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Autore: OldMilk    06/11/2012    4 recensioni
Zacky aveva deciso che era meglio lasciarmi dormire al freddo e al gelo, piuttosto che invitarmi ad andare nella stanza degli ospiti. Le ossa mi dolevano e la testa minacciava di esplodere da un momento all'altro. Dovevo ammettere che io e quello strano ragazzo non eravamo proprio amici da quando gli avevo soffiato il posto da chitarrista solista all'interno del gruppo, ma pensavo che ormai, dopo tutto quel tempo, le acque si fossero un pochino calmate. Mi ritrovavo spesso in conflitto durante le prove, infatti mi era parso strano che mi avesse tenuto li a dormire, ma non volli farci caso in modo particolare. Rientrò nel piccolo salotto dopo qualche minuto tenendo in mano una tazza di caffè. Ripeto, UNA tazza di caffè.
[Synaky]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Synyster Gates, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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The only thing I ask of you is to hold his when I'm not around.
Never happened.



Non riuscivo a capacitarmi di quello che era accaduto, non mi sembrava possibile.
Mi sentivo completamente scombussolato, il cuore batteva talmente  forte che minacciava da uscirmi dal petto ogni volta che ci ripensavo. Non lo avevo capito, e tutt’ora non capivo. Come poteva essere cambiato tutto così rapidamente nel giro di così poco tempo? Che quella notte passata a casa sua, standogli accanto, gli avesse fatto capire quello che effettivamente potevo essere? Ovvero un grande amico?
Mi passai una mano tra i capelli spettinati, mentre osservavo le persone che passeggiavano per la strada da camera mia. Il pigiama che indossavo era una manna dal cielo, stavo così bene che probabilmente non sarei nemmeno uscito di casa se non fossi dovuto andare a chiarirmi con lui su quello che era accaduto due sere precedenti. Bevvi una lunga sorsata dalla tazza di caffè che tenevo stretta tra le mani e sospirai, dovevo decisamente andare da lui quel pomeriggio.  Aprii la porta verniciata di bianco della mia camera e scesi al piano di sotto, mia madre stava cucinando qualcosa per il pranzo e mia sorella era sul divano a guardare la televisione.
«Ehi scricciolo» dissi, sedendomi  accanto a lei, alla televisione davano i cartoni di McDonald’s, osservai leggermente disgustato la TV, per poi voltarmi nuovamente verso la piccola McKenna «Non sarebbe meglio guardare qualcosa di più divertente?» proposi, afferrando il telecomando, quel clown era davvero inquietante, non capivo come potesse piacere a dei bambini.
«Ma io voglio guardare questo» incrociò le braccia al petto, corrugando le sopracciglia esattamente come me, eravamo decisamente fratelli.
«Come vuoi» scossi la testa, lasciandola ai suoi cartoni, mentre mi alzavo e rubavo qualche pretzel dal tavolo della cucina. Mia madre mi diede una forte mestolata sulla mano «Dopo pranzo Elwin, quante volte devo dirtelo?»


