Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: AutumnLeaves98    12/11/2012    1 recensioni
È una fanfiction principalmente incentrata su quattro ragazzi, Rose Weasley, Albus Potter, Scorpius Malfoy e Katherine Page, e il loro sesto anno ad Hogwarts.
Rose è sicura di se e conserva da parte dei geni Granger solo l'intelligenza e la lieve isteria cronica. Odia Scorpius Malfoy, ma poi si ritroverà ad essere sua amica senza neanche accorgersene. Sta con Stuart ma qualcosa con lui è destinata a rompersi.
Albus è leggermente melodrammatico ed è capace di incantare e manipolare con i suoi modi di fare e i suoi occhi verdi. Non ha mai notato Kate prima ma quando finalmente lo fa ne rimane colpito.
Scorpius è un Serpeverde, orgoglioso e con una capacità di sputare veleno che ha dell'incredibile.
Kate è una Tassorosso permalosa, che ha una propensione naturale a usare il sarcasmo, è cotta del secondogenito dei Potter, e con la sua perenne indecisione fa guai di ogni sorta senza neanche rendersene conto.
All'inizio dell'anno vengono a sapere che Hogwarts participerà al Grande Torneo di Quidditch, disputato tra otto scuole. Dovranno trasferirsi in una scuola nuova, conosceranno persone nuove, ma di mezzo c'è qualcosa di molto più grosso: un complotto.
E allora? Allora si vola in Egitto, a Saharmisr!
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAP 6 'TGT'
Capitolo VI -
Beauxbatons, Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr, Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i propri personaggi per un intero capitolo)




25 settembre 2022, 6:03
America, Salem Witches' Institute
Collina dei Dormienti

Joseph Monteleone era seduto sull'erba alla Collina dei Dormienti mangiando un sandwich al tonno e contemporaneamente scarabocchiando confusamente quella che lui chiamava grafia leggibile su un foglio. Stava valutando i pregi e i difetti di ogni candidato al ruolo di giocatore nella squadra americana. Aveva già deciso tutte le riserve ma c'erano ancora molti ragazzi da mettere in squadra. I giocatori di Quidditch erano rinomati e stimati, e Joseph non era da meno. Alcuni dicevano che era un grande leader.
Direi che la Snyder e Tipton sono in squadra a prescindere. Solo grazie a loro quegli schifosi dei Tigers hanno vinto, l'anno scorso.
Si grattò la punta del naso con la matita e appuntò altri due nomi. La sua grafia era davvero troppo illeggibile, ma vabbeh, ormai tutti i professori ci erano abituati. Sbuffò stiracchiandosi e sbadigliando. Anche quella notte non aveva dormito e non avendo niente da fare si era alzato, vestito e aveva deciso di fare una cosa che rimandava dal giorno in cui era stato eletto Capitano, ossia da tre o quattro giorni. Gli erano state fatte molte pressioni ma non aveva voluto farlo. Ci sarebbero stati comunque dei dispiaceri ma rischiava di farsi attorno parecchia terra bruciata. Continuò a trangugiare il suo ottimo sandwich al tonno, fatto accuratamente da sua madre, e cancellò furiosamente il nome Ryan Thompson dalla lista.
Odioso stronzetto dalla fattura facile.
Quel ragazzo, Thompson, oltre che odioso e malvoluto da tutti, era anche il bulletto idiota della scuola, che credeva che tutto gli fosse dovuto. Il giorno in cui sarebbe stata resa pubblica la squadra ufficiale di Salem, Thompson si sarebbe mangiato le mani e lui avrebbe riso alla faccia sua. Sempre immaginando la faccia schifata di Ryan Grande Pezzo Di Merda Thompson, decise che la ragazza più sfigata della scuola, Faith Thomas, era la Battitrice che faceva per lui.
Continuò così, facendo il democratico e dando a tutti una possibilità, come suo solito fare.




