mormorò, cominciando a farsi strada tra la folla.

Aveva fatto appena qualche passo quando lo vide.

Draco era seduto in fondo al bar, rilassato su uno sgabello, con i capelli chiari leggermente spettinati che pendevano su un bicchiere vuoto. Sembrava vagamente divertito e assorto nei suoi pensieri.

Harry si illuminò e attraversò la folla verso di lui.

Non fece molta strada prima che succedesse. Blaise e Pansy comparvero entrambi accanto a Draco, prendendolo per le braccia. Draco alzò lo sguardo e rise, muovendo le labbra in un breve commento che Harry non riuscì a decodificare.

Entrambi sorridevano maliziosi mentre cercavano di trascinarlo via dalla sedia. Lui scuoteva il capo, sorridendogli, il viso luminoso e i gesti rilassati.

Non dovrebbe comportarsi così con gli altri Serpeverde. Quello è il modo in cui dovrebbe comportarsi con me.

Blaise disse qualcosa nell'orecchio a Draco. Harry notò il movimento delle sue labbra, così vicine alla pelle di Draco.

Draco si chinò verso di loro, chiaramente pronto a lasciarsi convincere.

Pansy, meno minacciosa del solito nel suo vestitino nero, con un sorrisino spontaneo, gli tirò il braccio. Finalmente Draco lasciò che lo alzassero in piedi e li seguì sulla pista.

Era assolutamente a suo agio, come quando era felice. Sorrideva raggiante quando salutò una coppia del quinto anno, probabilmente ordinandogli di prendergli un drink con quella totale e drachesca inconsapevolezza di star facendo qualcosa di maleducatissimo.

E ballava senza accorgersi, o forse fregandosene, degli sguardi che scivolavano su di lui. Senza nemmeno notare l'idiota che lo stava fissando, immobile al centro della pista.

Ballava con una grazia agile e allenata, muovendosi come se amasse farlo, agitando i capelli all'indietro e sorridendo con aria sensuale.

I suoi capelli e la sua maglietta splendevano sotto la luce, il rosso e il blu brillavano su di lui mentre si muoveva.

I Serpeverde ballavano più stretti di tutti gli altri.

Pansy e Blaise erano ognuno ad un lato di Draco, e si muovevano contro di lui, tutti presi in una sincronia lenta e quasi lasciva.

Draco rise di nuovo, flirtando spudoratamente, lasciando che Pansy gli toccasse il colletto e che facesse scorrere le dita lungo il suo collo, lasciando che Blaise gli posasse una mano su un fianco. Ogni tanto avvicinava il viso ad uno dei due, lasciando che la sua guancia sfiorasse le loro e che i suoi capelli scompigliati accarezzassero la loro pelle, e poi si tirava indietro per osservare le reazioni.

Era da settimane che cercava di prendere le distanze da Harry.

Harry sapeva che si stava solo divertendo, nel modo menefreghista e crudele che tanto gli piaceva. Harry sapeva che non significava niente.

Harry si sentì male.

Non fu esattamente un'emozione. Fu proprio come se fosse malato, come se una qualche malattia avesse preso il controllo del suo stomaco e della gola con un dolore sordo che preannunciava il vomito.

C'era la gelosia, una gelosia oscura, violenta e irrazionale che gli faceva desiderare di far male ad uno di loro, mentre guardava Blaise Zabini che guardava Draco. C'erano desiderio e disperazione, e ad un tratto qualcosa lo attraversò come un vento freddo: la desolata presa di coscienza.

Harry indietreggiò, muovendosi goffamente tra la folla, come se non avesse più il controllo del proprio corpo. Distolse lo sguardo da quel viso bianco, vide il resto del mondo farsi sfocato mentre inciampava in quel gregge di persone, cercando di uscire da quello sciame accaldato alla cieca, di raggiungere l'uscita e oh, la limpidezza dell'aria fresca della notte.

Si accasciò sul sentiero lastricato, col viso tra le mani. La testa gli girava come se avesse bevuto troppo, l'aria era pesante e c'era quel dolore intenso proprio al centro del petto e...

