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Autore: 200meters    24/05/2007    6 recensioni
Quando Drizzt scopre un insediamento di elfi attaccati dai drow, li combatte e riesce a salvare una bambina elfa. La storia continua mentre viaggia con lei. NdT: leggetela, merita!!
Genere: Azione, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8

Capitolo 8

 

Drizzt rimase seduto nell’oscurità, infreddolito, ferito e solo, per innumerevoli ore. Nella sua mente si affollavano pensieri, paure e preoccupazioni. Pensò e ripensò a tutto quello che era successo, tutto quello che aveva fatto, che lo aveva portato a questo punto. Aveva salvato la vita a Inriole portandola via dal villaggio degli elfi. Aveva soltanto cercato di aiutarla, ma alla fine, l’aveva tradita più di tutti. Tutto quello che le aveva raccontato era, in sostanza, una bugia. Lasciandole credere di essere un elfo di superficie, Drizzt aveva fatto a pezzi la fiducia che la bambina aveva posto in lui. Drizzt sapeva che sarebbe stato già tanto, se Inriole fosse mai riuscita a fidarsi di nuovo completamente di qualcuno.

Drizzt aveva paura di quello che gli sarebbe accaduto. Tuttavia, per quanto fosse raggelante la consapevolezza della morte imminente, Drizzt aveva più paura per Inriole. La bambina non aveva fatto nulla di male, mai in vita sua. Era stata vittima di circostanze imprevedibili, e Drizzt si preoccupava di cosa ne sarebbe stato di lei. Le restavano ancora più di otto secoli di vita, e non avrebbe mai riacquistato la vista. Qualcuno avrebbe dovuto prendersi cura di lei, ma chi?

Anche se nella sua mente turbinavano questi pensieri, Drizzt rimase esteriormente calmo. Nella sua breve vita, era giunto a capire che la morte non era la cosa da temere di più; la cosa da temere era ciò che veniva prima, cioè la vita. Così, Drizzt non aveva paura per sé stesso, ma per la vita che aspettava Inriole, per i secoli che avrebbe vissuto dopo che tutta la gente di questa cittadella fosse stata morta e sepolta.

Ore dopo, Drizzt si era addormentato sul duro inesorabile pavimento della cella. Venne svegliato dallo schianto della porta della prigione quando sbatté contro il muro. Sbatté le palpebre un paio di volte, e mise a fuoco l’immagine delle due guardie che stavano entrando. Una delle due aveva con sé una piccola ascia a mano, che brandì contro l’elfo scuro. “In piedi, drow” ringhiò l’uomo, sottolineando il concetto con un calcio alla gamba di Drizzt. Mentre si alzava lentamente in piedi, Drizzt si accorse che la sua spalla ferita gli pulsava, ma non gli arrecava più il dolore tagliente di prima. Inoltre, notò, la medicazione con cui Orwen aveva avvolto la sua spalla gli limitava molto i movimenti del braccio. Questa restrizione ai movimenti impedì a Drizzt di alzarsi velocemente quanto le guardie avrebbero voluto. Borbottarono e distolsero lo sguardo, anziché tendere una mano per aiutare il drow ferito a tirarsi in piedi. Anche senza il loro aiuto, alla fine Drizzt si levò in piedi dritto davanti ai due uomini. Anche se era più di mezzo piede più basso di entrambi, inconsciamente indietreggiarono sotto il suo sguardo penetrante.

Il più massiccio dei due, quello disarmato, subito si scrollò di dosso lo sguardo dell’elfo.

“Le mani, drow!” intimò rudemente.

Quando Drizzt obbedì, vincendo il dolore alla spalla, l’uomo tirò fuori un paio di manette, che chiuse intorno ai polsi di Drizzt. Tenendo con una mano la catena fissata alle manette, diede un doloroso e brusco strappo.

“Vieni, drow. C’è qualcuno che vuole vederti.” Strattonando Drizzt e facendolo quasi cadere, l’uomo uscì dalla cella. Il suo compagno aspettò che Drizzt fosse uscito, poi lo seguì a poca distanza.

Drizzt venne condotto dalle guardie lungo un interminabile corridoio. Lungo la strada passarono davanti ad altre celle, ma soltanto alcune erano occupate. Alla fine del corridoio, sulla sinistra c’era una porta. La guardia davanti a Drizzt notò che lui e gli uomini non erano le uniche persone nella stanza. Sedute ad un piccolo tavolo dall’altra parte del locale c’erano Inriole e Orwen. Inriole era seduta in grembo all’anziana donna. Guardò verso Drizzt, o dove pensava che fosse.

“Inriole!” boccheggiò Drizzt. Fece subito un passo avanti, ma si fermò quando la guardia lo strattonò indietro con la catena fissata ai suoi polsi.

