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Autore: Cissy_Black_ks    07/11/2012    2 recensioni
E se Damon e Stefan avessero avuto una sorella? E se questa sorella, Kassandra, fosse divenuta una vampira per poter stare al fianco delle due persone più importanti della sua vita? E se Klaus e Rebekah l’avessero incontrata negli anni Venti durante il Proibizionismo al fianco del suo fratellino?
Questa fanfiction è ambientata a partire dal tredicesimo episodio della terza stagione, anche se non mancheranno scene del passato dalla seconda metà dell’Ottocento sino gli ultimi anni del Novecento. Saranno modificati alcuni avvenimenti e vi saranno storylines molto differenti rispetto all’originale.
[Klaus/Nuovo Personaggio, Damon/Katherine, Stefan/Caroline, Elijah/Elena, Jeremy/Rebekah, Kol/Nuovo Personaggio. Giuseppe Salvatore, Altro Personaggio, Mikaelson Family]
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Klaus, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Katherine
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Madison, Boone County, Virginia Occidentale 

Quella mattina di inizio Ottobre un sole pallido e impigrito illuminava il capoluogo della contea di Boone, nella parte sudoccidentale della Virginia. I suoi raggi filtravano una candida luce che attraversava a stento la coltre delle nubi cariche di pioggia che preannunciavano un temporale imminente. Come di consueto Lydia O’Neil, una giovane vampira dai lunghi capelli rossi e dagli occhi verdi che dimostrava l’età di diciassette anni pur avendone più di cento, s’era recata nel suo luogo di lavoro a pochi metri dal suo appartamento, utilizzando un auto dai vetri temperati. Aveva scoperto il Circolo di Madison quasi per caso ed era stato il suo attuale compagno, un vampiro che aveva dedicato cinquant’anni della sua immortalità nella costruzione di quella società di esseri soprannaturali che ricercavano e rabbonivano i propri simili, a immetterla in quel mondo. Il Circolo di Madison era uno tra i molteplici luoghi dedicati allo studio e all’identificazione dei vampiri sparsi per il mondo, o almeno era una delle sue varie funzioni. Alcune le rimanevano sconosciute poiché troppo importanti e vitali per poter essere esplicate a una semplice collaboratrice come lei e Charles, il suo compagno, non aveva mai fatto parola con lei di quei segreti. Tutti i vampiri presenti nei vari Circoli mondiali erano vincolati da un patto di sangue che li avrebbe portati alla morte se solo avessero osato rivelare qualcosa a degli esterni, fossero anch’essi interessati ad entrare. Lydia l’aveva scoperto da sé, seguendo Charles nella struttura, un anonimo palazzo nella semiperiferia della città, e obbligandolo a parlare. Un’altra vampira, una ragazza di nome Kassandra, l’unica con la quale aveva davvero instaurato un rapporto di amicizia reale e sincera, l’aveva esplicato e alla fine Lydia aveva accettato di unirsi al Circolo della città in cui aveva vissuto la propria esistenza umana non più di un secolo prima. Kassandra era ai piani più alti, agli stessi livelli di Charles, e si occupava della maggior parte degli argomenti “top secret” come solevano chiamarli scherzosamente. Lydia l’aiutava in questioni pratiche e si prendeva cura dei nuovi vampiri che si rivolgevano a loro per richiedere protezione. Il Circolo aveva donato un senso alle vite di molti vampiri, e Lydia era tra questi. Quell’occupazione nella confraternita, in cui ogni membro viveva in simbiosi con gli altri per cooperare sul buon comportamento dei vampiri e sul mantenimento dell’alone di misticismo e superstizione su di loro, era stata utile e a non ricadere nel baratro oscuro che aveva accompagnato la sua immortalità da quando il suo Sire, di cui non sapeva neanche il nome né rammentava l’aspetto, aveva deciso di trasformarla. Un squillo prolungato la fece riemergere da quei pensieri. Aggrottò elegantemente le sottili sopracciglia brune e si sporse per sollevare la cornetta del telefono dinanzi a sé.
« Madison’s Agency, buon giorno,» esclamò cordialmente con voce affabile e signorile, accavallando le gambe snelle fasciate da un paio di jeans scuri sotto il vetro della sua scrivania invasa da molte carte e schede ricognitive, « Si identifichi, prego,» aggiunse più guardinga e accorta. Non erano molti coloro che sceglievano di contattare il Circolo tramite mezzi di comunicazione di massa e, il più delle volte, erano soltanto persone che avevano sbagliato a digitare il numero. L’ultima volta che qualcuno aveva contatto realmente il Circolo, e Kassandra in particolare, era un informatore abbastanza colto che aveva collaborato molte volte con la vampira a capo della confraternita, un tale di nome Slater che aveva un’enciclopedia dettagliata sulla maggior parte dei vampiri viventi negli Stati Uniti. 
