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Autore: Dreamer91    12/11/2012    21 recensioni
E se il destino avesse voluto che in una città tanto grande come New York, due ragazzi dalle vite completamente diverse, finissero con l'abitare a meno di tre metri di distanza... sullo stesso pianerottolo?
Dal Capitolo uno:
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e quando avrò terminato gli organi, mi toccherà scendere in strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!" gli spiegai concitato.
(...)
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani davanti a noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Just a Landing'
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Buongiorno a tutti e buon Lunedì... dunque dunque, questa autrice perfida non ha ancora perso il vizio di lasciarvi con il capitolo appeso.. mmm.. probabilmente non lo perderà mai (si dice che chi nasce tondo non può morire quadrato XD) quindi se potete, perdonatela. Oggi scopriremo chi sarà l'intruso e se le vostre supposizioni sono state giuste oppure no, inoltre, dallo spoiler che avete letto, c'è anche un piccolissimo problema da risolvere nella Klaine, problema che farà senza dubbio uscire di senno il povero Anderson XD (ma come mi diverto...) godetevi la lettura e spero che il capitolo almeno a voi piaccia, dato che io lo trovo orribile ç___ç un bacio immenso a tutti e come sempre grazie per il vostro meraviglioso affetto, affetto che mi chiedo ancora se meritato oppure no *__* e.. le recensioni.. cercherò di rispondere in giornata, promesso (chiedo venia ç__ç) ciaoooo <3
p.s. Questa volta Dan non si è occupato dell'immagine ma.. beh sì insomma l'ho fatta io (e si vede) per non rovinare la sorpresa, quindi.. ignoriamola e passiamo direttamente al capitolo, grazie XD
n.b. Pagina FB ( Dreamer91 ) Raccolta ( Just a Landing - Missing Moments )



New York City. Ore 00.03 A.M. 18 Aprile 2012 (Mercoledì)


"E tu chi cazzo sei?"
C'era stato un lungo attimo di panico generale, un guardarsi tutti negli occhi e decretare che qualcosa non tornasse e che ci fosse decisamente qualcosa di sbagliato. Nello specifico, il mio problema riguardava una ragazza bionda, con gli occhi sgranati, che stringeva per il manico un lungo ombrello e se ne stava coperta per metà dal tavolo del soggiorno. Il mio soggiorno.
"Chi cazzo siete voi, piuttosto? E come avete fatto ad entrare?" ci domandò, visibilmente spaventata, brandendo con maggior forza l'ombrello, usato come arma di difesa
"Questa è casa mia!" sbottai inviperito, facendo tintinnare il mazzo di chiavi, tanto per farle capire meglio il concetto. Lei sgranò maggiormente gli occhi e perse un pò di quel vigore che sembrava tenerla vigile e attenta nella sua posizione
"Casa.. tua?" domandò, sembrando perfino scioccata
"Esatto.. e se non mi dici chi sei e come sei entrata... giuro che chiamo immediatamente la polizia!" minacciai, recuperando il cellulare e contemporaneamente avanzando di un passo, frapponendomi tra lei e Kurt, che sentivo ancora alle mie spalle. Per quanto quella fosse all'apparenza un'innocua ragazza dai capelli biondi, non riuscivo a stare tranquillo: avrebbe potuto tranquillamente tirare fuori una pistola e magari iniziare a spaventarci con quella. Era già riuscita ad entrarmi in casa, figuriamoci di cos'altro sarebbe stata capace. Nell'eventualità del "meglio prevenire che curare" io preferii avanzare e proteggere Kurt, fino a che mi fosse stato possibile
"Questa... è..." mormorò qualcosa di incomprensibile, facendo vagare lo sguardo attraverso la stanza, come se fosse posseduta, mentre la sua forza vacillava ancora
"Mi hai sentito? Se non ti decidi a darmi una spiegazione valida giuro che stasera qui finisce male!" forse spaventandola, l'avrei fatta scappare o forse avrei peggiorato soltanto la situazione. L'ultima volta che avevo provato a fare l'eroe non era finita nel migliore dei modi e dubitavo fortemente che anche quella sera sarebbero arrivati i coniugi Smythe per salvarci. Quindi, nel limite del possibile dovevo agire con calma e gestire la situazione senza esagerare. C'era pur sempre anche Kurt con me.
Avanzai di un altro passo, verso la ragazza, ma in quel momento, mentre mi preparavo a parlare, fu proprio la voce di Kurt a farsi sentire
"Blaine aspetta! Io la conosco.." mormorò, in un sussurro talmente tanto leggero da farmi venire perfino i brividi. Senza perdere d'occhio la ragazza, che ancora vagava con lo sguardo per il soggiorno, sempre più spaventata, girai appena la testa verso di lui
"Cosa?" gli domandai sorpreso. Come diavolo poteva conoscere quella tizia? Non era di certo una barbona - lo deducevo dagli abiti ordinati e visibilmente costosi che indossava - ma dubitavo che Kurt potesse frequentare ladri, o trafficanti, o peggio ancora assassini. Lui, ignorandomi, fece un passo avanti, uscendo dalla copertura che gli avevo creato e rivolgendosi alla ragazza
"Tu sei... sei venuta una volta qui con tuo padre per.. vedere questo posto ma poi te ne sei andata subito. Ci siamo incontrati sul pianerottolo." spiegò, con voce calma e distesa. Lei, piegò appena la testa di lato e si prese qualche secondo buono per scrutarlo per bene. Alla fine si lasciò scappare un mezzo sospiro ed abbandonò perfino la sua posizione di difesa, abbassando l'ombrello
"Sì... mi ricordo di te." fece infatti, annuendo piano. Fu allora che, forse sentendomi leggermente più al sicuro, mi concessi di girarmi per poter guardare Kurt negli occhi
"Kurt? Cosa stai..." tentai di chiedere, ma lui, accennando un sorriso mi anticipò
"Blaine.. lei è la figlia del tuo padrone di casa!" mi informò, con una leggera nota di divertimento nella voce. Io per poco non stramazzai al suolo
"Eh?" sbottai infatti, affogandomi con la mia stessa saliva e tossendo di conseguenza. E fu un attimo: feci scorrere velocemente gli occhi da lui fino alla ragazza, che in quel momento sospirò ancora e posò l'ombrello sul tavolo, forse decretando la zona ormai sicura. Aspetta.. quella ragazza era la figlia di...? Cazzo...
