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Autore: AxXx    12/11/2012    4 recensioni
Sono i Personaggi di KH ed ancora una volta dovranno affrontare un nemico conosciuto, ma in un nuovo mondo e con poteri inimmaginabili, affrontando nemici con risorse illimitate in confronto a loro.
In un mondo dominato dal pregiudizio e da una dittatura mascherata Sora ed i suoi amici dovranno squarciare il velo della menzogna e liberare l'uomo da una falistà che si è creata da sola.
"E gli uomini vollero l'oscurità, piuttosto che la luce" (Dal vangelo di Giovanni)
[Questa Fic la dedico a Reno_Dedé_Turks, che mi ha ispirato e che mi ha messo tra le persone che ammira (Anche se non credo di meritare questo onore) ;). Quindi il 60% (E forse anche 80%) per cento dei complimenti che farete saranno rivolti a lei]
Genere: Azione, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Riku, Sora, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun gioco
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                               Prologo
 
 
 
Kairi entrò trafelata in quello che una volta era stato probabilmente un grande ufficio.
Scrivanie, vecchi computer e stampanti arrugginita occupavano tutto l’ambiente.
L’enorme sala rettangolare era un cumulo di detriti
‘Devo nascondermi!’ Pensò la ragazza cercando di domare il panico mentre il sudore che le colava dalla fronte le cadeva sugli occhi accecandola.
Si mise a correre evitando i detriti e facendo meno rumore possibile.
Peccato che in quell’agghiacciante silenzio anche il suo respiro sembrava un rumore fortissimo.
Trovò vicino alla vetrata, ormai mezza distrutta, che emanava la luce spettrale della luna piena, una scrivania ancora intera e si accucciò dietro di essa tappandosi la bocca tremando per il terrore.
 
 
I passi si fecero più vicini.
 
 
Chiunque fosse se la stava prendendo comoda, come se sapesse che chi stesse seguendo sarebbe comunque finito nelle sue mani.
 
Il rumore si interruppe.
 
Kairi ebbe abbastanza coraggio da sporgere parte del viso oltre la scrivania per vedere le gambe dell’inseguitore ferme davanti alla porta dalla quale era entrata anche lei.
La ragazza ebbe un sussulto e cercò di non farsi prendere dal panico.
Mosse gli occhi alla ricerca di una via di fuga mentre l’inseguitore setacciava con flemma la zona.
‘Mio dio! Ora che faccio!?’ Si chiese al limite della disperazione.
Aveva sentito di quello che i soggiogati facevano ai prigionieri e lei era convinta che, se non avesse trovato una via di fuga, avrebbe presto assaggiato sulla sua pelle torture orribili.
Forse fu proprio quel pensiero che in qualche modo la rese più attiva nel cercare una via d’uscita.
Alla fine, nonostante la poca luce, riuscì ad intravedere una porta a qualche decina di metri davanti a se, sul muro che si trovava a sinistra della porta da cui era entrata.
Era parecchio lontana, ma non aveva altra scelta.
Il rumore dei passi dell’inseguitore si fece più vicino per fermarsi a cinque metri da lei.
La paura la immobilizzò.
Non osava muoversi, pensando ch sarebbe potuta cadere in trappola appena avesse messo piede fuori dal suo nascondiglio improvvisato.
Però non aveva altra scelta.
 
Prese un respiro profondo e si preparò.
 
Un istante...
 
Ancora uno...
 
E si mise a correre.
 
In pochi secondi era riuscito con uno scatto a dimezzare la distanza tra lei e la porta.
Nella sua corsa disperata non osò voltarsi per vedere se la stessero inseguendo o meno, ma si concentrò solo sulla sua fuga.
 
Un rumore alle sue spalle...
 
Era stata vista...
 
Eppure mancava così poco alla salvezza. Solo pochi passi.
 
Pochi...
 
Pochissimi...
 