« Il mio nome è Damon Salvatore e necessito di parlare con una delle vostre più avvenenti ricercatrici,» si annunciò una voce di uomo calda, sensuale e particolarmente ironica. Il suo timbro era chiaro, le sue parole cristalline e Lydia sentì un brivido attraversarle la spina dorsale. Non aveva mai sentito nominare quel Damon Salvatore, ma lo immaginava come un giovane uomo avvenente e dalla bellezza disarmante, come l’altra Salvatore che, invece, conosceva abbastanza bene.
« Salvatore. Il fratello di Kassandra, suppongo.»
« Esattamente,» replicò in un sogghigno appena velato.  
« Attenda in linea,» continuò gentilmente la donna, prima di issarsi in piedi e avanzare per il lucido parquet d’acero bianco del corridoio. Il secondo piano del palazzo, dove ella lavorava, era un’immensa sala piena di molte porte di vetro che mostravano, la maggior parte studi. Soltanto alla fine v’era un laboratorio la cui chiave d’accesso era nelle mani della bella vampira a cui si stava per rivolgere. Bussò alla porta blindata del laboratorio e attese soltanto pochi istanti prima che Kassandra la socchiudesse, facendole intravedere soltanto l’occhio sinistro, dagli stessi colori del cielo primaverile, « Kassy, c’è tuo fratello al telefono sulla linea tre,» continuò timidamente.  
« Grazie, Lydia,» esclamò la donna in modo cordiale e con un piccolo sorriso prima di chiudere la porta e avanzare verso lo studio laterale al mastodontico laboratorio in cui stava studiando un testo antico, dai caratteri runici, che sembrava risalire al periodo in cui i primi vampiri, gli Originali, erano stati trasformati. Tradurre un testo scritto sia con caratteri umani sia magici, nell’antico linguaggio celtico e norreno, non era un’impresa semplice e lavorava a quel progetto da molte settimane. Per quello aveva chiesto aiuto al Circolo di Praga, il più ferrato nelle arti stregonesche, e la loro delegazione sarebbe arrivata due giorni dopo, pronta a offrirle il proprio aiuto. Si avvicinò alla propria scrivania le cui carte erano impilate a dovere e dove regnava una lieve fragranza di gelsomino, misto a menta e a bourbon, e sollevò la cornetta, digitando il codice della terza linea per poter parlare con suo fratello, « Damon,» lo chiamò con voce dolce e melodiosa. Si aspettava una sua chiamata e sapeva bene che non poteva essere stato Stefan a contattarla. Lui avrebbe utilizzato altre vie. Poi, se ciò che aveva appreso era la verità, Stefan non l’avrebbe mai chiamata, non avrebbe avuto il coraggio.
« Kassy, sorellina. Da quanto tempo,» esclamò gioviale e allegro il suo fratello maggiore di tre anni. Seppur non avesse dovuto considerando ciò che le aveva nascosto, Kassandra non poté impedirsi di sorridere dinanzi a quel tono e a quella voce che tanto le erano mancati. Adorava i suoi fratelli, entrambi, e risentirli dopo quasi un anno di assenza, con veloce augurio di buon compleanno nei riguardi sia di Damon che di Stefan, era per lei un motivo di gioia incontenibile.
« Non tanto, fratello. Dal tuo compleanno quattro mesi fa,» aggiunse, velando la voce limpida e cristallina quanto i suoi occhi di un lieve ammonimento. Damon aveva atteso troppo prima di esplicare ciò che era divenuto Stefan, « Perché mi hai chiamata in ufficio?» aggiunse più curiosa, ben sapendo che suo fratello, il suo caro e teatrale fratello, non avrebbe parlato se non l’avesse incalzato con delle domande mirate e precise. Però Kassandra voleva attendere, non voleva che quelle risposte, quelle chiarificazioni, sopraggiungessero di colpo. Sarebbe stato un urto troppo potente da sostenere. Doveva prepararsi, come stava facendo da quando le voci avevano cominciato a incrementarsi. I giornali parlavano di persone squartate da animali, giovani donne scomparse, richieste di ricerca e appelli dei familiari. Il nuovo periodo del terrore. E, per quanto avesse voluto combattere quella consapevolezza, Kassandra sapeva già quale aspetto possedeva il volto del sospettato numero uno.
