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Autore: Layla_Silver    12/11/2012    0 recensioni
Salve!
Ho messo questa fiction come storica perchè effettivamente è ambientata in un periodo che ha segnato la storia moderna.
Siamo alla fine degli anni 60, più precisamente inizia verso l'autunno del 68 e finisce nel 69. La storia moderna colloca nel 1963 il discorso di Martin Luther King al Lincoln Memorial, da cui il titolo della mia fiction.
E' ispirata alla vita di Charles Moats (esistito davvero) un ragazzo che ha dedicato la sua giovane vita alla lotta contro la violenza e che è morto durante questa. Il personaggio da cui viene raccontata è inventato come quasi tutti. E anche tutta la trama eccezion fatta per alcune citazioni e pochi avvenimenti. E' la prima volta che scrivo su un argomento tanto profondo come il razzismo e la lotta alla violenza, non mi trucidate se non è proprio perfetta :) grazie e buona lettura!
"Charles, uno di noi".
Dedicata ai Gen.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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I have a Dream



Capitolo 2: Grace.
 
Grace mi è sempre piaciuto come nome, fin da quando ero piccola pensavo che fosse un nome da regina. Quando poi crebbi, ed iniziarono i miei problemi, arrivai a pensare che era l’unica cosa che avevo di bello.
Charles mi diceva sempre che avevo due occhi bellissimi in cui riusciva a specchiarsi ogni volta che li guardava e riusciva a capire sempre il mio stato d’animo, quasi fossimo stati fratelli separati alla nascita. Per scherzare ci chiamavamo sempre gemellini e anche la nonna ormai si era abituata al nostro essere così attaccati. Ogni volta che ci pensavo mi chiedevo sempre come avrei fatto senza Charles e senza la nonna.
Eravamo diversi, vero, ma uniti e simili nell’animo. Non potevo soffrire la violenza, ne avevo subita troppa e soffrivo ogni volta che venivo a sapere di pestaggi o di spedizioni punitive.
Avevo pochi posti in cui rifugiarmi oltre a casa mia. Da Macy e in biblioteca. Ci andavo quando non c’era nessuno in casa, odiavo rimanere sola. Non ero un tipo pauroso, non troppo, ma di questi tempi beh…non era una cosa illogica il non voler restare soli.
Mi ritenevo una ragazza nella media, anche se sotto tanti aspetti ero diversa. Tanto per cominciare avevo la pelle bianca, non come la maggior parte dei ragazzi della mia scuola. Mi consideravano però una di loro, dal momento che mi opponevo con non poca determiazione alla violenza dei bianchi.
Non tenevo molto alle apparenze, ma non ero nemmeno quel che si dice “una sciattona”. L’unico aspetto che curavo davvero bene erano i miei capelli. Amavo tenerli lunghi e acconciarli diversamente ogni volta che mi andava e spesso mi facevo aiutare dalla nonna. Ogni tanto anche a Charles piaceva mettere mani sui miei capelli. Mi aiutava quando dovevo fare qualcosa di particolare, per quanto un ragazzo della sua età poteva fare, oppure solamente per pettinarmi.
Mi diceva che lo rilassava, perché sembrava di avere tra le mani i capelli di un angelo, anche se erano color cioccolato, e si sa gli angeli sono sempre biondi. Ero il suo angioletto.
A scuola mi davo da fare. Sognavo la borsa di studio per poter frequentare l’uiversità. Andava bene una qualunque, mi bastava uscire da quel maledetto ghetto in cui ogni giorno ne succedeva una.
Ero da Macy con Francis e Nancy quando da fuori si sentirono urla, persone che correvano e si sentì il rumore di uno sparo.
Ci raggelammo sul posto e per fortuna che in quel momento, oltre a noi, nel locale c’erano solo altre due persone.
Improvvisamente la porta si spalancò e vidi entrare di corsa Jason con Travis e Ronny.
-maledizione!-
-Jason dobbiamo recuperare gli altri, dobbiamo cercarli e sapere che stanno bene-
-si può sapere che diavolo succede qui?- la voce di Macy tuonò e fece sobbalzare tutti quanti –voi tre mi dovete delle spiegazioni e subito! Voialtri- indicò quel poco di clientela che c’era –nascondetevi nel magazzino. Anche voi tre, forza! E se quando vi faccio uscire non riesco ad ottenere una spiegazione valida, vi prendo a padellate finchè non mi riterrò soddisfatta!-.
Si affrettò a farci sparire nel retro e chiuse tutte le tendine del locale. Pochi minuti dopo sentimmo la porta sbattere. Trasalii e l’unico che se ne accorse fu Jason. Mi guardò dispiaciuto e allo stesso tempo preoccupato. Ma quando si ricompose mi sorrise per tranquillizzarmi. Cosa che ovviamente non successe.
Passammo un paio di minuti in silenzio, che mi sembrarono ore e iniziai a mordermi nervosamente le pellicine. Nancy e Francis erano agitate quanto me ma erano impietrite. Qualcuno mi sfiorò il braccio e la mia attenzione si spostò su quel qualcuno che era Jason.
-si può sapere che diavolo sta succedendo?- sibilai furiosa, perché di sicuro c’entrava la sua banda.
-quelli dell’altra gang ci hanno teso un agguato- mi fece segno di stare zitta e con il labbiale mi disse che mi avrebbe spiegato.
Silenzio.
La porta sbattè di nuovo.
E si aprì quella del magazzino.
