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Autore: dragon_queen    13/11/2012    4 recensioni
"Vi siete mai chiesti cosa si provi a essere amati da Lucifero in persona? O meglio, essere posseduti da quell'angelo così bello e arrogante da essere stato scacciato dal Paradiso da Dio stesso?"
Questa storia parla di Laila, la quale si troverà incappata in qualcosa più grande di lei, ma la quale le farà capire che non sempre le tenebre nascondono qualcosa di malvagio...
Spero di avervi incuriosito e vorrei sapere cosa ne pensate. Buona lettura XD
[Aggiunta copertina nel prologo XD]
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Avete presente quando si va a sbattere contro un muro e non recependo bene il messaggio lo si rifà per una seconda volta? Quel dolore intenso che vi annebbia il cervello e non vi fa ricordare esattamente neanche il vostro nome?

Ebbene, quella fu la sensazione che mi colpì mentre ascoltavo quelle quattro innocue parole, ma che ebbero l'effetto di farmi sprofondare in uno scuro oblio.

Lentamente mi portai le mani sul ventre, accompagnate dal mio sguardo spento.

-Stai mentendo...- sussurrai rivolta a Gabe.

Sentii lui afferrarmi rudemente per le spalle, scuotendomi con poca grazia.

-Laila, vorrei che fosse una bugia, ma il Consiglio ha sentito distintamente la creatura dentro di te, la “sua” creatura-

-Come è possibile?- chiesi, con la voce ormai rotta dal pianto.

-Non lo so. Fino ad ora per quelli come noi non è stato possibile generali con dei normali esseri umani e non riesco a spiegarmi come sia possibile che tu aspetti un figlio suo-

Era deluso, arrabbiato, non riusciva a guardarmi negli occhi. Ma non era colpa sua, non poteva autodistruggersi in quel momento per un errore che io avevo compiuto.

-Dobbiamo andarcene- disse poi, allontanandosi bruscamente da me.

-Perchè?-

-Adesso il Consiglio sa della tua gravidanza e non può permettere che Lui abbia una discendenza. Quindi farà l'unica cosa possibile, dato che il feto è protetto da un incantesimo che neanche loro sono capaci di spezzare: uccidere la madre-

 

Mi paralizzai, alzando i miei occhi sino a quando non incontrai i suoi: era serio, mi stava dicendo la verità.

-Quindi? Dove andiamo?-

-Torneremo sulla Terra e ci nasconderemo, almeno per il momento. Poi troveremo il modo per farti perdere quel bambino-

Una pugnalata mi giunse dritta al petto a quelle sue parole e d'istinto mi portai nuovamente le mani al ventre. Come poteva parlare in quel modo? Era vero, il figlio era di Alec, ma era pur sempre un essere vivente, una creatura che aveva bisogno di essere protetta. Per il momento non dissi niente, in quanto non sapevo neanche io esattamente cosa pensare.

Stavo là, seduta sul letto, mentre osservavo Gabe percorrere la piccola casetta a passo marziale, raccogliendo vestiti e provviste in un unico borsone. Dopodichè, con uno schiocco di dita, cambiò gli abiti ad entrambi.

-Ci dobbiamo muovere- disse, mentre lanciava una rapida occhiata all'esterno, dove il sole non era ancora albeggiato, mentre faceva a me segno di raggiungerlo.

Dopo un attimo di titubanza, obbedii al suo celato ordine e mi posi al suo fianco, mentre lui schiudeva prudentemente la porta.

-Dobbiamo trovare un piazzale per il teletrasporto. Vieni, seguimi- disse di nuovo lui.

Io non ero ancora riuscita ad aprire bocca, anche perchè non avrei saputo cosa dire. Mi limitavo a cenni della testa o sguari che facevano intendere che avevo capito.

Gabe mi afferrò saldamente una mano ed entrambi ci mettemmo a correre per il piccolo borgo che io non ero riuscita purtroppo a vedere nel suo complesso. Mi sentivo debole e spossata, ancora reduce degli effetti del rito, ma sapevo che per me rimanere là sarebbe stato un grosso problema.

