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Autore: JJane    11/11/2012    4 recensioni
L'Epilogo di HP7 non mi ha entusiasmata, sebbene fosse l'unico epilogo possibile della Saga; così ho deciso di scrivere una versione tutta mia che, tenendo presente i fatti raccontati nei sei libri precedenti, parte dal penultimo capitolo del settimo libro. Il mio epilogo sarà diverso da quello scritto dalla divina Row, ma spero che vi piaccia!
I nostri beniamini tornano ad Hogwarts: perché? in quale veste? cosa sarà successo dopo la morte di Lord Voldemort?
Estratto dalla storia:
-Bada a come parli o ti giuro che non risponderò di me stesso-.
Quando si avvicinò, Hermione vide Draco Malfoy allontanarsi dalla colonna e voltare le spalle a Harry.
-Codardo come sempre, vedo che l'abitudine di sparire sul più bello non l'hai persa, invece-. Rincarò il Salvatore del Mondo Magico.
Il tono così malvagio di quella frecciata sputata con rancore la stupì, impedendole di prevedere quello che sarebbe successo.
Draco Malfoy si fermò e con una calma innaturale si voltò.
-Sectumsempra-.
La pelle candida di Harry Potter cominciò a lacerarsi, liberando stille di sangue che macchiarono il bianco candore della camicia della divisa.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Slice of life




I timidi raggi solari illuminavano il paesaggio settembrino accarezzato da una leggera brezza che rendeva l'atmosfera fresca e frizzante. Non si vedevano nubi all'orizzonte e il cielo limpido faceva capolino dalle ampie bifore della Biblioteca di Hogwarts, affollata e brulicante di giovani menti.

Non c'era stata nessuna epidemia virale che avesse, improvvisamente, contagiato gli studenti con una voglia irrefrenabile di dedicarsi allo studio. Frequentare la Biblioteca era semplicemente un'abitudine più o meno spontanea -per non dire forzata- nata in seguito alle nuove disposizioni della Preside, che aveva reso fortemente consigliata la presenza alle due ore pomeridiane di studio collettivo, durante le quali era peraltro concesso l'uso della propria bacchetta magica.

Era bastato cosìpoco per vedere realizzato uno dei sogni dell'intero corpo docente: dedizione allo studio e collaborazione tra le Case. Si, perché una delle novità prevedeva l'istituzione di gruppi di studio misti, che se per i docenti era un'idea utile e geniale, per gli studenti significava tutt'altro. La casata di Corvonero e indispettita dall'obbligo di condividere ore di studio prezioso con le povere menti delle altre Case, gli studenti di Corvonero erano stanchi di essere vessati dagli altri in tutte le materie che non fossero Erbologia, riguardo alla casata di Serpeverde, i suoi appartenenti non avevano mai fatto mistero delle loro altezzose idee classiste e Grifondoro, per ragioni d'orgoglio, aveva qualche difficoltà a chinare il capo e seguire le direttive della Preside.

Nonostante le varie disposizioni di spirito, era quasi un mese che gli studenti si riunivano in Biblioteca e nelle varie aule messe a disposizione per partecipare alle ore di "studio" collettivo; ovviamente la maggior parte di loro faceva di tutto eccetto che studiare: c'era chi occupava le comode poltrone per leggere la Gazzetta del Profeta o il settimanale Cosmowitch, chi giocava silenziosamente agli scacchi magici, implorando il perdono di madama Pince ogni volta che gli sfuggiva un'imprecazione e c'era chi, invece, approfittava dell'obbligo per studiare sul serio.

Tra questi vi era Ron Weasley che, forse quasi costretto dalla sua fidanzata, era rimasto piacevolmente colpito della quantità di rotture di scatole che venivano meno studiando un paio d'ore ogni giorno piuttosto che quattro, sfiancanti giorni (e notti) prima dei test.

-E' solo per capire come devo farlo, non voglio copiare-.

-Ho detto di no-.

Nonostante la nuova rivelazione, Ron non aveva perso l'abitudine di chiedere aiuto a Hermione, che ogni volta si trovava a perdere la pazienza e a mandarlo a quel paese.

-Se vuoi ti faccio vedere come l'ho fatto io-.

La Grifondoro si voltò contrariata a guardare Blaise Zabini.

-Non lo faccio copiare-. Promise con un sorriso smagliante.

