Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: S t r a n g e G i r l    12/11/2012    4 recensioni
Twilight senza mostri e magie.
Jacob, affidabile e onnipresente amico d'infanzia. Edward, dolce e romantica ancora di salvezza. Fin qui niente di strano, no?
E poi c'è Bella, o meglio Beauty, come non l'avete mai vista.
Dal primo capitolo:
“Nella vita che conduco io, maglioncini a collo alto e pantaloni zebrati sono solo decorazioni inutili. Quel che importa davvero è ciò che c’è sotto. Le persone che frequento per lavoro non si preoccupano che io sia ben vestita e abbia accostato in modo decente i colori. Quello che a loro interessa è che, una volta tolto il cappotto, io sia appetibile. Come una caramella avvolta in una bella carta luccicante, per intenderci. Ed ecco un’altra cosa che odio. Anzi, a dirla tutta, è in cima alla mia lista, scritta in rosso e sottolineata tre volte: essere ciò che sono."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Jessica, Renèe | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Four. A world where words are colorful and sweet.

Sono sempre stata un tipo schivo e riflessivo, chiuso e introverso.
Rifuggo le parole e i discorsi introspettivi da quando ho iniziato a comprenderne il significato.
Alle volte mi sembra di essere un bambino terrorizzato all’idea di dormire per colpa dei mostri che si annidano sotto il letto nella trepidante attesa di vedermi cadere nel mondo dei sogni, vinta dalla stanchezza.
Il mio mostro personale, però, anzichè essere fatto d’ombra e denti affilati come rasoi, è fatto di frasi smozzicate, lettere e verbi buttati a caso.
Se mi chiedessero qual’è la cosa che più apprezzo al mondo, risponderei senza nemmeno soffermarmici sopra, che è il silenzio.
Il nulla sospeso tra due bocche come il filo di un funambolo; il vuoto riempito di sguardi e pensieri inconsistenti, che sanno essere più dolci di decine di frasi grondanti di miele.
Attraverso le parole, le persone si beffano le une con le altre.
Le maschere della gente son costruite con fatica, calce, lettere e punti.
Parlando, si inganna più facilmente.
Il rapporto con mia madre, difatti, era basato più su ciò che non ci dicevamo che su quello di cui realmente parlavamo.
Non avevamo bisogno d’esternare ciò che provavamo. Ci bastava poco, a me e lei, per capirci e star bene.
Qualche messaggio striminzito scribacchiato sui post it sbiaditi che appiccicavamo sul frigorifero e lapidarie domande che non necessitavano di risposte filosofiche.
La sera a cena, ad esempio, erano i giornalisti a intavolare una conversazione per noi, che ci limitavamo a condire il tutto con qualche banale osservazione buttata lì.
Con mio padre, una volta venuta a conoscenza della sua esistenza e del suo nome attraverso un vecchio diario di Renèe, il silenzio era stato, invece, voluto.
Non c’era nulla da dire. Mai.
Avevamo vissuto senza conoscerci per anni, era inutile sforzarsi di recuperare assenze, mancanze alle recite scolastiche, compleanni e Natali non condivisi.
L’unica persona di cui non ho mai temuto la voce è Jacob.
Lui parla e parla e parla per ore, senza mai farmi pesare i laconici commenti che sputacchio ogni tanto.
Conversa amabilmente, mi fa ridere e mi trasporta in un mondo dove le parole sono colorate e dolci, non armi improprie da usare contro qualcun altro.
< A cosa pensi? >
Sposto gli occhi su Edward e sulle sue dita che mi accarezzano i capelli con movimenti lenti e rilassanti.
< Al silenzio. > rispondo d’istinto e lui mi sorride.
< Non ti piace chiacchierare, vero? >
Faccio segno di no con la testa e mi rannicchio sul suo petto, che profuma di dopobarba al muschio.
< Allora staremo zitti e ascolteremo il respiro l’uno dell’altra. Non devi spiegarmi nulla, Isabella. >
Mi bacia la fronte, gli zigomi e la punta del naso facendomi il solletico.
< Ma i tuoi li butti fuori di casa ogni volta che vengo? > gli domando, giocherellando con un bottone della sua camicia.
Sto bene.
Dopo la brutta esperienza appena vissuta, incredibilmente mi sento a mio agio, protetta e al sicuro.
Cerco una collocazione precisa per Edward, ma non ne trovo.
