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Autore: Daifha    05/11/2012    4 recensioni
“L’estate è un mondo a sé”
Dal primo capitolo: - “Dovreste mandarlo dallo psichiatra, non è normale che cerchi di portarsi a letto suo cugino” dice solenne Kidd, mentre litiga con la batteria del telefonino che non vuole incastrarsi in quel cazzo di buco in cui, invece, dovrebbe ficcarsi e anche alla svelta, perché la pazienza di Kidd è a livelli così minimi che c’è gente che dubita sia mai esistita.
Killer ridacchia nel cuscino e risponde semplicemente “Sarebbero soldi buttati nel cesso” quasi soffocandosi. Poi sembra ripensarci, si tira nuovamente su con un braccio e fissa Kidd con occhi seri “A proposito di cugini, ho un favore da chiederti, Kidd…”
E qui lascia la frase in sospeso perché conosce Kidd, sa il carattere di merda che si ritrova e sa che il suo migliore amico raramente concede favori. -
[KiddLaw] [PenguinKiller] [Casquette]
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Eustass Kidd, Killer, Penguin, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Summer is a world itself 
 
4# - Anche i protoni dormono, a volte

 
Kidd corre, per strade che non conosce, in cerca di un passante o un poliziotto a cui chiedere aiuto. In faccia ha ancora qualche schizzo di sangue, gli occhi gli pizzicano dalla voglia di scoppiare a piangere e le gambe gli tremano costringendolo a diminuire la velocità a tratti. Il tempo sembra scorrere troppo velocemente, mentre la strada continua ad essere troppo vuota. Possibile che non ci sia davvero nessuno? 
E’ stanchissimo, Kidd, e vorrebbe urlare di dolore, di paura e di frustrazione. Si sente un vile verme, per essere scappato via in quel modo penoso, mentre il suo migliore amico rischia la vita. 
Ha visto il sangue mischiarsi alle lacrime sulla guancia di Killer.
Ha paura, Kidd, troppa paura.
Non è riuscito a far altro che girarsi e correre, lontano, il più possibile lontano da quella scena orribile. Deve cercare aiuto, deve allontanarsi il più possibile, deve trovare qualcuno che salvi Killer e deve scappare.
All’improvviso, un rumore. 
Sgrat sgrat.
Il cuore gli balza in gola e spalanca gli occhi, mentre si volta.
 
Sgrat sgrat.
Di nuovo. Kidd si sveglia tra le lenzuola, sudato e col fiatone, come se avesse corso per davvero. Gira la testa e trasale nel notare che di fianco a lui c’è la sua amata pelliccia rossa, spiegazzata e per metà caduta, con uno degli spuntoni di metallo situati all’attaccatura del collo che lo punta minaccioso a pochi centimetri dalla sua testa. Kidd ragiona che forse è più conveniente lasciarla sulla sedia di notte, piuttosto che rischiare di ammazzarsi nel sonno rimanendo infilzati da uno di quegli aculei grandi quando una pallina da golf. Beh, c’è da dire che il suo trisnonno - o giù di lì - aveva uno stile tutto suo nel vestire. 
Sbadiglia fregandosene di mettere una mano davanti alla bocca, tanto è a casa sua, peraltro solo, finalmente solo. Killer ci ha messo un pezzo a sloggiare, ma alla fine si è deciso a restare a casa sua a dormire, senza costringerlo ogni sera ad aprire la brandina di emergenza - “Prossima volta dormi sul pavimento, giuro!” o “Ti uccido mentre dormi, se torni anche domani!” erano minacce a vuoto, contro Killer. 
Deve ammetterlo, Kidd: è strano non doversi più svegliare la mattina imprecando contro i capelli troppo biondi e troppo lunghi di Killer che non si sa bene come riflettono i pochi raggi di sole che entrano dalla sua finestra perennemente sbarrata, ed è strano anche non esser più costretti a scavalcare un secondo letto per poter andare a prendersi una benedettissima tazza di latte e cereali. 
Certo, strano ma gradito, più che gradito. 
Infatti Eustass si alza, fregandosene dell’incubo appena fatto fin troppo ricorrente, e cammina verso la porta di camera sua, fiero di non incontrare più ostacoli in quel tragitto che lo costringessero ad imitare una scimmia mezza zoppa, ed apre l’uscio.
In realtà, Kidd è incazzato, o meglio, ricorda che dovrebbe essere arrabbiato. 
Sgrat sgrat.
E capisce il perché nel momento in cui esce dalla propria stanza e incontra come prima cosa una palla di pelo bianca delle dimensioni di un pallone da calcio con ancora la zampetta che usava per graffiare contro la porta alzata.
 
