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Autore: CharlotteisnotReal__    08/11/2012    9 recensioni
ATTENZIONE: RATING ROSSO!
Mi risvegliai frastornata, dolorante e con un forte sapore rugginoso in bocca. Aprii gli occhi sgranandoli, sorpresa di trovare del sangue sulle mie labbra, e fu allora che lo vidi. Josh era accasciato, privo di sensi, sull'airbag del volante, ormai scoppiato, il volto rigato da goccioline di un rosso intenso. Senza pensarci gli carezzai una guancia, pulendola da una breve scia di sangue che scendeva dalla fronte. «Josh?- lo chiamai- Josh?!» Tentai di alzar il tono della voce ma niente, non rispondeva. Presi a scuoterlo per il braccio penzolante, sperando che potesse riprendere conoscenza, ma era tutto inutile.
Genere: Dark, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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V
 

"Here we are and I can think from all the pills you made.
Start the car and take me home.

Here we are and you're too drunk to hear a word I say.
Start the car and take me home.
Just tonight I will stay  and we'll throw it all away.
When the light hits your eyes, it's telling me I'm right.
And if I, I am through, it's all because of you  just tonight 
"



 

«Whoooo-ho!» Grida di incitamento riecheggiavano fuori e dentro quella macchina. Maddie, seduta sul sedile posteriore della Mini di Josh, aveva abbassato il finestrino e si era sporta fuori alzandosi la maglia e mostrando ai passanti il suo seno prosperoso. Scene come quella erano tipiche della bionda, non c'era festa dalla quale lei tornava a casa sobria, pulita e senza essersi sfilata la maglietta. «Maddie, smettila, mi fai fare brutte figure.» La rimproverò Peter, suo fratello, che stava appiccicato ad una rossa abbordata poco prima. La sorella non gli diede ascolto ma a lui poco importò, troppo occupato a baciare i seni di quella ragazza della quale non conosceva il nome. Voltai lo sguardo sulla strada, andavamo veloci, sicuramente superando il limite di velocità consentita dalla legge, ma era quello il bello. La testa mi girava eppure stavo bene, non mi ero mai sentita meglio in vita mia. Frugai nella tasca della portiera prendendo una bustina di plastica, contenente alcune di quelle pasticche che ci aveva dato Simon e ne ingerii un paio, passandola poi dietro, ai due fratelli e la rossa sconosciuta. «Ehi, piccola, a me niente?» Mi chiese Josh facendo riferimento alle pasticche che avevo ceduto ai Prescott. «Tieni.» La rossa porse due o tre pastiglie colorate al moro che le masticò velocemente. «Grazie... - si fermò, non sapendo come chiamarla- Grazie.» Concluse poi risparmiandosi una brutta figura. «Di niente, dolcezza.» Rispose lei, con un tono di voce non del tutto stabile, dovuto molto probabilmente alla sbronza. La naturalezza con la cui si rivolse a Josh mi irritò. Ero una tipa possessiva, non tanto gelosa, ma possessiva. «Ehi, bambolina, tu sei mia.» Disse Peter alla rossa, notando anche lui la troppa confidenza che si era presa con il mio fidanzato. «Nostra» Lo corresse la sorella che, risistematasi al suo posto, aveva preso a baciare il collo della ragazza. La spudoratezza di quella bionda non aveva limiti. Annoiata da tutto portai all'indietro la testa, poggiandola sullo schienale del sedile, chiusi gli occhi e mi rilassai. Dopo qualche minuto Josh si accorse del mio silenzio, «ehi, piccola, non dirmi che ti stai annoiando?» Mi chiese stupito. Non risposi, lo guardai con sufficienza. «Metti su un po' di musica.» Ordinai. Lui accese lo stereo, impostato su "AUX" e improvvisamente partì, a tutto volume, il CD misto che ci eravamo masterizzati qualche mese prima. Le prime note di "Holiday" dei Green Day invasero l'abitacolo, seguite dalle grida e risate mie e di Josh, che cantava a squarciagola e da qualcos'altro. Era un suono isterico, ritmato e acuto. Improvvisamente abbassai il volume dello stereo per capire da dove provenisse quel fastidioso rumore e solo allora mi accorsi che si trattava di gemiti. Schifata guardai nello specchietto retrovisore e notai la rossa, ansimante, semi