25 settembre 2022, 10:58
Giappone, Mahoutokoro
Sala di Meditazione

Daisuke Okada si scrocchiò le dita e scrollò la testa, piegandosi sulle ginocchia e facendo altri esercizi di stretching. Il ragazzo piegò la testa prima a destra e poi a sinistra, correndo sul posto. Per lui la forma fisica era vitale, sia per il suo ruolo di Capitano sia per la sua preziosissima salute.
Mens sana in corpore sono, dice quel detto latino... Mi sembra che significhi 'mente sana in corpo sano', ma non so il latino. E poi io sono giapponese, 'ste cose non dovrebbero toccarmi, no? pensò mentre continuava i suoi esercizi di ginnastica.
Non era un culturista, certo, ma ci teneva al fisico. 'Il mio corpo è un tempio' recitava sempre quando un suo moderno amico gli offriva cheeseburger con contorno di patatine fritte accompagnato da qualche bibita gassata.
Dopo un po' Daisuke si sedette sul pavimento sbadigliando; gli si prospettavano davanti ancora pesanti sfacchinate. Magari avrebbe potuto farsi un sonnellino...
Si distese sulla schiena, togliendosi la felpa e usandola a mo' di cuscino. Chiuse gli occhi con uno sbadiglio ed emise un verso non meglio definito. Si lasciò trasportare dal torpore e dopo due minuti e cinquantaquattro secondi era già bello che addormentato. Sognò un gruppo di persone... Avevano... sì, avevano una divisa bianca e rosa. Era la squadra di Mahoutokoro! E c'era un ragazzo... un ragazzo che venne issato sulle spalle dei compagni con gran tripudio. Ma... era lui! Festeggiato dai compagni per l'ottimo modo in cui aveva condotto la squadra di Mahoutokoro alla vittoria del torneo. Proprio mentre due mani gli allungarono il trofeo tanto ambito, nella realtà due mani lo scrollarono. Si svegliò di soprassalto, pronto ad avventarsi su chi aveva interrotto quel sogno tanto gradito. Poi notò che quel qualcuno aveva lunghi capelli neri e grandi occhi a mandorla contornati da lunghe ciglia.
«Che fai? Dormi?» domandò scortesemente la ragazza.
«Non sono affari tuoi. E non dovresti essere qui. Non è luogo per le ragazze, questo» ribatté acido Daisuke con una punta di maschilismo sempre presente.
«Non mi sembra che meditare sia una pratica esclusivamente per gli uomini» controbatté la sconosciuta aggrottando le sopracciglia. Adesso che ci pensava, la ragazza aveva uno strano accento.
«Non sei di qui, vero?» le domandò alzandosi.
«No. Ma non sono affari tuoi. E poi... non dovresti essere a lezione?» fece lei.
«Potrei farti la stessa domanda» borbottò Daisuke raccogliendo la felpa da terra.
«Oh, io le salto abitualmente» rispose lei facendo spallucce.
Daisuke sbuffò e con faccia incattivita uscì dalla stanza.
Ah... Che strane le ragazze.