Sono indecisa se infilarlo nella squadra formata dalle persone di cui preferisco il silenzio alla voce o nell’avversaria...forse a metà.
Adoro sentirlo sussurrare, suonare il pianoforte e riempire l’aria attorno a noi della sua essenza, ma mi piace anche la melodia creata dalle sue corde vocali.
Ride e cambia posizione, mettendosi a pancia all’aria sul materasso morbido della sua stanza e trascinandomi sul suo petto.
Sotto il mio orecchio, il suo cuore batte regolare e calmo.
Decido all’istante che quello è il mio suono preferito.
< Mio padre è un ottimo medico ed è sempre richiesto a tutte le conferenze sulle nuove scoperte genetiche. Lui e mia madre, quindi, sono spesso fuori. I miei fratelli, invece, rincasano tardi puntualmente. Si godono la vita. >
Si attorciglia una ciocca dei miei capelli al dito e poi la usa per farmi il solletico.
< E tu? Non ti godi la vita? > lo provoco, prendendogli una mano.
< La mia vita è cominciata otto giorni fa, Isabella. > replica e non c’è ironia nella sua voce.
Trattengo il fiato.
< Stavo aspettando te. Ti aspetto da sempre. > mormora ed io tremo.
Il mio cuore si gonfia e galleggia nel petto senza peso.
E’ questo che si prova quando ci si innamora?
Perchè...io non mi sono mai sentita così, ma è una di quelle sensazioni che danno assuefazione.
Vorrei provare tutto questo più spesso. Una vita intera, se possibile.
< Ci hai messo tanto ad uscire allo scoperto, perchè? > chiedo, dando voce ad un interrogativo che mi ha tenuto compagnia tutte le sere dopo averlo incontrato.
Sembra rifletterci sù, ma alla fine risponde con tono rilassato e sereno, come se confessarmi quelle cose non lo disturbasse molto. Non più, almeno.
< Perchè, nonostante la vita che conducevi, ti vedevo felice. Ci incontravamo nei supermercati, ti passavo accanto sul marciapiede mentre ti stringevi in un cappotto spesso e traballavi sui tacchi, aspettavo sotto il tuo palazzo la sera di vederti rientrare sana e salva...ma tu non eri mai sola. C’era Jacob al tuo fianco e tu sorridevi. Invidiavo colui che riusciva a donarti quella gioia così sincera e mi ripetevo che tu non avevi bisogno di me. > tace e so che vorrebbe aggiungere qualcosa.
Mi accarezza il naso con la punta dell’indice ed io gli bacio il petto, lasciato scoperto dai primi bottoni della sua camicia blu.
< Poi cos’è cambiato? >
Ride della mia ingenuità e mi scompiglia i capelli sulla fronte.
< Ho semplicemente realizzato che ero io ad aver bisogno di te e mi sono fatto coraggio. Al massimo avrei ricevuto un rifiuto e mi sarei messo l’anima in pace...forse. > aggiunge divertito e nella pancia quel battito timido di farfalle diventa un tornado.
< Mi hai chiesto di salvarti...da cosa? > sussurra, come se temesse di vedermi scappare orripilata al cospetto di quella domanda tanto importante.
Sonda il terreno, cercando di non pressarmi troppo per ottenere una risposta, ma io non mi sento in imbarazzo ad ammettere cosa intendessi.
Qualcosa nella mia testa grida e scalcia terrorizzata.
E’ sbagliato!
E’ troppo presto!
Io, però, sono diventata brava a fingermi sorda e ignorare quelle proteste non è difficile.
< Dalla vita schifosa che conduco. Portami via, Edward. > sospiro.
Alzo la testa e trovo le sue labbra.
< Stai dicendo che... >
< Sì. >
E non appena pronuncio quella sillaba, mi rendo conto di aver fatto una stronzata.
Non che non voglia sposare Edward e acquistare nome rispettabile, ma semplicemente non ho incluso Jacob in questi piani.
Ho bruciato i progetti che avevamo fatto io e lui senza nemmeno pensarci un attimo, abbagliata dalle promesse luccicanti di Edward.
Sono una completa idiota.

Che diavolo ci faccio qui?
Cos'è che sto aspettando? Un segno divino? Un aiuto dall'alto dei cieli?