« Sai com’è? Fa tanto studio legale o medico. Ho bisogno di una consulenza, dottoressa,» scherzò con il suo consueto tono alto e brioso, facendola sbuffare, ma incrementando il suo sorriso. Si sistemò meglio contro lo schienale della propria poltrona nera e girevole, poi si volse verso la finestra dai vetri temperati. Il panorama che scorse era quello di una città florida e della campagna che la cingeva in un dolce abbraccio. Passò la mano destra, quella che non era impegnata a sostenere l’apparecchio, sul tubino di seta nera con uno scollo a balconcino che le lasciava le spalle scoperte e che l’avvolgeva sino alle ginocchia. Sistemò meglio le lunghe gambe candide, giocando a ticchettare i tacchi neri delle sue decolté contro il ferro della poltrona.
« Damon, quante volte dovrò ripeterti che il Circolo è un’organizzazione seria?» lo ammonì, senza però arrabbiarsi. Sapeva bene quanto suo fratello andasse contro il Circolo, soprattutto da quando era stato mandato via poiché aveva attaccato briga contro le varie delegazioni, schernendole e declassandole. A Hilde quel comportamento non era risultato  molto gradito e lei si era ritrovata di nuovo sola con i suoi studi che l’avevano allontanata sempre di più dalla propria famiglia.
« Pensavo fossi con il tuo miliardario spasimante russo a bere cocktail su una spiaggia di Miami. Ma, evidentemente, preferisci il duro lavoro che nobilita l’uomo,» aggiunse più divertito, ricordandole quella prospettiva che lei stessa aveva idealizzato un decennio prima. Lei e Damon avevano concretizzato quell’idea poco prima dell’avvento del secondo millennio. S’erano recati a Cedar Key, sulla costa occidentale della Florida, e lì avevano trascorso una rilassante vacanza in cui tutto il resto era passato in secondo piano, persino l’ira nei riguardi di Damon per la vendetta contro Stefan.
« Evidentemente sì,» concordò allegramente, rammentando quel dolce momento, prima che sul suo volto candido apparisse una smorfia irritata, « E poi ho lasciato Ivan. Era troppo asfissiante,» lo informò, senza un reale interesse. Non s’era mai innamorata di un uomo, non più, non dopo aver ricevuto quell’amara delusione negli anni Venti. E quel ricordo le riportò alla mente la vera ragione per la quale Damon la stava cercando, « Come sta Stef?» gli domandò dissimulando le proprie intenzioni, come una richiesta casuale, ma il lieve sorriso di Damon filtrò attraverso la cornetta, solleticandole il potente udito. Non le aveva creduto.
« Voi del Circolo ne sapete una più del diavolo. Peccato che mi abbiano cacciato per cattiva condotta.»
« Non ricordarmi quella storia, Damon. E rispondimi,» aggiunse, abbandonando qualsiasi remora. Voleva sapere, doveva. Se Stefan era veramente di nuovo uno Squartatore, la colpa sarebbe stata imputabile soltanto a Damon. Perché lui avrebbe dovuto proteggere il loro fratellino, facendogli ritrovare la ragione. Eppure avrebbe dovuto prevedere che Damon non avrebbe adempiuto ai propri doveri. Avrebbe dovuto capire che Damon non era poi molto cambiato e desiderava avere un compagno di eternità che adottasse la sua stessa filosofia. Squarcia, mordi, cancella. Nessuno avrebbe mai creduto possibile che suo fratello fosse cambiato, fosse tornato a essere quel ragazzo umano che avrebbe dato la vita pur di proteggere i suoi fratelli minori. Nessuno tranne lei.
« Sai com’è nostro fratello. È sempre un fan di Bambi pacifista che ama scrivere il suo diario dopo essersi passato il gel tra i capelli,» minimizzò e Kassandra poté ben immaginarlo con le sopracciglia arcuate in un’espressione furba e gli occhi ridenti, la sua tipica espressione che accompagnava ogni battuta particolarmente arguta. Quell’atteggiamento borioso e, per certi versi, odioso la irritò notevolmente, più del consueto, poiché stava scherzando su qualcosa che le stava a cuore e che sarebbe dovuto importare anche a lui.
« E scrive prima o dopo essersi dato di nuovo all’omicidio seriale di giovani donne?» ironizzò anche lei e sentì Damon trattenere il fiato per poi emettere un breve fischio d’approvazione, « Sì, Dam, hai ragione. So com’è nostro fratello e, se te lo stai chiedendo, so anche quello che fa da quasi tre mesi in cui tu mi hai tagliato fuori completamente. Leggo i giornali e seguo i notiziari. Una ricerca più approfondita e un giro di telefonate ai piani bassi di Chicago mi è bastato per rintracciare lo Squartatore di Monterey. Dov’eri tu quando stava spargendo corpi per tutta l’America orientale? Bevevi bourbon con Jennifer? O con Milly, Rachel, Kirsten?» Non avrebbe voluto andargli contro con quella veemenza, ma era l’unica via adottabile con suo fratello. Non riteneva davvero che Damon avrebbe potuto contrastare la volontà di Stefan. Doveva esserci stato qualche fattore esterno, qualche collegamento di cui lei non era a conoscenza, qualcosa che i suoi informatori non le avevano potuto riferire. Un tassello importante, fondamentale, per comprendere quel puzzle.