"Tuo padre è il proprietario dell'appartamento? Tu sei la figlia dell'avvocato Fabray?" le domandai, con un filo di voce, mentre lentamente in me prendeva piede la consapevolezza di aver appena quasi denunciato alla polizia la figlia del mio padrone di casa. E di conseguenza riuscii a trovare un altro valido motivo per darmi del coglione.
Impara, Blaine.. prima di agire.. pensa!...
"Sì..." soffiò lei, per poi scuotere la testa e passarsi una mano tra i lunghi capelli biondi "Io.. non credevo che.. mio padre avesse messo in affitto questo posto!" le uscì una specie di lamento, prima di sparire dalla nostra visuale. Io e Kurt ci guardammo, appena spaventati e subito la raggiungemmo per vedere che fine avesse fatto. Aggirato il tavolo, la trovammo seduta per terra, con le gambe piegate di lato e la faccia nascosta dalle mani e in parte anche dai capelli. Kurt si inginocchiò quasi immediatamente al suo fianco, mentre io rimasi in piedi, ancora sulla difensiva, benché fossi decisamente più tranquillo. Almeno avevamo appurato di non essere in pericolo di vita. Tuttavia, continuava a sembrarmi strana quella situazione: perché la figlia del mio padrone di casa si era introdotta di nascosto nel mio appartamento, senza avvisare e soprattutto.. perché era sembrata seriamente distrutta, nel sapere che il padre lo avesse messo in affitto? Non si parlavano in quella casa? E poi.. lei non era quella figlia viziata a cui Lower East Side era sembrato un quartiere troppo sputtanato per poterci vivere? Era stato Sebasatian a dirmi quelle cose, il giorno in cui mi aveva mostrato l'appartamento ed io avevo subito pensato che quella ragazza fosse decisamente troppo stupida per meritarsi un regalo del genere. Eppure, avendola lì, davanti ai miei occhi, tutto mi sembrava, fuorché un'oca sprovveduta o una ragazzina viziata. Sembrava più che altro... decisamente troppo spaventata
"Ti senti bene?" le domandò Kurt, appena esitante. Lei scosse la testa e tirò su con il naso. Bene, ci mancavano solo le lacrime
"No.. affatto!" rispose in un soffio, con la voce incrinata, nascondendosi meglio dietro ai suoi stessi capelli. Kurt sospirò, dopodiché mi lanciò un'occhiata strana. Era disarmato, impotente eppure si vedeva chiaramente quanto forte fosse il suo desiderio di rendersi utile. Per un momento mi chiesi come potesse essere possibile che un cuore così buono ed innocente fosse capitato sul mio stesso pianerottolo o semplicemente cosa c'entrassi io con lui. Se fosse stato per me, dopo aver appurato che quella ragazza era la figlia di Fabray, mi sarei limitato ad invitarla gentilmente ad uscire da casa mia e avrei ripreso quello che avevo malamente interrotto poco prima. Lui, però... si preoccupava, pur non conoscendola. Io volevo andare direttamente in camera da letto - o anche sul divano, sul pavimento, sul tavolo, sul muro del corridoio - e soddisfare quella voglia disperata ed opprimente che avevo di lui. Kurt invece, era stato così bravo da mettere da parte tutto, per dedicarsi al problema evidente di quella ragazza. Mi sarei dovuto sentire un mostro. E anche un pervertito. Decisamente.
"Come... come ti chiami?" le chiese, posandole con cautela una mano sulla spalla. Lei ebbe un momento di incertezza, e sollevò gli occhi posandoli su di lui. Forse lesse qualcosa in quello sguardo limpido e così innocente, che bastò a convincerla a parlare
"Quinn.." mormorò, liberandosi il viso dai capelli e sistemandoli dietro le orecchie. Ah però.. un nome importante per una famiglia importante
"Io sono Kurt.. Kurt Hummel. E lui è.. Blaine." sorrise, indicando anche me e lei, riuscì finalmente a tentare un sorriso, ma fu solo un attimo, prima di farsi scappare un altro singhiozzo. 
"Vi prego di perdonarmi.. sono... non sapevo dove andare, ero disperata. I miei mi hanno cacciata via di casa e hanno detto di non volermi più vedere. Mi... sono ricordata di questo posto e per puro caso sono riuscita a trovare un doppione delle chiavi nello studio di mio padre. Ma, vi giuro.. io non sapevo che.. lo avesse dato in affitto a qualcuno" e sollevò gli occhi di nuovo verso di me, in una specie di smorfia supplichevole che mi fece sentire ancora più male per averla trattata in quel modo poco prima
"Da più di un mese ormai" le dissi pratico. Lei scosse la testa
"Adesso sono definitivamente rovinata!" mormorò per poi passarsi la manica della maglia sotto gli occhi per liberarsi un pò delle lacrime. Mi avvicinai ancora un po', rimanendo tuttavia in piedi 
"Quinn?" la chiamai, schiarendomi appena la voce e sentendomi maledettamente a disagio. Era una situazione decisamente troppo strana. I suoi genitori l'avevano cacciata di casa, ma.. perché? E soprattutto... cosa c'entravamo noi? Cosa avrei dovuto dirle? Che tutto si sarebbe risolto? Che i suoi genitori, qualsiasi cosa avesse mai fatto, l'avrebbero perdonata e tutto sarebbe tornato come prima? Che se ne sarebbe dovuta andare da qualche altra parte perché quella era a tutti gli effetti casa mia ormai e io avevo un bisogno disperato ed impellente di stare da solo con Kurt?