svestita e con le mani dei due fratelli ovunque. Peter le torturava il seno, poco pronunciato, mentre Maddie era presa a procurarle piacere con l’indice ed il medio. La scena mi disgusto ma, quando vidi il membro del fratello maggiore pulsare sotto il tocco della ragazza, una voglia improvvisa mi crebbe dentro. Mi morsi un labbro, tentando di reprimere quell'impulso ma lo sguardo mi cadde su Josh ed allora mi fu impossibile. Josh che finalmente aveva udito anche lui i gemiti della rossa si girò prima a guardare i tre che se la spassavano e poi me. «Si stanno divertendo lì dietro, eh? –Ironizzò con suo solito fare- Possiamo farlo anche noi, tu che dici?» Chiese provocatorio poggiando una mano sulla mia coscia e iniziando a massaggiarmi l'interno di essa. «Stai guidando.» Dissi in un soffio, estasiata dai movimenti della sua mano. «Tu assecondami - ghignò malizioso- al resto ci penso io.» Concluse tentando di arrivare alle mie mutande ma impossibilitato dall'aderente vestito che indossavo. «Toglitelo.» Ruggì spazientito. Assecondandolo, slacciai uno ad uno i gancini anteriori che tenevano insieme quella sottospecie di tubino, fino a quando il mio reggiseno in pizzo nero non fu ben in mostra e potetti sfilarmi il vestito facendolo scivolare giù per le gambe. Sentii la sua mano perlustrarmi tutto il corpo. Salendo per la coscia, sfiorandomi l'ombelico, carezzandomi un seno e passando perfino le dita sulla mia spalla. Un sospiro mi si fece largo fra le labbra quando spostò la mano dal mio corpo per andare ad alzare il volume dello stereo, troppo basso per i suoi gusti. Tornò a perlustrarmi il corpo, questa volta con desiderio, poi, d'un tratto accadde. Mentre la rossa veniva,  in un forte orgasmo, le dita di Josh entrarono in me, il volante che virò e la macchina invase la corsia accanto. Tutto ciò che sentii e vidi furono urla e due fari luminosi di fronte a noi. Feci in tempo ad accorgermi del forte impatto e poi il buio. 
Mi risvegliai frastornata, dolorante e con un forte sapore rugginoso in bocca. Aprii gli occhi sgranandoli, sorpresa di trovare del sangue sulle mie labbra, e fu allora che lo vidi. Josh era accasciato, privo di sensi, sull'airbag del volante, ormai scoppiato, il volto rigato da goccioline di un rosso intenso. Senza pensarci gli carezzai una guancia, pulendola da una breve scia di sangue che scendeva dalla fronte. «Josh?- lo chiamai- Josh?!» Tentai di alzar il tono della voce ma niente, non rispondeva. Presi a scuoterlo per il braccio penzolante, sperando che potesse riprendere conoscenza, ma era tutto inutile.
Non so per quando rimasi lì, chiamandolo cercando di risvegliarlo, ma a me parve un'eternità. Non mi arrendevo, Josh doveva svegliarsi. Non poteva lasciarmi sola anche lui. Notai che il disco aveva ricominciato da capo la riproduzione quando sentii nuovamente le canzoni dei Green Day espandersi nell'abitacolo. Senza mollare la presa dal braccio del moro mi girai a cercare i fratelli e la rossa. La scena che mi si presentò davanti fu raccapricciante. La rossa era immersa in un bagno di sangue, tanto da non riconoscer più dove finivano i capelli ed iniziava l'emorragia. I fratelli Prescott erano privi di sensi e presentavano lividi e graffi ovunque. 
Ero spaventata, completamente terrorizzata e non sapevo cosa fare. Senza pensarci aprii la portiera della macchina e, arrancando, uscii dall'automobile. Stavo male. Non riuscivo a pensare, non riuscivo a tener gli occhi aperti; a camminare e tutto intorno a me girava, non sarei stata in grado neanche di ricordarmi dell’ accaduto se non avessi avuto la macchina, ormai distrutta, perennemente sott’occhio. Sapevo già cosa fare, era quello che facevo sempre in ogni situazione critica mi cacciassi, avrei chiamato Harry.