25 settembre 2022, 16:49

Francia, Beauxbatons
Il Giardino delle Rose

Due ragazze erano sedute su una panchina nel Giardino delle Rose, con diversi documenti cartacei e una piccola tabella di gioco. Con un sospiro, la bella ragazza bionda fece vagare lo sguardo sui cespugli di rose che le circondavano, divagando con i pensieri. Apolline adorava il Quidditch e per fortuna c'era il suo inglesissimo zio che era l'unico in famiglia che condivideva con lei quella fissazione. Se fosse stato per sua madre la giovane ragazza sarebbe stata costretta a indossare vestiti floreali e a truccarsi per i ragazzi. Cose che non le erano mai interessate.
Tanto c'è il sangue Veela che mi fa essere sempre stupenda, quindi... Fanculo ad ombretti e lucidalabbra. Zio Bill saprebbe essere diplomatico e influente anche con una chimera.
Purtroppo, aveva dovuto accettare un compromesso. Era salva da trucchi e vestiti rosa ma non poteva adornarsi il corpo di piercing e tatuaggi o tagliarsi drasticamente i capelli. Alle feste ufficiali doveva comportarsi come si deve e niente jeans strappati ai ginocchi e maglie di gruppi rock babbani. Doveva essere ligia e perfetta ed evitare di grugnire mentre rideva.
Voglio un dannato piercing all'ombelico. pensò mentre Amaryllis al suo fianco si legava i lunghi capelli neri e sbuffava perché non riusciva a formulare un ottimo piano di gioco.
«Ammie, calmati. O ti verranno i capelli bianchi» ciarlò imitando il tono di suo madre quando la vedeva incazzata. La mora la guardò male e tornò a far svolazzare la piuma sul foglio.
«C'è un problema che non riesco a risolvere, LinLin. Leroux e Petit sarebbero perfette, ma... No, non fa niente. Butto fuori la Blanchard e Bonnet, così loro due entrano in squadra.» borbottò Amaryllis concitatamente.
«Quale Bonnet? Non dirmi Margot perché lei è una a posto» fece Apolline riferendosi alle gemelle Bonnet, due ottime giocatrici di Quidditch. Anche se la Gemella Cattiva, così Apolline aveva soprannominato Geraldine Bonnet, era la più brava a parare Pluffe non poteva entrare in squadra. Altrimenti avrebbe portato zizzania e tutto si sarebbe sfasciato.
«È ovvio che butto fuori Geraldine. Per quanto sia brava, la sua lingua è più velenosa di quella di un serpente. E non è questo quello di cui la squadra ha bisogno. Mentre Margot è un ottimo elemento. Come spara via lei i Bolidi non ci riesce nessuno» rispose la mora, corrugando le sopracciglia e definendo lo schema sulla tabella.
«Vedi se è tutto a posto, LinLin. Lo sai che non mi fido di me stessa, quando si tratta di schematizzare al meglio» disse porgendole il tutto faticosamente costruito in una giornata.
«I tuoi schemi sono sempre perfetti, Moreau. Sei un perfetto Capitano» la rassicurò l'altra dando una scorsa rapida alla tabella.
«Sì, certo, come no. Saresti dovuta diventare tu Capitano. Sei molto più brava di me» borbottò Amaryllis stringendosi le braccia al petto.
«Nah. Combino troppi casini» constatò la bionda, restituendole il cartaceo e spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Come quello con Adonis?» domandò Amaryllis guardandola di sottecchi. Non era sicura di poterla chiamare amica, ma era una delle poche persone che si avvicinava a questo primato. Ma questo non voleva dire che dovesse anche essere la sua confidente.
Che si faccia un po' di affaracci suoi. pensò irrigidendosi.
«Che centra quel cazzone, adesso?» sbottò quindi Apolline, alzandosi per andarsene via. Amaryllis la afferrò per il polso e formulò una frase che per la bionda non aveva senso.
«Adonis centra sempre, LinLin. Solo...» qui sospirò «Non soffrire troppo, ok?»
«Soffrire io? Ma fammi il piacere, Moreau» tagliò corto la bionda divincolandosi e marciando verso il bel castello bianco ed elegante. Si legò i capelli con un elastico trovato nella tasca della tuta e si mise a correre, per bruciare la rabbia che le ribolliva dentro.
Doveva per forza nominare lui. Certo che qui nessuno sa farsi i cazzi propri. Io non le avrei mai chiesto niente se fosse successo a lei. E lui, beh... lui me lo devo dimenticare, facile.
Neanche fosse stato chiamato in causa, vide un ragazzo moro con gli occhi azzurri e piuttosto bassino che la salutò con cenno della mano a non meno di sei metri di distanza. Con uno sbuffo la ragazza fece dietrofront e non si girò quando il suddetto Adonis la chiamò ripetutamente. Non si sarebbe girata nemmeno sotto Imperio. Ma tra i suoi piani di fuga non aveva incluso l'opzione lui-è-più-veloce-di-te-nel-correre. Perciò, quando le afferrò il polso tirandola dietro, rimase un un po' sorpresa.
«Fraise, aspetta» sbottò infastidito Adonis. Nessuna ragazza doveva scappargli via.
«Aspettare? Lo faccio da mesi, ma tu sei un imbecille e non te ne rendi conto» ribatté Apolline, storcendo la bocca e stufandosi della gente che l'afferrava per il polso.
Cos'è, una mania?
«Guarda che se usi di nuovo col tono arrogante con me ti faccio espellere, Fraise» scherzò Adonis circondandole la vita con un braccio e attirandola a sé.
«E io vado dalla Preside e ti faccio licenziare...» minacciò la ragazza schiaffeggiandogli malamente la mano sprofondata nel suo fianco sinistro.
«Non lo faresti mai, Fraise. Ti piaccio troppo» rispose beffardo e anche un po' egocentrico.
«Ma guarda tu quanta arroganza. Mi fai ribrezzo, inserviente del cazzo» replicò Apolline calcando bene le ultime parole.
«Io non sono un inserviente del cazzo ma il guardiano di Beaubatons, ragazzina!» esclamò Adonis ai limiti della pazienza.
«Ah, ma non ero una ragazzina quando mi hai baciato. E neanche quando sono finita accidentalmente nel tuo letto» disse la bionda infervorata, ritorcendo contro di lui una sua vecchia frase detta solo per ferirla.
«Ammettilo: sei solo uno stronzo» continuò la ragazza pestandogli il piede e allontanandosi da lui. Lo avrebbe dimenticato. Era una promessa fatta a sé stessa, non poteva infrangerla.