-Fate un po' come vi pare-. Borbottò Hermione, arrendendosi all'evidenza che la tregua con i Serpeverde era stata tutt'altro che una manna dal cielo...

 



Era sdraiata sul suo letto e il grande orologio di fronte a lei segnava le ventidue e tredici.

Aveva cominciato a fissarlo esattamente ventitrè minuti prima, quando un elegante gufo reale color miele le aveva recapitato un'inaspettata missiva.

Il ticchettio del becco contro il vetro colorato della finestra della sua stanza l'aveva distratta mentre rileggeva un saggio che aveva composto quel pomeriggio; aveva aperto la finestra con movimenti incerti, chiedendosi se, per caso, quel bellissimo animale non avesse sbagliato destinatario.

Aveva preso la pergamena legata alla sua zampa con un nastro di raso blu notte e l'aveva aperta curiosa: dopo aver letto il suo nome, un sopracciglio si arcuò per la sorpresa e, dopo aver congedato il gufo, si sedette alla scrivania per leggere la lettera.

"Ciao Granger,

non so bene con che tono rivolgermi a te, dal momento che i nostri rapporti non sono mai stati dei migliori, ma ti scrivo per chiederti un incontro, del tutto civile e amichevole, domani dopo le lezioni, al Club dei Duellanti.

Sarò lieto di aspettare una tua risposta, spero positiva.

Con rispetto,

B.Z."

Sbalordita era un termine poco consono a descriverla dopo che aveva riletto circa dieci volte le parole vergate in blu notte su quella pergamena con una grafia maschile, ma elegante.

B.Z.

Aveva provato, disperatamente, a trovare un'alternativa, ma quelle iniziali potevano significare soltanto Blaise Zabini.

Perché?

Erano ventitré minuti che si ripeteva in modo convulso quella domanda, senza riuscire a darsi una risposta.

Cosa poteva mai volere Zabini da lei?



-Hermione, potresti prestarmi una pergamena? Ho finito le mie-.

La diretta interessata si voltò a guardare il Serpeverde, ancora confusa per i toni gentili con cui si rivolgeva a lei, poi afferrò un foglio dal suo rotolo ruvido e glielo passò tornando a guardare il papiro che aveva appena scritto.

-Grazie, muso lungo-. Soffiò l'altro di rimando, in tono scherzoso.

-Prego?-. Domandò l'altra in tono offeso.

-Dicevo che potresti farmelo un sorriso, ogni tanto-.

Il sopracciglio di Hermione si alzò di scatto e le guance le si tinsero di rosso.

-Ti sorriderò quando mi darai un motivo per farlo, Zabini-. Replicò lapidaria, prima di tuffarsi di nuovo sul saggio di Storia della Magia.


Dopo aver passato l'intera serata e l'intero giorno seguente ad auto-convincersi che non gliene importava un fico secco di cosa potesse mai volere Blaise Zabini da lei, alle cinque in punto si trovò di fronte alla porta del Club dei Duellanti.

Proprio nell'istante in cui si voltò, decisa ad andarsene, si trovò a fronteggiare il Serpeverde.

-Stavi andando da qualche parte?-. Domandò lui, sorridendo sotto i baffi.

-Forse-.

-Quindi non vuoi entrare-.

Il silenzio che seguì, fece propendere Blaise ad aprire la porta per sapere che intenzioni avesse la Grifondoro.

-Mi riservo il diritto di andarmene quando voglio, se quello che hai da dire non mi interessa-.

-Accomodati-. Rispose il Serpeverde, come se non l'avesse nemmeno sentita.

La sala era vuota, le teche di vetro che custodivano armature e armi antiche non erano neppure illuminate e la grande pedana di legno giaceva spoglia al centro della stanza.

-Gradisci qualcosa da bere?-.

-Che cosa vuoi, Zabini?- domandò brusca -Dubito che tu mi abbia chiesto di venire qui per offrirmi da bere-.

Lui sorrise compiaciuto, dopotutto si aspettava esattamente quel tipo di atteggiamento da parte sua.

-Non credo di averti dato modo di essere sgarbata con me, Granger, tuttavia capisco che ti venga naturale stare sulla difensiva e, per questo, ti concedo il lusso di maltrattarmi, ma solo per un pò-.

-Mi sembra il minimo che io stia sulla difensiva, visto le persone che frequenti-.

-Ti senti minacciata?-.

-Di voi non ci si può fidare-.