Adesso non ero più sola, ma dovevo pensare anche alla creatura che mi portavo dentro. Nonostante sapevo che sarebbe stato impossibile, in quel momento mi sembrò quasi di sentirla.

D'improvviso i nostri passi vennero accompagnati da grida e il chiaro clamore di un inseguimento.

-Cavolo, si sono accorti della nostra fuga. Dobbiamo muoverci-

-Ma tu sei un Arcangelo, Gabe, non puoi provare a farli desistere?- gli chiesi ingenuamente.

-Il Consiglio è al di sopra anche di noi Arcangeli. Non posso fare niente se non aiutarti a scappare-

Finalmente raggiungemmo una piccola piazza racchiusa da delle basse casette.

-Qui va bene- concluse lui, fermando si botto, tanto che rischiai quasi di travolgerlo.

Con un gesto secco mi afferrò e mi portò contro il suo petto, mentre vedevo delle candide ali bianche spuntare luminose dalla sua schiena.

Chiuse gli occhi, cercando la concentrazione. La prima volta era stato più veloce in quanto aveva risvegliato parte del suo potere per battersi con Alec, ma in quell'occasione aveva bisogno di qualche minuto.

Mentre tentavo di aiutare in qualche modo Gabe a rimanere concentrato, da una delle strade secondarie che finivano nella piazza apparve un manipolo di uomini armati, che si fermarono a pochi metri da noi. Tutti avevano aperte sulla schiena ali piumate di un colore che andava dal ceruleo al blu notte.

Gabe aprì gli occhi, incontrando quelli di colui che probabilmente doveva essere il comandante di quegli angeli. Pareva sulla trentina, con lunghi capelli biondi legati in una coda e occhi castani, fisico atletico e ben proporzionato. Ma c'era qualcosa in lui che mi fece pensare a tutt'altro tranne che un angelo.

Vidi lo sguardo di Gabe farsi serio e arrabbiato.

-Non pensavo avrebbero chiamato te per questo compito-

-Dovresti saperlo, Gabriele. Ogni cosa che riguarda lui mi compete-

Poi lo sguardo dello sconosciuto si posò su di me.

-Lascia la donna, Gabriele. È un essere impuro e corrotto dal suo male. Non si merita la protezione di un Arcangelo- disse quello, muovendo un passo verso di noi.

Di colpo mi ritrovai nascosta dietro la schiena di Gabe, protetta dalle sue ali.

-Non osare avvicinarti. Nonostante siamo come fratelli, non permetterò che tu faccia del male a Laila-

-Laila? Adesso la chiami anche per nome? Quanto sei stato corrotto da lei, “fratello”?-

Chi era quell'uomo? Perchè riusciva a percepire il timore che la sua presenza provocava a Gabe? Era davvero così potente?

-Lei non è come le altre. Lei è speciale-

L'altro scoppiò in una risata, poi tornò a fissare Gabe.

-Sei davvero caduto così in basso, Gabriele? Ti sei abbandonato addirittura agli umani sentimenti come l'amore? Io lo dicevo che tu non eri adatto per la missione, ma nessuno mi ha ascoltato, nonostante faccia parte della gerarchia più vicina al divino. Hanno detto “Ce la farà, ha bisogno solo di una possibilità” e io invece avevo già previsto come sarebbe andata. Ma sarò magnanimo: se tu mi consegnerai la donna, io farò da tramite tra te e Lui in modo da non farti cacciare o punire per il tuo fallimento e la tua disobbedienza-

Mosse un altro passo verso di noi, mentre vedevo il corpo di Gabe abbandonarsi all'autocommiserazione.

-Ho sbagliato tutto...- lo sentii sussurrare e d'istinto mi strinsi ancora di più contro la sua schiena, poggiando una guancia all'altezza dei suoi polmoni, sentendo il respiro reso difficile dalla tensione.

-Gabe, tu mi hai aiutato, hai cercato di salvarmi. Non è colpa tua...- dissi io, sempre in un sussurro, ma certa che lui mi avesse sentito.