"Harry."

La voce, fredda e nitida, era inconfondibile. Harry rabbrividì per il modo in cui aveva pronunciato il suo nome e sussultò perché, no, per favore, non ce la faceva ad affrontarlo adesso.

Alzò di nuovo la testa, mentre tutto continuava a girargli intorno. Draco era in piedi sotto un lampione, l'unica pennellata bianca in un mondo nero e vuoto.

Era magro come una lama coi suoi vestiti bianchi sotto la luce bianca. Gli occhi gli brillavano ancora per l'alcool e l'eccitazione, le ciocche spettinate ricadevano sul suo viso, mentre il collo e le braccia risplendevano coperti da un sottile strato di sudore.

Harry fissò con la sua stupida infelicità Draco che si allontanava dal cono di luce per avvicinarsi a lui, spostandosi i capelli dal viso. Fissò la linea troppo sottile del polso di Draco.

"Va tutto bene?" La voce di Draco suonò quasi gentile. "Quei Grifondoro allupati ti hanno fatto bere troppo? Hai un aspetto di merda."

"Sto di merda?)." La voce di Harry risuonò secca nelle sue stesse orecchie. "Ma non ho bevuto."

L'ombra di Draco a quel punto investì Harry. Fu quasi come una carezza.

"Allora cosa..." Fece un piccolo verso esasperato col retro della gola. "Senti, non stai facendo lo stupido, vero? Perché - non che siano fatti tuoi - ma non ho nessuna storia, né con Pansy né con Zabini. Torna dentro, e magari potrei anche concederti un ballo."

Per un attimo il tormento della gelosia si alleviò. Non fu molto d'aiuto.

"Non posso tornare lì dentro."

Il tono di Draco si fece irritato. "Perché no? Senti, avevi promesso che... che quello non avrebbe cambiato niente. Avevi detto che saremmo stati amici come prima, quindi perchè non puoi..."

"Perché non può andare così!"

Harry aveva quasi urlato. La sua voce rimbalzò contro il muro di mattoni: Draco la assorbì con la gelida indifferenza che assumeva quando qualcosa lo feriva.

"Oh." Si fermò, e la sua voce diventò impercettibilmente più tagliente. "Allora è questo che vuoi. Perché tu..."

Harry provò l'impulso di prenderlo di nuovo a pugni, di sbatterlo al muro e colpirlo per quanto era idiota.

"Perché ti amo," ringhiò, e subito dopo si bloccò inorridito.

Doveva sfogarsi con lui, pensò Harry distrattamente. Lui non disse niente, né corse via. Non disse nemmeno il ‘Cosa?' che avrebbe evitato l'inevitabile grazie alla finzione di non aver sentito ciò che non si voleva sentire.

Si limitò a restare fermo lì, con le mani in tasca e il viso nell'ombra. Harry non capiva cosa stesse pensando.

Poi udì un suono velato provenire dalle labbra di Draco, e si accorse con incredulo orrore che stava ridendo.

Alzò la testa di scatto e lo fissò indignato.

Gli occhi di Draco erano freddi, ma brillavano di uno strano tipo di divertimento.

Disse, "Harry Potter, hai bisogno di una bella scopata."

*

Harry non seppe mai per quale motivo gli occhi non gli caddero dalle orbite.

"... cosa?" chiese, incredulo e impotente.

"Ho detto che hai bisogno di una bella scopata," ripeté freddamente Draco. "Ma non ne otterrai una da me. Ma dai, Potter. Mi ami."

Il suo tentativo di tenere la voce calma e vagamente divertita fallì in quell'ultima frase aspra.

Harry fu quasi grato per quello scampolo di crudeltà. Sollevò il mento e guardò Draco negli occhi.

"Sì," disse con calma.