25 settembre 2022, 17:00
Nuova Zelanda, Sheepwool
Sala degli Annunci

C'era un gran chiasso. Decine di voci che parlavano tutte insieme, confondendo il ragazzo che cercava di avanzare tra la folla schiacciata e compressa tutta di fronte alla bacheca dei grandi annunci. Sentiva borbottii scontenti e commenti maligni, ma a lui non interessavano. Ian aveva altro a cui pensare. Tra i corpi che premevano contro il suo, sentì qualcuno lasciargli pacche sulla spalla; lui però non sapeva se erano consolatori o di congratulazioni. Sperava tanto che i suoi sforzi fossero stati premiati. Si era allenato giorno e notte, sudando e piangendo, disperandosi quando una pluffa riusciva a penetrare le sue difese. Si era fatto il mazzo, per dirlo alla Craig Monk, suo amico nonché ottimo Cacciatore. Craig di sicuro era stato preso in squadra. Gli restava ancora un mucchio di strada da fare e le troppe persone non aiutavano; stava pestando molti piedi e molti li stavano pestando a lui. Con il respiro mozzo, si fermò un attimo ad ascoltare le molte voci e cercando di distinguere cosa dicevano.
«Non è possibile... Io ho fatto così tanto per Sheepwool-». Questo non gli interessava.
«Se lo merita, mi sembra un bravo ragazzo». Quindi il Capitano era un maschio.
«E poi è così carino». Irrilevante.
«Secondo me sarei dovuto essere almeno una delle prime riserve». Irritante.
Sospirò prima di continuare il percorso fino alla bacheca. Sembrava non finire mai, era una tortura. Gli tremavano le mani, lo sapeva, e stava per collassare al suolo per la tensione.
Contò dentro di se i secondi, dicendosi di calmarsi. 'Non è poi così vitale diventare Capitano, no?' gli avrebbe borbottato la sua sorellona, che sempre aveva odiato quello sport. Ian ricordava bene la prima volta che lei aveva provato a spiegare il motivo del suo odio. Non l'aveva mai capita fino in fondo, sua sorella per lui era un vero e proprio mistero, più complicata di una scatola cinese. Era bella, sì, ma dentro la testa aveva un intruglio di stranezze e filosofia. Perché sì, sua sorella era una filosofa nata. Sputava perle di saggezza dalla mattina alla sera, ma non era quello che la rendeva splendida. Amanda ormai era invischiata al Ministero americano fino al collo e voleva cambiare il mondo anche se sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta da sola; quindi lottava con i pugni e con i denti per fare qualcosa di buono. E un motivo per cui odiava il Quidditch era per la sua brutalità. Ma Ian, invece, lo adorò fin dal primo istante. Il volo, l'adrenalina, il brivido che ti percorreva quando si vinceva una partita. Ed era quello che voleva, tutto ciò che desiderava era solo un posto in squadra, non importava se non era diventato Capitano. Se ne sarebbe fatto una ragione.
Riuscì finalmente ad arrivare di fronte alla bacheca, dove, a sorpresa, lo aspettava Craig con un sorriso a trentadue denti. Il ragazzo ammiccò e gli circondò le spalle con un braccio, guidandolo fino al quel dannato foglio, su cui si decideva il suo futuro.
«Allora, Dilsbury... Pronto?» fece Craig e lui annuì con un groppo in gola.
Ian fece scorrere lo sguardo su quel pezzo di carta, notando il nome del suo amico e di altre due persone che conosceva di nome. Poi, fissò gli occhi sul piccolo 'Capitano' scritto in bella grafia.
Ian Dilsbury.




