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Autore: Julia of Elaja    06/11/2012    3 recensioni
Fantasy-Crossover
Elaja: splendida isola in un universo parallelo al nostro.
Un tiranno la governa da secoli e il popolo è stremato, nessuno riesce più a vivere serenamente; la speranza di tutti è riposta nella profezia della ninfa Dedale e tutti aspettano il giorno in cui i quattro terrestri arriveranno a salvare l'isola dal declino.
Siete pronti a vivere un'avventura mortalmente divertente?
Allora questa storia fa per voi: eccovi il primo volume della Saga dei quattro re di Elaja!
I personaggi che troverete vi saranno familiari, ne sono certa... ;)
Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei quattro re'
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Giulia fissava Rucubic con un'espressione a metà tra l'impaurito e il preoccupato; il suo pensiero era quello di fuggire, ma la paura che quei due la aggredissero era forte. Due contro una, oltretutto anche ferita: scontro decisamente non equo.
Decise di assecondarli e intanto pian piano alzarsi ed avvicinarsi alla porta.
"Maestà, vi prego non fate così" la donna riprese con tono supplicante, rimettendosi in piedi "Noi stiamo solo cercando di spiegarvi come stanno le cose!" e torcendosi nervosamente le mani sospirò a lungo.
"Spiegatemi allora" Giulia scivolò lentamente giù dal letto cercando con un rapido sguardo per la stanza di individuare le sue scarpe; fece una smorfia quando non riuscì a trovarle. 
"Maestà, vi scongiuro" cominciò Nigal "Dateci ascolto! Ve lo leggo in viso, non vi fidate di noi e ne avete tutti i diritti, ma almeno ascoltate quel che abbiamo da dirvi. Poi sarete libera di andare, non vi tratterremo ulteriormente". Giulia sospirò e sbuffò, mordendosi un labbro; "Allora, sentiamo cosa avete da dirmi" fece con aria rassegnata. Ancora non riusciva a realizzare cosa stesse accadendo, stava forse sognando? Pensandoci, tutto quello che le stava accadendo sembrava un sogno particolarmente vivido: e se non si fosse mai svegliata? Se il risveglio alle cinque e mezzo in sala medici fosse stato l'inizio del suo sogno? Forse il suo corpo era ancora lì, a riposare con la testa china sulla scrivania. Quella poteva essere l'unica spiegazione plausibile. "Maestà" cominciò Rucubic, richiamando la sua attenzione "Voi siete ad Elaja e questa isola è il vostro futuro regno. Diventerete la nostra regina suprema, colei che assieme agli altri tre re ucciderà Azur il tiranno!". "Maestà, noi non abbiamo la minima intenzione di farvi del male!" Nigal si fece avanti "Io stessa vi ho trovata incosciente a terra e con una brutta ferita, vi ho portato qui in casa mia, vi ho medicata e curata. Perché ci temete così tanto? Siamo solo due persone un po' avanti con gli anni e con qualche dolore alle ossa. Dateci ascolto, noi non vogliamo raggirarvi". "Permetteteci di spiegarvi tutto" riprese Rucubic "Ora, con calma, saprete tutta la verità. Sempre che voi vogliate sentirla". 

Un tuono fragoroso fece sobbalzare tutti; fuori si stava scatenando una vera e propria tempesta, raffiche paurose di vento facevano tremare i vetri delle finestre e un boato fortissimo sovrastava ora il rumore del fuoco.

"Sbaglio o lì fuori si sta scatenando una bufera?" Giulia deglutì a vuoto un paio di volte: non poteva di certo scappare con un tempo del genere lì fuori.