Draco scosse il capo. "Cerca di non fare il Grifondoro. E' maledettamente ovvio, Potter. Sei stato preso dal desiderio per una persona che mai avresti immaginato. Bene, non c'è niente di male. Succede a tutti. Quello che non va bene è questa assurda convinzione Grifondoro che tutto ciò che si prova deve essere puro, che Harry Potter non può provare un fremito di sporca libidine, che bisogna dargli un nome ridicolo..."

"Non è ridicolo!" scattò Harry.

Si alzò in piedi senza sapere chiaramente come ci fosse riuscito-

"Non devi essere contento," tuonò. "Non devi ricambiare. Ma non ti azzardare a dirmi che cosa provo."

Draco strinse gli occhi.

"Allora smettila di parlarmi delle tue patetiche illusioni."

"Non sono un illuso!" Avanzò di un passo verso Draco, furioso, e Draco indietreggiò. "Ok, non ho l'esperienza che hai tu," sputò Harry. "Non so proprio tutto sulla libidine. Ma so per certo che ti..."

"Non voglio sentirlo!" urlò Draco.

Harry fece un altro passo verso di lui, e Draco lo spinse via.

"A me importa," disse Harry a bassa voce. "Tu mi importi."

All'improvviso lui e Draco si stavano accerchiando, le voci caute, come sul punto di attaccare.

"Cazzo, sei completamente folle," rispose sottovoce Draco.

"Lascia solo che..."

Draco smise di muoversi, gli occhi puro ghiaccio.

"No. Lascia che sia io a dirti una cosa. Non mi interessano i sentimentalismi che stai grondando. Quello di cui parli riguarda solo... il desiderio di qualcosa. E' una cosa che si dice per ottenere ciò che si vuole. E' una frase fatta detta per uno scopo preciso... e non significa assolutamente niente. E questo vuol dire, Harry," lo spinse un'altra volta, quasi con noncuranza, "che questa amicizia non significa niente."

Draco camminò fino alla porta, e Harry, nonostante la sua voce bassa, vide che il suo viso era stravolto dall'ira.

"Non rivolgermi più la parola," ordinò, e se ne andò.

*

Hermione era stesa nell'oscurità, nervosa e incapace di prendere sonno.

Oddio, come avrebbe fatto a dirlo a Harry?

Era stanca e aveva bevuto solo un bicchierino, e i rumori smorzati che provenivano da chi dormiva intorno a lei la facevano sentire ancora più stanca, nonostante la sua mente continuasse a ripensare a ciò che aveva visto.

Stava scrutando ogni angolo del locale fumoso in cerca di Harry, e Ron si era appoggiato a lei, già un po' brillo. Aveva sorriso amorevolmente nel buio, a dispetto di se stessa. Ron era davvero un disastro quando si trattava di reggere un drink.

"Non guardare," gli aveva detto Ron con fare protettivo, come se gli occhi vergini di Hermione avessero bisogno di essere protetti dallo spettacolo di una Pansy Parkinson tremendamente ubriaca e apparentemente priva di pudore con le gambe attorno al petto di Ted Nott e la lingua nella sua gola.

Molti Serpeverde le erano sembrati disperatamente sbronzi e pronti a buttarsi su chiunque, quella sera. I soliti standard da locale notturno, ricordava di aver pensato.

Poi l'avevano visto.

Draco Malfoy aveva attraversato in fretta la pista, spintonando la gente per farsi strada. Aveva dato una gomitata in testa a un Serpeverde del quinto anno, e non sembrava neanche essersene accorto, dopodichè si era fermato di fronte a Blaise Zabini.

Blaise aveva smesso di ballare e l'aveva guardato.

Malfoy era rimasto immobile a fissarlo, valutando la situazione, con le luci colorate che tracciavano strani disegni sui suoi capelli così eccentricamente chiari. Poi lo aveva spinto contro un muro e aveva sollevato il viso di Blaise verso il suo.

"Argh," aveva detto Ron, inorridito e allibito.