-Sono debole, Laila, ma non voglio che ti portino via-

-E allora combatti. O meglio, facciamolo insieme-

Mi sembrò che una scintilla si fosse riaccesa dentro di lui. D'un tratto una colonna di luce ci invase entrambi, mentre lui si voltava e mi chiudeva tra le sue braccia e il suo petto. Poi entrambi tornammo a fissare l'altro angelo, il quale aveva arretrato di un passo e ci stava rivolgendo uno sguardo colmo di rabbia.

-Vi troverò Gabriele!! Stanne certo!!- ci gridò poco prima che sparissimo nella luce.

Ma furono le parole di Gabe a stupirmi:

-Ed io ti aspetterò Michele...-

 

POV ALEC (LUCIFERO)

 

Mi facevo schifo da solo. Era bastato che lei se ne andasse per diventare di colpo l'ombra di quello che ero sempre stato.

Me ne stavo chiuso in quella stanza, al buio, senza neanche mangiare. Già, dopo che mi ero fatto quella scorpacciata il giorno prima, non avevo più avuto il coraggio di avvicinare una sola ragazza.

Cosa diamine mi stava capitando?!?

Da quando mi sentivo in quel modo? Dov'era finito il signore degli Inferi, colui che godeva nel veder soffrire gli altri?

Dovevo riaverla, ne valeva della mia reputazione e del mio orgoglio.

Ad un tratto una sensazione mi costrinse ad alzarmi dalla poltrone sulla quale vegetavo da quasi due giorni. Chiusi gli occhi, concentrandomi, mentre le mie labbra si inarcavano in un sorriso maligno.

Avevano fatto prima di quanto pensassi e mi avevano anche risparmiato la fatica di andarli a cercare.

Che la caccia abbia inizio...

 

Mi poggiai ad uno dei muri dello stretto vicolo nel quale eravamo riapparsi, piegandomi in due con un forte mal di stomaco.

Poi ripensai a quello che era capitato e al nome che Gabe aveva pronunciato: Michele. L'arcangelo più potente di tutti, un serafino, braccio destro del Creatore, stava ora dando loro la caccia.

Una mano su di una spalla la fece voltare, incontrando lo sguardo celeste di Gabe.

-Andiamo. Siamo quasi arrivati-

Il cielo si stava appena rischiarando, mentre intorno a noi avvertivo la città svegliarsi. Mi portai una mano al ventre, sperando di riuscire a capire se il bambino stava bene e una sensazione mi fece capire che era tutto a posto.

Camminammo per qualche minuto, sino a trovarci davanti ad un piccolo complesso a tre piani, isolato dal resto dei palazzi, con un piccolo giardino che ne delimitava il perimetro.

Gabe mi fece cenno di seguirlo mentre mi teneva aperto il portone d'ingresso. Prendemmo l'ascensore per salire sino al terzo piano, dove lui aprì una porta blindata che dava accesso ad un piccolo bilocale.

-L'ho comprato qualche tempo fa per usarlo come base durante le mie missioni sulla Terra. Non avrei mai pensato di portarci qualcuno, però. Nessuno ne conosce l'ubicazione, quindi per ora è il posto più sicuro che abbiamo-

Io non risposi, ma mi limitai a guardarmi intorno: l'ingresso dava direttamente in un mini salotto, diviso dalla cucina solo da una sorta di bancone. Attraverso uno stretto corridoio si arrivava alla camera da letto, il bagno e il rispostiglio. Su una delle pareti del salotto stava un'ampia porta finestra, la quale dava su un piccolo terrazzo illuminato quasi sempre dal sole.

Nonostante Gabe avesse detto che non era solito fermarsi in quel posto, l'aria non sapeva di chiuso, anzi.

-Vuoi un caffè?- mi chiese vicino ad un orecchio, mentre mi aiutava a togliermi la giacca.

Io arrossii, prima di rispondere:

-Si, grazie-

Lui sorrise e si allontanò verso il cucinotto. Io invece mi sedetti sull'ampio divano a penisola.

-Fai come se fossi a casa tua. Se hai bisogno di una doccia, vai pure, mentre io rimedio degli asciugamani e della biancheria- disse lui dalla cucina.

-Grazie, ma per il momento va bene così- dissi, mentre poggiavo la testa sullo schienale del divano e distendevo le gambe, lasciandomi sfuggire un sospiro.