Improvvisamente si sentì travolta da qualcosa di grosso e pesante, come un immenso cuscinetto d’aria, che le fece perdere l’equilibrio.
Sarebbe caduta se qualcos’altro non l’avesse sollevata.
Ora era a mezz’aria con dei ganci invisibili che la trattenevano dalle braccia e dalle spalle, mentre osservava il suo inseguitore in faccia, o meglio il casco del suo inseguitore.
Come tutti i soggiogati indossava quella specie di casco che amplificava le abilità psichiche.
La morsa che la teneva al bersaglio si fece più forte e lei fu gettata contro la parete più vicina con violenza inaudita.
“Trovata.” Disse il suo aguzzino avvicinandosi.
Kairi cercò di rimettersi in piedi, ma una strana pressione la inchiodò al muro, stringendole anche la gola lasciandola a respirare appena.
“Sono certo che sarai collaborativa.” Disse il soggiogato mentre osservava la scena.
Lei poteva vedere il sorriso del ragazzo sotto il casco scuro. E lo odiava.
“Puoi anche scordartelo, Vanitas, ammazzami e facciamola finita!” Disse lei tra un respiro e l’altro.
L’aguzzino le si avvicinò mentre la stretta sulla gola si faceva più ferrea, costringendola solo a rantolare.
“Forse non ti è chiaro chi conduce il gioco qui.” Le sussurrò il ragazzo all’orecchio mentre i loro corpi si sfioravano.
 
Lei tremò istintivamente, mentre il sudore iniziava a scorrere sempre di più sul suo corpo.
 
“Io potrei aprirti quella tua testolina in un istante con i miei poteri.” La minacciò Vanitas. “Solo che io preferisco un po’ della sana e vecchia tortura. Non hai idea di quanto sia divertente.”
 
 
Il terrore si impadronì di Kairi ed insieme ad esso arrivò anche il disgusto.
 
Odiava quell’essere spregevole che si divertiva a vedere gli altri soffrire ed aveva il terrore di quel che poteva fargli.
 
Se i suoi poteri Psichici erano molto avanzati, avrebbe potuto anche guarire le sue ferite per rendere la tortura ancor più lunga e terribile, magari tenendola in bilico tra la vita e la morta, ma mantenendola abbastanza cosciente da permetterle di provare dolore e paura.
 
Lei cercò di dimenarsi, ma Vanitas rise dei suoi sforzi immobilizzandola del tutto.
Ora era impotente.
 
 
“Io ti ammazzerò.” Le annunciò lui con freddezza facendo accapponare la pelle alla ragazza.
“Sta a te decidere quando e come morire, se sarai collaborativa, potrei decidere di farti fuori subito senza farti soffrire troppo. Se no, temo che nemmeno l’inferno potrà escogitare punizioni più atroci e dolorose di quelle che subirai.” Concluse con una tranquillità raccapricciante.
La sua risolutezza nel portare simili minacce spaventò Kairi, ma lei non voleva arrendersi.
Aveva preso la sua decisione e non avrebbe rinunciato.
Aveva aperto gli occhi su una grande prigione a cielo aperto che era il loro stato e la loro società.
Non lo faceva per una semplice cotta giovanile.
Non più.
 
Quello che fece fu probabilmente una mossa stupida ma coraggiosa al tempo stesso.
Sapeva di non poter opporsi a Vanitas, ma doveva fare qualcosa per ribellarsi o la sua mente sarebbe stata preda del suo torturatore.
Prese fiato e sputò su Vanitas.
 
