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Autore: Persephone Lupin    11/11/2012    2 recensioni
Quando Severus Snape torna a casa dopo una missione per il suo Signore, diventa testimone di un segreto che sconvolgerà il suo mondo. AU
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton, Voldemort
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 7. Occlumanzia, un Ordine e un Giuramento

(Occlumency, an Order, and an Oath)


Era quasi buio quando Severus si svegliò. Non c’era da stupirsi che avesse nuovamente fame. Non c'era nessuno nella stanza, ma poteva sentire voci provenire dall’ufficio di Dumbledore. Doveva chiamare qualcuno? Prima che potesse decidere, tuttavia, la porta si aprì e Madama Pomfrey entrò nella stanza.

«Ah, sei sveglio, Severus. Bene. Tempo per le medicazioni, quindi. E per un controllo approfondito.» Quando la Medimaga vide il disappunto sul volto del giovane mago, aggiunse con un sorriso: «e per la cena. Ma non prima che io abbia finito con te.»

Le pozioni avevano un gusto orribile, ma, in qualità di esperto nel campo, Severus sapeva che peggiore era il gusto maggiori erano la potenza e l’efficacia. Bevve le pozioni obbediente, sperando di potersi finalmente liberare di quella sua tosse fastidiosa. Il Preside li raggiunse nel momento in cui Madama Pomfrey stava iniziando il suo esame.

«Allora, Poppy, come sta il ragazzo?» Gli occhi di Dumbledore brillavano incoraggianti.

«Molto meglio, direi. La febbre è scesa a trentotto e mezzo, ed i polmoni sono quasi completamente liberi, e non ci sono quasi più tremori. Ancora qualche giorno di riposo a letto e tornerà come nuovo» rispose la Medimagac on un sorriso di compassione. «Ora, fammi vedere il tuo braccio, per favore.»

Severus fece una smorfia. Si era completamente dimenticato del Marchio. Sotto la manica bianca della camicia da notte dell’infermeria, il suo avambraccio era ancora bendato. Che cosa avrebbe trovato sotto le bende bianche? Il Marchio era tornato?

«Oh sì, è tornato, ragazzo mio» disse il Preside, come se avesse letto i suoi pensieri. «E non è una cosa negativa del tutto se vorrai considerare la mia precedente proposta.» Vero. Il Marchio doveva essere integro e senza macchia se doveva ritornare dal Signore Oscuro come spia. Un Marchio mutilato avrebbe sollevato seri sospetti.

Madama Pomfrey tolse le bende con un colpo della sua bacchetta. Ed eccolo lì a sbirciare verso di lui: il teschio e il serpente, il marchio di Caino che non se ne sarebbe mai andato. Mai. Un paio di cicatrici rosa e sottili, che attraversavo il Marchio incrociandosi, erano le uniche reminescenze del suo disperato tentativo di rimuoverlo.

«Applica questo unguento una volta al giorno e le cicatrici svaniranno completamente in un batter d'occhio» gli consigliò la Medimaga. «Vuoi che rimetta le bende, Severus? Non che sia necessario, in realtà.»

«No» fu la riluttante risposta. «Suppongo sia meglio che mi abitui di nuovo a questa vista, comunque.»

«Questo è lo spirito, ragazzo mio» intervenne Dumbledore, gli occhi scintillanti. «Allora, lo farai?» Severus annuì. «Quindi immagino abbiamo molto da discutere - dopo cena, direi...»

Il delizioso brodo di pollo aveva aiutato molto nell’alleggerire lo spirito di Severus. Il Preside non era ancora tornato, così il giovane afferrò di nuovo l'Annuario,che si trovava ancora sul comodino. Forse c’erano altre foto di sua madre? Sfogliò le pagine. Un sacco di immagini di Quidditch. E lei era lì: volava in alto in groppa alla sua scopa, la Pluffa stretta saldamente sotto il braccio, le ciocche rosse che danzano nel vento. Una Cacciatrice. Fece un cenno verso di lui, poi afferrò la Pluffa con la mano destra e la fece volare attraverso l’anello con facilità.

«Ah, hai trovato qualche altra foto» osservò la voce affabile del Preside. Severus era talmente immerso nell’immagine in movimento di sua madre che non aveva sentito bussare alla porta. «Non farti disturbare dalla mia presenza, ragazzo mio, abbiamo un sacco di tempo.»

«Era così bella - e felice ...»

«Sì, Severus, lo era davvero. E brillante. Una degli studenti di maggior talento in Trasfigurazione che io abbia mai avuto. E una grande Cacciatrice. É stato uno shock per tutti noi quando abbiamo saputo dell'omicidio.»