« No. Sai che amo bere da solo,» replicò con baldanza, per nulla scalfito dalle sue parole. Almeno in apparenza. Rammentava bene quanto suo fratello gradisse indossare maschere che oscurassero la sua umanità per farlo apparire soltanto come il cattivo, come l’antieroe per eccellenza. Un ruolo che gli era divenuto tanto congeniale che sembrava essersi cucito su di lui per non abbandonarlo mai.
« Damon, sono seria. Cosa è successo a Stefan?»
« Come, non lo sai? Chiama il tuo ex. Forse potrà darti una ragione. Mi riferisco a quello biondo, con gli occhi azzurri, con quel particolare accento britannico che non gli invidio assolutamente,» esclamò più irato, abbandonando completamente la propria ironia, rammentandole un’antica storia. Ecco. In quel momento era in grado di comprendere ciò che prima le era rimasto oscuro. In quel momento sapeva a chi imputare quel ritorno del suo fratellino a quella terrificante modalità di uccisione con successivo rimorso e scrupolo di coscienza. Era lui. Lui, l’uomo che aveva amato. Scosse il capo. Lei aveva amato un vampiro, non un uomo, eppure era andata oltre la sua natura. L’aveva amato poiché lui, lui era il solo a comprenderla, ad affascinarla, attraendola con quei suoi modi intrisi di antica nobiltà e galanteria. E lui l’aveva delusa, lui era andato via, lasciandola sola, come un’illusa ragazzina che non avrebbe mai compreso quanto fosse inutile l’amore. Quel sentimento in cui lui non credeva più da tempo immemore e lei avrebbe tanto desiderato riportarlo alla luce. Ma, evidentemente, aveva fallito.
« Non è possibile. Stai… stai parlando di Nik?» sussurrò il suo nome, quello dell’uomo che le aveva spezzato il cuore e le aveva generato un cancro nel petto che nessuno mai aveva saputo sanare, come se stesse intonando una flebile nenia, una preghiera mormorata, come se fosse il nome di un dio glorioso sul quale altare era necessario immolare tutto ciò che possedeva. E Nik, in fondo, era un dio. Il più potente, malvagio e vetusto vampiro mai esistito, facente parte di una famiglia che aveva distrutto lui stesso. Come si poteva non prostrarsi dinanzi alla sua forza?
« Adesso si fa chiamare Klaus, ma sì: è sempre lui. L’inimitabile e mitico migliore amico e compagno di scorribande del nostro fratellino,» ribatté con un tono ironicamente distaccato che la fece ritornare alla realtà. Che la fece ritornare a Stefan. Gli anni Venti erano stato il periodo più buio, perverso e infimo di suo fratello, e anche il suo. Avevano raggiunto insieme gradi di malvagità che erano difficili da concepire persino per la se stessa contemporanea. Stefan aveva spento la propria umanità, premuto l’interruttore per dimenticarsi di ogni sentimento umano, tranne forse l’amore per Rebekah che in lui aveva trovato un compagno degno di lei. Un mostro senza coscienza. Kassandra non ripensava a quei momenti con sguardo accusatore, ma con rammarico verso se stessa prevalentemente. Poiché lei non era stata da meno, pur non avendo annientato la propria umanità. Forse sarebbe stato meglio, aveva pensato a posteriori nei momenti di sconforto quando i ricordi che ritraevano insieme lei e Nik con Rebekah e Stefan ritornavano alla mente. Almeno, si diceva sempre, non avrebbe sofferto così tanto quando Nik l’aveva abbandonata senza una spiegazione.
« E cosa vorresti fare? Di certo non potrà continuare a squartare persone, Damon, e non può riprendere a mangiare conigli,» commentò, riprendendo la discussione che avevano lasciato interrotta entrambi per pochi secondi. Damon la comprendeva, non accettava di certo, ma la comprendeva. Damon aveva trascorso un secolo e mezzo ad amare una donna che, in realtà, non era mai importato nulla di lui. Ma non per quello si era arreso alla vita e alla contingenza. Aveva lottato, contro se stesso, i suoi sentimenti, ed era riuscito a emergere da quel mare di sconforto in cui Katherine l’aveva lasciato quando gli aveva rivelato che per lei era sempre stato solamente Stefan. Damon aveva vissuto. Sempre e comunque. Kassandra lo stimava moltissimo per quella forza interiore che a lei molte volte era venuta meno.