Erano giorni che non lo sentivo, dall’ultimo incontro al parco, chissà se mi avrebbe risposto. Sicuramente stava dormendo  beato al calduccio nel suo letto, non sarebbe di certo venuto, non dopo come l’avevo trattato eppure, in cuor mio, speravo venisse. Anzi, per quanto potesse esser contradditorio, avevo la certezza che sarebbe venuto. Senza pensarci ulteriormente feci due passi indietro e tornai alla macchina, presi dal sedile, accanto al vestito che avevo sfilato poco prima il telefono e mi allontanai nuovamente dal veicolo. Non sapevo con quale lucidità ero riuscita a comporre il numero e chiamare Harry, sapevo solo che quando mi rispose le parole mi morirono in gola. «Mary-Jane?» L'avevo sicuramente svegliato, lo capii dalla sua voce, suonava flebile e più roca del solito. Provò a chiamarmi una seconda volta, lo sentii più attivo e preoccupato, eppure non riuscii ad aprir bocca. Ero paralizzata. Era tutto così surreale, scioccante. Avrei potuto attribuire la mia incapacità di espressione a tante cose: l'incidente, l'alcol, le droghe o anche solo atroce visione di tutto quel sangue ma la mia paura più grande era Josh. Temevo di averlo perso, temevo di non poterlo più riabbracciare, baciare. Avevo paura di cosa sarebbe stata la mia vita senza di lui e, ad esser sincera, pensai anche di porre fine alla mia vita, senza lui non avrebbe avuto senso. «JAY?!» Di nuovo Harry, spaventato e spazientito, presi un lungo respiro e, giocando di forza di volontà, sputai le parole in un sussurro: «Aiutami, ti prego.» Aveva suonato come una preghiera, la mia, ero impaurita e sola, per la prima volta in vita mia potei dire di aver provato sulla mia pelle il terrore. «Cos'è successo; dove sei?» Intuii dal tono secco con il quale mi rispose che era sul punto di perder le staffe. Improvvisamente ebbi paura di rispondere ma mi feci forza, «Un incidente. Tanto sangue. In autostrada.» Le parole che erano un filo sconnesso di ciò che era appena successo e, pronunciarlo ad alta voce, rese tutto più reale tanto che mi sfuggì una lacrima, all'angosciante pensiero. La testa girava ancora e la vista mi era offuscata, nonostante stessi spalancando gli occhi da quando li avevo riaperti. Sentii un leggero fastidio all'orecchio, era Harry, dall'altro capo del telefono, che stava armeggiando con qualcosa. «Mi sto vestendo, dimmi dove sei che sto arrivando.» Nonostante avesse cercato di esser autoritario la preoccupazione trapelò dalle sue labbra, tanto che, conscia in un secondo di lucidità, mi imposi di parlare, non lo avrei lasciato un secondo di più in balia dell'ansia. «Holmes Chapel... Groovey...Casa...» Per quanto mi sforzassi non riuscivo a collegare le parole l'une alle altre, per formare una frase di senso compiuto, lo shock era stato troppo forte. «Sarò lì il più presto possibile, non ti abbandonerò Mary-Jane.» Per quanto fossi frastornata la stranezza di quella frase non passò inosservata, sapeva tanto di promessa ma a cosa dovevo tale gesto? Prima che me ne accorgessi le ginocchia mi aveva ceduto ed ero finita per cadere in ginocchio a terra. Il ruvido della strana pungeva sotto la mia pelle nuda, ed i sassolini che s'infiltravano fra le ferite aperte bruciavano, ma il dolore fisico era nulla in confronto a ciò che stavo sentendo in quel momento. Ero provata psicologicamente e, qualsiasi cosa io facessi, i miei pensieri erano rivolti sempre a Josh, Maddie, Peter e a quella mal capitata sconosciuta; l'occhio mi cadeva continuamente sull'auto a pochi metri di distanza da me. Mi ero trascinata fino al bordo della strada ed ero in quella posizione fetale già da un po', quando vidi due accecanti fari farsi sempre più vicini e la figura di Harry che mi correva incontro preoccupato. La sua forte presa si fece salda sulle mie spalle e, sollevandomi per esse, mi porto fra le sue braccia, cullandomi in un rassicurante abbraccio. Istintivamente mi aggrappai alle sue spalle, affondando, possessivamente, le dita nel suo cappotto grigio. Nonostante il tessuto pesante di esso potevo sentire il calore della pelle di Harry e la cosa mi rassicurò come non mi era mai capitato. Sentii una sua mano staccarsi dal mio fianco e, prima che potessi protestare, senti la stessa mano poggiarsi lievemente sul capo, scendendo lungo la schiena nuda e carezzarmi i capelli dolcemente. A quel gesto chiusi finalmente gli occhi, che ancora tenevo spalancati, ed affondai il viso nella sua spalla, respirando il suo odoro. Harry, diversamente da Josh, non aveva mai avuto l'odore forte che ha solitamente un ragazzo, lui ha sempre avuto un odore leggero, ingenuo. Aveva sempre profumato di bucato appena steso, fin da bambini e, appunto sin d'allora, avevo sempre apprezzato questa sua caratteristica.