"Hai.. visto il mio cane per caso?" domandai alla fine, dandomi dello stupido, ma decisamente troppo imbarazzato per chiedere altro. Lei rimase un istante a guardarmi, confusa, per poi lasciarsi scappare una leggera risata. E quel suono, per quanto strano, fu decisamente piacevole
"Sì... appena sono entrata mi è venuto incontro.. solo che poi, dopo essersi reso conto che io non ero te.. è scappato.. si è nascosto sotto il letto credo!" e mi sorrise, ancora profondamente divertita
. Io feci una smorfia, mentre perfino Kurt ridacchiava leggermente
"Bel cane da guardia che mi sono trovato!" borbottai e mi diressi, senza dire altro, in camera, per stanare il traditore. Lo trovai in un angolo, accucciato, con qualcosa addosso, che solo quando fui vicino capii essere la maglia del mio pigiama. Cercando di trattenere una smorfia intenerita, e provando ad assumere invece l'espressione del papà ferito, lo presi in braccio per sgridarlo
"Cosa... del concetto 'tu controlli questa casa!' non ti è chiaro, Cooper?" gli domandai e lui, in risposta mi leccò il naso, facendomi passare tutto, perfino l'intenzione di farlo dormire in terrazzo per punizione. Così, lo portai in salotto, dove Kurt e Quinn si erano seduti sul divano e parlavano, in maniera appena più rilassata. Appena mi vede tornare, Kurt mi sorrise, e anche quel gesto ebbe il potere di farmi dimenticare parecchie cose, perfino il mio nome di battesimo
"Ti va una tazza di thé?" domandò lui, rivolgendosi di nuovo alla ragazza che, prima di rispondere, si girò verso di me, forse per chiedere conferma. Io mi ritrovai inconsapevolmente a sorriderle e lei fece lo stesso, più sollevata, annuendo e ringraziando Kurt. Così lui si diresse in cucina ed io, con ancora Cooper in braccio mi avvicinai a lei e le posai il cane di fianco
"Coraggio Cooper... sii gentiluomo... fai compagnia alla signorina." e per la seconda volta ebbi il potere il farla ridere e i due ci misero relativamente poco a scrutarsi e a dichiarare di essere compatibili per una sessione straordinaria di carezze. Decisi di lasciarli un pò soli e raggiunsi Kurt. Lo trovai impegnato a riempire d'acqua un pentolino per poi metterlo su uno dei fornelli e accendere il gas. Si accorse della mia presenza e subito mi sorrise
"Mi dispiace." sussurrò, forse per non farsi sentire da Quinn. Aggrottai la fronte, avvicinandomi e mi poggiai con la schiena al tavolo esattamente a mezzo passo da lui
"Per cosa?" gli chiesi confuso
"Per quello che... stavamo facendo e per come siamo stati interrotti." rispose avvicinandosi ed io lo accolsi immediatamente tra le mie braccia: come era successo poche ore prima nel bagno del pub, si schiacciò completamente addosso a me ed io sentii un lungo brivido percorrermi tutta la schiena fino alla nuca, dove venne per fortuna catturato da una sua carezza, dolce e morbidissima carezza proprio in quel punto
"Non è colpa tua.. si vede che.. io e te possiamo stare insieme soltanto quando uno dei due è fidanzato!" scherzai, stringendogli i fianchi per attirarlo appena più vicino e lui ridacchiò, nascondendo il viso tra il mio collo e la spalla. Rimanemmo in quella posizione per un pò, in silenzio, respirando direttamente il profumo dell'altro e provando ad accontentarci almeno di quello. Dato che non potevamo ottenere
altro, almeno per quella sera, avrei approfittato del suo calore in un altro modo e avrei lasciato l'immaginazione libera di vagare e di dipingere scenari fantastici di me e lui, possibilmente soli e con niente a dividerci, se non il tessuto delle lenzuola.
"Che cosa facciamo con lei?" mi domandò poco dopo, in un soffio. Esattamente quello che mi stavo chiedendo anche io
"Non lo so, Kurt." risposi sinceramente, con un sospiro "Hai sentito che cosa ha detto? I genitori l'hanno cacciata di casa... e se suo padre viene a scoprire che lei è qui.. potrebbe prendersela e magari togliermi l'appartamento."
"Non succederà.. prima di tutto cerchiamo di capire cosa le è successo e come mai è così distrutta. Nel caso in cui non ci dovessero essere soluzioni... verrà a stare momentaneamente da me. Fabray sul mio appartamento non ha nessun diritto ed io sono libero di tenerci chi voglio!" disse con calma, guardandomi negli occhi e dimostrandomi di essere, ancora una volta, decisamente quello più maturo tra i due. Avrei anche io voluto essere così saggio e posato ma forse, come in tutte le coppie, c'erano dei ruoli prestabiliti da rispettare.
Ho appena detto che io e lui siamo una coppia.. bene, l'astinenza inizia seriamente a fare male...
"Sei veramente una persona speciale, Kurt... ed io dovrei ricordarmi di ripetertelo un pò più spesso." mormorai , incantato dalla profondità dei suoi occhi e da quel piccolo sorriso commosso e spontaneo che riuscì a regalarmi
"Me lo ricordi anche fin troppe volte, fidati.. ed io devo ancora farci l'abitudine!" ridacchiò, continuando ad accarezzarmi la nuca e posando l'altra mano sul mio petto, all'altezza del cuore, che per farsi sentire, scalpitò appena più forte. Mi ritrovai, senza pensarci, ad allungare il collo e a riprendere possesso delle sue labbra e, chiudendo gli occhi, provai ad immaginare che in quella casa fossimo soli, che non dovessimo preoccuparci di nulla a parte di noi stessi e che potessimo seriamente concederci il nostro tempo, il nostro spazio, la nostra agognata intimità e probabilmente perfino qualche confessione, scappata durante la passione del momento. E invece, riaprendo gli occhi e puntandoli nei suoi, nonostante questi fossero come sempre bellissimi e pieni di destabilizzante desiderio, non successe praticamente nulla. Quinn era ancora nel mio salotto, io e lui avevamo ancora i vestiti addosso e soprattutto.. l'acqua del pentolino aveva iniziato a bollire. Così ci sorridemmo ancora, consapevoli del fatto che fossimo davvero sfortunati e che anche quella sera non sarebbe successo molto, a parte forse qualche altro bacio, rubato durante quei pochi momenti di solitudine.