« Gli insegneremo il self control, nel perfetto atteggiamento tipicamente British,» le spiegò con ovvietà tale da disarmarla. Il piano sarebbe stato assolutamente ingegnoso, sì, ma v’era un’unica pecca.
« Tu e chi altri?»
« Kassy, sorellina, ho bisogno di una compagna criminale e tu saresti perfetta.» Kassandra sospirò dinanzi a quella frase. Suo fratello s’era rivolto a lei per un aiuto che non era certa di essere in grado di offrigli. Chi era lei, la donna che aveva fatto degli inganni e dei sotterfugi il proprio sostentamento quotidiano, per insegnare a suo fratello a controllarsi? Era pur vero che s’era sempre controllata e il sangue, dopo qualche periodo, non le aveva faceva più quell’effetto narcotico che, invece, invadeva molti vampiri, ma non era la persona adatta a giudicare chi non aveva avuto la sua stessa fortuna. E neanche Damon. Però non si sarebbe mai sottratta. Stefan era troppo importante per poterlo perdere in quel modo. V’era stata necessità di più di trent’anni per far sì che suo fratello riprendesse il controllo di se stesso con l’aiuto della sua cara amica Lexi. Da solo non avrebbe mai potuto farcela.
« Non posso lasciare il Circolo, ma Stefan ha bisogno di noi due. Quanto tempo potrà passare prima che il Consiglio lo imbottisca di verbena e lo uccida?» domandò retoricamente ricordando il Consiglio antivampiri che governava Mystic Falls. Certe volte si domandava come i suoi fratelli avessero avuto la capacità di non farsi scoprire.
« Su quello non c’è pericolo. Credimi, Mystic Falls non è più un brutto posto. Sono io il capo. Facciamo festa ogni sera,» le annunciò allegramente, facendola sorridere. Tutto le appariva più chiaro. Damon aveva corrotto chi di dovere prima di insediarsi totalmente in città. In effetti non avrebbe dovuto stupirla più di tanto, « Adesso ti devo salutare. A presto,» la salutò dolcemente, abbandonando per la prima volta quel tono ironico e sarcastico per tramutarlo in uno dolce e fraterno, prima di riagganciare senza aspettare un saluto. Kassandra chiuse un attimo gli occhi azzurri, distogliendoli dall’ameno paesaggio della Virginia, voltò la poltrona verso la scrivania e appoggio i gomiti nudi sulla superficie lignea della propria scrivania. Si passò le dita tra i capelli neri e ricci che aveva lasciato sciolti, appuntando soltanto un ferrettino argentato sulla parte sommitale per scostarli dagli occhi, e schiuse le labbra, lasciandosi sfuggire un lungo sospiro. Mystic Falls. La sua casa. Stefan aveva bisogno di lei, sì, ma lei era pronta a tornarci? Schiuse subito gli occhi, nella mente una forte consapevolezza. Non importava se fosse pronta o meno. Lei doveva tornare a Mystic Falls. Per Stefan, per Damon e per se stessa. E per Nik. L’avrebbe rivisto. Avrebbe avuto la possibilità di rivedere l’uomo che amata da più di novant’anni. Non poteva lasciarsela sfuggire. Per nulla al mondo, soprattutto non per codardia. Si issò in piedi, avanzò verso la porta del suo ufficio e guardò verso il laboratorio ancora illuminato. Gli strumenti archeologici erano ancora accesi come il grande computer che stava decifrando un particolare passo redatto totalmente nell’arcaica lingua delle streghe. I passi in latino era abbastanza facili da tradurre per lei, tanto abituata a studiarli sin dalla più tenera età grazie al suo precettore italiano, una delle poche cose che suo padre non aveva abbandonato nel proprio paese d’origine. Quelli in greco, in aramaico, in sumero e in arabo antico, però, erano ben lungi dall’esserle noti e per quello si affidava alle proprie macchine. Si avvicinò al generatore centrale e staccò la corrente. Un lieve suono le annunciò che tutte le macchine erano state spente e le luci con loro, poi aprì la porta del laboratorio e uscì nel corridoio, chiudendosela alle spalle e inserendo il codice che bloccava l’accesso agli indesiderati. Lydia alzò lo sguardo da una scheda di un vampiro che era arrivato lì di recente per incontrare il suo e Kassandra le rivolse un breve sorriso che la ragazza ricambiò con piacere.
« Successo qualcosa?» le domandò gentilmente, senza essere inopportuna. Quella era una qualità che apprezzava molto in quella giovane vampira e Kassandra si complimentava ogni volta con Charles per aver scelto una compagna leale e delicata.