 
Quando Killer si sveglia, Penguin è al telefono, e sta sorridendo così come sa fare con un’unica persona: Casquette. 
La sveglia sul comodino segna mezzogiorno passato, e si stupisce di scoprire che in tutto quel tempo, Kidd non gli ha fatto neanche una telefonata per lamentarsi di questo e di quello riguardante il suo amato nipotino Trafalgar. Per un attimo ha il dubbio che possa già averlo fatto fuori, non reggendolo in alcun modo - Killer sa com’è fatto Law, e sa che poche sono le persone al mondo capaci di stargli dietro -, ma poi si sente stranamente fiducioso nei confronti di Kidd e si calma, certo che, se davvero lo avesse fatto fuori, almeno una chiamata, giusto per avvisarlo, gliela avrebbe fatta.
Neanche a farlo apposta, il cellulare vibra: è un messaggio.
Mittente: Kidd.
Testo: Ora lo ammazzo!
Doveva aspettarselo.
 
 
“Miauuu” lo saluta Bepo, mentre Kidd lo fissa astioso dall’alto, un’espressione mista di incazzatura e disgusto in volto. 
Ora ricorda perché dovrebbe essere arrabbiato, Kidd, lo ricorda bene: il campanello quella mattina ha suonato alle sette e mezza. Non le nove come il giorno prima, non un orario normale come le dieci, non le dodici come avrebbe dovuto essere, no. Alle sette e mezza qualche fottuto coglione ha avuto la pessima idea di suonare alla porta targata Eustass.
Trafalgar, accoccolato sul divano, a torso nudo, si era alzato, ma con qualche tragico secondo di ritardo, così che Kidd ebbe tempo non solo di svegliarsi, imprecare e controllare l’orario sul cellulare - appena comprato, dato che quello di appena due settimane prima era risultato completamente morto - e infine, uscire dalla sua stanza a passo di carica per uccidere chiunque ci fosse al di là della porta.
E poco importava se questo era biondo, alto, bello e recasse tra la braccia un cesto contenente un tenero micetto tutto bianco. Davvero, non gliene fregava nulla, doveva morire così come lo era Trafalgar - che di fatto, non era morto.
“Che cazzo vuoi?”
“Uuuuhm, cercavo Law, gli ho portato Bepo” aveva risposto il biondino, alzando le sopracciglia e smuovendo leggermente il ciuffo che gli copriva gran parte del volto. 
Kidd non aveva fatto in tempo a rispondere - “E chi cazzo sarebbe Law?” avrebbe detto, giusto perché di mattina presto si sentiva in diritto di non capire e ricordare un emerito cazzo - che Trafalgar lo aveva scostato leggermente, frapponendosi tra lui e il nuovo arrivato. “Ohi, Sanji, come va?” 
Dopo l’occhiata dubbiosa, il biondo aveva scosso la testa per poi parlare di nuovo “Tieniti il tuo gatto, Law. E ricordati che sei in debito con me, ora” e aveva porto lo cesta a Trafalgar.
“Sì” si era limitato a dire Law, sorridendo in modo strano, quasi malinconico.
Poi Sanji aveva detto che Zoro lo stava aspettando in macchina per partire, che doveva muoversi e si era raccomandato con Law di incontrarsi prima della fine dell’estate. E se ne era andato. Il tutto sotto lo sguardo scazzato di Kidd che ci capiva sempre meno di tutta quella situazione.
Trafalgar non si era dilungato in spiegazioni, si era limitato a sbadigliare con calma e a indicare il gatto presentandolo “Questo è Bepo”. Lo aveva preso in braccio, fatte due carezze sulla testa e se ne era tornato sul divano, rimettendosi a dormire abbracciato al gatto.
Questo era tutto. 
E Kidd è incredibilmente incazzato proprio per questo. Non gli era stata data alcuna spiegazione né gli era stato chiesto alcun permesso, nonostante si trovassero a casa sua. Era tornato anche lui a letto arrabbiato e si era svegliato di un umore ancor peggiore, alimentato dall’incubo sul passato di Killer.
Sente in tasca il cellulare vibrare, e non ha bisogno di conferme per sapere che è di Killer il messaggio. Kidd gliene ha appena inviato uno avvertendolo che la vita di Trafalgar è davvero a rischio, in quel momento, vuoi per il fatto che il suo dannatissimo gatto gli si stia strusciando sulla gamba da quando si è svegliato, vuoi per l’odore orribile che viene dal salotto, o, anche peggio, per Law che ancora dorme tranquillo e mezzo nudo sul suo divano. 
Ci aveva messo poco, a rispondere, a discapito di quel che invece pensava Kidd - che ancora lo vedeva arrotolato tra le coperte con il pinguino. “Che sta succedendo” gli ha scritto Killer, senza avere neanche la decenza di metterci un punto di domanda a fine frase… Certo, doveva essere troppo stanco dopo una sessione di sesso con quel maledetto stronzo. 
Risponde velocemente, Kidd, mentre si avvia verso il divano, ignorando il ben poco profumato regalino che Bepo - o almeno, spera sia di Bepo - ha lasciato sul tappeto, vicino al televisore.
 
