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Autore: LiquidScience    10/11/2012    1 recensioni
"Se avessi le mani, scriverei un diario.
Ma le mie braccia sono ali, fatte per solcare i cieli,
Lassù dove nessun uomo è mai arrivato prima..."
Storia di un aereo da guerra che non voleva combattere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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---21 agosto 1972
Oggi sono rimasto dentro l’hangar, il mio padrone passava in rassegna tutti i miei pezzi, scrivendo qualcosa su un pezzo di carta ogni tanto. Osservavo il lento ondeggiare della mano in attesa, come se con uno schiocco delle dita potesse decidere le mie sorti. Forse, era proprio così.
Quando cominciò a imbrunire, il nuovo padrone si alzò dallo sgabello e si avviò verso l’uscita, accarezzando il mio metallo mentre camminava come il mare accarezza la costa.
 
---27 agosto 1972
Il mio nuovo padrone è tornato trascinando tanti pacchetti. A cosa servissero l’ho capito solo dopo, quando ha preso degli attrezzi e ha cominciato a sostituire i pezzi rotti e quelli mancanti con alcuni nuovi di zecca.
 
---15 maggio 1974
Dopo tantissimo tempo in riparazione, ora sono pronto per volare di nuovo. E questa volta sarà diverso dalle precedenti: non ci saranno battaglie, né pallottole né aerei nemici. Dopotutto, mi hanno tolto le mitragliatrici.
A lavoro finito, il mio nuovo padrone ha cominciato a scrostare tutta la vecchia vernice verde scuro, per poi ridipingermi con uno scintillante grigio argenteo e un luccicante blu cobalto.
Sono così felice! Come un serpente che fa la muta, ho lasciato la mia vecchia pelle e tutte le sofferenze del passato per averne una nuova, fresca, pronta per affrontare il futuro.
Ora ero completamente argentato, con una striscia blu che percorreva tutta la fiancata fino alla coda, dove c’erano una serie di numeretti e una grande “V”.
Mi ha portato fuori dall’hangar e lì ho visto un grande aereo bianco, simile a un bombardiere ma molto più raffinato ed elegante, che atterrava dolcemente sull’asfalto, come un leggiadro cigno atterra sul lago.
Il mio pilota mi ha portato poi al centro di una pista libera e mi ha fatto volare. Mi sono alzato da terra, con quell’ebbrezza che si prova a essere staccati dalla terra dopo tanto tempo.
Poco dopo, un altro aereo mi si avvicina a voliamo fianco a fianco. È un biplano colore rosso vivo, identico a quello che vidi dalla spiaggia. Che fosse lo stesso? Che io fossi ancora in volo grazie a lui, che ha visto la mia carcassa adagiata sulla costa?
Sulla fiancata c’era scritto, in un sottile ma deciso carattere bianco, “Le Rouge”. Le Rouge. Questo, era il suo nome.
Delle piccole macchioline bianche, come delle scrostature, erano un residuo della verniciatura originaria del velivolo e, insieme a varie stuccature sulle ali e sul corpo, tradivano il vero passato di Le Rouge.
Anche lui, come me, era una vittima di guerra. Eravamo marionette cadute dalle mani del burattinaio.
Insieme compiamo molte acrobazie nell’aria, come due ballerini nel loro palcoscenico blu.
Non ci sono paure né angosce per un colpo in arrivo, non ci sono fratelli-nemici da abbattere.
Prima e Seconda Guerra Mondiale. Insieme, perché l’unico modo per combattere i traumi della Guerra è farlo insieme.
Sono una macchina fatta per volare.
E l’ho capito solo adesso.
 
---19 settembre 1980
Ogni volta che le luci dell’alba illuminano i vetri dell’hangar, l’attesa dell’arrivo del mio padrone diventa sempre più carica di gioia. Bastava solo sentire il rumore dei suoi passi e la gioia triplicava.
Ma quel momento oggi non venne.
Dalla porta lasciata distrattamente aperta da un inserviente vidi Le Rouge uscire dal suo posto, dirigersi verso la pista e decollare.
Da solo.
 
---22 settembre 1980
Dopo tre giorni il mio padrone è tornato! Era insolitamente pallido, ma era tornato.
E quello mi bastava.
Non ci furono né capovolte né acrobazie in volo. Solo un piccolo giro attorno ai campi e sopra la città. Le Rouge ogni tanto andava e poi ritornava, compiendo raffinate coreografie in cielo.
Perché questa calma? Cosa era successo, in quei tre giorni? Forse non lo saprò mai. Quello che so adesso, è che al termine del volo non sono tornato all’hangar, ma il mio padrone mi ha “parcheggiato” a fianco casa sua, c’era spazio a sufficienza per decollare o atterrare. Dopodiché è entrato nell’edificio con un’andatura lenta e forzata.
 