-Io non sono "voi", tanto per cominciare- replicò calmo -e le persone di cui parli potrebbero...sorprenderti, se tu e gli altri gliene deste la possibilità-.

Hermione era alquanto disorientata da quella situazione e non sapeva bene dove tutto questo li avrebbe portati.

-Permettimi di avere forti dubbi al riguardo- rispose scettica -Tuttavia, Zabini, continua a sfuggirmi il punto a cui vuoi arrivare-.

-E' molto semplice- cominciò avvicinandosi serenamente a lei, per guardarla dritto negli occhi -Io sono sempre stato...diverso dalla maggior parte dei miei compagni, se sai cosa intendo, e ora che non c'è più motivo di temere niente e nessuno, mi sono scocciato di dover pagare per colpe non mie. Io non ho mai avuto niente nei confronti tuoi e dei tuoi amici- fece una piccola pausa, forse per trovare le parole -se sono stato sconveniente e poco amichevole, l'ho fatto per non mettere in una posizione scomoda il mio migliore amico, ma ora le cose sono cambiate. Lui, è cambiato-.

Le braccia conserte, lo sguardo accigliato, un piede che batteva ritmicamente sulla pietra fredda del pavimento: non sapeva cosa pensare, cosa dire o cosa fare.

-Zabini arriva al punto-.

-Il punto è che voglio una tregua, vorrei che tu e i tuoi amici provaste per un momento a trattarci come persone normali e non come mostruosi nemici da combattere-.

-Hai ragione su una cosa- convenne Hermione, avvicinandosi -tu sei diverso dai tuoi compagni, per questo non puoi chiedermi di trattare tutti come meriteresti di essere trattato tu, perché loro sono mostruosi nemici da combattere, o almeno lo erano-.

Il Serpeverde scosse la testa e si voltò, raggiungendo la finestra.

-Dimentica gli altri- disse dopo una lunga pausa -tratta me come merito: dammi una possibilità-.

Era incerta: le sembrava tutto così assurda.

-Perchè è così importante?-.

-Perchè ti sembra tanto difficile?-.




Un rumore ovattato di passi catturò l'attenzione dei presenti: l'andatura cadenzata di un portamento elegante, il colletto bianco perfettamente inamidato e il nodo impeccabile della cravatta verde-argento.

Hermione lanciò uno sguardo apprensivo al tavolo dall'altra parte della sala dove sedeva Harry, circondato da altri studenti, tra i quali la Parkinson e alcuni Corvonero; i posti che occupavano in Biblioteca non erano scelti da loro, ma dall'alto e, ovviamente, la McGranitt si era guardata bene dal mettere Potter e Malfoy allo stesso tavolo. Dal momento che il Serpeverde non si era mai presentato alle ore di studio collettivo, nessuno sapeva quale fosse il suo posto, fino a quel giorno.

Quando Draco Malfoy prese posto di fianco a Blaise Zabini, Hermione ebbe un tremito: la McGranitt non poteva averle fatto questo!

-Sei sicuro di non aver sbagliato tavolo?-.

Il Serpeverde parve non udire neppure il nervoso bisbiglio di Ron e continuò a slacciare gli alamari del mantello; dopo esserselo tolto lo ripose con cura dietro di sé, allentò la cravatta e slacciò i primi due bottoni della camicia.

Senza rivolgere il benché minimo sguardo ai presenti, estrasse la sua bacchetta dalla borsa, insieme ad un paio di libri e appoggiò tutto di fronte a lui.

Il ghigno di Ron raccontava tutta l'insofferenza alla vista del Serpeverde e le nocche bianche denunciavano una rabbia malcelata.

-Malfoy- sibilò di nuovo, a voce più alta -sei convinto di volerti sedere a questo tavolo?-.

Con un gesto annoiato Draco Malfoy alzò lo sguardo sul Grifondoro.

-Se potessi scegliere, mi siederei volentieri sulle tue ceneri, Weasley-.



* * *



Hermione non era scesa a colazione quella mattina e a Ginny parve una cosa inusuale, così tornò alla Torre di Grifondoro, dopo aver mangiato rapidamente un toast. Bussò tre volte alla porta della camera della Caposcuola senza ricevere risposta, alla fine si risolse ad entrare.