«Non le somiglio molto.» C'era una nota di rammarico nella sua voce.

«No, non proprio. Fatta eccezione per quei tuoi riccioli» disse il Preside, sorridendo furbo a Severus. Uno sguardo confuso apparve sul volto del giovane mago.

«Riccioli? Ma - Merlino, quanto a lungo sono stato male, professore?» Non potevano essere passati più di alcuni giorni, vero? Però l'effetto della pozione per la stiratura dei capelli non avrebbe ancora dovuto essersi esaurito. Doveva durare per dieci giorni, e l'aveva applicata solo il mattino prima del suo ritorno a Notturn Alley. Scelestus Snape aveva sempre odiato i suoi riccioli ribelli e gli aveva fatto usare la pozione fin dalla prima infanzia. Era così abituato ai suoi capelli lisci e unti che riusciva a malapena a immaginarsi di nuovo coi riccioli. E cosa avrebbe detto il Signore Oscuro se lui si fosse Materializzato alla prossima riunione nelle vesti di una versione oscura di un angelo orpello?

«Due settimane a oggi. Sei stato molto malato, Severus, e delirante per molti giorni. Non ricordi molto di tutto questo, suppongo, ma ci hai fatto passare molte notti insonni...»

«Io —io non avevo idea Pensavo fossero solo pochi...» balbettòS everus, le sua mani presero a tremare.

«Severus, stavi male e ci siamo presicura di te. Minerva, Poppy ed io. É tutto a posto. Non c’è nulla da preoccuparsi» lo rassicurò il Preside.

«No, è che — il Signore Oscuro mi aspettava per il rapporto giorni fa. Sarà furibondo...»

«Ti punirà per il tuo ritardo?» Gli occhi di Dumbledore si oscurarono preoccupati.

«Ne può star certo. Cruciatus, molto probabilmente. É la sua preferita.» Severus deglutì a fatica.

«Severus, ascolta, non sei tenuto a tornare da lui se non sei pronto. Puoi lasciare il Paese, iniziare una nuova vita in America...»

«E lei mi lascerebbe andare?» C'era autentica sorpresa nella voce del giovane mago. «Sono un assassino, dopo tutto.»

«Potrei sistemare i documenti e averli pronti entro due, tre giorni» Dumbledore continuò imperterrito.

Un momento di silenzio assoluto.

«No, Preside. Farò quello che mi ha chiesto» Severus disse infine, indicando l'immagine nell’Annuario. «Per lei».

«Tua madre sarebbe fiera di te, Severus — come lo sono io». Guardò il giovane mago profondamente negli occhi scuri. Un altro momento di silenzio.

«Cosa sai dell’Occlumanzia, Severus?» il Preside chiese improvvisamente.

«É la difesa magica della mente contro la penetrazione esterna. Ho letto sull’argomento.»

«Ma l’hai mai provata da te?»

«No, non consapevolmente, almeno.»

«Allora vale un tentativo» propose Dumbledore. «É una capacità che potrebbe rivelarsi utile nei tuoi rapporti futuri con Voldemort.» Severus fece una smorfia alla menzione del nome temuto. Poi annuì.

«Cosa devo fare?»

«Devi concentrarti a fondo e svuotare la mente da tutti i pensieri e le emozioni. Al mio tre io lancerò il Legilimens» spiegò Dumbledore. «Credi di riuscirci ora?»

«Ci proverò». Severus chiuse gli occhi per qualche secondo, un'espressione di profonda concentrazione sul suo volto. Al 'tre' riaprì gli occhi, e il Preside lanciò l’incantesimo per leggere nella mente. Immagini cominciarono a dibattersi nella mente di Severus in rapida successione. Sylvia Snape in camicia da notte con lo sguardo fisso al muro; una stanza tetra, quasi una stia, con nient'altro che un vecchio letto d’ottone e un baule di legno; un Scelestus Snape ubriaco che bloccava un ragazzo pelle e ossa dai capelli scuri contro la parete, con una mano, colpendolo duramente in faccia con l'altra. Il sangue schizzò mentre il ragazzo cadeva a terra tenendosi il naso rotto, gli occhi spalancati per il terrore. No, non voleva vedere. Aveva abbandonato quei capitoli della sua vita per il bene quando aveva incendiato la sua casa in Notturn Alley due settimane prima. Si concentrò. Svuota la tua mente, allontana le tue emozioni. Il flusso di immagini rallentò, esse divennero sempre più lontana e sfocate. Una qualche forza intrusa tirava e succhiava la sua mente, ma quando lui cominciò a combattere per trattenere i ricordi, anche quella forza cessò. Ora la sua mente era vuota e calma, un’esperienza totalmente nuova e piacevolmente tranquilla. Era come galleggiare al di sopra dei problemi e delle fatiche, dei pericoli e dei dolori di questo mondo. Avrebbe potuto farlo per sempre...