« Sì, devo tornare a casa mia. Mio fratello minore ha un problema e ha bisogno di me. Devo avvisare Hilde,» aggiunse in un lieve sospiro. Hilde era a capo del Circolo. Era una vampira quasi millenaria, appartenente a una generazione immediatamente successiva a quella degli Originali. Si diceva fosse anziana quanto Mary la Sanguinaria e che fosse stata trasformata da uno degli Antichi. Il più giovane, Kol. Hilde non aveva mai confermato, ma neanche negato e Kassandra aveva compreso che quella che considerava una grande amica e una grande ideatrice dalla mentalità piuttosto aperta e amante della conoscenza, aveva una storia profonda alle spalle.
« Mi ha fatto piacere conoscerti allora. Oggi sembra una iena,» le comunicò con fare melodrammatico prima di ridere lievemente. Kassandra si unì a quella lieve ilarità e scosse il capo.
« Tra un paio d’anni ti accorgerai che è sempre una iena,» le rivelò facendole l’occhiolino. Sebbene Hilde fosse generalmente liberale, non ammetteva l’eccessiva ingenuità nei vampiri del suo Circolo che, tante volte, avevano peccato di superbia. Fece un lieve cenno di saluto alla ragazza che ricambiò mimandole un bacio poi si diresse verso l’ascensore a pochi metri dalla scrivania. Si diresse al terzo piano, l’ultimo della palazzina, dov’era situato l’ufficio di Hilde e a passo spedito, non incontrando nessuno, arrivò dinanzi alla sua porta per poi bussare con un leggero tocco.
« Prego,» esclamò la chiara voce della donna, invitandola a entrare. Kassandra aprì la porta e scorse lo studio circolare in cui torreggiava un’ampia biblioteca e un balconcino che conduceva a una veranda dalla quale si poteva osservare gran parte del territorio nei dintorni settentrionali del capoluogo. La scrivania di Hilde era nel mezzo della stanza. Era di noce, molto imponente e sotto di essa v’era uno splendido tappeto persiano dalle fantasie geometriche. Le pareti della stanza erano abbellite da quadri e reperti che aveva trovato nei suoi viaggi intorno al mondo e Kassandra amava molto quella sala. Era impregnata di cultura e sapere plurisecolare, « Oh Kassy, sei tu. Finalmente una persona intelligente varca la soglia del mio studio. Un centellino di vodka?» le offrì, mimandole di sedersi dinanzi a lei sulla comoda poltrona dorata dalle rifiniture cesellate di veri diamanti. Kassandra sorrise dinanzi alla straordinaria abilità della donna di cambiare atteggiamento in ogni attimo. Hilde era una donna di classe, una vera aristocratica come anche lei era stata in vita. Aveva lunghi capelli biondi, quel giorno acconciati in una crocchia signorile, e gli occhi di un caldo marrone, color delle nocciole, grandi abbastanza da mettere in soggezione chiunque avesse l’ardire di sfidarla. La sua pelle era candida, il suo viso piccolo dai tratti dolci e raffinati. Non era particolarmente alta, ma torreggiava sui propri interlocutori per saggezza e sobrietà.
« Con piacere,» accettò di buon grado, accomodandosi dinanzi a lei mentre Hilde versava in due bicchierini della vodka artic, « Hilde, volevo parlarti,» cominciò titubante, cercando le parole più adatta per esprimere il proprio messaggio.
« Certamente, cara, altrimenti non ti saresti rivolta a me,» replicò con ovvietà e con un lieve sorriso accondiscendente prima di porgerle il proprio bicchiere. Kassandra, grata, lo bevve d’un fiato e per un attimo le arse la gola. Poi il liquido caldo scese lungo il diaframma, incendiandole di un calore pacifico e gradevole il petto.
« Vorrei un permesso per tornare dalla mia famiglia in Virginia. So che la delegazione di Prada sarà qui tra pochi giorni, ma è molto importante,» aggiunse quasi in una preghiera e Hilde comprese che doveva essere una questione vitale.
« Cosa riguarda?» si informò curiosa, senza alcuna ombra di diniego o d’obbligo di presenza.
« Mio fratello, Stefan, è in una fase particolarmente oscura,» le spiegò velocemente, giocando con il proprio bicchiere, non guardandola direttamente in viso, ma osservando il gioiello di lapislazzuli e oro che brillava sulla sua collana e sulla pelle candida.
« Lo Squartatore di Monterey è tornato. Ebbene, se sei l’unica a poterlo rimettere in carreggiata, vai. Questi giovani vampiri sono sempre più irrispettosi e ineducati,» soggiunse quasi irritata. Era per lei molto noioso badare a quei nuovi vampiri, dei neonati come li definiva sempre. Infatti, se era necessaria la sua consulenza, preferiva offrirla alle ricerca che i suoi migliori adepti compivano ogni giorno.