 
Penguin è tornato all’attacco. 
Non appena aveva chiuso la telefonata con Casquette, era rimasto un attimo fermo a rimuginare su cosa fare: colazione o Killer. Non ci aveva messo molto a decidere.
E ora gli era completamente addosso, completamente nudo e completamente eccitato. 
Si stavano baciando, lo stavano facendo entrambi e insieme. Non era Penguin a baciare Killer, né Killer a baciare Penguin, erano insieme. Un agglomerato di particelle, cellule, molecole, atomi mischiate insieme e unite da reazioni chimiche il cui legame era la passione. La lingua con la saliva, di chi non aveva importanza, le mani con i capelli, chi lunghi, chi scuri, la pelle con il seme dei loro desideri.
Per questo, Killer non sente o finge di non sentire in cellulare che, di nuovo, vibra un paio di volte sul suo comodino. 
Il messaggio di Kidd può aspettare, la chimica dei corpi no.
 
 
“Pulisci quella merda. Subito” sussurra, mentre Trafalgar sbadiglia, seduto sul divano.
Lo ha appena svegliato con un calcio in pieno stomaco, Kidd, e sembra intenzionato a dargliene un altro, più in basso, se Law non si muove ad alzare il culo da quei cuscini e occuparsi di quanto gli sta ora indicando. 
Bepo, tranquillo, salta sul divano e si accoccola vicino al padrone, lasciando la pancia leggermente scoperta così che Trafalgar possa fargli qualche tenero grattino. 
“Non prendertela, Eustachio. Anche tu la faresti a terra se non avessi un cesso dove scaricarti” 
Gli occhi di Kidd si spalancano, sia perchè non gli va proprio giù di essere chiamato in quel modo, sia perché le parole di Trafalgar sono una vera e propria richiesta di esser mandato al creatore al più presto. 
“E tu faglielo, un cazzo di cesso” risponde, il più pacatamente possibile, mentre stringe i pugni per contenere la rabbia “E intanto pulisci” finisce, dirigendosi verso il bagno e chiudendocisi a chiave dentro, dopo aver teatralmente sbattuto la porta. 
Trafalgar si limita a sbuffare, divertito. Fissa Bepo e il suo sguardo è subito ricambiato dai suoi due occhioni verdi che brillano come due piccole macchie smeraldo su una tela immacolata. 
Sarà una convivenza difficile, la loro, e la cosa lo eccita parecchio.
Deve solo trovare il modo di rendere quell’estate il più movimentata possibile.
 
 
L’energia di mille protoni, mille elettroni e mille neutroni che si scontrano ed esplodono l’uno contro l’altro.
Così definirebbe la sensazione provata durante quell’ultimo orgasmo, Killer, mentre si sdraia di fianco a Penguin, sfinito. 
E’ stato Penguin, questa volta, a concedersi a Killer. Senza parole o gesti di troppo, lo aveva portato sopra di sé, aprendo le gambe e sorridendogli. E Killer non si era fatto pregare, si era spinto dentro di lui piano ma sicuro, fino a riempirlo completamente e far sentire la sua presenza il più tangibile possibile.
Non era stato il desiderio di dominare a muoverlo né Penguin aveva legato quel gesto ad un qualche sentimento recondito dentro di lui. Era stata semplicemente la voglia di cambiare, di unirsi in modo diverso e di provare nuove sensazioni. Di dimostrare che in quel letto erano entrambi re.
 
