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Autore: GibsonGirl51    06/11/2012    3 recensioni
Agosto duemila. Una donna piuttosto anziana è in una stanza d’ospedale, dormiente. Accanto a lei una bambina che le accarezza la mano, io. Questa è la storia più difficile da scrivere, perché vissuta sulla pelle. Come ho visto il cancro in questi sedici anni, come ci ho convissuto indirettamente. Questo è per te Umi, mi manchi.
Genere: Fluff, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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~Il giorno dopo.

 
Già, il giorno dopo. Molti dicono che sia il più difficile. Non lo è stato per me. Trascorsi la giornata come tutte le altre, nessuno mi faceva domande, ero tranquilla. Sicuramente mia madre li aveva informati prima di me. L’unica cosa che non fu abitudinaria quel giorno fu la mia prenotazione alla rubrica ditelo con i fiori, un momento in cui la radio regalava un mazzo di fiore da un ascoltatore all’altro. Lo prenotai per il giorno dopo, specificando che Aldo non dovesse parlare, ma bensì io.
Poi andai da nonna, quel giorno fu uno dei primi dopo l’operazione in cui riusciva a venire di nuovo in giardino. Fumammo e ridemmo un po’ ma lo si notava che lei era più debole del solito. Poi andai a casa. E l’unica cosa che feci fu scrivere. Poi le lacrime mi invasero, e il mal di testa le seguì, riducendomi nuovamente uno straccio. Non potevo fare altro che prendere una pastiglia, fumare un po’ e sperare che passasse. E fu in quel momento che mi venne un pensiero. Non era la prima volta che nonna aveva il cancro. Ce lo aveva praticamente da sempre. Non avevo mai capito bene come si evolvesse la cosa, così mi misi a cercare lo schemino che mi fece mia madre a otto anni. In poche parole aveva disegnato un mostriciattolo che ogni tanto si svegliava e si trasformava in una ciste, un mini tumore che veniva subito rimosso, e poi si addormentava ancora. Se all’età di quel disegno era solo un mostriciattolo adesso era peggio. Non era piccolo. Era molto più grande.
Ancora più triste per questo ragionamento dovetti andare a cena, ovviamente non toccai nulla, e il mio cane mi fece compagnia mentre ci facevamo il giretto serale.
Perché mi stava succedendo tutto questo? Non capivo. Andava tutto bene. Avevo incontrato i miei idoli, i sonohra, e mi avevano riconosciuto. Da lì a poco sarei dovuta andare in Sicilia per incontrare le mie amiche Giorgia e Simona, e forse anche il mio campione, Mauricio Pinilla. Ero andata quasi una settimana prima a vedere una qualificazione di Europa League in Svizzera interna, e avevo visto la mia squadra del cuore, il Palermo. Avevo concluso le medie con una licenza decente, mi avevano preso all’istituto d’arte. Una delle mie amiche più care era tornata da poco dal Brasile, dopo due anni.
E lì iniziai a capire. Le cose mi andavano troppo bene. Non potevo avere tutto, giusto? Tanto vale falle sparire la nonna in meno tempo possibile. Massì dai, tanto non gliene frega nulla. ‘’È questo che vuoi vita?’’ pensai ‘’Perché non fai tornare tutto come prima? Non le voglio queste cose! Non voglio Vittoria, non voglio i sonohra, non voglio l’istituto d’arte. Non se comporta questo. Non lo voglio.’’
Tornai a casa ancora più incazzata, lasciai che al cane ci pensasse mio padre, e me ne stetti in camera. Non volevo vedere, sentire, parlare o semplicemente percepire la presenza di nessuno. Volevo stare sola con me stessa e il mio orsetto.
Mi addormentai ad un’ora imprecisata.
Ma so benissimo che quando mi svegliai ero in fase di negazione.




Il mio angolino.

So di non aver aggiornato, mi dispiace, ma tra gli impegni di lavoro e altre cose non ce l'ho fatta. Questo capitolo manco mi piace tanto, non mi convince, ma il prossimo potrebbe essere più carino. Insomma lasciatemi spazio e tempo (e cercate di capirmi dentro [Ommioddio sclero per colpa di Marco Mengoni]) che presto faremo vari salti nel tempo. Grazie mille per le recensioni, mi fate felice quando recensite. ^^
Un bacio!

~
Martih.
   
 
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