Dolce
attesa tra sospiri e sapore di
cioccolata
Un’improvvisa
sferzata di vento gelido
fece tremare i vetri della finestra.
Hermione
rabbrividì a quell’ennesimo
avvertimento cattivo del tempo e si strinse maggiormente nel plaid di
lana,
cucito da mamma Molly in persona.
Era
una fredda sera di dicembre, il
Natale era ormai alle porte. Il fuoco crepitava allegramente nel camino
e le
sue fiamme, impeccabili contorsioniste, sembravano riprodurre una
strana danza,
una danza senza tempo al ritmo di una melodia silenziosa che solo loro
potevano
sentire.
Hermione
si perse a guardare quelle
lingue di fuoco ballerine per qualche istante. Chiuse gli occhi.
Sospirò
pensierosa.
Era
piacevole starsene sedute al caldo,
davanti al fuoco, quando fuori imperversava la bufera.
Il
vento tornò nuovamente ad emettere i
suoi ululati.
Sospirò
di nuovo, preoccupata questa
volta.
Ron
era uscito da venti minuti e mentre
lei stava al caldo tra le confortevoli mura di casa, lui era fuori a
fronteggiare le intemperie dell’inverno.
E
per una volta fu costretta ad
ammetterlo: era tutta colpa sua.
Fino
a neanche mezz’ora fa infatti,
entrambi si stavano godendo il tepore del fuoco, abbracciati sul
divano. Una
situazione di calma e tranquillità che nel loro caso, visti
i battibecchi
frequenti ma fortunatamente del tutto innocui che li avevano sempre
caratterizzati, era quasi un momento raro. Una scena quasi idilliaca.
Ma quell’attimo
di assoluta semplicità e perfezione non poteva durare
più di tanto se il
suddetto divano era quello del salotto di casa Weasley-Granger. E
infatti ci
aveva pensato proprio Hermione a rompere l’idillio, facendosi
scappare, con
pura ingenuità, che non le sarebbe affatto dispiaciuto
gustare un delizioso
pezzo di cioccolata davanti a quel tiepido fuocherello ristoratore, ma
non
cioccolata qualsiasi, bensì cioccolata puramente ed
interamente babbana; quella
con tante nocciole che ti si scioglie in bocca e che era solita
mangiare da
bambina proprio davanti al camino.
Da
quel momento a seguire, era accaduto
il finimondo. Ron non aveva voluto sentire ragioni e, indossato il
giubbotto,
si era apprestato a sfidare vento, freddo e neve pur di andare a
comprarle
della cioccolata.
Quella
cioccolata
Hermione
aveva tentato con ogni mezzo
di trattenerlo, dicendogli che non era assolutamente necessario che lui
rischiasse di farsi venire un malanno soltanto per accontentare il suo
assurdo
capriccio. Ma niente da fare, Ronald si era dimostrato ancor
più caparbio di
lei.
“Non
dire sciocchezze, amore. Se hai
voglia di cioccolata, nelle tue condizioni, è
giusto… ma che dico giusto,
necessario che io vada a trovarti questa cioccolata. Su non fare quella
faccia,
torno subito… promesso!”
Così
dicendo Ron le aveva dato un bacio
sulla fronte, mentre la giovane Hermione non aveva potuto fare altro se
non
rassegnarsi a vederlo chiudersi l’uscio di casa alle spalle.
Ed
ora eccola lì, una donna sola, una
donna incinta per di più, che si chiedeva perché
avesse sposato proprio l’uomo che
aveva una concezione dello scorrere del tempo tale da fargli credere
che subito
corrispondesse a più di venti minuti.
Non
fece in tempo a formulare neppure
un altro pensiero che udì lo scatto della serratura della
porta d’ingresso.
Un
ennesimo sospiro le salì alle labbra,
questa volta di sollievo.
Ecco
ora il suo giovane marito avrebbe
riposto le chiavi di casa sul mobile dell’ingresso
anziché nel portachiavi
accanto alla porta, abitudine per cui lei lo rimproverava costantemente.
Hermione udì il
rumore di qualcosa di
metallico,
un
qualcosa molto
simile ad un mazzo di chiavi
che
veniva
appoggiato sul legno.
Poi
si sarebbe tolto il giubbotto e lo
avrebbe appeso all’attaccapanni.
Hermione
udì
inconfondibilmente
il
rumore di una
zip che viene aperta.
E
sarebbe arrivato sulla soglia del
salotto, con ogni probabilità con uno dei suoi soliti
sorrisi a trentadue denti
stampato in faccia.
Metteva
quasi i brividi constatare come
conoscesse bene suo marito.
Immancabilmente
dunque, un giovane uomo
alto, molto alto, smilzo con un viso spruzzato di lentiggini e dei
capelli
talmente rossi fa fare invidia alle palline che decoravano
l’albero di Natale,
fece capolino dallo stipite della porta. A illuminargli il volto, un
sorriso a
trentadue denti.
“Ehi
tesoro, hai visto che ho fatto
presto?”
“Sai,
volendo potremmo discutere sul
tuo concetto di presto, Ronald”
Ron
aveva notato subito l’utilizzo del
suo nome per intero e di solito il ricorso a questo appellativo non era
il
migliore dei presagi. Ma non volle badarci e, sempre sorridendo disse:
“Andiamo
amore, non essere così
pignola. Ho dovuto smaterializzarmi a Londra trovare un supermercato
aperto,
assicurarmi che avessero la cioccolata con le nocciole e pagare. E lo
sai che
non sono bravo con le stelline babbane”
Ancora
una volta un sospiro, che adesso
sapeva di sconsolata e divertente rassegnazione.
Sorrise
Hermione. A quello proprio non
poteva resistere.
“Sterline
Ron, si dice sterline.”
“Ecco,
appunto”
Ron
si rilassò. Non gli era sfuggito il
ritorno al suo nomignolo.
Il
giovane andò a fare compagnia alla
sua sposa sul divano e subito, non appena si fu seduto, ella si
sistemò tra le
sue braccia che prontamente, come se non avessero mai fatto altro nella
vita,
la strinsero forte a sé.
Hermione
annegò in quel profumo che
tanto amava, quel profumo che a momenti aveva rivelato a tutta la
classe,
durante il suo sesto anno ad Hogwarts. Ron le scostò una
ciocca di capelli dal
viso e gliela sistemò dietro l’orecchio. Poi,
guardandola con sguardo
birichino, le chiese:
“Allora,
amore, la assaggiamo questa
cioccolata?”
Hermione
rise. Rise di una risata pura,
cristallina. Una risata che pareva quasi quella di una bambina, tanto
era
ingenua e spensierata. Fu allora che Ron realizzò che come
regalo di Natale,
quell’anno, desiderava soltanto che la sua bambina, la sua
principessa, la sua
Rose, che ancora riposava tranquilla nel ventre della madre, avesse
quella
stessa risata.
E
lì, in una notte di dicembre, tra le
mura di una casa di Godric’s Hollow, mentre mangiavano
cioccolata davanti al
fuoco e Ron le lasciava sul grembo la carezza più dolce che
avesse mai ricevuto
Hermione
sospirò, felice.
Questa
storia è dedicata a tutte quelle
persone
che
ogni giorno, immancabilmente,
continuano
a
farmi innamorare della vita.