25 settembre 2022, 18:32
Brasile, Brasilia

Un ragazzo e una ragazza passeggiavano mano nella mano. Niente di più banale per una coppia di adolescenti che si guardava languidamente e si affibbiava soprannomi mielosi. Il ragazzo, che si chiamava Américo Lima, stava parlando animatamente e nel mentre indicava oggetti e persone. Erano nella capitale a fare un giro e Ana Rosa Marone, che aveva sfruttato l'occasione per fare shopping, portava con una sola mano cinque grandi buste con sopra delle marche di abiti babbani. Si doveva preparare per essere al meglio della sua forma per Saharmisr.
«Noi maghi ci siamo integranti talmente bene nel mondo dei Babbani che ormai nessuno ci crede più. Lo sai che fanno anche delle serie televisive su noi maghi nel loro mondo, che per loro è quello normale. È inconcepibile come pensano che viviamo tra di loro! Insomma! E poi siamo molti, noi maghi, non una rara forma di vita» blaterava Américo mentre Ana Rosa sorrideva falsamente interessata. In realtà aveva visto un modello molto bello nel negozio che avevano appena oltrepassato, un lungo abito da sera blu notte senza spalline e tempestato di piccoli e scintillanti diamanti (finti, ovviamente). Era perfetto per il Ballo di Gala che si sarebbe tenuto la prima sera in Egitto per dare il benvenuto alle sette scuole ospiti.
«Amore, ci fermiamo a prender-» cominciò a dire la ragazza, mora e abbronzata e con un fisico slanciato e perfetto per il suo ruolo da Cacciatrice nella squadra di Varinhaferoz, capitanata dal suo ragazzo.
«In quale negozio, gattina mia?» la interruppe Américo con gran pazienza. Quindi entrarono nel suddetto negozio e indicarono alla commessa il vestito in vetrina, chiedendo quanto costasse. La donna, convinta che quei due sciagurati la stessero prendendo in giro, disse loro di andarsene subito se non volevano magagne. Con un sospiro esasperato, Ana Rosa tirò fuori gli ultimi soldi del budget fornitogli da suo padre, pezzo grosso del Ministero Magico Brasiliano. La commessa strabuzzò gli occhi e si scusò all'istante, andando a prendere un abito uguale a quello esposto e mandandola in un camerino a provarlo.
«Le piace, signorina? Dovrebbe comprarlo, perché le sta davvero d'incanto. Quel blu dona moltissimo alla sua carnagione» disse la giovane donna, con un tono da leccapiedi che non stonava con il resto dell'atteggiamento.
«Lo comprerei anche se non mi stesse bene, a dir la verità. È un vestito stupendo» ribatté Ana Rosa, lisciando il tessuto morbido dell'abito.
«Chiamo il suo fidanzato? Sono certo che resterà di stucco!» propose la commessa, girandosi e portando lì Américo, che sorrise e le diede un bacio in testa prima di dirle che era stupenda. Comprarono il vestito e se ne andarono a spasso per la città, senza poter comprare null'altro che due economici gelati.
«Non vedo l'ora di andare a Saharmisr. Sarà una cosa bellissima vincere un torneo internazionale. Vedrai che stracceremo ogni altra scuola che sia presente!» affermò Ana Rosa convinta e anche con una punta di arroganza.
«Ho sentito dire che Hogwarts, la scuola inglese, è eccellente nel Quidditch. E credo che anche Durmstrang e Salem Witches' Institute ci daranno filo da torcere» disse Américo e l'altra, che odiava che qualcuno la contradicesse, storse la bocca. Girarono per Brasilia per altre due ore, prima di tornare a Varinhaferoz, stabilita in un grosso edificio moderno dove abitavano circa settecentottantadue alunni. Ana Rosa e Américo si salutarono brevemente e si diedero un bacio frettoloso, prima di dividersi. Uno andò a destra, verso il lato dei dormitori maschili, e l'altra a sinistra. Quando si addormentarono quella notte tutti e due pensavano al 1° novembre, giorno in cui finalmente sarebbe iniziata la loro avventura.