«Severus?» La voce di Dumbledore lo schioccò fuori dal suo stato quasi di trance e lo riportò alla realtà.

«Preside».

«Sono impressionato. Sei un Occlumante nato, Severus. Con un po' di pratica presto dovresti essere in grado di controllare questa abilità e usarla a tuo vantaggio. E a nostro vantaggio.» Poi uno sguardo di preoccupazione attraversò il viso del vecchio mago. «Sei esausto, figliolo. É meglio che ti lasci dormire di nuovo un po’, o Poppy mi farà una dura lezione sul non sovraffaticarti».

Era vero. Era esausto. L'esercizio sembrava aver prosciugato tutte le sue forze e una plumbea sonnolenza filtrava attraverso il suo corpo fin nelle sue ossa. Si lasciò cadere tra la morbidezza dei suoi cuscini, chiuse gli occhi pesanti, e si addormentò quasi subito.



«Dove andraia vivere, Severus? Hai già qualcosa in programma?» chiese Dumbledore, sorseggiando la sua cioccolata calda. Stavano facendo una tarda colazione insieme nella stanza di Severus dopo un’altra faticosa lezione di Occlumanzia. Ma quel giorno, Severus non era affaticato dalla pratica neanche metà di quanto era stato il giorno prima, e stava decisamente migliorando. Al terzo tentativo era riuscito a bloccare il Legilimens quasi istantaneamente. Le immagini dalla memoria del Preside erano allora apparse di fronte agli occhi della sua mente. Dumbledore a cinque anni... Entrambi si erano fatti una bella risata vedendo il piccolo Albus cercare di raggiungere il barattolo dei biscotti sopra la credenza della cucina. Il golosone aveva finito col rimaner bloccato sull’armadio dopo che la sua 'scala', una precaria nonché ondeggiante costruzione di sedie e sgabelli, era crollata da sotto i suoi piedi. Ma aveva conquistato i biscotti...

Severus sospettava profondamente che Dumbledore gli avesse mostrato quella particolare memoria di proposito. Il Preside sicuramente era un esperto sia di Legilimanzia che di Occlumanzia e difficilmente avrebbe permesso ad un principiante di curiosare a vanvera nella sua mente. E vedere il vecchio mago senza barba e occhiali e le guance sporche di cioccolato aveva certamente allentato ogni tensione residua. Una colazione come si doveva, con uova e pancetta, aveva aiutato molto anch’essa.

«No, non proprio» rispose Severus, «anche perché ero fondatamente convinto che la questione non si sarebbe posta...» Un sorriso ironico.

«A volte le cose vanno meglio del previsto.» Gli occhi azzurri scintillarono. «Anche una brutta polmonite può avere i suoi meriti.» Severus annuì pensieroso. La sua malattia gli aveva effettivamente dato il tempo di riprendere il controllo sulle sue emozioni, di venire a patti con una nuova lealtà. E aveva dato a lui e ed al Preside il tempo prezioso per riconsiderare. Se non fosse stato per la sua malattia, sarebbe probabilmente finito ascontare una condanna a vita ad Azkaban al momento. Rimaneva la questione della sua futura residenza. Per dirla tutta, era un completo spiantato. Non possedeva altro che glia biti che indossava quando era scappato dalla casa in fiamme. Niente casa, niente soldi, niente lavoro… nemmeno una bacchetta. E il patrimonio del defunto Scelestus Snape probabilmente non consisteva in altro che debiti. Non molto con cui cominciare.