"E comunque..." aggiunse poco dopo con un mezzo sorriso furbetto "Anche tu sei speciale, Blaine... molto più di quanto possa sperare di esserlo io!" e mi lasciò un altro piccolo bacio a fior di labbra, facendomi sorridere di conseguenza.
L'aiutai a recuperare tre tazze dalla credenza e poco dopo raggiungemmo il salotto, dove Cooper e Quinn sembravano entrati decisamente più in confidenza
"Blaine.. questo cane è un amore!" esclamò divertita, mentre il cucciolo scodinzolava allegro al suo fianco
"Sono contento che abbiate fatto amicizia." mormorai, passandole una tazza fumante e lei mi ringraziò con un sorriso. Vederla sorridere, con gli occhi asciutti e senza nessun ombrello stretto tra le mani, rendeva tutto molto più tranquillo. E così ci ritrovammo tutti e tre a sorseggiare i nostri thé caldi, io seduto sul tappeto con Cooper che scorrazzava felice da un lato all'altro e loro due sul divano di fronte a me. Rimanemmo in silenzio per dei lunghissimi istanti fino a che Kurt non sospirò e non si decise a mettere a nudo la questione
"Ascolta Quinn... io e Blaine ne abbiamo parlato e... saremmo anche disposti a venirti incontro.. ed aiutarti, ma.. tu devi aiutare noi a capire. Abbiamo bisogno di sapere cosa è successo e come mai sei stata costretta a venire qui." le disse con calma, senza nessun tipo di pretesa o di accusa nella voce. Lei annuì

"Sì avete ragione. Meritate una spiegazione plausibile.. entrambi!" e si rivolse soprattutto a me. Prese un profondo respiro e alla fine parlò "Ho litigato con i miei stamattina perché loro hanno.. scoperto una cosa e non sono stati capaci di.. gestirla." fece una smorfia, facendo intendere ben altro.
"Che cosa hanno scoperto?" domandai curioso. Lei, combattuta, si morse il pollice per qualche secondo prima di rispondere
"Sono incinta!" esclamò, con l'espressione tipica di chi, sganciata una bomba, aspetta timorosa l'esplosione. E in effetti qualcosa successe. Cooper abbaiò, quasi fosse contento della notizia e quella sua intromissione diede il tempo materiale a tutti, in quella stanza, di metabolizzare la notizia appena avuta.
La figlia del mio padrone di casa e qui, che si nasconde nel mio appartamento ed io ho appena scoperto che è stata cacciata perché è incinta. Sono un uomo morto...
"Oh!" mormorò Kurt, colpito e quello fu l'unico suono umano che uscì fuori, dopo quella rivelazione.
"Già.." fece lei, abbassando la testa e sospirando ancora. Decisi di intervenire, per provare a smuovere un pò quella situazione, altrimenti non saremmo andati da nessuna parte
"E il.. padre del bambino.. lui lo sa già?" domandai, chiedendomi perché non fosse andata direttamente da lui a cercare asilo invece di introdursi a casa mia. Lei scosse la testa
"No, non lo sa.. e credo che non lo verrà mai a sapere." affermò con forza, stringendo in un pugno l'orlo del lungo vestito che portava. La sua reazione mi spiazzò non poco. Che cosa significava che il padre del bambino non lo avrebbe mai scoperto? Perché una tale decisione?
"E posso.. permettermi di chiederti il motivo di questa tua scelta?" le chiese Kurt in un sussurro
"Lui è... non reagirebbe bene perché non può.. prendersi cura di un figlio né tanto meno io posso sperare che mi accolga a braccia aperte nella sua vita, se gli dicessi una cosa del genere!" rispose continuando a torturarsi il vestito, in un tono leggermente amaro
"Che intendi.."
"Lui è sposato." sbottò senza troppi complimenti "Ha una moglie e due figli. Ed io sono semplicemente la sua stupida ed inutile amante!" e si lasciò scappare un singhiozzo, tornando a coprirsi il viso con le mani. O cazzo.. quello sì che era decisamente scioccante. Vidi Kurt spalancare appena gli occhi, sconvolto e forse, per un istante gli passò per la testa la stesso mio pensiero. Quella ragazza era tutto tranne che innocente: era l'amante di un uomo sposato, una rovina-famiglie, una ragazzina. Ed io e lui non ci saremmo di certo preoccupati di tenerla in casa, proteggerla e magari darle pure da mangiare, rischiando di suscitare la collera del padre avvocato. Mi sarei aspettato tutto, tranne una confessione del genere
"Stavi con un uomo sposato.." borbottò infatti Kurt, leggermente più duro nella voce, incupendosi. Quinn, avvertendo il suo tono cambiare, si affrettò a sollevare la testa e a rispondere
"Sì.. era sposato, ma.. io vi giuro che.. non lo sapevo. Lui mi ha raccontato una marea di bugie, fin da quando ci siamo conosciuti. Ha sempre detto di volermi bene, di volermi sposare e che io ero l'unica donna della sua vita. C'era.. differenza di età, certo, ma... non mi ha mai parlato della sua famiglia né tanto meno di sua moglie. L'ho scoperto per caso un mese e mezzo fa, dopo quasi un anno di relazione clandestina. E ovviamente l'ho lasciato. Solo che... un paio di settimane fa ho scoperto della gravidanza e.. stamattina è successo tutto quello che non sarebbe mai dovuto succedere con i miei genitori. E il resto della storia la sapete già." ci guardò negli occhi, prima Kurt e poi me, cercando comprensione e forse sperando di averci convinti o di non aver perso il nostro sostegno. Io non so cosa, guardandola negli occhi, mi fece immediatamente credere che quella che ci aveva appena raccontato fosse la verità e che quindi non fosse affatto una rovina-famiglie ma semplicemente un'amante inconsapevole, caduta vittima del raggiro di un uomo fin troppo astuto. E non riuscii a non provare pena per lei. Per lei e per quella povera creatura innocente che portava in grembo.