Il pomeriggio arrivò rapidamente, tra una suonata di chitarra e qualche telefilm in streaming. Allacciai le converse e uscii di casa inspirando l’odore dell’oceano che avevo davanti a me. Un gruppo di ragazzini mi passò accanto rincorrendo un pallone da basket. Li invidiavo, non avevano ancora nessun tipo di problema. Le scarpe scricchiolavano a contatto della superficie del marciapiede, tenevo le mani nelle tasche dei jeans e le cuffie nelle orecchie. La musica tranquilla e pacata di Bryan Adams mi invadeva le orecchie, lasciandomi vagare con la fantasia. Mi fermai, sedendomi su una panchina nel parco che stavo attraversando, mettendomi le mani tra i capelli. Lo dovevo davvero fare? Ne ero veramente sicuro? Sbuffai, sollevando il viso verso il cielo coperto da qualche nuvola grigia. Sentii fastidio alla nuca, proprio alla base del collo. Scossi la testa, voltandomi, incontrando i suoi occhi verde acqua una ventina di metri dietro di me. Augustine, l'alana grigia, stava giocando con un bastone di legno e lui mi osservava , in maniera piuttosto strana dovevo ammettere.
Volevo alzarmi e andare da lui, ma sentivo le gambe decisamente pesanti, da quando ero diventato così rammollito. Feci un cenno con la mano, lui sbuffò sorridendo, per voltarsi a osservare il suo cane. Mi stava prendendo in giro? Rimasi a guardare la scena per un pò, soffermandomi sulla sua figura magra ed esile. Indossava dei jeans chiari, una felpa nera troppo grande per lui e le converse scure. Sorrideva, lo vedevo da li.
Notai, con la coda dell'occhio, il suo leggero movimento della mano, mentre rilanciava il ramoscello ad Augustine. Passò poco meno di qualche minuto, ma mi alzai e lo raggiunsi. Mi sentivo osservato, nonostante non mi stesse guardando, e anche piuttosto in imbarazzo, non sapevo davvero come intavolare il discorso.
«Zachary» cominciai, ma venni interrotto dalla sua mano. Era davanti alla mia faccia e mi faceva segno di bloccare il discorso.
«Credo che questo tuo dialogo non debba nemmeno cominciare» disse, senza guardarmi. Era nuovamente tornado freddo e distaccato e, davvero, non riuscivo più a capirlo.
«Non ti capisco» mi lasciai scivolare sull'erba, incrociando le gambe e chiudendo gli occhi.
«Cosa non capiresti?»
«Perchè prima mi tratti come se fossi la più grande merda su questa Terra e poi fai... quello che hai fatto» deglutii, sentivo il suo sguardo addosso e questo mi imbarazzava da morire. Augustine si accoccolò sotto un albero davanti a noi, mentre Zachary si sedette di fianco a me.
«Non lo so» iniziò a torturare l'erba, strappandone piccoli fili per poi ridurli in ancora più microscopici pezzettini «Davvero ti odio, ma non riesco a fare a meno di starti vicino, in un certo senso» si schiarì la gola «Dopo l'altra sera, quando mi sei rimasto accanto per tutta la notte, mi sono reso conto che non hai mai fatto nulla di sbagliato, e che la tua vicinanza poteva farmi bene in un certo senso.. ma poi ho visto che ci tenevamo per mano, come mi guardavi e.. ho preso paura di quello che mi stava passando per la testa» sospirò, appoggiando la testa sulla mia spalla.
«Avevi paura di me?» lo chiesi con talmente tanto stupore da farlo sorridere.
«Non proprio, ma di quello che mi stavi dando. L'altra sera, al bar, ero ubriaco e ho fatto quello che ho fatto, ma ripensandoci ora non me ne pento minimamente. E' quello che sento, non vedo perchè negarlo»
Mi voltai a guardarlo, mi persi in quegli occhi così chiari da sembrare l'infinito. Eravamo davvero vicini, sentivo il suo respiro irregolare sul mio volto e il mio cuore battere troppo velocemente.
«Sai.. non avrei mai pensato di arrivare a questo» mi disse, avvicinandosi ancora un pò al mio volto. Mi portò una mano al viso, accarezzandomi poi i capelli. Si avvicinò ancora e premette le sue labbra sulle mie.
Rimasi immobile, senza sapere cosa fare, quando mi aggrappai ai lembi della sua felpa con un impeto assurdo. Sentivo le sue mani tra i miei capelli, il suo respiro addosso, le sue labbra morbide sulle mie. Schiusi la bocca, lasciandolo entrare, facendo iniziare un gioco di lingue decisamente proibito e poco consono in un parco pubblico come quello. Le sue labbra erano morbide e mi ricordavano il gusto delle pesche appena raccolte. Lo strinsi più forte addosso a me, per poi lasciarlo andare. Ci guardammo, senza parlare.
«Non ci credo» e scoppiò a ridere, nascondendo il volto nella felpa. Ne riemerse dopo poco, con le guance colorate di rosso e i capelli spettinati. Si alzò, ripulendosi i pantaloni dall'erba.
«Augustine, andiamo» disse, incamminandosi verso casa. Si voltò verso di me, che me ne stavo ancora seduto per terra intento a guardarlo «Questa cosa non è mai accaduta» e sorrise.
«Certo, non è mai accaduta» e mi lasciai cadere sull'erba, sorridendo come un bambino di cinque anni.


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Ok, lo ammetto. Questo capitolo fa davvero pena :(
Speravo ne uscisse qualcosa di meglio ma non mi sembra, se vi ho deluso mi spiace davvero, mi rifarò con il prossimo, promesso!! Come sempre ringrazio chi recensisce e chi l'ha aggiunta tra le seguite e le preferite. Un bacio!
OldMilk.

  
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