«Credo che dovrò trovare un lavoro, prima di tutto. E stare da — alcuni amici, nel frattempo». Solo che non aveva nessun amico a cui chiedere asilo. I Serpeverde con cui si accompagnava quando era a scuola erano tutti membri di antiche e disgustosamente ricche famiglie Purosangue. I Malfoy, i Lestrange, gli Avery, solo per citarne alcuni nella top ten del 'Chi è chi' della società magica. Gli Snape se ne stavano da qualche parte al fondo. Lui era stato accettato solo perché quello che gli mancava in denaro lo aveva in cervello. Ed era molto più facile copiare i suoi che fare loro stessi quei compiti noiosi. Inoltre, avevano paura di lui e della sua vasta conoscenza di fatture e maledizioni oscure. No, non poteva chiedere asilo a nessuno di loro, anche se erano tutti compagni Mangiamorte ormai. Sarebbe stato troppo umiliante. E non poteva chiedere neanche a Dumbledore. Doveva all'uomo già più di quanto meritasse, molto di più di quello che avrebbe potuto ripagare in breve tempo. Avrebbe sistemato la cosa. Ma aveva bisogno di una bacchetta. Un mago senza bacchetta è inutile quanto un Boccino d'Oro senza ali… o un Maestro di Pozioni senza calderone. Gli sarebbe mancato il suo laboratorio in Notturn Alley, si rese improvvisamente conto, a dispetto di tutti i ricordi dolorosi. Dopo il diploma ad Hogwarts, aveva avuto il laboratorio quasi tutto per sè la maggior parte delle volte, mentre il vecchio Snape beveva e giocava d’azzardo con i suoi amici. E da quando aveva preso il Marchio Nero, il suo diciottesimo compleanno, e ucciso per la prima volta — una donna babbana catturata per la sua iniziazione — Snape non aveva più osato toccarlo. Le ore e ore passate da solo in compagnia solo di scintillanti calderoni e beute pulite, probabilmente, erano state le più felici della vita, fino ad ora...

«Un Galeone per i tuoi pensieri, Severus» Dumbledore interruppe le sue riflessioni silenziose, gli occhi scintillanti ironicamente.

«Non credo valgano tanto... anche se potrei avere bisogno di soldi. Non ho la bacchetta...»

«Oh, sì, una bacchetta.» Un altro scintillio di blu. «Stavo cominciando a chiedermi se avresti mai portato a galla l’argomento.» Dumbledore si versò un'altra tazza di cioccolata fumante. «In ogni caso, ho già fatto qualche pensiero sulla cosa. Che ne dici di una in ebano, 12,5 pollici, Corda di Cuore di Drago?» Con grande sorpresa di Severus,il Preside estrasse una bacchetta sottile e scura da una delle sue tasche. Una bacchetta identica a quella che aveva perso. Come faceva il vecchio mago a sapere?

«Ho pensato potrebbe far sorgere sospetti se usassi una bacchetta diversa tutto ad un tratto. Quindi, meglio attenersi alle vecchie caratteristiche. Provala.»

La bacchetta era perfetta. Morbida e piacevolmente fresca nella mano, il diametro e la lunghezza erano ideali, esattamente come quella vecchia. Ma la scarica di magia, quando lui la agitò dolcemente nell’aria, era ancora più forte ed esplose in una raffica di splendide scintille verdi e argento che piovvero sul suo letto e su un Dumbledore sorridente. Doveva essere la Corda di Cuore di Drago…

«Noto che il mio informatore non si era sbagliato. E una manifestazione di colori molto Serpeverde... É tua, ragazzo mio.»

«Ma ...»

«Niente “ma”. E nessuna domanda. Prendila e basta. E usala bene.» Severus annuì, sinceramente confuso dal regalo inaspettato. Improvvisamente, emise un rantolo mentre si afferrava l'avambraccio sinistro.

«Che cosa c'è, Severus?» C'era una nota d’agitazione nella voce del Preside.

«Il Marchio. Sta chiamando. Devo Materializzarmi al suo fianco all'istante» Severus ansimò a denti stretti, poi si rilassò un po'come se il dolore iniziale fosse lentamente scemato. Ma sapeva che sarebbe tornato presto, e con intensità crescente, se non avesse risposto alla chiamata.

«Severus, non posso lasciarti andare ancora. Io mi fido di te, ma gli altri no.»

«Gli altri chi?» Severus lo interruppe precipitosamente. Non poteva aspettare ancora a lungo.

«I membri dell'Ordine della Fenice. Sono il loro capo. Devi entrare nell'Ordine e prestare giuramento prima che io possa lasciarti andare.»

Un giuramento. Grande. Esattamente quello di cui aveva bisogno ora. Non che non fosse disposto a entrare nell'Ordine, ma un giuramento non era sicuramente qualcosa che si potesse fare in un minuto. Spesso si trattava di formule e cerimonie prolisse, e il tempo stringeva. Dumbledore non poteva davvero intendere di impedirgli di rispondere alla chiamata per un tempo così lungo. Il dolore sarebbe diventato devastante. E il Signore Oscuro lo avrebbe sicuramente ucciso se si fosse Materializzato così in ritardo.

«Faremo in fretta. Solo l’essenziale» disse Dumbledore, come rispondendo ai suoi pensieri. «Accio Calice dell'Ordine Segreto!»