"So che è difficile credere alle mie parole e che ai vostri occhi sarebbe più facile catalogarmi come la classica puttanella ricca e viziata che tenta di distruggere le famiglie degli altri.. ma vi assicuro che non è così." affermò, in una nota disperata, tanto preoccupata di farci comprendere la verità e sperando che forse, noi al contrario dei suoi genitori, fossimo un pò più magnanimi e comprensivi "Io... mi ero innamorata di quel bastardo e sarei stata disposta a fare di tutto per lui. E lo dimostra il fatto che, nonostante tutto, non sono mai andata da sua moglie a raccontare la verità, neanche dopo aver scoperto di aspettare un figlio da suo marito. Mi sono tenuta alla larga dalla loro famiglia perché mi sono sentita in colpa per lei.. per i suoi figli ma soprattutto mi sono sentita in colpa verso me stessa.. per aver avuto così poco rispetto verso la mia persona e verso il mio futuro, credendo davvero che la mia felicità potesse essere condivisa con uno così!" e scosse la testa, alla fine del suo sfogo, amareggiata e distrutta. Soffriva ancora, e forse quella situazione con i suoi genitori non aveva fatto altro che aggravare tutto. Se avesse avuto una famiglia più comprensiva, o semplicemente un pò più di fortuna in più, forse sarebbe stato tutto molto più semplice.
"Noi non ti giudichiamo, Quinn.." mormorai, senza neanche accorgermene qualche istante dopo, attirando la sua attenzione "Però, personalmente, penso che tu sia stata molto matura e che adesso stia dimostrando un coraggio davvero invidiabile. Devo dire che ammiro la tua forza d'animo, e l'umiltà con cui sei riuscita a raccontarci tutta la storia. Per quanto riguarda quell'individuo... avrà quello che si merita prima o poi.. è soltanto questione di tempo. La vita è come una ruota che gira, basta solo aspettare che lo faccia dal nostro stesso senso di marcia." e le sorrisi, non riuscendo a trattenere neanche quello, ritrovandomi a provare una strana forma di simpatia e tenerezza verso quella ragazza così sola eppure allo stesso tempo combattiva e piena di voglia di vivere. E in un certo senso, sentii che tutta quella simpatia che provai a pelle, fosse dipesa da fatto che, in un certo senso, somigliasse molto al mio Kurt. L'angelo buono e solo, maltrattato dal mondo eppure pieno di qualcosa di speciale ed unico che aspettava soltanto di essere tirato fuori.
Quinn mi sorrise, grata e commossa
"Grazie Blaine.. sei.. davvero gentile." e poi entrambi ci girammo a guardare Kurt che sembrava decisamente troppo pensieroso. Si accorse dei nostri sguardi insistenti ed arrossì appena, ma si concesse un sorriso, che alla fine, fece sorridere anche me. Quella era il segno che anche lui avesse capito e che credesse alle parole di Quinn, nonostante in un primo momento fosse stato il primo ad esserne infastidito. Così
alla fine parlò anche lui
"Stiamo per infilarci in un grande casino, non è vero?" domandò, appena divertito, ovviamente rivolto verso la ragazza che accettò la battuta con un sorriso
"Non sarà necessario. Voi non siete obbligati ad aiutarmi. Posso benissimo farcela da sola.. trovarmi un posto in cui dormire, un lavoro e.. magari con il tempo perfino un appartamento tutto mio. Siete stati fin troppo gentili con me.. non pretendo di certo di approfittare ancora di tutto questo." e ci sorrise di nuovo, leggermente imbarazzata. Io e Kurt, in quel momento, ci guardammo e ci bastò un solo millesimo di secondo per decidere.


New York City. Ore 07.34 P.M. 18 Aprile 2012 (Mercoledì)

"E quindi adesso la figlia del mio capo vive a casa tua!" esclamò Sebastian colpito, tamburellando con le dita sul tavolo. Io feci una smorfia
"Non vive a casa mia... si è momentaneamente fermata in attesa di trovare un alloggio ed un lavoro per poterselo permettere." spiegai con calma. Eravamo seduti ad un tavolino del pub, ancora chiuso visto l'orario e avevo approfittato dell'attesa per aggiornare un pò i miei amici della situazione
"Però nel frattempo.. vive a casa tua!" fece Daniel con mezzo sorriso. Sbuffai sonoramente, passandomi una mano tra i ricci
"Sì... vive a casa mia." concessi con un lamento
Dio prima li fa e poi li accoppia...
"E com'è abitare con una donna?" domandò il più piccolo, divertito. Sollevai un sopracciglio
"Penso sia la stessa identica cosa di abitare con un uomo..." mormorai, stringendomi nelle spalle
"Io non credo sia esattamente la stessa cosa.. non so se mi spiego." esclamò Sebastian malizioso e in risposta scossi la testa, rassegnato. Lui e le sue battute inutili. Ma sentivo che non fosse affatto finita e che quell'espressione a metà strada tra il pensieroso ed il divertito, nascondesse qualcosa di più. E infatti...
"Hai capito l'avvocato Fabray.. ci diventa nonno!" esclamò infine, rivolto al suo ragazzo che ridacchiò
"Ecco perché oggi era così nervoso.. e per poco non ha licenziato la sua segretaria personale." mormorò Daniel con una smorfia e Sebastian scosse la testa, ancora con l'ombra di un sorriso a stirargli le labbra. E la sua espressione, ancora poco chiara, mi fece accigliare
"Guai a voi se osate farvi scappare qualcosa con lui. Quello mi caccia di casa." li minacciai, anzi.. minacciai Sebastian dato che, tra i due, era il più pericoloso
"Stai scherzando? Rischiamo di essere licenziati anche noi se lo viene a sapere." borbottò e forse quello bastò per calmarmi e dichiarare il mio amico affidabile. Si trattava del suo lavoro e del suo futuro in fondo e.. anche di quello del suo ragazzo. Non avrebbe mai messo in una situazione scomoda anche lui, solo per fare un dispetto a me.
