Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: feenomeniall    12/11/2012    4 recensioni
You’ll never love yourself half as much as I love you’ll never treat yourself right darlin’
But I want you to
If I let you know I’m here for you
Maybe you’ll love yourself like I love you.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


You're perfect to me.
*il banner non vuole farvi morire ora*




Sto vivendo troppe cose e tutte sbagliate.
Non mi sarei dovuta scontrare con lui quel giorno, non mi sarei dovuta illudere di poter stare con lui.
Non sapevo a cosa andavo incontro, sapevo soltanto che tutto ciò che volevo e che avrei per sempre voluto era lui e il suo amore.

 
Era un giorno di metà novembre e avevo da poco compiuto diciotto anni. Me ne stavo seduta davanti al computer annoiandomi di tutto.
I compiti li avevo già fatti nei giorni prima. I libri da leggere li avevo passati tutti. La mia macchina fotografica era scarica, dall’ultima festa di compleanno di una settimana prima. Continuavo a guardare lo schermo sbuffando di tanto in tanto.
Osservavo il mio Facebook e non potevo sopportare di vedere Anna continuare a sparlare di me.
Dal primo giorno in cui i nostri sguardi si sono incrociati, fu come se ci fossimo dichiarate guerra.
Diceva in giro che ero una sfigata, solo perché come lei non la davo ad ogni ragazzo che incontravo. Lei era bella. Alta, magra e formosa nei punti giusti.
Ogni ragazzo della scuola le andava dietro come un cagnolino segue il suo padrone.
Pensa ancora che l’accetteranno a Londra.. povera sfigata”.
Quello stato mi aveva fatta scoppiare in lacrime. Da quando ero nata mia madre aveva deciso che una delle mie più grandi passioni sarebbe stato il ballo e così fu.
Passai dalla danza classica a quella contemporanea a quella moderna.
Mi piaceva ballare, mi rendeva libera e sicura di me stessa.
Quando indossavo le mie scarpette oppure mettevo le mie Nike sapevo che nessuno poteva sconfiggermi.
Ricordo che quel giorno pioveva. Decisi di lasciar perdere Anna e il computer e mi stesi sul letto.
Affondai la testa nel cuscino e ascoltai la pioggia battere sui vetri della mia camera.
Era come una dolce melodia che mi fece cadere in un profondo stato di catalessi, durante il quale fissai il muro bianco davanti a me e pensai alla chiamata che aspettavo da tempo.
A giugno erano venuti due signori di una delle più prestigiose scuole di ballo inglesi e mi avevano osservata.
Avevo mostrato loro tutto quello che avevo imparato e tutto quello che ancora volevo imparare oppure, se ce ne fosse stata l’occasione, insegnare.
Avevo indossato le mie scarpette e, con in leggero inchino, mi ero presentata.
Ogni tanto osservavo il mio gonnellino svolazzare da una parte all’altra e io mi sentivo come lui, libera.
Dopo alcuni minuti, ritornai in spogliatoio e mi cambiai.
Infilai le Nike, un paio di pantaloni e un top. Sentii un’esplosione all’interno del mio corpo e l’adrenalina pervadermi le vene non appena partì la canzone.
Mi alzai dal letto e, prendendo l’iPod con relative casse, andai in soffitta.
Quella stanza era stata del tutto trasformata. Era diventata la mia piccola sala di prova.
M’infilai le scarpe, posai le casse e cominciai a scegliere la canzone.
La mia migliore amica, Giorgia, era fan di una nuova band anglo-irlandese, i One Direction.
Aveva insistito tanto affinché anch’io avessi qualche canzone sul mio iPod.
Così l’accontentai e le diedi il consenso per metterle. Decisi di optare per una loro canzone.
Stand up, sembra abbastanza ritmata.
La feci partire e, nonostante avessi già ascoltato diverse volte delle loro canzoni, mi stupii di come avessi potuto tralasciare una canzone del genere.
C’era una voce tra le cinque che mi piaceva più delle altre.
Giorgia mi fece vedere diverse volte, anche contro il mio volete, dei video lyrics su YouTube. Non vedevo le loro facce, sentivo solo le loro voci.
E quella voce era qualcosa di così dolce e soave che non appena chiudevo gli occhi, mi sembrava di poter sognare davvero.
E questo era successo più di una volta.
Mi spiegò che era provato che ogni loro fan piacessero tutti e cinque, ma uno di loro rubava il cuore per primo.
Si chiamava Niall. Non guardai nessuna sua foto, nemmeno una volta.
Non perché non ce ne fossero, anzi era pieno, ma perché volevo che ci fosse solo la sua voce per me.
Ero nella saletta in soffitta. Mi fermai a prendere fiato, appoggiandomi al muro e lasciandomi scivolare.
Afferrai il piccolo asciugamano che avevo deciso di prendere all’ultimo secondo dall’armadietto.
Guardai fuori dalla finestra e ancora pioveva.
La porta si spalancò di colpo e mia madre rimase per alcuni secondi sulla soglia tenendo tra le mani una busta bianca.
Si avvicinò a me, tendendo il braccio in modo che potessi prenderla.
E così feci. Notai subito il francobollo raffigurante la regina Elisabetta II e il cuore cominciò a battermi forte nel petto, quasi volesse uscirmi fuori.
Guardai mia madre e poi di nuovo la busta, aprendola con cautela quasi non volessi vedere il contenuto per paura di leggere di un rifiuto.
Estrassi la lettera delicatamente e, prendendo un respiro profondo – molto profondo – la lessi.
Scorrevo tra le righe velocemente, cercando il punto che mi interessava maggiormente.
Quando lo trovai sentii solamente un tuffo al cuore e le lacrime cominciare a rigarmi il viso.
Con la presente, ci teniamo ad informarla che lei è stata accettata
Né io né mia madre riuscivamo a credere ai nostri occhi.
Ero riuscita finalmente a realizzare il mio più grande sogno.
L’aspettiamo il primo dicembre duemilaundici”.
Guardai mia madre che corse subito al piano inferiore, saltellando dalla gioia.
La sentii parlare con la nonna, dicendole che ero stata accettata e che non vedeva l’ora di vedermi ballare per le più grandi compagnie teatrali del mondo.