In quel momento il tempo era scorso in fretta, Harry non aveva smesso di passarmi le mani fra i capelli nemmeno per un secondo, fino a quando non chiamò il 999. «Pronto, c'è stato un incidente sulla A535 Station Road, nei pressi di Goostrey verso Holmes Chapel, i passeggeri son in pessime hanno perso i sensi già da un po', sono uno si è quasi ripreso.» Capii subito che stesse parlando di me anche se io non mi ero ripresa, per quanto la presenza di Harry mi avesse rincuorata, dentro ero ancora sotto shock. «Okay, attendiamo i soccorsi, grazie.» Harry mise giù poi, con la mano con il quale non mi cingeva la vita, mi tirò su il mento con due dita, intrappolando i miei occhi nei suoi. Come da un po' di tempo a quella parte mi persi nei suoi occhi, così luminosi e intensi... «Tra poco arriverà l'ambulanza, devi farti visitare.» Interruppe per un secondo i miei pensieri ma poi tornò a fissarmi così intensamente che mi fu difficile sostenere il suo sguardo mentre gli dissi: «Portami a casa.» La mia era una richiesta, una disperata richiesta. Non sarei riuscita a rimaner lì, a pochi metri dal suo corpo privo di sensi, avrei dato di matto più di quanto non sembrassi già. «Jay, hai bisogno di cure, potresti esserti fatta male, richiedere di cure psicologiche o Dio solo sa cos'altro.» Harry aveva ripreso ad esser la solita zitella sclerotica e stava farneticando idiozie ma io ero irremovibile, «Andiamo via, Harry. Andiamo via.» Cercai di esser il più convincente possibile e, per quanto i miei occhi potessero esser spenti e accecati da quel traumatico momento, ero in qualche modo riuscita a convincerlo perché mi prese per mano e mi condusse alla sua auto. Senza le forti braccia di Harry a circondarmi il freddo vento inglese cominciava a raggelare la pelle del mio corpo seminudo, coperto solo dall'intimo, e involontariamente cominciai a tremare. Harry dovette notarlo perché, passando un braccio attorno alle spalle mi chiese: «Dove sono i tuoi vestiti?». Sapevo bene dov'era il mio vestitino color crema; era rimasto in macchina di Josh ma scossi la testa ugualmente, in segno di dissenso. «Tieni.» Nessuna predica sul perché non mi ricordassi dove fossero i miei vestiti, sul perché ero svestita... Nulla di nulla. Solo mi poggiò il suo capottino sulle spalle, aiutandomi ad indossarlo. Il viaggio in macchina fu un vero strazio: terrorizzata dalla paura di poter commettere un'altro incidente non avevo fatto altro che dondolarmi avanti e indietro, stretta al mio sedile, nella posizione fetale che avevo assunto. L'unica cosa che poteva darmi sollievo era la mano di Harry che non aveva mai allentato la presa dalla mia. «Harry!» Sua madre, Anne, ci aveva aperto la porta di casa prima ancora che Harry inserisse la chiave nella toppa e ci aveva fatti entrare. «Oh, cielo Jay, che ti è successo? Sei tutta sporca e fredda... Vieni qui!» Anne mi prese fra le sue braccia, dopo aver zittiti sia me che il figlio con uno dei suoi soliti monologhi. Harry era la copia di Anne, preso molto della sua fisionomia ed aveva ereditato gran parte dei suoi modi di fare caratteriale, uno di questi la parlantina incessabile. «Mamma, Jay può fermarsi qui, per stanotte?» Le chiese titubante Harry. La dolce donnina si stacco da me, guardando con occhi di rimprovero il figlio per poi sorridergli caldamente; «Non esser stupido, tesoro, Jay rimarrà qui fino a quando vorrà. Su questo non si discute.» Harry sorrise di rimando alla madre mentre io non potei far altro che riservare ad entrambi occhi di gratitudine. «Vieni, andiamo di sopra, a darti una ripulita.» Harry mi prese nuovamente per mano, conducendo su per le scale di quella casa che si poteva dire conoscessi come le mie tasche. Anne era al nostro seguito, ma aveva preceduto il figlio entrando in bagno per prima e cominciando