In quel momento Kurt passò accanto a noi, con una pezza bagnata in mano, intento a pulire i tavoli. Ci scambiammo un sorriso veloce, potendoci concedere soltanto quello, dopodiché lui tornò alle sue pulizie e io al mio accenno di depressione. Sì, ero depresso. Depresso e frustrato. Ed era abbastanza semplice intuirne il motivo. La notte precedente, dopo aver parlato con Quinn ed aver deciso di volerle dare una mano, eravamo giunti alla conclusione che, per non turbarla troppo, avremmo dovuto dormire separati, almeno finché non avessimo risolto la situazione. Non sapevamo come lei potesse reagire, scoprendo di essere capitata sul pianerottolo di due ragazzi gay - che tra l'altro si scambiavano baci bollenti in ascensore e amoreggiavano in cucina, alle sue spalle - e quindi preferimmo evitare ulteriori problemi. Lui se n'era tornato nel suo appartamento ed io avevo ceduto il mio letto a Quinn - nonostante lei avesse insistito più di una volta che anche il davano le sarebbe andato bene. Quella notte, nonostante la stanchezza, non avevo chiuso occhio. Avevo continuato a pensare a lui, al suo corpo, al fatto che lo avessi così bramato e voluto e alla fine potessi semplicemente immaginarlo. Certo, avevo fantasia.. molta fantasia.. ma vedere nella mia testa la sua pelle e sognare di baciarla in ogni angolo, non aveva di certo lo stesso effetto di.. farlo davvero. Eppure io, quella mattina, per colpa dei miei stessi pensieri e la presenza ancora ingombrante di qualcuno nei piani inferiori, ero stato costretto ad infilarmi sotto la doccia e ad aprire al massimo il getto dell'acqua fredda. Erano stati cinque lunghissimi minuti di agonia - necessariamente silenziosa, dato che Quinn stava ancora dormendo ed io non potevo di certo rischiare di svegliarla - ma alla fine, aveva dato il risultato sperato: tutto era rientrato nella normalità ed io non ero stato costretto a ricorrere a... altri metodi decisamente troppo imbarazzanti. Non che in quegli anni, prima di conoscere Kurt, fossi sopravvissuto solo grazie alle docce ghiacciate, però.. fino a quando il mio vicino di casa fosse rimasto così bello e l'amore che provavo per lui così forte... l'autoerotismo sarebbe stato abolito in quella casa.
"E... con l'altra convivenza come sta andando?" domandò Sebastian, tornando malizioso ed indicando con un cenno Kurt, che si spostava sulla parte rialzata del locale.
"Splendidamente, grazie!" gli sorrisi, fintamente sarcastico, sperando con molta ingenuità che quella risposta potesse bastargli.
Ma ovviamente...
"Sicuro? Dalla tua faccia non si direbbe" mi provocò appena, con un mezzo sorriso
"Diciamo che abbiamo avuto qualche... problemino." rimasi sul vago, volontariamente, con la piena consapevolezza che, così facendo, avrei ottenuto l'effetto contrario e la sua curiosità invece di diminuire sarebbe soltanto aumentata
"Iniziate già a litigare? State insieme da appena... tre giorni!" mormorò confuso, incrociando le braccia al petto
"Non stiamo insieme." ribadii con uno sbuffo "E non abbiamo affatto litigato." precisai. Lui sollevò un sopracciglio, confuso
"E allora il problema qual'è?" domandò
"Lascia perdere.. non potresti capire." feci io, poggiando il mento sulla mano e spostando gli occhi sulla figura di Kurt, che in quel momento stava sistemando le sedie di un tavolino. Era così bello e sexy in ogni movimento. Ed io dovevo smetterla di farmi del male.. altrimenti non sarei sopravvissuto ad un'altra doccia ghiacciata nella stessa giornata
"Ehi.. sono tuo amico.. e sono anche io gay. Credi davvero che io non possa capirti?" domandò, quasi offeso, schioccando le dita davanti ai miei occhi per attirare la mia attenzione
"Sì!" esclamai con un sorriso
"Dovrei sentirmi offeso?" borbottò, tornando ad incrociare le braccia e mettendo su una smorfia di disappunto
"É che... non sei famoso per la tua.. delicatezza.. ecco!" gli feci presente allora. L'ultima cosa di cui avevo bisogno erano le sue battute fuori luogo. Poteva tenersele strette 
"La mia delicatezza?"
"Sì.. conoscendoti saresti capace di riderci su.. come al solito." specificai con una smorfia, mentre Daniel, cercava invano di trattenere un sorriso divertito. Lui lo conosceva quasi quanto me e quindi sapeva quanto potesse essere fastidioso Sebastian quando ci si metteva d'impegno
"E se... ti prometto di non farlo?" mi propose, quasi come una sfida. Sotto sotto, morivo dalla voglia di parlarne con qualcuno e sapevo che lui era l'unico con cui avrei potuto farlo. Magari avrebbe saputo consigliarmi qualche altra tecnica, oltre all'acqua ghiacciata, per raffreddare i miei bollenti spiriti. Ma.. prima dovevo assicurarmi che mai e poi mai avrebbe fatto dell'ironia
"Giuralo.. sulla testa di Daniel!" esclamai allora, indicando con un cenno il ragazzo biondo, che subito intervenne indignato
"Ehi!" sbottò infatti. Sebastian non rispose subito, forse perché intese l'importanza della situazione ed io ne approfittai per aggiungere
"Giuralo.. altrimenti non ti dico un bel niente." minacciai, guardandolo direttamente negli occhi, tanto per fargli capire quanto fossi serio e quanto poco potesse permettersi di scherzare con me quella volta. E lui, per mia fortuna, o forse per la troppa curiosità, cedette, non prima di aver lanciato un'occhiata mortificata verso il suo ragazzo
"D'accordo.. lo giuro sulla testa di Daniel!" esclamò risoluto
"Grazie tante, Bas!" sbottò Daniel tirandogli uno schiaffo sulla nuca, sempre più indignato
"Coraggio, scricciolo... voglio provare a capire.. mi preoccupa vederlo così.. depresso!" si giustificò subito, accarezzandosi il punto colpito ed indicando me. Fantastico.. l'aveva capito anche lui. Ed io che credevo di essere riuscito a nasconderlo bene. Daniel fece una smorfia seccata ma alla fine, forse perché anche lui particolarmente curioso, lasciò correre
"Dunque... ora che ho giurato.. sputa il rospo!" mi incitò Sebastian
"É che.." maledizione.. era difficile!