Un calice meravigliosamente lavorato fluttuò attraverso la porta aperta e si posò sul comodino. C’era ogni tipo di antica runa inciso nell’onice, e le maniglie erano plasmate nella forma di una Fenice. Era pieno di una sostanza iridescente, il colore in continuo cambiamento dall'oro al rosso scarlatto.

«Ecco, Severus, devi scrivere il tuo nome — il tuo vero nome — su questo pezzo di pergamena con la penna di Fenice, aggiungere alcune gocce di sangue al liquido, e quindi gettare la pergamena nel calice». Dumbledore passò a Severus il detto armamentario, che aveva estratto da un'altra tasca del suo abito, insieme adu n piccolo coltello d'oro decorato con una testa di Fenice. Severus esitò solo un secondo prima di scrivere 'Perseus Evans' sulla pergamena, poi si incise velocemente un dito e lasciò che alcune gocce di sangue cadessero nel calice. Il liquido prese a roteare con crescente rapidità, ora rosso come il suo sangue. Quando la pergamena venne inghiottita nei vortici, bolle d'oro vennero a formarsi sulla superficie turbolenta. Improvvisamente la sostanza si gonfiò e prese fuoco.

«Professore!» Severus rimase a bocca aperta. Quello non doveva essere come le cose dovevano andare. Aveva sbagliato qualcosa? Che cosa cosa sarebbe successo se il calice lo avesse rifiutato? Se non l’avesse voluto nell'Ordine? Ma Dumbledore si limitò a sorridere. Dopo alcuni secondi, il calice si calmò di nuovo e, sul tavolo, giaceva una scintillante piuma di Fenice.

«É tua» spiegò Dumbledore, «il segno dell'Ordine della Fenice. Tienila sempre con te e nascondila bene. Meglio se la trasfiguri in qualcosa di poco appariscente. Quando hai bisogno di contattarmi, evoca un fuoco e getta la piuma tra le fiamme. Ora è meglio che ti prepari. Torno tra un minuto.»

Severus si alzò, combattendo la vertigine causata dal movimento improvviso, e cominciò a vestirsi. I suoi abiti era stati puliti e ricuciti, e la sua maschera da Mangiamorte era ancora al suo posto all'interno di una tasca segreta. Vi mise assieme la piuma. Non c'era tempo per trasfigurarla ora. Il suo intero braccio pulsava dal dolore, ormai, ed ebbe difficoltà ad abbottonare i pantaloni e la camicia. Se solo avesse potuto Smaterializzarsi sul posto, ma non c'era verso di Smaterializzarsi o Materializzarsi ad Hogwarts. C’era bisogno di una lunga passeggiata fino al bordo della Foresta Proibita. Altri minuti preziosi che andavano persi...

Ma Dumbledore aveva pensato a tutto. Entrò precipitosamente nella stanza portando con sé un manico di scopa in una mano e una piccola fiala di vetro nell’altra.

«Ecco, figliolo, questo si occuperà dei tuoi capelli. E la scopa ti porterà oltre le barriere Anti-Materializzazione di Hogwarts in modo rapido e invisibile. Non devi tornare ad Hogwarts, bada bene. Contattami dopo l'incontro nel più breve tempo possibile, ma solo se sei sicuro che nessuno possa origliare la nostra conversazione. E, ancora una cosa prima di decollare. Hai presente i fiori del Murtlap, Severus?»

«La curiosa escrescenza sul Murtlap? Danno resistenza a maledizioni ed incantesimi, ma sono piuttosto rari e costosi.»

Con un gesto elegante della sua bacchetta, Dumbledore appellò un piccolo barattolo di vetro contenente qualcosa di rosa e simile ad un fiore galleggiante in un liquido lattiginoso. Lo porse al giovane mago.

«Ecco, Severus, potresti trovarlo utile per la prova che ti attende. Prendine solo pochissimo alla volta, non vuoi che ti crescano peli delle orecchie viola, vero?»

«No di certo, professore.» Nonostante l’aumentare del dolore, Severus riuscì a fare un debole sorriso mentre infilava il prezioso barattolo in una delle ampie tasche del suo mantello da viaggio. «E grazie —per tutto.» Aprì la grande finestra e montò a cavallo della scopa.

«Buona fortuna, Severus.» C'era sincera preoccupazione negli occhi e nella voce di Dumbledore. «E sii al sicuro.»

Ma lui era già partito.



E così siamo arrivati quasi alla fine: il prossimo sarà l'ultimo capitolo.

Chiedo scusa se doveste trovare delle parole appiccicate. Non so perchè l'html di efp me le appiccichi così. Mi tocca staccarle una ad una e potrebbe essermene scappata qualcuna, anche nei capitoli precedenti.



  
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