La sua migliore amica non c'era, ma le cadde l'occhio su una lettera lasciata aperta sul comodino; la curiosità la spinse a fare un passo avanti, il rispetto le impedì di toccarla, ma i suoi brillanti occhi azzurri captarono la firma, scritta con una grafia elegante in inchiostro blu notte. Rimase un attimo impassibile: nella sua mente si rincorrevano nomi e cognomi degli studenti alla disperata ricerca di una corrispondenza; quando una possibilità si affacciò nella sua mente, spalancò gli occhi, stupita.

-Ginny-.

Si voltò di scatto, come qualcuno colto in flagrante e arrossì furiosamente.

-Hermione- rispose frettolosamente -sono venuta a cercarti perché non ti ho vista a colazione-.

La sua migliore amica entrò in camera, ancora con la vestaglia addosso e andò verso l'armadio.

-Non avevo fame: io e Ron abbiamo litigato-.

Ginny si sedette sul letto, sentendosi ancora colpevole per aver violato la privacy della sua amica, ma curiosa di sapere perché mai teneva una corrispondenza con Blaise Zabini.

-Perchè?-.

Hermione guardò la gonna di lana grigia e, con un sonoro sbuffo, la ripose nell'armadio.

-Perchè "gli ho impedito di cancellare Malfoy dalla faccia della terra una volta per tutte"-.

-Anche io sarei arrabbiata con te- replicò scherzosamente l'altra -seriamente: mio fratello ancora non si da pace?-.

-Beh, non che quell'essere gli dia una mano-.

-Se Ron si aspetta che Malfoy diventi tutto ad un tratto Wizard Simpatia dell'anno, aspetterà in eterno-.

-Già. Il fatto è che tuo fratello ha una tale rabbia dentro che l'unico con cui sente di potersi sfogare è Malfoy, ma fargli del male non risolverà il problema-.

-Soprattutto non riporterà indietro Fred-. Ammise con tono affranto la Grifondoro.

Hermione si sedette di fianco a lei e le mise una mano sulle sue.

-Stiamo tutti soffrendo, Ginny, ma io non so più cosa fare...sento che lo sto perdendo e non si lascia aiutare-.

-Mio fratello ha i suoi difetti, ma sono sicura che sia ancora innamorato di te. Devi solo avere un po' di pazienza-.

-E' la speranza che torni a guardarmi con quella luce negli occhi, che mi manca-.

-Perchè hai tutti questi dubbi, Hermione?-.

-Non lo so- ammise sconsolata -voglio dire, questa guerra ha cambiato tutti noi, ma Ron...-.

-Anche Harry-.

-Si, anche Harry- convenne la Grifondoro -non li riconosco più Ginny e a volte mi chiedo se non sia io quella sbagliata-.

-In che senso?-.

Hermione si alzò e andò verso il comodino, prese la pergamena che aveva incuriosito la sua migliore amica qualche minuto prima e gliela fece leggere.

-Ci sei andata?-.

-Si- rispose accigliata -non so nemmeno io perché; forse ero solo curiosa di sapere cosa volesse-.

-E?-. Ginny era sollevata che la sua migliore amica si stesse confidando con lei, i tempi della guerra avevano reso tutto difficile, anche parlare di cose "futili" come le pene d'amore.

-Ha intavolato un discorso utopistico- rispose Hermione sarcastica -vorrebbe una "tregua", dice che lui non è mai stato dalla parte sbagliata e che i suoi amici, in particolare Malfoy, sono cambiati-.

-Ti sei chiesta perché abbia voluto parlarne proprio con te?-.

-No, a dire il vero- lo sguardo pensieroso perso oltre la finestra -e non credo abbia molta importanza; quello che non capisco è perché Ron abbia accettato di dare una possibilità a Zabini, se prova tutto questo odio per il suo migliore amico-.

-Ron gli ha dato una possibilità?-. Domandò stupita la sorella.

-Già. Dopo aver visto Zabini, ho raccontato a Ron quello che ci eravamo detti e a lui è parsa una proposta ragionevole. Ragionevole!- sottolineò incredula -Ma come fa a trovare sensato il fatto di simpatizzare con Zabini se vuole vedere morto Malfoy?-.

Ci fu un attimo di silenzio.

Le due Grifondoro si guardarono negli occhi.

2+2...

...uguale a 4.

-Non ha una mente così astuta-.

-Pensaci bene, Hermione: avrebbe un senso! Vuole fargli abbassare la guardia per poi colpire-.

-Non è farina del suo sacco-.