"Ogni giorno qui si scatenano tempeste violente, ma le trombe d'aria si muovono sempre in determinate coordinate" spiegò Rucubic avvicinandosi alla finestra e indicando un punto "Tra poco vedrete anche voi che la nostra casa non verrà minimamente intaccata e che i venti si sposteranno".
Ed effettivamente, qualche istante dopo, il boato diminuì nettamente per poi scomparire. Rimase solo la pioggia battente a far loro compagnia con il suo scrosciare. Giulia tirò un sospiro di sollievo: forse quei due non erano allora poi tanto pazzi, anzi.
"Gradirebbe un infuso d'erbe, maestà?! Le abbiamo colte pochi giorni fa, di certo vi aiuterebbero a tranquillizzarvi!" Nigal le propose.
Giulia, un po' titubante sul consumare un infuso di erbe sconosciute offerto da due perfetti sconosciuti anche parecchio strani, si mostrò esitante in principio. "Ma se tutto questo è solo un sogno" si disse poi "Che male potrà farmi?".

Annuì quindi sorridendo appena: "In effetti potrebbe davvero aiutarmi adesso".
Rucubic sorrise: "Vado a prenderlo allora" e si diresse soddisfatto verso il fuoco, ad attizzare la legna per poter scaldare l'infuso .
"Sedetevi, se volete" fece Nihal, indicandole una seggiola proprio davanti al calore del camino; la ragazza vi si sedette e Nihal prese posto accanto a lei, stendendosi per terra.
Rucubic sopraggiunse dopo poco, con un coccio di quella che sembrava terracotta, fumante e colmo di infuso per Giulia.
Assaporandolo lentamente, dopo il primo sorso la ragazza si rese conto di quanto fosse buono; le ricordava una tisana che tanto amava bere, a base di cacao e liquirizia.

"Bevetelo a piccoli sorsi, sarà più efficace" suggerì Nigal.
"E ora, maestà, lasciate che vi spieghi tutto!" fece Rucubic, mentre si avvicinava uno sgabello per sedersi davanti a lei.
L'uomo le narrò di  tutti gli avvenimenti che da due secoli avevano segnato Elaja: le aveva raccontato di Azur, della profezia della ninfa Dedale e del male che il tiranno aveva portato sull'isola di Elaja.
"Tutti gli abitanti dell'isola vorrebbero ribellarsi, ma ogni volta che piccoli gruppi di resistenza provano a far qualcosa, questi vengono respinti con estrema facilità. Azur attualmente è imbattibile, per noi cittadini".
"Ma io cosa c'entro in tutto questo?" chiese Giulia pensierosa, il coccio ormai vuoto stretto fra le mani, a cercare di scaldarle con il calore residuo.
"Voi sarete la regina suprema, quella che la profezia aveva predetto. E gli altri tre re dovrebbero essere vostro fratello e due vostri cugini!".
Ancora incredula e poco convinta, la ragazza scosse il capo; "Dunque io, mio fratello e due dei miei cugini dovremmo diventare i regnanti di quest'isola e scacciare... come avete detto che si chiama il tiranno?".
"Azur".
La ragazza annuì silenziosa, posando la tazza su un tavolino lì affianco.
"Precisamente, Dedale rivelò i nomi dei futuri regnanti; Giulia, Luca, Nicola e Myriam. Il primo è appunto il vostro nome, gli altri tre vi sono familiari?" chiese Nigal.
La ragazza rivolse uno sguardo allucinato alla donna; "Sono esattamente i nomi di mio fratello e di due dei miei cugini".
"Ecco, vedete dunque che non stiamo dicendo idiozie?" ridacchiò Rucubic.
"Io però davvero non vi seguo... non so nulla di combattimenti, di regni! Sono un medico, una semplice ragazza che sta concludendo i suoi studi universitari e, credetemi, ammazzare tiranni non rientra nelle mansioni di un medico!".
Nigal stava per replicare ma qualcuno in quell'istante bussò alla porta.
"Ma chi sarà, con questo tempaccio?" Rucubic si alzò e aprì la porta; una folata di vento gelido entrò nella calda casupola e una figura con tanto di mantello e cappuccio abbassato entrò di gran corsa.
"Si sta scatenando il putiferio lì fuori! Salve Nigal, felice di rivederti".
Il cappuccio ancora giù, il giovane uomo si avvicinò al focolare seguito da Rucubic e diede una delicata carezza sulla spalla alla donna; rivolse poi la sua attenzione su Giulia: "Temo di non conoscervi, mia signora?" le disse.
Rucubic guardò complice Nigal, poi rispose al ragazzo: "Prova a indovinare di chi si tratta, Eragon".
"Eragon?" il cuore di Giulia cominciò a battere in maniera più forte: avevano davvero detto quel nome? Ma no, non era possibile. Era decisamente un sogno, allora!
Quando lo sconosciuto levò il cappuccio e il manto, lei lo riconobbe: il segno inequivocabile sulla mano destra, i capelli castani scompigliati e tratti sottili e quasi eterei.
"Eragon?" chiese a voce mozza "Il figlio di Brom e Selena? Il Cavaliere dei Draghi?".
Il ragazzo la guardò con fare stupito; "Sembra che voi sappiate tutto di me, mia signora!" ridacchiò "Ma io non so nulla di voi. Ditemi almeno il vostro nome".
"Giulia".
Eragon cambiò improvvisamente espressione; il suo sorriso divertito si tramutò in un ghigno quasi innervosito, incredulo, le sue labbra si schiusero in un'espressione di incredulità e perplessità.
"Giulia" ripeté come inebetito.
"Eragon, hai capito di chi si tratta?" Nigal e Rucubic facevano guizzare i loro sguardi tra i due giovani; Giulia guardava Eragon come fosse un dio sceso in terra e lui guardava lei con fare insospettito e sorpreso al tempo stesso.
"Che gli Dei siano benedetti".
"Buonasera".
Qualcuno irruppe nel caldo ambiente della casa; la porta era stata aperta senza alcun consenso e una folata di vento gelido spense definitivamente le fiamme che lambivano i ceppi nel camino.
"Ade" balbettò Nigal, perdendo improvvisamente il suo dolce rossore sulle guance.
Il dio degli inferi in persona si stagliava in tutta la sua persona a centro stanza, posando il suo sguardo su ognuno dei presenti, soffermandosi in particolar modo su Giulia.

