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Autore: dearjoseph    08/11/2012    7 recensioni
"Dovresti rimanere con qualcuno stanotte" si avvicinò spostandole una ciocca nera di capelli dietro l'orecchio.
Non lo sapeva neanche lui, ma gli era bastata una sera per sentirsi responsabile della vita di una completa sconosciuta.
"Rimani qui" continuò poi facendo fermare per un attimo il cuore della ragazza.
E lei, non poteva di certo immaginare che quello sarebbe diventato il suo migliore amico. O, come lo definiva sempre, il suo amico speciale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nuovo banner per l’ultimo capitolo. Si ringrazia la partecipazione di Joe Jonas e Jennifer Lawrence che si sono prestati per il servizio fotografico.
Mi intrometto qui un attimo solo per augurarvi buona lettura di questo lungo epilogo.
Ci “sentiamo sotto.



 




 
Epilogue

22 Gennaio 2013

Cedimento strutturale del propulsore.
La voce pacata e distaccata della telecronista continuava a ripetere che l’incidente aereo di cui tutto il mondo parlava da un’intera e insopportabile settimana era dovuto al cedimento strutturale del propulsore.
Hanna non sapeva nemmeno cosa volesse dire cedimento strutturale del propulsore, e non voleva saperlo.
Era seduta sul divano, tra le mani stringeva un cuscino e, come ogni giorno, guardava le notizie del telegiornale sfilare sulla televisione senza che lei dicesse una parola.
Dietro la donna elegante che presentava il programma, un pannello trasmetteva le immagini di quelli che dovevano essere i resti dell’aereo che lei non era andata neppure a veder partire. Alcuni uomini continuavano a lavorare su di esso, alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, e tutto ciò era stupido. Non c’era più niente. Solo pannelli bianchi, quelle che erano le fiancate dell’aereo, e oggetti non identificabili qui e là.
La ragazza fissò le labbra della presentatrice. Si muovevano veloci, e lei non riusciva nemmeno a sentire cosa dicesse. O meglio, lo sentiva ma non lo capiva.
Non capiva cosa diavolo fosse un propulsore. Non capiva perchè quell’aereo non era stato controllato prima di aver ricevuto il consenso al decollo. E poco importava che i responsabili di questo erano stati buttati in carcere a vita appena accertato ciò, lei non lo capiva comunque.
Non capiva perchè stesse ancora lì seduta a far nulla.
Non capiva perchè ormai aveva perso anche la forza per piangere.
O forse aveva solo finito tutte le sue lacrime.
Come ogni giorno, Suzanne e Jason passarono da casa sua per chiederle di andare con loro. E come ogni giorno, Hanna si rifiutò di andare in quello stupido cimitero.
Che senso aveva?
Portare i fiori, baciare una foto, inginocchiarsi a pregare su una lastra grigia dove incisa c’era una frase che nessuno si curava mai di leggere. Nulla di tutto ciò serviva a portare indietro le persone. Neppure piangere, soffrire, nulla avrebbe fatto cambiare il passato, o il destino.
Perciò, che senso aveva?
I signori Morgan avevano deciso di posticipare la partenza in Italia; non se la sentivano di portare la figlia in quelle condizioni, e neppure di lasciarla sola a New York.
Gli occhi di Hanna erano spenti e cerchiati di nero. Non dormiva granchè la notte, e quando lo faceva continuava a sognare una macchina allontanarsi e prendere fuoco. Una macchina che lei conosceva.
Aveva le labbra screpolate, la bocca secca, ma non aveva voglia di alzarsi e bere un sorso d’acqua. In quella settimana si era curata giusto l’indispensabile per sopravvivere.
Si, sopravvivere, non vivere. Perchè da quando si era svegliata da quel sonno che le aveva procurato un pò di sollievo e si era ritrovata di fronte alla realtà di quell’aereo che si era schiantato al suolo senza che quasi nessuno, se non un miracolato da Dio, si fosse salvato, non riusciva a collegare il verbo “vivere” alla sua vita.
La mattina si alzava, si lavava, mangiava, guardava il telegiornale, dormiva, in un circolo vizioso che per ora nessuno era riuscito a bloccare.
C’era una persona che avrebbe potuto farlo, ma non era lì con lei. Non più.
Inaspettatamente sentì il campanello della porta suonare. Strano, i suoi erano in casa e gli unici due amici che le rimanevano avevano già ricevuto la solita risposta negativa, quindi Hanna non seppe proprio immaginare chi avrebbe trovato dietro la porta. Ma quando l’aprì, si ritrovò di fronte l’unico di cui aveva bisogno.
“Joe” sussurrò in preda ad un’inspiegabile ansia di fronte al giovane che si era ritrovato d’avanti.
Lui vide quegli occhi verdi un pò meno brillanti dell’ultima volta in cui si erano visti e non seppe cosa rispondere, così l’abbracciò convinto che era quello che Hanna aspettava da quando le avevano riferito che la sua migliore amica era morta su quel dannato aereo.
“Scusami, l’ho saputo solo due giorni fa che su quell’aereo c’era..” Joseph interruppe quella frase capendo che di tutto quello che le avrebbe potuto dire era la cosa più stupida che gli fosse uscita dalla bocca.
“Che ci fai qui” disse lei, senza però staccarsi da quell’abbraccio.
“Ho chiesto due giorni di permesso per venire a vedere come stai”
“E tu hai attraversato mezza America per due giorni di permesso?” la voce della ragazza si incrinò a metà frase, tradendo il suo intento di nascondere che averlo accanto era la cosa che più aveva desiderato.
“Sono venuto qui anche per altri due motivi, ed uno di questi è salutare Ivy” confessò Joe e Hanna si trovò impreparata di fronte alla sua affermazione.
“Io non sono mai andata al cimitero” disse, un pò in colpa per questo “Io non voglio ricordarla come una ragazza chiusa in quel posto grigio e tetro. Non me la sento di vivere con quest’ultima immagine di lei”
Joseph annuì, capendo cosa davvero ci volesse a tutti loro “Io credo di avere un’idea”.
 