25 settembre 2022, 19:45
Norvegia, Durmstrang

Faust e Sasha stavano parlando, mentre fuori dalla finestra infuriava una pioggia torrenziale. Erano nervosi, perché per via del maltempo era stata cancellata l'ultima prova delle selezioni, e allora se ne stavano lì a parlare invece di fare qualcosa di più costruttivo, tipo studiare. Sasha si torceva le mani e la gamba destra gli tremolava un po' e Faust si stava mangiando le unghie, cosa che rendeva le sue frasi difficili da tradurre in lingua parlata.
«Gna tu cche ffarrescti se ffosci io il Cafitagno? Nnon gni fforresti più bbegne?» chiese il ragazzo moro, con un ghignetto smorzato e sempre mangiucchiandosi famelicamente l'unghia.
Il biondo sospirò e gli lanciò un'occhiataccia, prima di dire: «Prima cosa: mangiarsi le unghie non è igienico ed è anche piuttosto rivoltante, quindi smettila. Seconda cosa: tu diventerai di sicuro il Capitano, hai più bravura tu che io nella strategia. Terza cosa: sei insopportabile, dico davvero e io comunque non ti voglio bene»
Faust sbuffò ridacchiando e smise finalmente di mangiarsi le unghie, dicendo in tono assolutamente scherzoso: «Ammettilo: mi ami alla follia. Sono o non sono il tuo migliore amico, poi?». Sasha, senza scomporsi più di tanto, si stiracchiò e poi tornò a torcersi le mani guardando fuori dalla finestra, ignorando totalmente il suo amico che borbottò a denti stretti 'antipatico'. Faust continuò a sparlottare ininterrottamente senza un filo logico, prima lamentandosi della pioggia e poi del fatto che frequentava una scuola maschile.
«Non vedo una ragazza da agosto. Agosto, Sasha, sai che vuol dire? E poi in questa scuola non ci è permesso di avere una dannata vita sociale. Coprifuoco, regole rigide e quant'altro rovinano la vita di un adolescente! Dovremmo essere liberi di fare quello che ci pare e...»
Sasha pensò che forse aveva fatto male a scegliere Faust come migliore amico.
Parla troppo e ascolta troppo poco. Ci sono un sacco di cose da ascoltare in questo momento: la pioggia che bagna le finestre, i passi di qualcuno, i nostri respiri. Non ascolta mai i rumori del mondo.
Sasha aveva paura, come tutti gli altri. Non era un tipo pauroso, certo, ma c'era una cosa, oltre ai ragni, che lo terrorizzava più di qualunque altra cosa.
Che qualcuno lo scoprisse.
C'era qualcosa che ancora non era riuscito bene ad identificare, ma una cosa era certa: a lui lei ragazze non interessavano minimamente. Nessuna ragazza era mai riuscita a smuovere qualcosa in lui, che fosse un sentimento romantico o desiderio. Niente, assolutamente nulla. E questo, quando se ne era accorto qualche anno prima, lo aveva disorientato in una maniera che lo aveva portato ad escludere il mondo per qualche settimana, prima di auto-convincersi che in lui non c'era niente che non andava. Era un normale ragazzino di quindici anni che cresceva tranquillamente tra le mura di una casa accogliente o di un maniero sulla costa della Norvegia, questo aveva pensato. Quell'anno, quando aveva varcato la soglia di Durmstrang da maggiorenne, si era accorto di aver sviluppato uno strano interesse per i pettorali. Ma non i suoi, quelli degli altri ragazzi. Dopo gli allenamenti di Quidditch aspettava che tutti fossero usciti per entrare nelle docce e lavarsi di dosso il sudore e la stanchezza. Gli erano già capitati incresciosi incidenti nelle docce, quell'anno. Scosse la testa per sviare i pensieri molesti e si concentrò sugli insensati sproloqui di Faust.