"Qui siamo oltre l'assurdità" pensò Giulia, che iniziava a prenderci gusto: quanti altri personaggi sarebbero entrati nel suo sogno?
"E tu, chi saresti?" storse il labbro il Dio, avvicinandosi e scrutandola più attentamente.
Rucubic gli si parò davanti; "Lei è mia nipote, è venuta qui da Hertefix per farci visita".
"Non sapevo che ad Hertefix ci si vestisse così!" fu la risposta del Dio; Giulia indossava ancora il camice e tanto di tutina verde, il che dava sicuramente nell'occhio, visti gli abiti così diversi di Nigal, Rucubic e Eragon.
"Come ti chiami, ragazzina?". Giulia stava per ribattere ma una voce maschile si fece strada nella sua mente: "Un altro nome. Non dire il tuo nome".
"Tu sei Ade" mormorò allora, cercando di guadagnare tempo e pensando a un nome da inventare.
"Quello sarebbe il mio nome" sottolineò lui con fare un po' divertito un po' irritato "Io ho chiesto il tuo di nome, mia cara" le fiamme sul suo capo divennero rosse per un attimo.
"Julia" rispose leicon fare spavaldo.
"Prego?" lui la guardò scettico.
"Io sono Julia" la ragazza questa volta si mostrò ancora più convinta, incrociando le braccia al petto.
Ade sembrò riflettere a lungo su quel nome; si passò una mano sul mento, poi si diede una grattata in testa "Nome affascinante, davvero" commentò "Ricorda palesemente un altro nome ben noto. I tuoi genitori non hanno pensato all'assonanza con un nome di una leggenda idiota?". "Non saprei" rispose la ragazza, improvvisando "Sono morti quando ero molto piccola, non ho mai potuto chiederglielo".