Hanna aveva chiamato anche Suzanne, Nick e Jason quando Joe le esposto la sua idea. Ora si trovavano tutti e quattro nella camera di Hanna e fu impossibile per tre quarti dei presenti non pensare all’immagine di quella ragazza sorridente dai capelli a caschetto di un rosso acceso che maneggiava un pennello di tinta blu.
Forse per questo Hanna dormiva sul divano da una settimana.
Joseph si schiarì la voce, poi cominciò a spiegare al resto dei presenti cosa aveva in mente.
“Ivy era una ragazza fenomenale, davvero. Era solare e piena di energia e credo che si meriti qualcosa di più di un semplice saluto al cimitero” e così dicendo prese l’accendino e una candela. Accese quest’ultima e la ripose sul comodino accanto al letto dove, tra le tante foto, tutti riuscirono a notare solo quella di Ivy.
Un primo piano di lei sorridente, con sullo sfondo Joe che faceva una faccia buffa e Hanna che cercava di nasconderlo. Foto in cui tutti erano felici.
“Ivy merita di essere ricordata in un luogo sereno, ricco di ricordi felici e quale posto meglio di questo” Suzanne sorrise nel sentire quelle parole, e Jason le circondò la spalla con un braccio.
“Tra qualche giorno metteremo in affitto questo appartamento, ma mi sembra nostro dovere lasciare il segno qui, come Ivy lo ha lasciato a tutti noi” ora era Hanna a parlare, grata a Joe della splendita idea che aveva avuto.  In realtà si era sentita inutile, lì, sul divano ad aspettare che le cose accadessero intorno a lei, ma finalmente era contenta di poter fare qualcosa di concreto in memoria del’amica.
“Quindi..” prese una dei pennarelli neri che erano buttati sulla scrivania e si avvicinò alla parete dove risplendeva la luce della candela accesa da Joe e ci scrisse su.
 
Forever the name on my lips. Forever the name in my heart.
 