 
“Shachi Casquette” il suo nome sulla bocca di centinaia persone.
“Che figlio modello! Bello e intelligente!” apprezzamenti verso di lui da ogni parte del salone.
“Magari può fare amicizia con mio figlio e metterlo un po’ in riga, no? Ahah, magari!” richieste sussurrate tra vecchie signore e giovani lady.
Sua madre che lo raggiunge da dietro, posandogli a tradimento una mano sulla spalla. Ha le labbra dipinte di un rosso vivace, che Casquette ricorda di aver già visto da qualche parte, mentre il vestito nero succinto le cinge i fianchi secchi senza però risaltarne troppo le curve. I pochi gioielli preziosi che porta - è sua abitudine non esagerare mai con gli ornamenti - sono una collana d’oro impreziosita da brillanti e la fede nuziale. 
Sorride affabile, mentre nella mano libera tiene delicatamente il bicchiere colmo di champagne. “Non ti diverti, tesoro?” chiede con voce leggera e dolce. Mentre il figlio si gira verso di lei, i suoi occhi scorrono sul vestito nero elegante che indossa per l’occasione “Oh, ancora non sai allacciare bene le cravatte? Dovresti imparare, cucciolotto, sei grande ormai!” ride per nulla arrabbiata, mentre gli sistema il nodo al collo.
“M-mamma! Se dici che sono grande perché continui a chiamarmi così?” sussurra Casquette, mentre arrossisce e tiene gli occhi sulle mani della madre, che, ancora, ridacchia divertita.
“Così come?”
“Lo sai!” 
Quando finisce di sistemare la cravatta al figlio, la donna sorride, teneramente, mentre gli porge una mano dove lo smalto rosso risalta senza dar fastidio “Mi accompagna a fare un giro nei giardini, signorino Shachi?” chiede con tono divertito.
Fa sempre così, sua madre, quando vuole parlargli un po’ in privato. Gli chiede di accompagnarla a fare un giretto sui prati di loro proprietà o di prendersi insieme un bel tè caldo. Non si vedono spesso, ma questo non toglie loro i momenti di intimità che qualunque figlio dovrebbe avere con i propri genitori.
Suo padre ogni tanto li raggiunge, o si siede insieme a loro nel salone, ma mai per tutta la durata della conversazione: arrivano sempre ospiti inaspettati o chiamate improvvise di lavoro che lo costringono subito a rialzarsi e sorridere un po’ triste, mentre si scusa e lascia la stanza. Non è colpa sua, ma Casquette non può dire di non rimanerci spesso piuttosto male, specie se la conversazione stava procedendo bene e sa già si respirava quell’aria di famiglia unita e felice da cui avrebbe sempre voluto essere circondato.
Sospira, mentre affianca la donna lungo il sentiero che porta alla parte alberata del giardino.
“Non è che mi annoi, mamma” dice, dopo un silenzio durato un paio di minuti “Solo non credo di trovarmi del tutto a mio agio… Insomma, io non conosco nessuno, ma sembra che tutti invece conoscano me” 
La donna sorrise leggermente “Sei un figlio talmente perfetto che i tuoi genitori non possono fare a meno di vantarsene in giro”
“Non mi sembra di fare molto, per meritarmi tutti questi complimenti…” risponde, a testa bassa, mentre si sfrega le mani un po’ nervoso.
“Ma…” aggiunge subito la donna “Non è per questo che hai quel faccino triste, sbaglio?”
La madre di Casquette è fin troppo brava ad intuire anche ciò che lui non vuole dirle parole, lo sa bene.
“… E’ Penguin” dice infine, alzando la testa verso il cielo azzurro, limpido, dove il sole del pomeriggio svetta glorioso sopra le cime degli alberi “E’ una settimana che non lo vedo. E’ rimasto tutto il tempo da un… Ragazzo che conosce a malapena. Ha pure lasciato il lavoro”
“Ma come, non fa più il pinguino allo zoo? Gli stava così bene quel costume!” ridacchia, strappando una risatina anche a Casquette.
“E’ una cosa seria, mamma. Mi preoccupa, non è da lui”
“Non è da lui cosa, tesoro?” lo guarda mentre parla, e nella voce ha una strana vena di profonda verità “Andare con ragazzi che conosce a malapena? O che faccia cose strane all’improvviso come lasciare il lavoro? O…” lascia la frase in sospeso per un attimo, mentre prende una mano al figlio con delicatezza “O ti da fastidio che stia con qualcun altro?”
Eccola. Sua madre, la solita. 
Casquette non sa bene perché, ma ha come l’impressione che sua madre sia convinta che lui e Penguin stiano insieme.
Così, senza una vera ragione valida, semplicemente è da quando li ha visti sdraiati l’uno sull’altro sul letto di Casquette che diventa insolitamente più dolce e gentile quando vede Penguin. Chissà cosa le era passato per la testa e cosa esattamente si aspettava stessero facendo in quel momento - che ovviamente, non era una versione corretta dei fatti.
Però non nega, Casquette, perché sì, gli da fastidio che Penguin passi tutto quel tempo con qualcuno che non conosce, ma non per i motivi che sua madre crede, bensì perché è il suo migliore amico e da tale vorrebbe un po’ più di considerazione - specie se ha accettato di sostituirlo a lavoro solo un paio di settimane prima.
“Vorrei che stesse più tempo con me, mamma, tutto qui” sussurra, dopo un po’, non del tutto sincero. 
Penguin è il suo miglior amico da troppo tempo per poter diventare pure qualcos’altro. E a Casquette va bene così, perché lui vuole bene a Penguin, lo adora così com’è, in tutto il suo essere. Non accetterebbe mai che cambiasse solo per poter evolvere quella loro amicizia, già perfetta e bella. 
Bella. Sì, sicuramente non esiste modo migliore per descrivere quel loro legame, tanto forte e profondo, radicato nel tempo, da  essere diventato ormai indistruttibile. Tutti continuano a dirgli di quanto sia bello, di che ragazzo perfetto sia, di quanto Dio lo abbia aiutato rispetto agli altri, ma nessuno capisce, nessuno va più in là della mera apparenza: lui è bello grazie a Penguin.
Perché è Penguin ad averlo creato, ad avergli dato un carattere, un ruolo, un posto nel mondo. Pure il suo nome, sulle labbra di Penguin, diventa bello. 
La sua amicizia con Penguin è l’unione della loro bellezza: il genio creato e il modello plasmato a sua immagine e somiglianza. Quanto di più perfetto possa esistere, un rapporto vincolato da solide basi di una fratellanza che va oltre il solo sangue che scorre nelle loro vene. 
Sono due compagni, due vite legate da un’unica avventura, la ricerca continua dell’acqua di due bambini che scavano un fosso. Ogni granello si sabbia spostato è un legame in più, un nuovo vincolo che li lega, anima e corpo, infinitamente piccolo ed incommensurabilmente forte.
“Mmmh… Se è questo il problema…” sua madre si posa un indice sulle labbra, pensierosa. Casquette la guarda, senza capire, prima che il volto di lei si illumini, aprendosi in un sorriso radioso “E se lo invitassi ad una gita in barca?”
E finalmente, anche Casquette ride.
 