a riempire la modesta vasca di acqua calda e bagnoschiuma. Mancava poco prima che l'acqua raggiungesse l'orlo della vasca così la mora chiuse il rubinetto, testandone prima la gradazione. Harry sciolse le nostre mani facendo per aiutarmi a spogliarmi del suo cappotto mentre Anne era andata a prender degli asciugamani puliti, aveva appena sganciato il laccetto del mio reggiseno quando la madre lo rimproverò, «Harry, non so quanto Jay possa gradire il fatto che tu la veda nuda!» Senza pensarci feci scivolare giù le bretelle nere, lasciando cadere il reggiseno a terra e rimanendo a seno scoperto. «Mamma, siam cresciuti facendo il bagnetto insieme, conosco meglio suo corpo del mio a momenti» Le risposte rassicurante lui. In realtà le ragioni per il quale Harry fosse così esperto riguardo alle mie nudità era un'altra, ma tacqui nel rispetto di entrambi. Anne ci congedò borbottando qualcosa che suonò come "se a Mary-Jane non da fastidio è okay" e tornando a dormire, visto che ormai era notte inoltrata. Approfittai della distrazione di Harry, giratosi a guardar la madre scomparire nel corridoio, togliendomi gli slip e infilandomi nella vasca. Il calore dell'acqua mi rilassò i muscoli e il profumato sapone mi aiutava a togliere le gocce di sangue e lo sporco dalla mia pelle. «Come ti senti?» Mi chiese Harry, in un sussurro. «Bene... Credo.» Risposi altrettanto flebilmente. Non rispose, lasciando che il silenzio ci accompagni ancora; presi a giocare con quella poca schiuma che si era creata nella vasca, tornando per un secondo bambina. Mi riaffiorarono alla mente tanti ricordi che ormai credevo morti in me: mi ricordai di quando da bambina mio padre mi preparava la vasca per il bagnetto, solo lui riusciva a riempirla fino all'orlo di schiuma profumata. Mi ricordai del mio primo giorno alle scuole elementari, di come mi aveva abbracciata quando gli confidai di aver paura di conoscere i miei nuovi compagni e maestri. Oltre a quei bei ricordi me ne tornarono in mente altri, decisamente più cupi. Per esempio: il giorno in cui perse il lavoro; quello in cui mia cadde in depressione e, il ricordo più brutto, quello che mai vorresti ricordare, il più triste. Il giorno del suo suicidio... Era triste ricordare tutte quelle cose e, ancora più triste, era che avevo rimosso gran parte dei miei ricordi d'infanzia dalla mia vita. Perfino quelli a me cari. Persa nei ricordi, non mi ero accorta di essermi soffermata un po' troppo a giocare con una ciocca, coperta di schiuma, dei miei lunghi capelli tanto che mi riscossi quando sentii Harry sghignazzare. «Che c'è?- aveva chiesto dopo aver ricevuto una truce occhiata - Eri buffa.» Si difese infine lui. Così, dal nulla, come se ne fossi in dovere rivelai ad Harry i miei pensieri: «Mi manca.» «Chi, Josh?» Chiese lui non nascondendo il disprezzo nel pronunciare quel nome. «Parlo di mio padre.» Ammonii la sua stupidità ed il poco tatto, mantenendo un tono pacato. «Mi spiace» Disse passandomi una mano sulla spalla. Sicuramente aveva fatto riferimento alla sua morte, o meglio, al suo suicidio. Harry mi era sempre stato accanto, fin dall'inizio di tutto: a partire dalla banca rotta della mia famiglia, proseguendo con la depressione di mia madre, per finire al ricordo di mio padre che, stanco di tutto, aveva deciso di darci un taglio. Da quel giorno avevo detto di lui che fosse un codardo, incapace di affrontare i suoi demoni, ed un debole, come mia madre, entrambi prede delle loro paure ed incapaci di lottare; ma invece no, di mio padre pensavo tutt'altro. Nonostante fosse difficile negare l'evidenza ed affrontare la realtà, non avevo mai smesso di ricordare mio padre come l'affabile uomo d'affari qual'era, prima della caduta. Non volevo convincermi di ciò che in realtà era diventato. D'un tratto, il tocco caldo della mano di Harry, che aveva preso a disegnare cerchi immaginari, a contatto con la mia spalla dalla pelle fredda ed umida mi riscosse dai miei pensieri e così, stanca di star in ammollo, mi alzai dalla vasca, pronta a lasciarmi alle spalle quel bagno e i ricordo che aveva riaffiorato.