"Blaine?"
"Io e Kurt.. non.. riusciamo più.. a.. ad avere un pò di tranquillità diciamo." mormorai a disagio, lanciando un'occhiata verso il soggetto interessato e trovandolo impegnato in una conversazione con Brittany poco distante, fortunatamente abbastanza lontano da noi
"Un pò di tranquillità?" domandò Daniel confuso
"Eh..." mi sentii arrossire fino alla punta delle orecchie e puntai gli occhi in quelli verdi del mio amico, sperando che almeno lui e il suo intuito infallibile mi facessero risparmiare una confessione a voce. Alla fine, infatti, annuì lentamente
"Mmmm.. credo di aver capito a cosa tu ti riferisca. E... giusto per sapere.. quando è stata l'ultima volta?" domandò pratico, stringendo gli occhi. Bene, la mia fiducia nei suoi confronti, almeno per il momento, era stata ben riposta
"Ehm.. dunque.. quanto tempo fa siete stati all'Ikea?" domandai con tono leggero, sperando di temporeggiare un pò
"Mmm.. dieci giorni fa mi pare!" rispose Daniel
Cazzo.. dieci giorni.. sembravano di meno...
"Ecco!" feci con un gesto della mano e provando a tirare un sorriso, ma l'unica cosa che mi uscì, fu una smorfia dolorante. Sebastian e Daniel rimasero immobili, a guardarmi, senza aprire bocca, fino a che il più piccolo non interpretò il pensiero di tutti. Incluso il mio
"Stai scherzando, spero!" esclamò con gli occhi sgranati
"Purtroppo no." sospirai affranto, poggiando la fonte al tavolo di legno. Ecco, lo sapevo che vista da fuori sembrava ancora peggio. Sebastian si riprese in quel momento, prima con un mezzo lamento e poi con una frase, scioccata
"Cioè tu e Kurt non scop.."
"Sebasatian!" lo interruppi, gridando e attirando l'attenzione di tutti i presenti, incluso ovviamente Kurt. Arrossii ancora, e accennai un sorriso imbarazzato nella sua direzione, sperando che bastasse per non insospettirlo troppo. Lui ricambiò, e tornò alla sua conversazione tra colleghi di lavoro. Ne approfittai per fulminare il mio amico - domandandomi cosa mi trattenesse dal rimanere ancora seduto a quel tavolo a parlare con lui - cercando di fargli capire quanto poco potesse permettersi quel tipo di uscite. Ero in un pessimo stato di salute psichica.. non potevo rischiare di aggravare il tutto per colpa sua. Sebastian si morse un labbro, rimanendo qualche secondo in silenzio, fino a che, con voce nettamente ridotta, non riprese a parlare
"Tu e lui non fate nulla da.. dieci giorni?" domandò sporgendosi appena verso di me, mentre un sopracciglio gli si inarcava in maniera buffa e sospetta
"Già!" sospirai e tornai ad accasciarmi sul tavolo, distrutto
"Ma è.. contro natura questa cosa." si oppose, quasi scandalizzato, facendomi grugnire. Ci voleva lui per dirmi che fosse contro natura. Contro natura sarebbe stato anche rimanere ancora seduto a quel tavolo a parlare con lui della mia vita intima. Eppure lo stavo facendo. I casi erano due: o le cose contro natura nella mia vita erano all'ordine del giorno e quindi da definire normali, oppure... c'era qualcosa che in me, non funzionava per il verso giusto.
"Lo so ed è per questo che mi sento così frustrato. E a dirla tutta.. è anche colpa vostra." borbottai fulminando entrambi
"Nostra?"
"Sì.. siete stati voi l'altra sera a piombarmi in casa con la storia della denuncia. Per non parlare della questione di David.. del licenziamento di Kurt e ora di Quinn.. è tutto un insieme di cose che sembrano state progettate per.. farmi uscire di testa." spiegai, forse con un tono esageratamente lamentoso, ma.. era così che mi sentivo. Ogni sera, da qualche tempo a quella parte, era successo qualcosa. E non osavo immaginare cosa sarebbe ancora potuto succedere. Sebastian si mosse appena sulla sedia, per poi fare una smorfia strana, una smorfia che, in dieci anni di amicizia, la maggior parte dei quali passati a convivere, avevo imparato a conoscere. Quel bastardo si stava divertendo, alle mie spalle, sulle mie disgrazie e cercava disperatamente di trattenersi.
Stupido io, che ho realmente creduto potesse prendermi sul serio...
"Sebastian... avevi giurato!" lo ammonii tirandogli un pugno sul braccio e lui si affrettò a ricomporsi
"Non sto ridendo.. sono semplicemente.. sorpreso, ecco tutto." si giustificò, ma si vedeva chiaramente quanto fosse divertito e quanto poco gli mancasse per esplodere in una grassa risata. Probabilmente lo avrebbe anche fatto, magari quella sera stessa, tornando a casa. Lui e Daniel si sarebbero messi a ridere su di me, sulla mia sfortuna e la mia frustrazione alle stelle, mentre io, tanto per tenere fede alla mia schifosa condizione, sarei andato a letto, di nuovo da solo e inappagato. Se non era ingiustizia quella.
"E non puoi semplicemente.. che so.. bloccarlo in un bagno oppure.. svegliarlo nel cuore della notte e saltargli addosso?" propose Daniel, grattandosi una guancia e lanciando un'occhiata verso Kurt. Per poco non gli scoppiai a ridere in faccia.
Dio prima li fa e poi li accoppia.. parte seconda...
"No.. il bagno non è affatto una buona idea, fidati!" mormorai divertito, scuotendo la testa e provando ad ignorare il ricordo della sera prima, che premeva opprimente per tornare a galla, assieme a qualcos'altro.
"Prendi l'iniziativa, B... in certe occasioni bisogna dimostrare decisione e fantasia. Ci sarà pure un luogo dove magari ti piacerebbe.. provare ad improvvisare." mi disse Sebastian, accorato. Un luogo dove mi sarebbe piaciuto improvvisare? Tipo il tavolo della cucina, o il dondolo in terrazzo, o il box doccia, o l'ascensore?