Quando Hanna si spostò per lasciar spazio agli altri di scrivere anche loro un qualsiasi pensiero per Ivy, si ritrovò faccia a faccia a Joe, che le sorrideva. Hanna ricambiò ricordando che quella era una delle frasi che Joe le aveva dedicato e lui sembrava felice che lei l’avesse utilizzata per qualcosa che le stava così a cuore.
 
 
“Come mai Jason è nei dintorni?” chiese Joseph fingendo noncuranza, quando ormai erano rimasti solo loro due in quella stanza.
“Era amico di Ivy, e poi sembra che stia bene con Suzanne. Mi piacciono insieme” rispose Hanna con lo stesso atteggiamento, poi gli si rivolse guardandolo negli occhi “Tu sei geloso?”
“Certo che no” sbuffò Joe, “Si sa che nessuno è migliore di me”
Hanna rise per la prima volta da quando tutto era successo. Si sentì per un attimo la stessa Hanna di prima, e questo pensiero la fece star male facendo ritornare presto sul suo volto un espressione cupa.
Joseph la guardò, e lei si sentì in dovere di rispondere alla sua tacita domanda.
“Mi sento come se mancassi di rispetto ad Ivy, se ridessi, o continuassi a vivere come se lei no ci fosse mai stata” disse, e Joe continuò ad ascoltarla in silenzio. “Sono stata una pessima amica” confessò Hanna, con la voce che le tremava “Ci siamo così perse di vista nell’ultimo periodo, e poi lei... e poi...” un groppo in gola non le fece concludere quella frase. Abbassò lo sguardo, imbarazzata di quello sfogo ma Joe subito le alzò il viso e la costrinse a guardarlo.
“Sei stata un’amica splendida, okay? Volevi bene ad Ivy, e lei te ne voleva bene a te e, credimi, da lassù lei vorrebbe tanto che sorridessi e vivessi la tua vita il più felicemente possibile”
Hanna guardò intensamente gli occhi del ragazzo, e ad un tratto capì quello che non era riuscita a capire fino ad allora.
Ecco che senso aveva piangere un caro che non c’era più: ti faceva sentire vivo.
Ti faceva capire che, chi guardava da lassù, non poteva esser altro che lo spettatore di una misera commedia. Ma i vivi, con i loro dolori ed emozioni e lacrime. I vivi erano i protagonisti di quella commedia.
E la cosa più giusta che potessero fare era continuare a recitare per se stessi, e per quegli spettatori che saranno pure usciti di scena, ma che in realtà continuavano ad avere un ruolo fondamentale, un pò come una voce fuori campo.
“Mi sei mancato” ammise infine, come se avesse levato un peso enorma dallo stomaco “E comunque non mi hai ancora detto qual è il terzo motivo per il quale sei venuto fin qui“ gli chiese Hanna e Joe sorrise.
“Volevo vedere come stavi” ripetè lui “e poi oggi è il 22 Gennaio”
Hanna spalancò gli occhi “Scusa, io l’avevo completamente dimenticato”
“Non importa, io te l’avevo detto che ci saremmo visti una volta al mese, come promesso, ogni 22. Il primo giorno in cui tu mi hai considerato tuo amico” disse lui tutto d’un fiato.
"Che vuoi dire" chiese Hanna confusa e Joe sembrò quasi imbarazzato all’idea di dover spiegare quella che ora sembrava una cosa abbastanza stupida.
“Voglio dire che è stato 22 giorni dopo che ci siamo conosciuti che tu mi hai chiamato Joe”
Hanna stava per chiedere al ragazzo se avesse fatto uso di stupefacenti prima di averla raggiunta, poi sembrò avere un flashback della loro prima conversazione sensata.
 