Il ragazzo rimase fermo per qualche minuto poi preso dalla rabbia lanciò un ringhio e iniziò la sua tortura.
Kairi sentì un dolore atroce che la avvolse su tutto il corpo.
Ogni parte della sua pelle fu avvolta da un fuoco invisibile che sembrava penetrare nei suoi pori arrivando alla carne rendendo il dolore ancora più acuto ed orribile.
Cercò di respirare meglio per controllare le sue sensazioni ma la stretta sulla sua gola era ancora più forte e violenta, permettendole a malapena di respirare.
La sua mente era confusa ed annebbiata dal dolore e dalla mancanza di ossigeno, lasciando posto solo alla consapevolezza della tortura che stava subendo senza la possibilità di reagire.
Non riusciva nemmeno più ad odiare il suo aguzzino, ne a provare speranza di fuga o di aiuto.
Tutto iniziava e finiva nel dolore che provava.
L’unica cosa che riusciva a pensare era per quanto ancora sarebbe andato avanti.
Solo dopo un lasso di tempo impossibile da definire per lei a causa della dilatazione dovuta al dolore fisico e psicologico accadde qualcosa.
Gli oggetti nella sala iniziarono a fluttuare ed un computer del secolo scorso volò contro Vanitas costringendolo a rotolare a terra per non essere travolto dalla fiumana di oggetti.
La pressione sul collo di Kairi sparì ed il dolore si attenuò.
Iniziò a respirare forte per riprendersi.
“Kairi, vieni qui!” Urlò un giovane dai capelli d’argento spuntato dalla porta che voleva imboccare.
Lei non se lo fece ripetere e, approfittando della confusione, si mosse rapidamente, nonostante il dolore, e varcò la porta.
“Mi dio, Kairi, dov’eri!? Mi hai fatto prendere un colpo!” Disse sua sorella minore Naminé abbracciandola.
“Non abbiamo tempo!” Le esortò l’argenteo mentre impugnava una pistola. “Sora non riuscirà a trattenere Vanitas per sempre, dobbiamo raggiungere il tetto, prima che elevino il campo di stasi!”
“Riku, mia sorella è stata appena torturata, dagli un secondo!” Protestò la bionda supplichevole.
“Non abbiamo un secondo!” Urlò lui con rabbia trascinando la rossa in malo modo seguito dall’altra che lo guardava furente.
Kairi dal canto suo, era troppo debole per protestare o lamentarsi.
Sapeva che non avevano scelta, era già abbastanza che la portassero ancora con loro.
Avrebbero potuto lasciarla lì come esca per altri soggiogati, ma la portavano con loro lo stesso pur essendo un peso.
Intanto, nell’altra stanza si sentirono dei rumori come di oggetti che si frantumavano.
I tre ragazzi tornarono nel corridoio principale che dava sulle scale che portavano ai piani superiori.
Improvvisamente un uomo alle loro spalle che indossava un giubbotto antiproiettile nero ed un’uniforme nera urlò: “Eccoli! Al quindicesimo piano!”
Riku sparò senza riflettere costringendo il soldato a ripararsi dietro lo stipite di una porta.
“Andiamo!” Urlò Riku sparando altri colpi costringendo l’avversario a rimanere al sicuro.
Le due ragazze si misero a correre su per le scale, ma quando Riku tentò di raggiungerle alcuni colpi lo ferirono alla gamba.
“Forza, Riku, Vieni!” Lo esortò la bionda.
“Ah! Diavolo, andate via!” Urlò il ragazzo sparando un altro colpo uccidendo l’agente delle forze speciali.
Di nuovo a correre, mentre attendevano pazientemente che Sora arrivasse.
Il palazzo era di venti piani e loro avevano raggiunto il diciottesimo quando le vetrate degli ultimi due furono sfondate da alcuni soldati armati di mitra ed equipaggiati con visori a raggi infrarossi.
“Merda.” Imprecò Riku riparandosi sulle scale del diciannovesimo piano mentre una salva di proiettili sfiorava i loro corpi.
Si misero a correre lungo il corridoio centrale per evitare le zone laterali dell’edificio dove si stavano radunando gli agenti speciali.