Venti dicembre duemilaundici

Erano passati una ventina di giorni da quando mi ero trasferita a Londra lontana dalla mia famiglia e da quei pochi amici che avevo.
Era stati giorni vissuti intensamente. Tra un allenamento e l’altro non riuscivo che ad essere felice di quello che stavo facendo.
La nostra insegnante, una certa Mrs. Trouble, una donna sulla cinquantina, dagli occhiali rossi e un accento tutto tranne che inglese, ci comandava a bacchetta.
Un giorno era entrata nell’aula con una cartellina e ci aveva fatte riunire tutte attorno a lei.
Lucy, una ragazza del mio corso, con la quale avevo instaurato un buon rapporto, mi prese per mano.
Gliela strinsi sussurrandole di non temere nulla.
Mrs. Trouble ci informò che il giorno seguente si sarebbe tenuta una puntata di X-Factor e servivano delle ballerine per diverse performance.
Lucy mi guardò e vidi nei suoi occhi una scia luminosa. Poteva esserci giorno più bello?

Ventuno dicembre duemilaundici

Con Lucy che mi teneva per mano, entrammo negli immensi backstage degli studi di X-Factor.
Solo al pensiero che quella sera mi sarei dovuta esibire su un palco in diretta nazionale mi fece tremare le gambe.
Per un attimo pensai di poter svenire.
Presi il cellulare e mandai un messaggio a mia madre, informandola, dato che il giorno prima non avevo credito.
Mi rispose subito che avrebbe fatto di tutto pur di vedermi e che avrebbe chiesto a mio fratello, Luca di cercare anche su Internet.
Mrs. Trouble si mise subito all’opera dandoci le indicazioni sulle entrate e le uscite. Il resto del balletto, disse, lo ripasseremo nel pomeriggio con gli artisti.
Annuimmo e ci lasciò andare a scaldarci e a fare un giro.
Avete presente quando vi sentite scoppiare e non riuscite più a trattenerla? Ecco, Lucy se la stava facendo addosso letteralmente.
Mi chiese, supplicandomi, di accompagnarla. Cominciò così un inseguimento.
Mi fermai un secondo per sistemarmi uno scaldamuscolo e, quando alzai la testa, lei era completamente sparita.
Mi guardai attorno, spaventandomi per un attimo di essermi persa.
Cominciai a correre lungo il corridoio fino a che non andai a cadere tra le braccia di qualcuno.
Appoggiai le mani sul suo petto per allontanarmi e rimasi ammaliata dalla bellezza di quel ragazzo.
In un attimo dimenticai il perché stessi correndo per quel corridoio e ringraziai di essermi fermata.
“Tutto okay?”. La sua voce mi ricordava immensamente qualcosa di famigliare.
Era come una musica per le mie orecchie. Una dolce melodia che risuonava.
“Io.. io credo.. di.. di si” risposi. Lo vidi sorridere e, nonostante avesse i denti leggermente storti, m’innamorai di quel sorriso.
Era uno dei più belli che avessi visto in tutta la mia vita. Poi guardai più su e mi maledissi.
I suoi occhi color dell’oceano mi stavano guardando come a volermi analizzare nel mio intero essere.
Sentii una scossa quando mi prese la mano, stringendola.
“Io sono Niall”. E fu lì, con quelle tre parole, che il mio cuore prese a sobbalzare da una parte all’altra del mio petto.
Sentii nascere un sorriso spontaneo; un sorriso che ricordo di non aver mai rivolto a nessuno. Sincero.
“Io sono Marta” risposi stringendogli la mano.