Chiusi per un attimo gli occhi, sfinita e i miei pensieri viaggiarono verso colui che mi aveva messo in tutto quel pasticcio. Eppure perchè non riuscivo ad odiarlo fino in fondo? Una parte di me avrebbe voluto ucciderlo all'istante, ovunque si trovasse, mentre all'altra mancava in modo terribile.

Come mi sarei dovuta comportare? Avrei dovuto chiamarlo per fargli sapere dove mi trovavo oppure sarebbe stato meglio rimanergli lontano, rischiando però di incorrere nella sua ira quando mi avesse trovata?

E poi con il bambino? Gabe aveva detto che avrebbero trovato un modo per farmi abortire, ma non ero sicura che quella fosse la cosa che desideravo.

-Laila, il caffè è pronto- mi raggiunse la voce calma di Gabe ed io schiusi le palpebre, annusando avidamente l'odore di quella nera bevanda.

Mi ritrovai una grande tazza davnti agli occhi, fumante e la presi dalle mani di lui, il quale mi raggiunse, sedendosi accanto a me.

-Come ti senti?- mi chiese, mentre mi sistemava un ciuffo di capelli dietro un orecchio, facendomi rabbrividire.

-Non credo di sapere come rispondere a questa domanda- dissi, mentre mi portavo la tazza di caffè alle labbra, soffiando leggermente per evitare di ustionarmi.

-Si sistemerà ogni cosa. L'importante è rimanere nascosti per il momento- continuò lui, continuando a giocare con i miei capelli.

Dovevo ammettere che quella sensazione che in quel momento lui risvegliava in me mi facevano stare bene, rilassata, mi permettevano di dimenticare tutto ciò che fino ad allora era successo. Ma per l'ennesima volta, lui non era forse quello che in quel momento avrei voluto accanto a me.

Mi abbandonai comunque al suo tocco, poggiando la testa sulla sua spalla e sentendo il suo braccio circondare le mie, spingendomi ancora di più contro il suo petto.

Poi una domanda mi venne spontanea:

-Gabe, quanto è pericoloso Michele?-

Lui mi lanciò una fugace occhiata, ma notai che era alquanto preoccupato.

-Michele è uno degli Arcangeli più forti e uno degli angeli più vicini al Creatore. Se lui viene fatto scendere in campo, allora porterà a termine la sua missione, non importa come, ma lo farà. Dopotutto è un Serafino, nato per combattere e proteggere il paradiso. Un tempo combatteva al fianco di Lucifero, prima che lui venisse scacciato. Non gli ha mai perdonato quel tradimento-

-Per questo motivo si sta impegnando in questo modo nel darci la caccia?-

-Non so con esattezza cosa accadde tra di loro, ma so che Lucifero fece qualcosa a Michele che lo cambiò, trasformando la sua devozione verso il Creatore in un catalizzatore per sfogare la sua rabbia e il suo odio. Quando è venuto a sapere di te, probabilmente ha pensato di poter rendere al diavolo pan per focaccia-

-Gabe, ma quelli come voi amano?-

Non so perchè glielo domandai, ma me ne pentii quasi immediatamente. Vidi solo lo sguardo che lui mi rivolse: pareva triste.

-Laila, non so con esattezza cosa sia l'amore nella concezione di voi umani, ma se quello che intendete è sentire il cuore battere quando si vede una persona, iniziare a tremare e non essere mai sicuri di quello che si dice, pensare di vivere solo per lei e fare qualunque cosa per renderla felice, allora si, noi possiamo amare-

Il ragazzo notò che mi ero portata una mano al ventre, accarezzandolo dolcemente.

-Riuscirò a trovare una soluzione per questo intoppo, te lo prometto- disse poi, posandomi un bacio tra i capelli.

-Gabe...- dissi io, allontanandomi da lui e mettendomi in ginocchio sul divano, lo sguardo basso.

-Che cosa c'è?- mi chiese, vedendo la mia indecisione nel parlare.

-Io ci ho pensato e...voglio tenere il bambino- 







N.A. Mi scuso per il ritardo, ma spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. Un saluto a quelli che mi seguono e recensiscono e anche a quelli che non lo fanno. Un bacio a tutti. Marty

  
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