-voi tre dovete darmi una spiegazione. Ho serrato il locale, quindi non avete via di scampo. Vi porto una bibita-.
Macy era davvero incazzata, non l’avevo mai vista così. Ma nemmeno Francis e Nancy che bazzicavano qui da quando erano poco più che poppanti.
-su forza, adesso mi raccontate tutto-
-Macy ci hanno teso un agguato- cominciò Jason –giuro, non abbiamo fatto nulla questa volta. Stavamo bazzicando al parchetto che c’è qui vicino quando quelli della gang dell’86a ci hanno teso un agguato. Sono arrivati e hanno iniziato a menare le mani, noi ci siamo dispersi e ci hanno seguito. Erano armati fino ai denti ed è partito uno sparo. Non so se e chi hanno colpito, solo che io, Ronny e Travis siamo riusciti a sfuggirgli e siamo venuti qui. Non credo che ci abbiano visto però, scusaci se sono venuti qui.- abbassò la testa veramente dispiaciuto e non potei provare niente se non tenerezza.
-siete degli stupidi incoscienti! Vedete di sparire entro tre secondi o le padellate ve le do sul serio!-
-scusaci ancora…-
-solo se ve portate le vostre chiappe fuori di qui e tornate più tardi per farmi sapere- lo disse con il suo solito sorriso burbero e capii che la situazione era un po’ più tranquilla.
-io aspetterei a tornare a casa ragazze- dissi a Francis e Nancy. Concordarono con me e ci dedicammo ad altro.
Parlando…
-Grace prima eravamo impietrite ma non ci è lo stesso sfuggita una cosa. Lo abbiamo visto che ti ha preso la mano- mi disse Francis maliziosa.
-gli dava fastidio il fatto che mi stessi morsicando le pellicine, tutto qui-
-si, perché noi ti crediamo no?-
-aaaaaa smettetela con questa storia! Io e Jason siamo solo amici, tutto qui. E comunque lui ha solo il suo gruppo di mentecatti per la testa, state sicure che non la faranno passare facilmente questa. E ho paura che vorranno a tutti i costi coinvolgere Charles. Questa volta dovremo fare molto di più che nasconderci qui a Chicago. Ce ne dobbiamo andare fino a quando non sappiamo che questa cosa sarà finita. Beh lui se ne dovrà andare…-.
Avevo la voce incrinata, ma non volevo piangere. Anche se avevo paura, una maledettissima paura che questa volta Charles non se la sarebbe cavata con poco se avesse rifiutato per l’ennesima volta “l’invito” di Shane. Se solo pensavo a cosa avrebbero potuto fargli mi saliva l’acido dallo stomaco.
Non potevamo reagire in nessun modo, altrimenti ci avrebbero eliminato. Jason o non Jason, eravamo come topi in trappola.
***.
Avevo conosciuto Francis e Nancy a scuola. Era il mio primo giorno e non avevo la minima voglia di stare li, tanto meno di socializzare.
Ma da quando si sedettero davanti a me sorridendomi non potei più fare a meno della loro amicizia. Al contrario di altri non avevano dato peso a quello che mi si diceva alle spalle e fui loro grata quando mi difesero da alcuni ragazzi che volevano farmi capire che non ero gradita.
Francis era davvero quel che si dice un ciclone. Vivace, un po’ ribelle e dove passava lasciava il segno, in tutti i modi. Non era un tipo molto romantico, non che non sapesse cosa fosse il romanticismo, perché quando voleva sapeva tirar fuori una dolcezza infinita. Aveva due occhi meravigliosi, grandi ed espressivi, un sorriso ed una risata che potevano cancellare il malumore in due secondi netti.
Nancy non era da meno, forse un po’ più contenuta di Francis e decisamente molto più romantica. Aveva un’espressione furbetta in viso, ma non era per niente quello che si poteva pensare. Erano tutte e due davvero meravigliose ed ogni volta che potevano mi rimproveravano per la poca cura che avevo nel vestirmi. Mi dicevano sempre che mi potevo permettere di vestirmi alla moda come Audrey Hepburn se solo mi ci fossi messa.
Sorrisi tra me quando ripensai ai nostri primi momenti di amicizia.
-adesso ridi da sola?-
-ma chi diavolo….?! Ah sei tu, avrei dovuto immaginarlo-
-perché lo dici con quella faccia schifata?-
-non ho la faccia schifata!-
-sì invece!-
-no!-
-ti dico di sì-
-noooooooo!-
Mentre bisticciavo con Jason non mi ero accorta che ci eravamo pericolosamente avvicinati.
Quando me ne accorsi diventai probabilmente più rossa di un peperone e chissà per quale arcana ragione mi venne in mente la canzone “Strawberry fields forever” dei Beatles. Sentii come una specie di tensione elettrica e sobbalzai allontanandomi.
Ehi! Che fine aveva fatto l’impavida Grace?
Stupido Jason Morgan!
-ehm…io devo andare. Ecco sì, ho da preparare i biscotti. Tantissimi biscotti!-
-guarda che casa tua è di là-
Cavolo, stavo andando nella direzione opposta. Feci retro-front senza nemmeno guardarlo in faccia e girato l’angolo iniziai a correre sperando che non mi avesse vista e che quindi non avesse notato la figuraccia che avevo appena rimediato con lui.
‘Oh Grace, non farti abbindolare così!’.
Arrivai a casa con il fiatone e mi chiusi in camera cercando di concentrarmi sui libri e non riuscendoci accesi la vecchia radio che avevo sul cassettone.
Misi su uno dei pochi canali che prendeva.
Strawberry fields forever.
O era una persecuzione oppure era un presagio. Prefrerii di granlunga credere alla prima.
  
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