26 settembre 2022, 00:17
Egitto, Saharmisr
Ufficio del Preside

Il Preside, in vestaglia e con i capelli bianchi arruffati, guardò torvo la porta prima di aprire alle due persone che avevano interrotto il suo sonno. Sulla soglia del suo ufficio stanziavano un alto uomo elegante, le mani strette su un bastone d'avorio e fasciate da guanti di velluto nero su cui c'erano ricamati in oro vari ghirigori e altre forme fantasiose e vestito di un completo scuro di alta sartoria, e un ragazzo con indosso l'uniforme di Saharmisr, ovvero dei semplici pantaloni di colore grigio scuro ed una camicia bianca su cui riportato lo stemma della scuola.
«Che cosa vi porta nel mio ufficio a quest'ora della notte?» domandò il Preside leggermente scontroso, facendoli entrare con gentilezza. Pur essendo infastidito dal comportamento di quei due non poteva chiuder loro la porta in faccia. L'uomo che gli stava di fronte era un riccone che deteneva il possesso di alcune ditte che fabbricavano scope da corsa di ottima qualità e che andavano a ruba lì in Egitto. Il Preside capì la serietà dell'incontro dalla postura dritta e sicura di quel tale e fece per far accomodare i due sulle poltroncine scomode davanti alla sua scrivania. L'alto uomo però non aspettò che il preside aprisse bocca e andò lentamente e con passo un po' strascicato a sedersi sul glorioso scranno posizionato dall'altro lato della scrivania. Secondo la mentalità di quell'uomo, egli poteva stare dove credeva si meritasse e quello scranno era perfetto per la sua persona, ancora solo secondo la sua mentalità. Il Preside storse la bocca in una smorfia incattivita ma non disse nulla per non procurarsi guai; il tizio era ricco e quindi troppo potente per inimicarselo e non voleva che certe cose, tipo il suo posto da preside o la sua villetta sulla Costa Azzurra, andassero perdute dopo ingegnose prove costruite su di lui.
«Uhm... C'è una proposta che io e mio figlio vorremmo farvi, signor Asif, e mi sembrava inopportuno sottoporgliela alla luce del giorno» interloquì l'uomo, sempre cortesemente e ostentando la segretezza dell'incontro. Intrecciò le mani sulla scrivania e gli indicò la scomoda poltroncina. Con odio crescente nei confronti di quel tale, si sedette e si astenne dal strangolarlo con le sue stesse mani.
«Quale proposta vorrebbe farmi?» domandò curioso l'uomo ormai vecchio e rugoso. C'era la possibilità di un'altra villetta, magari in Toscana, se quell'incontro avesse dato gli esiti che si aspettava.
L'uomo sorrise debolmente mentre il ragazzo era rimasto in piedi e fissava il vuoto, sempre lasciandosi ignorare. Lui non voleva che suo padre fosse lì, a lui non interessava. Eppure suo padre era talmente cocciuto da fare comunque di testa sua. A dir la verità, si vergognava di avere un padre così, ma per lui era meglio acconsentire sempre a tutto se non voleva finire in ospedale come l'ultima volta.
Punizioni corporali... Le preferite del mio paparino.
Si chiamava Muhammad Ahmad e non aveva mai potuto scegliere; suo padre aveva organizzato la sua vita per filo e segno prima ancora che fosse concepito. Non si era rassegnato, voleva vivere la sua vita a modo suo, ma finché era minorenne non poteva ancora scappare. Si sarebbe solo messo ancora più nei guai, ma appena avesse compiuto gli anni sarebbe scappato, magari in Gran Bretagna. Aveva sempre voluto visitare Londra e viverci sarebbe stato magnifico. Sempre pensando ad una sua futura vita nella città che più amava, Muhammad non si accorse che suo padre aveva cominciato le sue spiegazioni.
«Lei sa, signor Asif, che mio figlio è un ottimo giocatore di Quidditch e vorrei, per continuare la tradizione di famiglia, che lui diventasse uno importante. Tipo... il Capitano. E se lei, ecco... lo aiutasse io saprei ringraziarla adeguatamente. E pensi alle utili donazioni che potrei fare alla scuola. In questa scuola ci sono cresciuto e saprei apprezzarla e renderla più efficiente, più... perfetta, ecco. E tutto se lei desse una spintarella ai giudici. Potrei 'ringraziare' anche loro, si ricordi di dirlo» disse, sempre marcando le parole importanti e accompagnandole con gesti eloquenti e sguardi significativi. A Muhammad saliva la nausea quando suo padre adottava i suoi metodi di persuasione.
Il preside Asif sorrise e si alzò, parlando con un tono untuoso. «Oooh, certo, signore. Farei di tutto per aiutare una giovane stella a brillare. Ma se lei mi assicura che-»
Il padre si Muhammad fece gesto con la mano di fermarsi e prese dalla tasca interna del costoso cappotto una busta rigonfia per poi porgergliela. «Lei è un uomo intelligente, signor Asif. Saprò farle avere il resto entro la prossima settimana. Muhammad, andiamo». Fece un gesto al figlio ed uscirono senza congedi o saluti.
Muhammad, che aveva visto il ghigno compiaciuto del Preside mentre afferrava famelicamente la busta, avrebbe voluto sprofondare nelle profondità degli Inferi, incastrato in una situazione che odiava.


Ehm, vado di fretta, ma due paroline ve le devo dire.
Prima cosa: ringrazio RoseScorpius4Ever e Pampi per aver messo la storia tra le seguite e la cara MoganoThestral7629 per aver recensito.
Alour, piaciuto il capitolo? Avete notato come ho ignorato stupendamente i personaggi principali per presentarvi la concorrenza, eh? Lo so, sono proprio odiosa. XD
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: AutumnLeaves98