Ade storse nuovamente il labbro, poi sospirò e si rivolse a Rucubic: "Ma torniamo al lieto motivo della mia visita; Rucubic, non dovresti darmi qualcosa? Mi devi una tassa, forse?".
L'uomo improvvisamente divenne cadaverico; la sua pelle sembrava avorio, perse ogni traccia di rossore sulle gote e iniziò a tremare.
"I soldi, Rucubic. O questa volta verrai con me a palazzo a spiegare un paio di cose all'imperatore" continuò Ade, rivolgendosi all'uomo con fare più serio che mai.
Tristemente, caccò da un cassetto di un tavolino lì affianco a lui una saccoccia tintinnante e Rucubic sospirando la diede a Ade.
"Molto bene" il Dio degli inferi svuotò la saccoccia sul tavolino e contò venti lucenti monete d'oro "Anche questa volta ce l'hai fatta. Chissà se ce la farete anche il mese prossimo! Il vostro signore è molto fiscale su queste cose!".
"Ma certo" fu la gelida risposta di Rucubic. Nigal si limitò a sospirare profondamente.
"Eragon, figlio di Brom!" esclamò Ade mentre infilava il sacchetto in tasca, rivolgendosi al ragazzo con una sonora pacca sulla spalla "Tuo padre dov'è?".
"A Mors, ovviamente" rispose gelido lui.
"Digli che ci rivedremo presto, anche lui ha un debito da saldare" ghignò. Poi, aprì la porta con un cenno della mano ed esclamò a gran voce "Signori, è stato un piacere. Ci si rivede prossimamente!" e così dicendo uscì dalla casupola sbattendosi la porta di legno alle spalle.
Rucubic tirò un sospiro di sollievo.
"Era davvero quell'Ade? Quello? Il Dio degli inferi?" urlò quasi Giulia, sbalordita.
"Sì" le rispose l'uomo.
"E perché voleva dei soldi da voi? E che cos'è Hertefix? E, soprattutto..." si rivolse ad Eragon "Eri tu nella mia testa? Sei stato tu a dirmi di inventare un nome diverso?".
"Sì, ho dovuto avvisarvi e perdonatemi l'intrusione" Eragon abbassò il capo con fare un po' imbarazzato "Certo, avete scelto un nome molto assonante con l'originale... abbiamo rischiato grosso".
"Scusatemi se ero in pieno panico" sbottò Giulia, alzandosi in piedi e rivolgendosi anche ai due coniugi, che si tenevano stretti in un abbraccio.
"Vi andrebbe di parlare, solo noi due, mia signora?".
Eragon le stava porgendo una mano; in silenzio la ragazza annuì e gli prese la mano.
"Andate pure nella nostra camera da letto" propose Nigal.

Entrarono in una piccola camera con un letto rigido e un piccolo catino per potersi lavare. Uno specchio era posato a terra.
Eragon chiuse la porta dietro di sé, poi si passo una mano tra i capelli facendo un cenno a Giulia: "Prima di iniziare, innanzitutto mi preme chiedervi: come vi sentite?".

Giulia sorrise: era il primo che davvero si interessasse della sua condizione, di cosa provasse. Voleva sapere, per prima cosa, se lei stesse bene.
E gli raccontò ogni cosa; dal momento in cui quella mattina aveva aperto gli occhi al punto in cui si era ritrovata in quella stramba realtà fino al pensare che Nigal e Rucubic fossero due pazzi. Gli disse che aveva paura, che non sapeva come poter tornare a casa e che a detta dei due coniugi lei era la futura regina suprema di quell'isola. Gli confidò che ormai si era convinta di vivere un sogno, e di essere ancora con la testa sulla scrivania, in policlinico.
Eragon la lasciò parlare per molto tempo, ascoltandola con attenzione e non interrompendola per alcun motivo; e arrivò poi un momento in cui Giulia iniziò a singhiozzare ininterrottamente.

"Non capisco cosa stia succedendo; a momenti sono convinta di vivere un sogno, poi però mi rendo conto che tutto questo è troppo realistico".