Sbuffo e spengo il motore, rimanendo comunque con le dita incollate al volante della macchina che Jessica mi ha gentilmente prestato.
In realtà è un vecchio attrezzo scassato, con la vernice scrostata e la marmitta appesa col fil di ferro, ma finchè mi tiene all'asciutto e mi consente di arrivare a casa di Jacob non m'importa: potrebbe essere anche un monopattino, non vedrei la differenza.
All'inizio ho pensato di scrivergli un misero sms, in cui gli spiegavo per sommi capi la situazione, da brava vigliacca quale sono.
Poi ho optato per una telefonata, che mi permettesse di non sciogliermi in lacrime mentre gli comunicavo la mia decisione.
Alla fine, però, non ce l'ho fatta.
Ho cancellato almeno venticinque messaggi superficiali e freddi e altrettante pagine scarabocchiate, su cui ho tentato di mettere per iscritto il bel discorso che mi figuravo di fargli, ma con Jacob le parole non mi sono mai servite. Probabilmente avrebbe capito tutto ancor prima che aprissi bocca.
Fisso con insistenza il muro rosso di casa Black e provo l'irresistibile tentazione di attaccarmi al campanello, farmi aprire e, incurante delle pozze d'acqua che avrei seminato in giro, andare a rintanarmi sotto le coperte del letto sgangherato di Jake.
Ma lui non mi avrebbe accolto a braccia aperte.
Forse non mi avrebbe nemmeno lasciato entrare.
E avrebbe tutti i diritti di comportarsi così.
Ho impacchettato i nostri sogni insieme per anni, ammirandoli come se fossero regali di Natale sotto l'abete addobbato, e ora li sto buttando al secchio senza nemmeno avere il coraggio di guardarli un'ultima volta.
Dovrei essere io quella che annega nell'immondizia e nell'odore acre di cibo andato a male.
< Bells? > la sua voce, accompagnata da un picchiettare insistente contro il finestrino, mi fa sobbalzare.
Respiro.
Ingoio aria, sperando che qualcuno l'abbia alterata con un po' di coraggio liquido, e apro lo sportello, atterrando in una pozzanghera che quasi mi arriva alle caviglie.
Jake mi prende una mano, aiutandomi a stare in equilibrio sotto una pioggia che mi destabilizza e mi fa barcollare.
In pochi attimi siamo zuppi e gocciolanti entrambi.
Le sue dita calde scivolano tra le mie, così mi afferra per i fianchi.
Scroscia, l'acqua, sulla sua maglietta fina, incollandola ad un petto che non avevo mai fatto caso a quanto fosse scolpito.
Corre sul suo collo in piccoli rigagnoli, gli annacqua gli occhi e gli bacia le labbra carnose.
< Bells, vieni dentro! Ci prenderemo una polmonite! > mi esorta lui, cercando di spostarmi.
Mi aggrappo allo sportello del ferro vecchio di Jess, sentendomi un verme.
Non potrei mai entrare in quella casa soltanto per abbandonarlo.
Devo farlo qui, adesso. Ora. Subito.
Rapido, veloce, conciso e indolore.
Strappa, Bella. Strappati via da lui.
Hai scelto un posto diverso. Braccia diverse.
Un futuro diverso.
Sarai capace di costruirlo senza Jacob? Lui rappresenta le tue fondamenta. Lui è il tuo passato, il tuo presente.
La tua costante.
E tu lo stai lasciando per il primo venuto. Fatti schifo.
Rabbrividisco.
Rabbrividisco e piango.
Non so come fa, ma lui lo nota.
< Bells, che cazzo è successo? >
Odia non sapere, essere allo scuro, muoversi alla cieca.
Odia le mie lacrime, ma gli piace asciugarmele. Detesta quando lo faccio da sola con le maniche delle felpe larghe che indosso quando sto con lui.
Mi stringe in un abbraccio che ha già il sapore del taglio decisivo.
Netto e pulito, ma non per questo meno profondo e doloroso.
< Ti ha fatto del male? Quel bastardo ti ha messo le mani addosso? Lo ammazzo, dimmi dove abita! >
Ringhia e si stacca da me.
Stringe gli occhi e sembra che pianga anche lui.
Si morde l'interno della guancia, se lo tortura perchè non può fare altro: sa che non gli permetterei mai di avvicinarsi ad Edward.
Addio.