« Stefan ha sempre combattuto la sua natura e questo lo porta ad aborrire il sangue umano, ma, così facendo, quando perde il controllo, compie delle stragi efferate e molto prolungate. Io e mio fratello vogliamo insegnarli che c’è un’altra via,» continuò il racconto con pena e partecipazione, consapevole sempre più di voler essere d’aiuto al suo fratellino.
« Lo spero. Tienimi informata. Puoi andare,» le permise gentilmente e Kassandra la ringraziò con un sorriso dolce e colmo di gratitudine. Si alzò, lasciò il bicchiere sulla scrivania, poi le volse le spalle e avanzò verso la porta d’uscita. Quando fu sulla soglia, risentì la voce vellutata e flautata della bella vampira,« Ho sentito che Niklaus, l’ibrido della famiglia Originale, è tornato nel suo paese d’origine. Fa’ attenzione. Non è un uomo di cui ci si possa fidare.» Kassandra tentò, con successo, di non sobbalzare dinanzi a quel nome tanto consueto e tanto amato. Si limitò ad annuire, poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Hilde non sapeva del suo passato, non ne aveva mai fatto parola con nessuno all’interno del Circolo. Non sarebbe stato un dato visto di buon occhio fraternizzare con uno degli Originali. E, soprattutto, non voleva che si sapesse di quell’ombra, di quell’oscurità, che l’aveva accompagnata negli anni Venti. Era una storia che doveva rimanere un segreto. Per tutti. Kassandra uscì in fretta dall’edificio, non era necessario portare oggetti personali nel suo viaggio, non le sarebbe stati utili, sapendo che, dopo aver salvato Stefan dal baratro, sarebbe dovuta tornare ai propri studi. Si avvicinò alla propria auto, un Audi cabriolet rosso fiammante di pochi anni prima, vi entrò e l’accese, pronta a un viaggio che sarebbe durato quattro ore. In quel lasso di tempo riflesse a lungo sugli aspetti positivi e negativi del suo ritorno a casa. Sapeva, da Stefan prevalentemente, molti avvenimenti che aveva vissuto la cittadina nell’ultimo anno. Mystic Falls non era mai stato un luogo pacifico e probabilmente mai lo sarebbe stato, ma quell’ultimo anno le creature della notte avevano preso possesso di quella città contenente poche migliaia di anime, cambiandola, facendo aumentare a dismisura gli omicidi che, tra poco tempo, non sarebbero più potuti essere camuffati come attacchi di animali. Avrebbe dovuto far attenzione. Era pur vero che si nutriva soltanto da sacche prese dall’ospedale, ma v’era sempre la corrosiva verbena che non l’avrebbe risparmiata e l’avrebbe smascherata subito. Sperava soltanto che le parole di Damon fossero del tutto veritiere e che il capo del Consiglio fosse lui. La famiglia Salvatore aveva, quindi, riacquistato il proprio prestigio all’interno della città, superando quella dei Lockwood, storici sindaci, e dei Fell, i più ricchi possidenti terrieri nel 1863. Quello era un bene. Avrebbero potuto comandare sui cittadini, sviare le tracce almeno per poco. Ciò che, invece, era un male era il numero spropositato di vampiri presenti nel centro. Quello non avrebbe giovato al loro mascheramento, ma era un problema arginabile se tutti avessero collaborato. Il vero dato che la terrorizzava, oltre l’assoluta incapacità che si attribuiva nel ruolo che Damon aveva scelto di assegnarle, era la presenza di Nik e ciò che lui le avrebbe scatenato. Se per poco meno di un secolo non era riuscita a dimenticarlo pur non avendolo vicino, cosa sarebbe potuto succedere se avessero coabitato nella stessa cittadina? Non voleva pensarci, non in quel momento. Riemerse da quei pensieri soltanto quando vide il cartello di benvenuto nella sua città. Solo allora un breve sorriso le distese le labbra esangui.