“tu chi sei?” disse la prima cosa che le venne in mente, seppure dopo le sembrò parecchio stupida.
“di solito ci si presenta prima di chiederlo” le rispose lui, mentre versava un altro po’ di caffè nella sua tazza.
“parli di galanteria tu che hai abbordato una ragazza ubriaca?” lei lo guardò aspettando la sua risposta, che arrivò solo dopo qualche secondo.
“okay, hai ragione” ammise lui avvicinandosi. “Io sono Joseph. Per gli amici Joe.” Poi le porse la mano.
“piacere, Joseph”

 
“E’ un ragionamento... contorto” rispose Hanna mentre lo guardava teneramente, ancora un pò stordita. Lei aveva sempre pensato che il 22 fosse stato un giorno scelto a caso, ma non potè negare che la confessione di Joseph le fece tanto piacere. Stava per chiedergli perchè non glielo avesse detto prima, ma si trattenne pensando che non aveva bisogno di sapere il perchè, quello che Joe le dava era più di quanto avesse mai meritato.
Perciò decise che era ora che anche lei gli desse qualcosa.
“Voglio venire con te” disse poi, e Joe pensò di aver sentito male perciò lo ripetè un’altra volta.
“Non ti ho mai dimostrato niente e questo è il momento. Voglio venire con te a San Francisco, Joe. Non ti lascio solo. Nemmeno se me lo chiedi in ginocchio”
“Ma io non ti permetterei mai di lasciarmi, neanche se me lo chiedessi in ginocchio” rise lui, prendendo a giocare con uno dei ricci che le ricadevano davanti.
“Però devo prima dirti una cosa”continuò Hanna, con un pò meno di entusiasmo di quello che aveva usato precedentemente.
Amava Joe. E Joe amava lei. Ma sarebbe bastato a far si che dopo quella notizia tutto continuasse normalmente?
“Joe io..” il respiro di Hanna si fece più affannoso all’idea del possibile rifiuto di Joe. E se l’avesse rimproverata di non averglielo detto prima? E se non fosse stato pronto ad avere un figlio a 23 anni? E se non era pronto a creare una famiglia con lei?
Istintivamente portò una mano sulla pancia dove ancora non era presente alcun cambiamento.
Eppure quel gesto bastò a Joseph per capire.
 Quello, oppure era lo sguardo preoccupato ma allo stesso tempo così dolce che aveva assunto Hanna, o le guance che le si erano colorate di rosso.
Fatto stava che gli occhi di Joe si illuminarono come se avesse fatto la scoperta più bella del mondo.
“Dovevo dirtelo prima. Non ce l’ho fatta, ma ora devo dirt-“
Joe la prese e la baciò. Hanna cominciava ad odiare il modo come lui bloccasse ogni loro tentativo di conversazione ma quando Joe si allontanò capì che quel bacio non era campato in aria come lei pensava.
Joe aveva capito. Ed era felice. Felice davvero.
“Dimmi che è vero” esclamò lui, tra le mani ancora il viso esterrefatto di Hanna.
“Dovresti essere arrabbiato. Te l’ho nascosto e-“
“Dimmi solo che è vero” ripetè lui.
Hanna sorrise, rischiando di piangere da un momento all’altro. Joe lo voleva. Joe voleva quel bambino, e anche lei lo voleva con tutte le forze.
“Si, è vero. Contento ora?” chiese abbandonandosi a quello che più si poteva avvicinare alla felicità.
Come risposta Joe la prese e la fece girare. Una, due, tre volte. Fino a quando la sua testa non ne potè più.
“è un pò presto per il nome?” chiese Joe, con un sorriso dolcissimo in volto.
“si” rise lei, “ma sai che ti dico? So già come la chiamerò se sarà una femminuccia”
Joseph la abbracciò “sono d’accordo”
 
Ivy.
 