Gli accarezzo il viso bagnato e memorizzo la forma del naso, la tenerezza delle palpebre, la lunghezza delle ciglia, il colore preciso delle sue iridi umide.
Addio.
< No, non è questo. Io...io mi sposo, Jake. Mi sposo con Edward. >
Mi bacia la punta delle dita, leccando via le goccioline di pioggia.
< Sei una pessima bugiarda, Bells. Il tuo scherzo non mi diverte. >
Abbozza un sorriso, ma non gli arriva agli occhi.
Non ci crede nemmeno lui. Sta ridendo di me soltanto per non piangere se stesso.
Punta lo sguardo in basso, soffermandosi sull'invisibile lama con cui gli sto incidendo la carne.
Il suo sangue si mischia alla pioggia in gocce rosate e scivola sul suo addome e sulle mie mani.
Perchè quando ferisco te, mi faccio del male anche da sola?
Perchè, perchè devi rappresentare una parte di me?
E non una qualunque, ma la migliore, la più splendente e bella.
Quella che curo amorevolmente ogni giorno da anni. Quella senza la quale non potrei vivere.
Dimmelo, che sto facendo una stronzata.
Dimmelo, che sono una cretina.
Dimmelo, Jake.
Dimmelo.
< Sono seria, Jacob. Sono venuta qui per...salutarti. >
Mi mordo le labbra e le sue mani sui miei fianchi ardono.
Nel sangue delle vene, delle arterie e nei capillari scorri tu.
L'aria nei miei polmoni sei tu.
Mi sto uccidendo, Jake, ma seguirò la scelta che ho fatto se tu non mi trattieni.
Tienimi con te, dammi una motivazione.
Dimmelo.
Dimmelo.
< Avevamo dei progetti, io e te. Che fine gli hai fatto fare, eh? Tutto a puttane per quel damerino impaccato di soldi? Da quando sei così venale? >
Mi stringe il polso, ora, e i suoi occhi sputano saette.
Mi brucia il cuore, lui. Mi brucia la pelle, lui. Mi brucia l'anima, lui.
Incenerisce la nostra vita insieme perchè il ricordo lo tormenta.
E si arrabbia, allontanandosi da me.
< Io...io non ti merito. > biascico, sviscerando una verità che non ho mai rivelato.
A Jake, come a me stessa.
Stargli accanto, tenerlo fra le braccia, mi dà la sensazione di avvelenarlo, di contaminarlo con cellule infette che morderebbero le sue spolpandole fino all'osso.
Lui è la mia luce.
Ma io per lui sono l'ombra, l'oscurità, le tenebre, e più tempo passiamo insieme, più lo risucchio nel mio vortice incolore.
Nero.
< Cos'è, la frasetta dietro cui ti pari? La stronzata che mi rifili per lasciarmi? Per farmi credere di essere migliore di te e persino di lui? >
< Lo sei. >
Abbracciami.
< Cazzate! Resta con me, se è vero! Sposa me, Cristo! >
Tira un pugno contro la corteccia nodosa e bagnata di un pino alle sue spalle e si graffia le nocche.
La vista del suo sangue mi paralizza e non solo per la repulsione che provo.
< Non posso. > sussurro.
Si volta e si avvicina di nuovo, furioso.
Serra le dita attorno ai miei gomiti e mi strattona.
< Perchè? > la sua voce sembra un grido d'aiuto.
Ha l'espressione disperata.
< Amo Edward. Non sono capace di amare nessun altro. >
La pioggia che ci frusta è più forte del mio sussurro.
Un lampo alle mie spalle illumina il suo sguardo attonito e ferito.
Cos'è che vuoi, Bella? CHI è che vuoi?
Non puoi averli entrambi.
Incespica nei respiri, Jacob.
Mi guarda come un maratoneta a corto di fiato scruta l'orizzonte in cerca dell'agognato traguardo.
Mi tocca, mi scalda e quelle mani sono familiari, sono quelle che conosco e che ho sempre amato.
Non hanno affusolate dita da pianista, non sono bianco latte e non hanno unghie perfette e curate, ma sono le stesse che hanno costruito per me decine di castelli di sabbia.
Sono quelle di cui conosco ogni tendine, callo e giuntura. Sono le stesse che mi accarezzano i capelli da una vita mentre dormo.
Come posso buttare via tutto?
Tu sei per me quello che nessuno sarà mai.