Eragon le si avvicinò e le mormorò; "Coraggio, sfogatevi. Ne avete bisogno. Non siete l'unica ad aver pianto appena arrivata qui".
La ragazza alzò allora lo sguardo e lo fissò interrogativa; "Anche per te è stato così shockante?".
Lui le sorrise amaramente; "Io e mio padre non siamo di questa realtà, siamo originari di Alag...".
"Alagaesia, lo so!" lo interruppe lei "Quindi è tutto vero quel che ho letto di te!".
"Voi sapete di Alagaesia?" Eragon era visibilmente colpito "Ma dove avreste letto di me?".
"Ci sono dei libri che parlano della tua vita" rispose lei, asciugandosi le lacrime "Io so tutto della tua vita. Un autore ha scritto tutta la tua storia, la tua vita è stata trascritta. O, almeno, una parte della tua vita".
Il ragazzo sembrava turbato e sorpreso; "Quindi" il suo volto si oscurò "Sapete qualsiasi mio segreto?".
Il pensiero di Giulia andò subito ad Arya; la principessa degli elfi, la futura regnante di Ellesmera che aveva fatto soffrire Eragon e fino alla fine non gli si era concessa. L'elfa di cui lui si era perdutamente innamorato.
Giulia l'aveva sempre odiata; quando leggeva di lei non poteva nascondere un ghigno di antipatia. Lui provava sincero affetto ma lei era sempre lì a ridicolizzarlo, a cacciarlo, a mandarlo via; e vedere il volto di quel giovane uomo davanti ai suoi occhi le faceva montare una strana insoddisfazione, quasi rabbia. Non poteva sopportare oltre quell'espressione sofferta di Eragon.
"Se ti stai riferendo alla tua vita sentimentale, sì. Ho letto tutto. E se vuoi potrei anche dirti quel che penso di Arya, ma non voglio ledere la tua sensibilità".
Eragon sorrise amaramente: "Il destino ci ha separati quando io ero su quella nave. Dovevo, come immagino saprete, diventare l'addestratore dei nuovi Cavalieri dei draghi. Portavo con me tutti gli eldunarì, e il mio cuore piangeva perché stavo lasciando Alagaesia e tutto ciò che conoscevo... stavo lasciando anche Arya".

Camminando avanti e indietro per la stanza, fissava ora il pavimento in pietra.
"Arrivato a destinazione iniziai a darmi da fare per costruire un rifugio: arrivata la notte riposai, steso affianco a Saphira che mi teneva al caldo. Al risveglio la nave e tutti gli Eldunarì erano scomparsi, e io e Saphira ci siamo ritrovati a contemplare un paesaggio completamente diverso da quello che avevamo osservato fino alla sera precedente".
"Elaja" sussurrò Giulia.
"Già, Elaja. Ero arrivato qui" respirò a fondo "Mi trovavo su una collina deserta; chiesi a Saphira di nascondersi volando in alto oltre le nuvole e mantenendosi costantemente sopra di me. Trovai un paese che scoprii poi essere Marinus e cercai aiuto; mi chiesero chi fossi e io dissi loro di essere Eragon, Cavaliere dei Draghi. Mi dissero che un altro Cavaliere dei Draghi era sull'isola, a Mors precisamente. Il giorno dopo volavo con Saphira diretto a Mors. E, incredibilmente, ritrovai mio padre".
"Ma lui non era morto?" Giulia era incredula "Come poteva essere vivo qui?".
"Questo non lo sa neanche lui e io non sono ancora riuscito a capire cosa sia successo" Eragon fece spallucce "Ma ero entusiasta; mio padre era ancora vivo e potevo finalmente passare la mia vita con lui. Così mi sono trasferito a Mors e ormai lì abito con lui; Saphira vive sulle montagne lì vicino, gli abitanti la conoscono ma l'imperatore non sa della sua esistenza".
Giulia chinò il capo sospirando; "E tu eri sotto shock, come me, quando ti ritrovasti su Elaja?".
Lui rise forzatamente, in maniera quasi isterica; "Io come voi? No, molto peggio! Mi trovavo in una realtà mai vista prima e avevo di nuovo mio padre; ero fuori di me dalla gioia e dal dolore al tempo stesso. Il dolore che mi lancinava era la consapevolezza di aver definitivamente perso ogni minima possibilità di rivedere la mia terra... e Arya".
"Allora ti prego, Eragon; dimmi cosa mi accadrà ora. Se tutto questo non è un sogno, allora come posso iniziare a vivere in questa nuova realtà?".
Lui le sorrise, finalmente un sorriso sincero, guardandola dritto negli occhi; "Sarà una lunga chiacchierata, credo. Mettetevi comoda, mia signora".