-La rabbia può farti fare cose che non ti verrebbero mai in mente-.

-No, Ginny: Ron è molto più semplice di così; se vuole fare una cosa, la fa senza tanti fronzoli. Secondo me sta seguendo le direttive di qualcuno-.

-Chi?-.



* * *



Harry era seduto sulla poltrona di fianco al camino, aveva di fronte la scacchiera, ma nessun avversario da battere.

Ironico.

Da quando Voldemort era sparito per sempre dalle loro vite, un vuoto sembrava essersi impossessato di lui. Aveva mille domande e nessuna risposta. Era forse la sua condanna? Una volta assolto il suo dovere di Prescelto, la vita non aveva più senso. Sentiva di non avere più uno scopo, qualcosa per cui lottare, uno stimolo a migliorarsi giorno per giorno; non faceva altro che subire passivamente il corso degli eventi, lo scorrere del tempo, l'alternarsi del giorno e della notte. Dormire o essere sveglio non faceva alcuna differenza.

Guardò la Regina bianca.

Gli unici momenti in cui si sentiva vivo e utile erano quelli che passava con lei. Vederla sorridere gli faceva tornare in mente quei periodi in cui quel sorriso era uno dei motivi che lo spingevano a lottare. Perdersi nei suoi occhi azzurri era una piacevole cura al suo mal di vivere, ma più passava il tempo e più i sentimenti per Ginny sbiadivano lentamente, trascinati nel vortice immobile dell'apatia di cui era afflitto.

Aveva vissuto troppo.

Più cercava di affrontare tutto quello che aveva passato e più i ricordi e il dolore gli sfuggivano di mano.

Aveva perso troppo.

La rabbia che in quei sette lunghi anni aveva accumulato, sembrava non essersi spenta con la vita di Voldemort.

Aveva odiato troppo.

Le uniche persone che avrebbero potuto aiutarlo non c'erano più e la sensazione di avere le mani sporche del loro sangue lo accompagnava giorno e notte.

Sentiva di odiare, in qualche modo, anche le persone che tanto aveva amato, perché lo avevano abbandonato, lo avevano lasciato solo a lottare con un destino crudele e che giocava sempre d'anticipo, fino alla fine.

Non sapeva dove trovare la forza di ricominciare, non sapeva perchédoveva ricominciare e, soprattutto, non trovava un motivo che lo spingesse a farlo; era come se lui non potesse esistere senza un nemico e ora che quello più grande era stato sconfitto, cosa gli restava?

Harry Potter non era nessuno senza Tom Riddle.

-Vuoi giocare?-.

Il Grifondoro alzò lo sguardo, ma in realtà non stava guardando Neville, non stava guardando niente.

-No, scusami- rispose alzandosi -Devo fare una cosa-.

Harry Potter uscì dal buco del ritratto e scese a passo di marcia fino alla Sala Grande, si allacciò il mantello fino al mento e uscì nell'aria pungente d'inizio Ottobre per raggiungere il campo di Quidditch, dove la squadra di Serpeverde si stava allenando.

Qualcuno, affacciato ad una finestra dell'alta Torre di Grifondoro, stava osservando la sua marcia decisa e capì che non era il caso di starsene con le mani in mano...

Passarono cinque o dieci minuti, poi alcuni studenti cominciarono a scendere dalle loro scope per dirigersi negli spogliatoi; Harry stava pazientemente aspettando appoggiato ad uno dei pali che sorreggevano gli spalti di Grifondoro.

Qualche giocatore lasciò il campo diretto al castello, poi uscì lui; Harry lo raggiunse a grandi falcate, come se temesse che si volatilizzasse da un momento all'altro, e gli si parò di fronte, arrestandone il passo.

-Voglio delle risposte, Malfoy- ruggì il Grifondoro -e le voglio ora-.




-SPAZIO AUTRICE-

Volevo solo dire che ho visto che siete abbastanza a seguire i miei deliri e ciò che la mia mente malata partorisce e volevo ringraziarvi e incoraggiarvi a resistere, perché le mie turbe mentali stanno architettando qualcosa di molto interessante.

Mi piacerebbe sapere cosa pensate della storia, dopotutto se la seguite avete tutto il diritto di dire la vostra: consigli e critiche costruttive sono ben accetti!

Detto questo, un caloroso saluto a tutti e ricordate...

...il meglio deve ancora venire.

  
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