Trentun dicembre duemilaundici

Mancavano meno di cinque minuti allo scoccare della mezzanotte e dell’anno nuovo.
Liam e Danielle, un’altra ballerina della mia stessa scuola, si tenevano per mano guardando verso il grande schermo in mezzo a Piccadilly Square.
Louis ed Eleanor, mentre Harry e Zayn continuavano a farsi scherzi di qualsiasi tipo. Ero diventata amica della band in pochissimo tempo. Erano la simpatia fatta a persona per non parlare delle loro ragazze.
Fin da subito Eleanor si accorse del feeling che c’era tra me e Niall.
Molte persone non credono al colpo di fulmine, bè.. io si. Ed è quello che era successo con lui quel giorno, in quel corridoio degli studi.
Mi ero completamente innamorata di lui. Non mi aveva ancora chiesto di essere la sua ragazza, ma a me andava bene così.
Mancava un minuto allo scoccare del duemiladodici e di Niall nessuna traccia.
Mi aveva scritto poco prima dicendomi che stava svoltando l’angolo di una via e che stava per arrivare.
“Cinque!”.
Uno. Occhi chiusi.
“Quattro!”.
Due. Occhi aperti.
“Tre!”.
Tre. Occhi chiusi.
“Due”.
Quattro. Occhi aperti.
“Uno!”.
Cinque. Occhi chiusi.
“Buon anno!”. Le urla della gente cominciarono ad assordarmi. C’era una cosa che mi impediva di aprire gli occhi.
Delle soffici labbra si erano appoggiate delicatamente sulle mie poco prima che finisse il countdown.
Sorrisi scontrandomi con loro. Il suo profumo mi entrò dentro, indisturbato.
“Buon anno, Marta” sussurrò.
“Buon anno, Niall”.

Quindici gennaio duemiladodici

Sono appena salita sull’aereo che mi riporterà nella mia adorata Verona, lontano da paparazzi e qualunque altra cosa mi ricordi quel ragazzo.
Non potevo più sopportare tutti quegli insulti ogni volta che mi vedevano per mano al più bel regalo che la vita potesse farmi.
Avevo deciso di essere forte per me, per noi. Non ero riuscita a mantenere la promessa.
“Signorina, spenga il cellulare” mi dice cortesemente un’hostess. Le sorrido e, inviando un messaggio a mia madre, spengo il telefono.
Mi sistemo nel seggiolino e guardo fuori dalla finestrino.
La città scorreva sotto i miei occhi e non potevo non piangere. Mi asciugo velocemente una lacrima e chiudo gli occhi.

Aeroporto di Villafranca, Verona

L’aereo atterra senza complicazioni. Prendo la borsa e scendo seguendo la fila di passeggeri che mi precede. Respiro profondamente.
Scendo le scalette e mi avvio allo scarico bagaglio. Aspetto la mia valigia e mentre mi appresto ad andare verso l’atrio principale, vedo la metà delle persone presenti voltarsi verso destra e decido di farlo anch’io.

You’ll never love yourself half as much as I love you’ll never treat yourself right darlin’
But I want you to
If I let you know I’m here for you
Maybe you’ll love yourself like I love you
,

Niall, con in mano una chitarra, canta guardandomi negli occhi. posso giurare di essermi messa a piangere davanti a tutti. I ragazzi dietro di lui intonano delle note.
Si avvicina, posa una mano sulla mia guancia e mi asciuga una lacrima.
“Ho avuto una scusa per usare il jet privato”. Si abbassa su di me e posa le sue labbra sulle mie, scatenando gli applausi dell’intero aeroporto.
Sorrido sotto i suoi baci e, prima di scostarsi, mi lascia un bacio sulla fronte.
Tu sei perfetta per me”.






Would you see me? (:

Mi sono messa come protagonista di questa storia e posso dirvi che 
ci mancava poco che avessi un'infarto quando l'ho riletta. Tutto quello che
succede ovviamente è messo in ordine casuale. Sì, insomma, ho fatto di
testa mia come al solito. 
Spero vivamente che Carla non muoia da un momento all'altro e che riesca
a sopravvivere anche al banner, riuscendo a leggere questo (:
Vi chiedo di passare anche da Solo un numero è un'altra mia OS e ci tengo
tantissimo.
Pace & Amore.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: feenomeniall