C'era stato qualcosa di molto intenzionale in quel gesto, nella mano di Malfoy sotto il mento di Blaise, mentre l'altra mano era tesa sul muro per tenerlo fermo. La sua bocca si era aperta su quella di Blaise, e Blaise aveva reagito con entusiasmo, lingue, denti, e Blaise che si strusciava contro di lui e spostava il viso in modo da approfondire il bacio.

"Non posso guardare," aveva detto Ron. "Hermione, non guardare."

Entrambi erano rimasti a fissarli. Blaise aveva messo le braccia attorno al collo di Malfoy e Malfoy aveva abbassato ancora di più la testa, nell'ennesimo bacio diretto e deciso con cui si era impadronito della bocca di Blaise. Blaise aveva cercato di infilare una gamba tra quelle di Malfoy.

"Ma guarda cosa sta facendo Malfoy!" era esploso Ron. "Anzi no, non guardare," aveva aggiunto in fretta. "Te lo immagini? Ma Harry lo sa che gli piacciono certe cose?"

Non per esperienza personale, spero, aveva pensato Hermione.

Si era guardata intorno di nuovo cercando disperatamente Harry, ed era stata molto grata di non vederlo.

Ron aveva continuato a inveire. "E se gli piacesse Harry?" domandò, e si illuminò. "Come vorrei che ci provasse."

"Ron! Non dire così!" aveva gridato Hermione.

"Harry lo metterebbe al tappeto," aveva detto Ron, soddisfatto.

"Oh certo, lo farebbe eccome," aveva asserito Hermione, un tantino disperata. Ma solo per poi cadergli sopra, aveva aggiunto tra sé.

Poco dopo avevano visto Malfoy e Blaise andarsene insieme, e non erano tornati. Con un po' di domande in giro erano riusciti a sapere che, prima dell'incidente, Harry si era sentito male ed era uscito, probabilmente per tornare a casa.

Per un attimo Hermione era stata estremamente sollevata, ma poi le era venuto in mente che avrebbero dovuto dirglielo per forza. Avrebbe dovuto dirglielo lei, dato che Ron avrebbe agito sicuramente senza alcun tatto.

Inorridiva al solo pensiero di cosa sarebbe successo. Se Harry non se n'era ancora accorto avrebbe potuto avere un'epifania, e se invece lo sapeva già ed era geloso o pensava di avere una chance... Oh, non riusciva a pensarci!

Dovette rigirarsi nel letto ancora un po', prima di riuscire finalmente ad addormentarsi.

Quando si svegliò era ancora notte. Si chiese se non fosse stata svegliata da un incubo particolarmente brutto, ma aveva l'impressione che fosse successo qualcosa nella realtà.

Non sentiva assolutamente niente.

Tese l'orecchio con molta attenzione, e stava per rimettersi a dormire quando le venne un'idea.

Improvvisamente il suo letto era diventato molto freddo.

Non sentiva niente, neanche il suono dei corpi che si muovevano sotto le lenzuola, o il respiro pesante di Mavis.

"Mavis?" disse, cautamente, e odiò la propria voce per essere suonata così incerta. "Calì? Lavanda?"

La mano le tremò quando si tirò su e scostò le tende, quindi urlò.

La luce della luna si riversò nella stanza e le mostrò tutto. Ogni letto tranne il suo era vuoto. Era sola in tutto il dormitorio. Erano state prese tutte.

Hermione gridò di nuovo, incapace di frenarsi, e sentì un gelido terrore impadronirsi lentamente del suo petto.

Molto vagamente, sentì delle voci lamentose e soprannaturali che echeggiavano le sue grida. Le contò metodicamente in qualche meandro della mente, mentre il resto di lei restava rannicchiato sotto le coperte a tremare senza poter fare nulla.

I fantasmi di ogni casa stavano urlando le loro perdite.

 

 

 

 

 

 

(*) Citazione molto nota ai britannici.
Discretion is the better part of valor: [He] who fights and runs away lives to fight another day.
(cioè, La prudenza è la parte migliore del coraggio: chi combatte e fugge potrà vivere per combattere il giorno dopo). Shakespeare dixit :D

 

  
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