 

Quando i due ragazzi uscirono dalla stanza, ore dopo, trovarono Nigal e Rucubic accucciati vicino al camino, mentre una grande pentola ribolliva lì sul fuoco emanando un profumo delizioso.
"Tutto bene?" la donna si rivolse al giovane che le rispose con un gran sorriso; "Va tutto bene, Nigal". Giulia sorrise in risposta.

"Figlio di Brom, rimani a cena da noi!" Rucubic si alzò in piedi e battè vigorosamente una mano sulla spalla del ragazzo.
"Oh no, ti ringrazio vecchio mio! Devo raggiungere mio padre a Mors. Poco fa Saphira mi ha comunicato telepaticamente che ci sono grandi novità lì da loro. Sarà meglio andare a vedere cosa è accaduto".
"Vado a prenderti un mantello pesante, così starai più al caldo. Lì fuori si gela ora che il sole è calato" commentò intanto la donna, dirigendosi in un'altra stanza in fondo alla casupola.
"Non che ci sia molta differenza, tra il giorno e la notte" fece spallucce Eragon ridacchiando "Con questo cielo così tempestoso".
Rucubic si avviò verso la porta, lasciando i due giovani in disparte.
"Sarà meglio, comunque, che d'ora in poi cominciate a farvi chiamare con il nome Julia, mia signora" Eragon guardò Giulia e le sorrise.
"D'accordo, cercherò di ricordarmi del mio nuovo nome, anche se è così diverso dal mio originale" commentò sarcastica lei.
"In effetti non è stata una mossa geniale. Ma Ade se l'è bevuta, o almeno così da a vedere. E per ora andrà bene così. Comunque, domani sarò qui per metà mattinata; tenetevi pronta a conoscere mio padre, so per certo che lo adorerete".
"Brom mi è sempre stato simpatico" annuì lei.
Si guardarono intensamente per qualche istante; era servito, entrambi ne erano usciti rinfrancati di spirito.
Giulia aveva trovato qualcuno che capisse il suo stato d'animo in quel momento particolare e lui aveva trovato in lei la sua controparte femminile. Si assomigliavano per diversi aspetti, ma Eragon era certo che con il tempo ne avrebbero scoperti chissà quanti altri ancora.
"Eragon, pensi possa andar bene questa cappa?".
Si voltarono; Nigal era affianco a Rucubic e aveva con sé un mantello scuro; il ragazzo si avvicinò loro e la donna glielo gettò sulle spalle.
"Perfetto" ringraziò Nigal, poi avviatosi alla porta un'ultima volta Eragon si voltò a guardare Giulia "Vostra Maestà, vi saluto allora".
"Ti prego, Eragon" lei fece una smorfia di disapprovazione "Chiamami Julia. Quell'altro appellativo ancora non mi appartiene".
Annuendo, lui le si riavvicinò; le prese la mano e gliela baciò in silenzio, poi si voltò nuovamente ed uscì dalla porta, calandosi il cappuccio.
"Grazie dell'ospitalità" Eragon abbracciò Nigal e strinse la mano a Rucubic; i due lo salutarono affettuosamente, poi con un ultimo sguardo rivolto a Giulia il giovane uscì dalla casa e si diresse fuori, nella tempesta.
"Mi spiace che debba andar via con questo tempaccio" sospirò Nigal richiudendo la porta "Ma aveva una tal fretta di tornare a casa. Chissà cosa è accaduto a Mors".
"Nigal, Rucubic; sapete dirmi dove potrei dormire stanotte? Avreste in mente un luogo?".
Se la donna le avesse detto di no allora avrebbe agito da sola, dalla finestra Giulia notò un paese vicino da poter eventualmente raggiungere; ormai, dopo aver parlato con Eragon, non si sentiva più una bambina sperduta chissà dove. Era tornata ad essere sicura di sé e delle sue azioni.
"Certamente" la donna le sorrise gioviale "Potreste rimanere da noi, abbiamo una stanza accessoria dove potreste riposare. Sempre ammesso che voi vogliate stare qui da noi" ma non fece in tempo a finire la frase che Giulia annuì vigorosamente rispondendo "Assolutamente, sarebbe un vero piacere! Grazie, di cuore".
"Allora vi preparo un bel bagno caldo, così potrete rilassarvi!" rispose la donna sorridendo "Rucubic e io penseremo alla cena intanto" 
Pochi minuti dopo era immersa nell'acqua calda, avvolta dal profumo di fiori che erano a mollo in acqua con lei e di oli da bagno che Nigal creava con le sue mani.
Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi, facendo profondi respiri.
La sua vita di ogni giorno le sembrava quasi un sogno; il pensiero dell'ospedale, della sua vera vita, le sue preoccupazioni riguardo le reazioni dei genitori che chiamandola sul suo cellulare non avrebbero ricevuto alcuna risposta erano tutte scomparse dalla sua testa. Ormai non poteva più comprendere se fosse un sogno o realtà, quindi perché preoccuparsi ulteriormente? Non dipendeva da lei.
Ora l'unico pensiero era la profezia di cui le avevano raccontato.
"Julia, la cena è pronta!".
La voce di Rucubic la risvegliò dai suoi pensieri mentre fantasticava sul tiranno Azur; che aspetto aveva questo stregone? E sarebbe stato davvero così difficile batterlo?