---23 settembre 1983
Oggi insieme a Le Rouge abbiamo sorvolato la costa, volando per un attimo a qualche piede dalle onde. Era una cosa assolutamente fantastica, un’overdose di felicità ed emozione, sebbene non ci siano state chissà quante acrobazie. Abbiamo sorvolato quel pezzo di mare che separa una terra dall’altra e poi siamo tornati verso sera. Eravamo tutti felici. Stanchi, ma felici.
 
---9 dicembre 1985
Oggi sono rimasto fermo. Non volavamo tutti i giorni, a volte rimanevo fermo, ma vedevo almeno la sua macchina uscire. Questa volta invece no, non è mai uscito di casa. Mi preoccupa un po’.
Spero non sia successo nulla.
 
---10 dicembre 1985
Nevica, una neve fitta che ricopre tutto quello che incontra. È particolarmente freddo, mi si sta congelando il carburatore. Ad un certo punto, quando cominciava ad imbrunire sotto i nuvoloni, una figura nera si è avvicinata. Cercavo di vedere chi fosse, per capire se era un amico o un nemico.
Era il mio pilota. Stava tremando come un terremoto, nonostante fosse molto coperto. Si è avvicinato ed è entrato nella mia cabina, sedendosi sul sedile e richiudendo il vetro subito dopo. La sua presenza mi ha subito rassicurato, perché non c’è niente di meglio che la compagnia di qualcuno a cui tieni.
Dopo un po’, si è appoggiato a un lato, ha chiuso gli occhi e si è addormentato, con un lieve sorriso sulle labbra.
 
--- 15 dicembre 1985
Il debole sole d’inverno scaldava lievemente il suolo questa mattina. Da quando, la mattina dopo aver dormito nella mia cabina, era tornato dentro casa, non ho più visto il mio padrone.
Le Rouge è atterrato sul campo dietro alla case e il suo padrone è sceso, dirigendosi verso la casa del mio.
Era un ragazzo piuttosto giovane, piuttosto alto e indossava il tipico caschetto in pelle da pilota, con occhialoni sollevati sulla fronte, sciarpa e giubbotto. Sembrava un po’ preoccupato.
Entrò nella casa e tutto rimase in silenzio. Anche se qualcosa fece il benché minimo rumore, non ci feci caso.
Non molto dopo arrivò un veicolo strano, sembrava un furgone, ma era tutto colorato e aveva delle luci rosse e blu. Che cos’era?
Degli uomini con degli strani vestiti sgargianti scesero dal veicolo e presero una specie di lungo tavolo da giardino pieghevole.
Con questo, entrarono in casa.
Ne uscirono poco dopo, spingendo quello strano tavolo pieghevole con le ruote e facendosi strada attraverso la folla di curiosi che si era radunata nel frattempo. A differenza di quando erano entrati, ora sul tavolino c’era qualcosa completamente coperto da un telo.
Sembrava un essere umano disteso.
Anche Le Rouge era preoccupato, ma nessuno dei due sapeva spiegare cosa stesse succedendo.
 
---24 dicembre 1985
Non ho più visto il mio pilota. Cos’era successo?
Ho paura. Paura che tutto possa finire. Paura di perdere tutto.
All good things must come to an end, avevo letto una volta, da qualche parte.
Era così perfetto, prima! Perché è cambiato? Perché?
Stavo sfociando nella più buia disperazione, quando tra la foschia e i fiocchi di neve comparve una sagoma nera. Un barlume di speranza si accese.
Ma non era il mio pilota e nemmeno quello di Le Rouge. Era un’altra persona.
Entrò nella mia cabina come se fossi di sua proprietà. Chi era quell’uomo?
Cercò di mettermi in moto, ma ero fermo da tanto tempo e il motore  non partiva.
Non partiva perché non volevo partire. Volevo rimanere lì, aspettando il ritorno del mio padrone.
“À l'enfer avec mon cousin et sa jonque!” esclamò l’uomo, sbattendo nervosamente un pugno sul metallo.
Non sapevo cosa avesse detto, ma alla fine decisi che forse avrei dovuto partire, anche se a malincuore.
In volo la neve accarezzava ogni pezzo che mi componeva, con un soffice e gradevole tocco, seppur ghiacciato.
Certo sembra fin strano morire proprio quel giorno, con quella soffice neve che imperlava il vetro.
Non pensavo a nulla, non immaginavo quale sorte mi sarebbe toccata. C’erano solo quella soffice neve e il suo dolce tocco. C’era solo quella grigia giornata di quel freddo inverno.
E così ci si rende conto che la vita è misera e fragile come quei fiocchetti che cadono lentamente: può avere i cristalli disposti nel modo più bello o stravagante, ma una volta sciolto diventa una comunissima goccia d’acqua, uguale ad altre miliardi. E se mancherà o no, nessuno ci farà mai caso.
Mi lasciai trasportare da quella meraviglia del gelo, l’ultimo inverno che vidi prima di essere rinchiuso per sempre in un cupo deposito.
  
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