« Casa dolce casa,» sussurrò dolcemente. Non era mai tornata a Mystic Falls da quando era divenuta una vampira. Le avrebbe ricordato troppo ed era stata felice di aver preso quella scelta. In quel momento non si ricredette. Era stato un bene. Le memorie stavano già cominciando a riaffiorare, ma le ricacciò indietro con forza. Non le servivano. Guidò attraverso il buio della sera verso il limitar del bosco. Non sapeva perché, ma era certa che i suoi fratelli fossero lì. Riusciva a percepire le loro presenze, seppur non sapesse perché si fossero recati nella foresta che li aveva visti morenti a quell’ora della sera. Probabilmente stavano attuando uno dei loro piani. Si comportavano in quel modo da quand’erano bambini. Si nascondevano e complottavano tra loro, parlottando piano, a voce bassa per non far udire i propri segreti a nessuno che non fosse lei. Il più delle volte erano giochi puerili, altre, invece, erano quelle che Damon soleva definire spedizione di cui la maggior parte era risultata abbastanza fallimentare, come la prima vera volta in cui Stefan era stato ubriaco. Quello, Kassandra lo ricordava bene, non era stato per nulla divertente e per poco suo padre non li aveva scoperti. Parcheggiò l’auto nel punto più vicino possibile alla fonte di potere dei suoi fratelli, poi camminò attraversò il bosco, utilizzando la propria elevata velocità solo quando fu certa della posizione dei due. Scorse le loro longilinee figure vicino alle grotte dei Lockwood. Erano vicini e per poco Kassandra non fu tentata di rivelarsi, ma attese, sentendoli parlare tra loro riguardo i sentimenti che nutrivano per la stessa umana: Elena. Stefan gliene aveva parlato e Kassandra l’aveva trovata subito una pessima idea quella di innamorarsi di una ragazza completamente uguale nell’aspetto alla loro precedente amata, ma non aveva commentato più del dovuto. Perché Stefan era felice con lei, davvero felice e Kassy non aveva avuto cuore di stroncare i suoi sogni. I problemi erano sopraggiunti quando anche Damon si era reso conto d’amarla.
« Io la amo, Damon,» ammise Stefan, generandole un tuffo al cuore che non riuscì a dissimulare. La sua voce, per le che la conosceva così bene, esprimeva tantissimo, tutto il proprio amore misto alla consapevolezza che la propria donna non fosse più soltanto sua.Damon la stava guardando. Lui s’era già accorto che lei era lì, ma sapeva anche che quel momento era soltanto tra lui e Stefan e quei suoi azzurri, che sembravano essere in procinto di versare lacrime, la pregarono di non intervenire. Kassandra annuì, confermandogli che sarebbe rimasta al proprio posto e Damon si volse gradualmente verso Stefan.
« Anch’io,» confermò Damon sul cui volto apparve una smorfia di sofferenza. La maschera s’era incrinata di molto dal’ultima volta in cui l’aveva visto quasi un anno e mezzo prima. Sembravano entrambi così solo, così tristi, così disillusi. Kassandra avrebbe soltanto voluto portarli via con sé per far dimenticare loro ogni preoccupazione, per ricreare la loro famiglia dalle ceneri e dalla desolazione in cui era caduta. Ma non poteva. Stefan chinò lo sguardo e Damon si avvicinò alla cripta per poi scomparire in essa, lasciandoli soli. Era il suo momento di rivelarsi, prima che Stefan si lasciasse andare allo sconforto. Batté le mani, come se avesse avuto dinanzi a sé due splendidi e ottimi interpreti di un dramma, e Stefan si voltò subito nella direzione dello schiocco.
« Wow, che splendida dinamica fraterna. Siete così monotoni. Non cambiate proprio mai,» aggiunse in merito all’amore nei confronti della stessa donna. Non voleva essere così diretta, ma covava dentro di sé una rabbia così elevata da non riuscire a dissimularla. Erano i suoi fratelli che erano morti per amore un secolo e mezzo prima e che stavano ancora combattendo per amore. Come se le epoche non fossero trascorse, come se non fossero cresciuti, come se fossero ancora dei ragazzini umani che giocavano a nascondino nell’immenso giardino della loro villa.
« Kassandra,» esclamò Stefan genuinamente sorpreso di trovarla lì. Damon non gli aveva detto nulla e quello era un altro dato positivo da aggiungere alla sua lista. Kassandra sorrise dolcemente dinanzi all’espressione stupefatta del proprio fratellino, poi si avvicinò, allargando a ogni passo il sorriso mentre il viso di Stefan si schiariva di nuova consapevolezza.
« Ciao Stefan.»

 
Angolo dell’autrice
Buona sera a tutte e benvenute nel secondo capitolo di “Love the way you lie”. Ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno letto silenziosamente, commentato o aggiunto nelle varie categorie questa storia e spero che questo secondo capitolo riscuota lo stesso successo del primo. Ho solo un paio di note riguardo l’età della nostra protagonista e sul Circolo di Madison. Kassandra è stata vampirizzata quando aveva vent’anni quindi è a metà tra Damon, che ha 23 anni, e Stefan che ne ha 17. Mi sono ispirata alla Wolfram & Hart, l’associazione presente nella serie televisiva Angel, lo spin-off di Buffy, per descrivere il Circolo e capiremo la sua importanza nei prossimi capitoli. Grazie ancora per l’attenzione. Alla prossima, baci, Cissy_Black. 
  
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