 
- Fine 4# -
 
 
 
 
Ho… Partorito. Credo.
E che bel bambino! Cinque pagine di troppe parole troppo inutili… Serve che lo dica? Non mi convince questo capitolo. E’ dall’inizio della fic che lo dico - me ne rendo conto, sì - ma questo capitolo sta a parte: teoricamente nel cestino. L’ho lasciato così solo perché dopo averlo riscritto tre volte, e dopo essermi resa conto che era da un mese e passa che non aggiornavo, mi son sentita troppo un verme e mi son detta che per questo avrei passato. Lo avrò sul gobbo per tutta la mia esistenza temo, anche perché ho deluso già un paio di persone ^^’’
Passando a notizie meno brutte… Anzi, proprio belle! Solo stata felicissima delle ultime recensioni ricevute, davvero, grazie di cuore! E come se non bastasse, continuano ad aumentare i Preferiti/Seguiti, che restano sempre una gran soddisfazione per un’autrice come me! Davvero, grazie a tutti!
Ultimamente mi sto fissando con Casquette, per questo gran parte del capitolo è dedicata a lui… Ma non era prevista quella parte in realtà xD Amo perder tempo, si vede? 
Uh, la roba dei protoni e neutroni e elettroni e altra roba varia tra Killer e Penguin è dovuta solo alla chimica e al fatto che, sebbene non ci capisca una mazza, mi piace *^* Probabilmente ho scritto delle gran boiate, ma mi pareva suonassero bene e le ho lasciate… Chiedo scusa a chiunque ne sa più di me ^^’’
Mentre per Killer seme… Parliamone. Insomma, non sono mai stata molto sicura, ma diamine, Killer è il doppio di Penguin, quindi, età tralasciando, lo trovo più che fattibile. Mentre la storia dei re che ho accennato alla fine di quella parte ritornerà più avanti, anche se forse, sarebbe meglio che evitassi xD
Poi beh, con questo capitolo si son visti anche Bepo e Sanji, che non avrà un gran ruolo, ma tornerà più avanti (inutile dirlo, sono una fan della ZoroSanji *^*)
Infine boh, che altro dire… Trafalgar e Kidd ancora non hanno approfondito alcun rapporto, ma non tarderà ad arrivare anche quello, ovviamente, mentre per la frase finale della madre di Casquette… Come dire, non è certo messa lì a caso ;D
Ho finito. Devo dire solo che ho una gran paura a pubblicare questo capitolo, ma lo faccio lo stesso, con la promessa che per il prossimo mi impegnerò molto, ma molto di più. 
Spero sempre nelle vostre meravigliose recensioni.
Detto questo,
See ya,
 
By Ming
  
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