“Forza salite!” Le incitò Riku, mentre attendevano Sora che probabilmente si stava ancora confrontando con Vanitas.
Avevano raggiunto l’ultimo piano e stavano imboccando le scale metalliche che portavano al tetto quando un membro delle truppe speciali armato di mitra che sparò.
“AAAARGH!” Riku si prese il ginocchio ferito e si accovacciò dietro l’angolo sparando di nuovo.
“Andiamo, Kairi!” La esortò Naminé tirandola, mentre la rossa sentiva le gambe sempre più doloranti e pesanti.
Il tetto sembrava un miraggio, mentre le armi da fuoco sputavano priettili dalle loro bocche di fuoco.
“Allora ci muoviamo!?” Chiese l’argenteo che stava cercando di tenere a bada una decina di uomini armati di mitra con una pistola.
“È bloccata!” Strillò la bionda in preda al panico cercando di aprire a spallate la porta di metallo che bloccava l’accesso al tetto.
Intanto il rumore delle armi si sovrapponeva a quello della spalla della ragazza contro il metallo che, aiutata dalla sorella, cercava di liberare l’uscita.
“Andiamocene!” Urlò Riku mentre rinfoderava la pistola ormai scarica.
In quell’istante, dall’altra parte della porta, si sentirono dei passi e, con uno scatto metallico, quella si aprì.
“Sora!” Gridarono gli altri tre mentre si precipitavano all’esterno.
Il ragazzo dai capelli marroni chiuse subito la porta.
“Come hai fatto ad arrivare fin qua su!? Eri cinque piani sotto di noi!” Chiese Riku allibito.
“Grazie ai tuoi insegnamenti e ai miei poteri potrei raggiungere qualunque posto anche se avessi i piedi legati.” Disse il ragazzo moro sorridendo.
“E Vanitas?” Chiese Naminé  sorreggendo la sorella che ormai era a mala pena cosciente.
“Sono fuggito, non avevo altra scelta, ma l’ho bloccato.” Spiegò in fretta Sora.
In quell’istante un botto alla porta metallica li allarmò.
“Dobbiamo sbrigarci!” Li incitò la bionda preoccupata.
Tutti si misero sull’orlo dell’edificio.
“Sei sicuro di riuscirci, Sora?” Chiese Riku nervoso, mentre osservava il numero spropositato di metri che li separava dal suolo.
Sotto di loro c’era la strada dei bassifondi della città che altro non erano che le rovine della città vecchia.
Quella prima del Disastro.
“No, ma siamo con le spalle al muro.” Rispose l’amico osservando anche lui preoccupato l’altezza.
“Be’, Aqua e Terra ci aspettano tre isolati più a sud, vediamo di non deluderli.” Lo incoraggiò l’argenteo.
“Bene.” Fece Sora con un respiro profondo mentre stringeva la mano di Kairi, che, nonostante le ferite lo guardava con fiducia.
“Pronti?” Chiese mentre sentiva la porta sul punto di cedere.
“Pronti!” Dissero in coro Riku e Naminé stringendo l’uno la mano dell’altra.
“Via!” Urlò mentre la porta cedette.
Tutti e quattro si lanciarono oltre il bordo dell’edificio confidando che i poteri psichici di Sora li salvassero dalla caduta e che seminassero gli inseguitori.
Riku non osò osservare il terreno che gli si avvicinava ad una velocità paurosa, mentre per un attimo pensò a come tutta quella folle fuga fosse iniziata, chiedendosi cosa sarebbe successo se non avesse mai incontrato Sora.  
 

 
 
 
 
 
 
Allora. Questa pazzia è degna della mia mente malata.
Sì, stiamo parlando di loro; Sora, Kairi, Riku e Naminé. Ma senza keyblade o altri poteri.
Questa storia i ambienta in un mondo di cui ci saranno ragguagli nei prossimi capitoli.
Il capitolo è un po’ corto lo so, ma il prossimo arriverà a breve, spero.
Ringrazio di nuovo Reno_Dedé_Turks che mi ha dato l’ispirazione, quindi il 60% (Se non l’80%) dei complimenti li dovrete rivolgere a lei.
Grazie a chi recensirà.
AxXx

  
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