 
 
La maggior parte degli atomi si muove confusa nello spazio, alla ricerca dell'equilibrio assoluto.
Altri hanno gia raggiunto la stabilità, ma essi non sono altro che la minima parte.
Atomi che si scontrano, e la cui collisione fa si che alcune particelle si avvicinino più di quanto siano mai state prima. E altre si allontanino, rimanendo sole.
Sole fino al momento in cui una nuova collisione non le avrebbe fatte interagire ancora.
Una sola cosa le particelle non avrebbero mai potuto fare: scomparire.
Perchè nulla viene distrutto. Tutto si trasforma.
Magari gli uomini potevano essere confrontati a quegli atomi.
Magari Ivy era quell’atomo che non poteva scomparire.
E Hanna e Joe non erano altro che due di quegli atomi perduti nel nulla, che non aspettavano altro che una collisione che li avvicinasse.
Che non aspettavano altro che il legame perfetto,  l'equilibrio assoluto  grazie al quale non avrebbero avuto più bisogno di nient'altro per completarsi.
Nient'altro da ricercare.
Magari era così.
Magari no.
Ma per ora, tutt'e due erano convinti che, per loro, non poteva esistere equilibrio più perfetto di quello.
Non ci sarebbe stato nulla più perfetto di loro tre.

 The End.

 

Eccoci qui. Finalmente questa storia è finita.
Io davvero non so da dove cominciare, quindi perdonatemi per le cose insensate che scriverò giù.
Prima cosa, sicuramente la più importante che ho da dirvi:
GRAZIE.
L’avrò già detto moltissime volte, ma secondo me ringraziare è così bello che nessuno ne dovrebbe avere mai abbastanza.
Voglio ringraziare tutte quelle che ci sono state dall’inizio, e a tutte quelle che invece sono arrivate in seguito. Voglio dire grazie anche a chi magari ha smesso di leggere questa storia a metà, a chi comunque ci ha dedicato del tempo e a chi ha letto soltanto e non ha mai espresso un giudizio.
Grazie a coloro che hanno recensito una sola volta, e a coloro che l’hanno fatto sempre. A quelle che con una sola recensione mi hanno fatta sorridere. A quelle che per il solo fatto di essere qui mi hanno fatto continuare e a tutte coloro che hanno letto i miei scleri alla fine, e che hanno sclerato con me nelle recensioni.
Grazie alle 21 che l’hanno inserita nelle seguite, alle 15 delle preferite e alle due pazze che mi hanno inserita tra gli autori preferiti che sono:

- V i o l e t
-
GothicSmile
 

Un ringraziamento speciale poi va a chi c’è stato sempre sempre:
 

-GothicSmile
-thejbarelegend
-MartaJonas
-HelloPrudence
-CiuffoJonas

 
Ho una domanda per voi: come avete fatto a sopportarmi per tutto questo tempo? AHAHAHAHAH
 
Credo che in questo modo abbia ringraziato un pò tutti.
 
Questa è stata la prima vera fan fiction che pubblico qui, e voi l’avete resa indimenticabile per me.
Proprio per questo, come avevo già scritto ad un capitolo precedente, mi dispiace tantissimo concludere questa storia ma era ora che Hanna e Joe avessero un pò di pace, no?
Naturalmente non smetterò di scrivere (no, epf non si è liberato di me!) perchè a dir la verità mi piace scrivere e postare qui quello che la mia povera mente elabora nei momenti di noia, quindi per ora il mio progetto è continuare
Better Than White, che avevo lasciato in sospeso.
Non volevo dilungarmi molto su questo spazio autrice, ma sono tutte cose che sentivo di dovervi dire.
Scusate ma non ho riletto il capitolo perchè so che fine avrei fatto.
Anzi si, lo so. Sarei andata a chiudermi nell’armadio, piangendo e dondolandomi AHAHAHAHA
Lo so che non vedevate l’ora di liberarvi di me, e per questo vi lascio una volta per tutte, sperando che vi rincontri in qualche altra storia, magari.
Aspetto un vostro ultimo commento.
Detto così sembra tanto il titolo di un film, “The Last Review” AHAHAHAHAHAH
Come potete vedere non potevo lasciarvi senza un ultima pessima battuta, insomma, “The Last Laugh”
 
Non so se l’avevo mai detto, ma se volete aggiungermi su Twitter sono
__DearJoseph, magari menzionatemi e ditemi chi siete che ci facciamo una bella chiacchierata.
 

Vi adoro tanto tanto pelle pimpe!
Siete fantastiche, tutte.
 

Martina 

  
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