“Drizzt?” sobbalzò Inriole. “Perchè sei qui?”

“Dovevo vederti,” rispose l’elfo drow. “Dovevo sapere se stavi bene.” Girandosi verso le guardie, Drizzt disse, “Per favore, lasciatemi andare da lei.”

Le guardie parvero sorprese, ma poi il primo uomo rispose, “D’accordo, drow, ma non tentare niente di strano.” L’uomo rafforzò l’osservazione tirando con forza le catene di Drizzt, e facendo quasi perdere l’equilibrio al drow.

Drizzt raddrizzò la schiena e cominciò a camminare lentamente verso Inriole ed Orwen. Gli occhi diffidenti della guaritrice lo seguirono per tutto il tempo. Quando Drizzt fu a meno di dieci piedi da loro, la guardia che teneva la catena tirò all’improvviso. Questa volta Drizzt cadde a terra. Le guardie risero. Drizzt si alzò in ginocchio. Guardò Inriole. La piccola non aveva alzato lo sguardo da quando lui era entrato dalla porta. “Inriole,” la chiamò. Lei mantenne il viso rivolto a terra. “Ti prego, guardami.” Inriole si girò a fronteggiarlo.

“Non posso guardarti, Drizzt. Non potrò mai. Grazie a te.” Si girò di nuovo.

Drizzt sospirò e guardò per terra. “Non ho mai voluto farti del male. Ho combattuto per te contro i drow nel tuo villaggio…” Drizzt smise di parlare quando sentì lo sguardo cieco della bambina di nuovo su di sé.

“Vuoi dire gli altri drow,” specificò, in tono accusatorio.

Drizzt alzò gli occhi su di lei. “Si. Gli altri drow. Ma io non sono come loro. Non sono malvagio. Non ho mai voluto farti del male,” ripeté.

“Mi hai mentito,” disse Inriole. “Hai detto di essere un elfo. Non un drow.”

“Non ho mai detto di non essere un drow, Inriole. E poi sono un elfo. Orecchie a punta, ricordi?”

Per un breve momento, Inriole sorrise, ma poi quel sorriso svanì e la ragazzina tornò ad essere solenne. “Perchè hai mentito, Drizzt?”

L’elfo scuro prese un profondo respiro cercando di pensare a una risposta. “Io ti ho mentito perchè… perchè sei stata la prima persona dopo Mooshie a non correre via alla vista della mia pelle. Perchè avevo bisogno di un amico, e… e anche tu ne avevi bisogno.”

Inriole annuì. “Sono ancora arrabbiata con te,” disse. “Ma va bene. Grazie.” Lei gli sorrise, con la grazia e l’indulgenza dei bambini.

Quando Inriole finì di parlare, Drizzt si girò verso Orwen, che, si accorse, lo osservava con una strana espressione. La vecchia ripeté, “Mooshie? Conosci il guardaboschi?”

Drizzt annuì. “Lo conoscevo. Mi ha insegnato tutto quello che so sulla Superficie.”

Orwen ripeté lentamente: “Lo conoscevi?”

Drizzt abbassò gli occhi. “E’ morto. Giusto qualche mese fa. Perché, tu lo conoscevi?”

“Oh, si. Lo conoscevo molto bene.” Orwen rimase zitta per qualche momento, persa nelle sue riflessioni. Poi guardò Drizzt e sorrise. “Non immaginavo che tu fossi quel drow, ragazzo. Grido mi ha detto tutto di te.” A Drizzt sfuggì un sorriso alla menzione dell’ “occhio vedente” di Montolio, il suo gufo. Orwen spostò il suo sguardo penetrante sulle guardie, una delle quali stava ancora in piedi davanti alla porta, e l’altra dietro a Drizzt. “Beh?” li incalzò, piuttosto seccata. “Lasciatelo andare!”

Le guardie si scambiarono uno sguardo confuso. “Che cosa intendi, Orwen, Signora?” azzardò uno degli uomini.

“Intendo, lasciatelo libero. Questo drow non ha fatto nulla di male! Conosceva il guardaboschi Montolio. Lasciatelo andare, io dico!” Mentre parlava, fece scendere Inriole dalle sue ginocchia e avanzò lentamente verso le guardie.

“No, Signora. Non possiamo farlo,” disse la guardia che teneva l’altra estremità della catena di Drizzt. “Il drow è stato condannato a morte per ordine del Primo Cittadino. Sarà impiccato domani, per tutte le sue azioni malvagie.” La guardia tirò Drizzt in piedi.

Il viso di Orwen  si fece paonazzo. “Questo è da vedere!” Prese su Inriole e uscì come una furia dalla porta.

Mentre se ne andavano, Drizzt sentì Inriole chiedere, “Cosa significa, condannato a morte?”

 

  
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