Sei quanto di più caro e dolce io abbia...e proprio per questo devo starti alla larga.

Io non ti faccio del bene.
Muori un po' alla volta, un brandello di pelle e di cuore ogni attimo di più.
Ti stai spegnendo, Jake.
Ti sto spegnendo io. Sono una nube di gas nocivo e denso che appanna lo splendore del sole.
Sono velenosa e devo proteggerti. Proteggerti da me e dalla mia schifosa vita.
Si beve il mio dolore.
Lo vedo stillarlo goccia a goccia, leccandolo via insieme all'acqua fredda.
< Tu sai amare anche me. Forse ancora non l'hai capito o non te ne accorgi, ma è così. >
Afferra la mia mano e se la porta al petto.
Sotto il cotone fradicio, il suo cuore batte contro le costole prepotente e furioso.
Rimbomba, scalpita, grida.
Tu ti volti, lui si volta, tu ti muovi, lui si muove.
No.
Non voglio sentirlo. Non voglio saperlo.
Taci, maledetto organo.
Rallenta, smetti di battere!

< Non è vero. Tu per me sei un amico e basta, Jake. >
Tremo e cerco di sottrarre la mano dalle sue, favorita dalla pioggia, ma lui me lo impedisce.
Devo andarmene, prima di fare qualche stupidaggine come quella di baciarlo.
Devo andarmene prima che lui abbia il tempo di...
< Ti amo, Bells. >
...dire questo.
< Guardami in faccia e dimmi che puoi vivere senza di me ma non senza di lui. >
Con la mano libera mi alza il viso, esponendolo al cielo plumbeo senza pietà che piange lacrime affilate e gelide sulle mie guance.
< Non chiedermi di mentirti. > mormoro, muovendo appena le labbra.
Labbra su cui lui si china per un attimo, tenendo gli occhi aperti per studiare la mia reazione.
Mi sfiora, piano e con dolcezza, e poi succede una cosa imprevedibile.
Di colpo il mio corpo si anima da solo, come se qualcuno avesse inserito una sorta di pilota automatico.
Di slancio gli getto le braccia al collo e infilo le dita tra le sue ciocche gocciolanti, mordendogli le labbra.
Lo ferisco, come lui ha ferito me mettendomi davanti alla verità.
Sanguina lui, sanguino io.
Assaporiamo l'uno il gusto conosciuto e al tempo stesso estraneo dell'altro.
Non siamo mai stati così vicini.
Non siamo mai voluti diventare quel noi che sapevo da tempo esistesse e che mi ero sempre sforzata di ignorare.
Faceva paura.
A me più che a lui.
Adesso non più.
Non c'è traccia di Isabella Marie Swan e di Jacob Black.
Sono morti.
Sono risorti, fusi in un solo essere.
Sono io.
E' lui.
Siamo. Insieme.
Prendo aria dalla sua bocca, la ingoio come fosse mia.
Me ne approprio e lui non protesta.
Mi stringe e tra le nostre labbra finisce anche qualche goccia di pioggia che lecco via.
Chiude la portiera con un calcio e mi spinge contro la lamiera bagnata, ghiacciata e scivolosa.
Famelico, gioca con la mia lingua e insinua le dita nel casino che devono essere i miei capelli.
Ancora. Ancora.
Serra le dita tra le mie e tra un affanno e l'altro borbotta qualcosa che non capisco.
< Mi ami, Bells. > sbotta infine, scendendo col viso sul mio collo umido.
Rabbrividisco perchè la sua non è una domanda.
Sì.
Dieci, cento, mille volte sì.
< No. >
Mi stacco e lo spingo via, piangendo senza ritegno.
< Perchè sei così ostinata? > esplode lui, arretrando.
Allarga le braccia distrutto e calcia il fango delle pozzanghere ai suoi piedi.
< Non possiamo stare insieme. Io...sposerò Edward. Mi dispiace, Jake. >
Prima di poterlo vedere crollare di schianto al suolo, salgo in macchina, scivolando nel tentativo di arrampicarmi sul sedile di pelle marrone.
Con mano malferma metto in moto e mi affanno per fare la cosa che mi riesce meglio: fuggire via.
< BELLA! >
Il suo urlo addolorato mi giunge lo stesso, mentre mi allontano più in fretta che posso.