 

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"Senza pensarci aprii la portiera della macchina e, arrancando, uscii dall'automobile. Stavo male" 

 

 

 

Prima che possiate complottare un attentato nei miei confronti vi porgo le mie più sincere scuse.
Come al solito ho avuto molto da fare fra la scuola, la casa e tutto il resto, ma mi farò perdonare.
Come avrete notato il capito è più lungo, anche rispetto al precedente – vi sto arruffianando se non si era capito - e son successe parecchie cose.
Ecco, a tal proposito voglio chiedervi – ancora - immensamente scusa: mi scuso principalmente perché il capitolo non mi convince. In origine l’idea della fan fiction è partita tutta dalla scena dell’incidente, ispirata appunto a Just Tonight dei The Pretty Reckless, ma come è stato descritto il tutto non mi convince e non ero sicura di volerlo postare ma, alla fine, l’ho fatto e spero che la storia non perda lettori perché ci tengo molto.
Ora vorrei passare ai ringraziamenti:
Ringrazio di cuore le 3 buon anime che mi hanno inserita fra gli autori preferiti; le 7 lettrici che mi tengono fra le ricordate; le 63meraviglie che seguono la storia; le 37 bellissime che hanno la storia fra le preferite e, infine, ma non meno importanti, le 20persone che hanno recensito il capitolo precedente.
Cielo, siamo a quota 52 recensioni. CINQUANTADUE RECENSIONI DOPO SOLO QUATTRO CAPITOLI ED IL PROLOGO! IO. VI. AMO.
Cioè, quando avevo iniziato a scrivere la storia mi ero posta come primo paletto di raggiungere le cinquanta recensioni e non sapete che gioia immensa mi avete dato!

Siete fantastiche, lo giuro! :)

 
Okay, in conclusione, per non dilungarmi troppo, vi anticipo che non ci sarà da attendere tanto per il prossimo capitolo, dovrebbe arrivare per metà del mese prossimo, se non anche prima.

Un bacione, belle. Siete le migliori,
Charlie. :)

P.S.: Chiedo scusa per gli eventuali errori, non ho avuto il tempo di rileggere l’intero capito, correggerò appena possibile! 

  
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