"No!" esclamai, arrossendo spontaneamente ed abbassando lo sguardo. Non servì affatto guardarlo negli occhi per capire quanto in quel momento stesse sorridendo
"Sei un pessimo bugiardo Blaine Anderson!" mi ammonì allora "E se continui a mentire a lui oltre che a te stesso... sarai costretto ad abbonarti al canale porno sulla pay per view o peggio.. a diventare etero!" e detto questo, riuscendo a raggelarmi, mi rivolse un sorrisetto eloquente, tipico di chi sa già a prescindere, di avere ragione.

New York City. Ore 11.12 P.M. 18 Aprile 2012 (Mercoledì)

Il secondo giorno di lavoro era stato decisamente migliore rispetto al primo. Ormai ero entrato nel ritmo degli ordini, avevo memorizzato quasi tutti i numeri dei tavoli e sapevo perfino distinguere il cliente generoso e predisposto alla mancia, da quello taccagno che ordinava, con la scusa della dieta, solo una porzione di patatine, portando via tutte le bustine del condimento che non utilizzava. Ero perfino riuscito ad intrattenere una conversazione con Rory, rimanendo serio tutto il tempo nonostante il suo accento. L'unica cosa che stonava leggermente in quel magnifico quadro era Blaine. Mi era sembrato strano già quella mattina, quando avevo bussato al campanello di casa sua per fare colazione insieme. Ovviamente non eravamo soli, c'era anche Quinn - notevolmente più rilassata della sera precedente - però il semplice fatto di poter condividere del tempo e lo spazio con lui, mi riempiva il cuore di felicità. Eppure lui era sfuggente, imbronciato e durante la sua esibizione sul palco... mi era sembrato spento e senza alcun tipo di intensità. Non era il solito Blaine, il meraviglioso ragazzo pieno di carica che riusciva con una figuraccia fatta in un bagno pubblico a farmi piangere dalle risate. Era sicuramente successo qualcosa e io dovevo necessariamente sapere cosa.. altrimenti sarei impazzito. Non sopportavo l'idea di doverlo vedere con quel muso lungo e neppure riuscivo a capire come mai, durante le sue pause tra una canzone e l'altra, non fosse mai sceso dal palco per venirmi a salutare, oppure non avesse mai alzato la testa verso di me, anche per un semplice sguardo. Era arrabbiato per caso? Eppure.. non era successo nulla... o no?
Era quasi l'ora di chiusura quando mi avvicinai a lui, mentre era impegnato a riporre la chitarra nella sua custodia. Gli strinsi un braccio con molta delicatezza e lui, quasi saltò sul posto
"Ehi.."
"Scusa.. non volevo spaventarti!" mormorai arrossendo appena. Mi sorrise, ma fu più che altro una piccola smorfia tirata
"Non ti preoccupare.. ero sovrappensiero." rispose sistemando la chitarra nel solito angolo, dandomi le spalle. Ma cosa stava succedendo? Perché tutta quella distanza? Perché sembrava fosse a disagio con me? Cosa diamine era capitato dal momento in cui avevamo quasi fatto sesso nel bagno di quello stesso locale e la passione sembrava toccare vette altissime? Cos'era cambiato dall'ultimo bacio delicato e pieno di dolcezza che ci eravamo scambiati nella sua cucina?
É cambiato che siete stati interrotti, di nuovo. Che ti sei preoccupato di più per Quinn, una sconosciuta, che di lui e della vostra serata... ecco cos'è cambiato...
Mi ritrovai a sospirare, scoprendomi improvvisamente stanco e contemporaneamente desiderai di essere a casa, sul nostro pianerottolo e di essere nel momento esatto in cui avrei potuto sorridergli e magari proporgli di venire a dormire da me per quella notte. Poi magari tutto il malumore sarebbe passato e avremmo riscoperto assieme la nostra sospirata intimità, o semplicemente la piacevole sensazione che provavamo tutte le volte in cui potevamo guardarci negli occhi, senza intrusi.
E fu proprio mentre lui tornava a girarsi e, incrociando i miei occhi, arrossì appena, che io decisi cosa avrei fatto: quella sera, fosse cascato il mondo, dovevo averlo. Lo volevo con tutto me stesso e niente e nessuno me lo avrebbe portato via o mi avrebbe distratto. Sentivo il bisogno stringermi lo stomaco e l'urgenza di tornare a casa, spingermi verso l'uscita del locale. Così gli sorrisi e mi concessi uno strappo alla regola della discrezione in pubblico: mi avvicinai, rubandogli un bacio veloce, cogliendolo appena di sorpresa, ma beandomi della meravigliosa espressione che si aprì sul suo volto. Dopo un primo momento di smarrimento e imbarazzo, finalmente, dopo quasi ventiquattro ore, riuscì a regalarmi uno dei suoi sorrisi, quelli con le fossette, quelli teneri e sinceri, quelli che facevano risvegliare ognuna delle farfalle nel mio stomaco ed ogni mio senso, e mi facevano perdere qualche anno di vita. Ed io per poco non scoppiai a piangere per la gioia, perché lui non era arrabbiato con me, io non avevo rovinato nulla e quella cosa speciale che ci legava da più di un mese ormai, era ancora lì, per niente scalfita.
"Andiamo a casa?" gli proposi con un sussurro, provando con quella frase, a fargli capire quali fossero le mie reali intenzioni. Lui spalancò appena gli occhi e sorrise ancora, quella volta con un lieve accenno di malizia negli occhi
"D'accordo." rispose e, dopo aver consegnato il grembiule a Puck ed avergli augurato buonanotte, insieme ci dirigemmo verso l'uscita. Eravamo quasi arrivati alla porta, quando qualcuno entrò di corsa, bloccandoci bruscamente. Era Sam Evans, il manager di Santana, con il fiatone e l'aria di chi,
per poco,
non ha  rischiato di perdere qualcosa di veramente importante
"Oh.. per fortuna sei ancora qui. Devo parlarti. Urgentemente!"
Cos'è che hai appena detto, Kurt? Niente e nessuno?... Merda!...


  
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