La succulenta cena prevedeva del pane fatto in casa, stufato di manzo e una bevanda all'orzo. Ringraziando ancora Nigal e Rucubic per l'ospitalità, Giulia consumò il pasto con loro conversando amabilmente su argomenti come l'allevamento o le coltivazioni che i cittadini della nefasta regione di Mors potevano portare avanti nelle intemperie del tempo.
Raccontò di quel che lei mangiava nella sua realtà, del cibo spazzatura che ormai invadeva le tavole di tutto il mondo, degli snack e di tante altre cose che lei reputava nocive con l'andar del tempo.
"Noi mangiamo solo ciò che madre terra ci offre" le rispose la donna "E viviamo bene, così".
Arrivarono poi a parlare di Elaja, della geografia dell'isola e delle storie dei precedenti re; le raccontarono delle legende popolari e della grande guerra che c'era stata quando Azur era asceso al potere.
Rucubic volle sapere chi regnasse, invece, nel paese da cui lei proveniva; la ragazza spiegò che da lei non esisteva un regno ma una nazione, con regioni e province. Spiegò che non avevano un re e una regina ma un capo dello stato e molti altri organi a lui annessi.
Nigal parve molto colpita da questa organizzazione ma rimase comunque dell'opinione che la monarchia fosse la forma preferibile.
"Ai tempi di re Jorlax le cose andavano molto bene! Ma da quando c'è Azur la tirannia ha distrutto ogni cosa, rendendoci poveri" Rucubic continuò a parlare ancora finché non si rese conto che la ragazza, posato il capo sul tavolo, era già immersa nel mondo dei sogni. La sua mente fantasticava ora, viaggiando da un pensiero all'altro, dal volto di Eragon che le sorrideva a quello di Rucubic e Nigal che le dicevano di essere la futura regina di quell'isola.

Sarebbe stato così bello se tutto fosse stato vero... ma lei era quasi certa che al risveglio si sarebbe ritrovata in sala medici, e avrebbe con un sonoro sbuffo salutato quel sogno così vivido e così eccitante.
Un vero peccato; le era sembrato tutto così vero...

   
 
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