Attraverso lo specchietto retrovisore lo vedo immobile nel punto in cui l'ho lasciato, con le ginocchia in quella poltiglia grigio-verdastra e gli occhi spenti, vacui.
Sconfitti.

< B., ma che diavolo hai combinato? >
Prima di poterle risponderle, crollo a terra.
Jessica emette uno strillo acuto.
Butta sul cuscino lo smalto aperto e corre verso di me, cercando di tenermi cosciente con piccoli schiaffetti.
Mi rialza, passandosi un braccio dietro le spalle, e mi adagia sul mio letto, togliendomi subito le scarpe sporche con un'espressione disgustata.
< Tu scotti. Hai la febbre! > esclama, precipitandosi in bagno e tornando poco dopo con almeno dieci flaconi di pasticche diverse, che mi fa ingoiare una dopo l'altra senza nemmeno leggere il foglietto illustrativo.
Mando giù una pillola anonima dopo l'altra, ubbidiente.
Non mi lamento neppure del suo pungente profumo.
Nelle narici ho ancora l'odore di terra umida, erba bagnata e pioggia fredda.
< Vitamine, minerali, antidolorifici, aspirine, calmanti, antipiretici. Ti ho dato tutto quello che avevo. > scuote la testa, sconsolata, spogliandomi lentamente con le sue mani calde.
Mi lascio muovere come una bambola, senza riuscire a emettere un suono.
Sono troppo stordita.
Mi sento...anestetizzata, narcotizzata, ma non c'entrano nulla i farmaci.
Non è di natura fisica l'apatia di cui sono vittima.
Sono chiusa in un bozzolo rigido e stretto, che mi immobilizza e concentra i miei pensieri su un unico punto.
Amo Jake.
Lui si volta, io mi volto, lui si muove, io mi muovo.
Abbiamo varcato i confini del termine ''amicizia'' e tornare indietro non è più possibile.
Non posso stare con lui, ma non riesco nemmeno a immaginare di vivere senza.
< B., perchè piangi? Perchè sei fradicia? Ti prego, dimmi qualcosa. >
La preoccupazione di cui è pregna la voce di Jessica fa scorrere nuove lacrime sul mio viso cadaverico.
< Mi sposo, Jess. > biascico, sanguinando ad ogni parola.
Lei ride con sollievo e mi abbraccia, cercando di scaldarmi.
Io tremo, mi dispero e faccio a pezzi me stessa senza mostrare alcunchè all'esterno.
L'hai ucciso, Bella.
Avverto il sonno calare su di me come un avvoltoio e, indifferente, lascio che mi afferri e porti via.
Qualunque cosa in questo momento è gradita.
Qualunque cosa che non lo riguardi.
Qualunque cosa che cancelli la sua espressione abbandonata dall'epidermide del mio cuore, dove è rimasta tatuata.
Mio.
Indelebile.
Lontano, perso.
Troppo distante.
Perfetto, tu. Sbagliata, io.
Non posso ferirti. Non posso starti accanto, non come vorrei.
Ho tenuto gli occhi aperti al posto tuo, che non volevi vedere cosa sono.
Ho messo un punto prima ancora d'iniziare la frase.
Ho anteposto la fine al principio, in un cerchio che non si chiuderà.
Perdonami. Perdonami, io ti amo.
Addio.

  
Angolo di un'autrice che, al contrario di quanto voi crediate, non si è dimenticata della sua storia: 
Chiedo umilmente perdono per il disastroso ritardo con cui ho aggiornato.
Avevo perso la pennetta su cui era salvata l'intera storia riveduta ed è saltata fuori soltanto ieri -ovviamente era tra le grinfie di quella scimmia di mio fratello, che stava cancellando le mie cose per far posto alle canzoni di Eminem. -
Comunque ho poco da aggiungere. Questo capitolo è uno dei miei preferiti in assoluto nella mia vita di FanWriter.
Ne sono davvero orgogliosa, specialmente della scena sotto la pioggia che richiama quella di NewMoon.
Come colonna sonora al pezzo ho pensato a ''Goodbye my lover'' di James Blunt; spero che ve l'ascolterete leggendo.
Un grazie enorme alle tre stupende ragazze che hanno recensito il capitolo precedente : HalloPrudence, SteffyBlack e Bells85.
Vi abbraccio forte. Ci leggiamo la settimana prossima, promesso.
Strange.


 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: S t r a n g e G i r l