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Autore: PuCcIaFoReVeR    13/11/2012    3 recensioni
Nasuada, ventiquattro anni e ragazza madre, abita con i suoi due figli gemelli in un’abitazione che cade letteralmente a pezzi. Murtagh, il padre dei due bambini, pensa che la ragazza sia emigrata in Brasile per farsi una nuova vita, mentre lei abita casualmente poche case dopo la grande villa della famiglia del ragazzo. Ignaro della sua paternità, si trova i due bambini sulla porta di casa, che cercano di vendere biscotti per racimolare qualche soldo per aiutare la madre a pagare le bollette. Intanto Nasuada conoscerà Eragon, il fratello minore di Murtagh, del quale non era mai venuta a conoscenza. Il ragazzo s’innamora della giovane donna e versa anonimamente tutti i mesi una modesta somma di denaro nel conto corrente della fanciulla. A causa di un incidente, il padre di Nasuada è sottoposto ad una difficile operazione e lei è costretta a lasciare i figli ad Eragon per un po’ di tempo. Proprio nella stessa dimora dove vive Murtagh...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Murtagh, Nasuada, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pov Gemma
Murtagh si alzò di scatto, ansimante e con la paura dipinta sul volto. Mi alzai piano dal divano, dove ero seduta tranquillamente fino a trenta secondi prima, e mossi qualche passo verso di lui. Scosse la testa e uscì dalla stanza a passo svelto. Lo seguii correndo e lo vidi salire le scale a tre gradini alla volta e sentii una porta chiudersi un po’ troppo bruscamente e una chiave rigirarsi nella serratura. Ryan mi raggiunse e gi guardammo in modo interrogativo. «Credi che stia male?» gli chiesi sommessamente. Lui scosse la testa. «Chiamiamo Selena. Lei saprà cosa fare.»
Su un piccolo tavolo accanto al telefono trovammo un’agenda telefonica. Proprio quello di cui avevamo bisogno. Aprimmo la prima pagina e scorsi il dito sulle lettere impilate, fino alla S. Aprii la pagina corrispondente e iniziai a leggere i nomi. Voltai diverse pagine per assicurarmi che il numero ci fosse, ma questo era sconosciuto a quella carta. «Non c’è... e ora che facciamo?» chiesi a mio fratello. Scosse la testa e mi disse di riguardare. Fu quello che feci. Una, due, tre, quattro volte. Ma niente. Non c’era. Chiusi il libricino e mi soffermai a guardare distrattamente la copertina. Un cuore di vetro faceva da contenitore per una vecchia foto, probabilmente Selena, Murtagh ed Eragon. L’accarezzai con due dita, ripassando il contorno della cornice, quando mi venne l’illuminazione. Aprii e guardai nel retro della copertina. Tolsi i gancini che tenevano fermi cartone e vetro e osservai il retro della foto. Scritto da un bambino vi era la parola MAMMA seguita da un numero di telefono. Perfetto! Presi il telefono cordless e digitai il numero, sperando che fosse quello giusto. Suonò a vuoto le prime due volte, poi prese la linea una voce femminile. «Murtagh? Va tutto bene? È successo qualcosa ai bambini?» chiese un po’ preoccupata.
«Selena, sono io, Ryan. Murtagh sembra... beh... è... come... come se fosse sotto shock. Si è chiuso nella sua stanza e non vuole uscire...» rispose Ryan prendendomi il telefono dalle mani più veloce della luce.
«Ha mangiato dei pistacchi? Lo sa che è allergico...» chiese lei sbuffando.
«No... Ti posso assicurare che non è così... stavamo solo parlando... Cosa possiamo fare?»
«Io non posso uscire di qui... Vi manderò Eragon urgentemente...»
«Ok, grazie.»
«Ci vediamo a cena, stelline. Ricordatevi di chiamare vostra madre... sarà in pensiero...»
«Lo faremo... dobbiamo dirle dell’incidente di Murtagh?»
La voce di Selena si fece agitata e schiva. «Ehm... sarebbe... sarebbe meglio di no... per il momento ditele che state bene... ci penserò io al resto...»
«Va bene... Ciao...» Ryan posò il telefono sul tavolino e mi guardò protettivo.
*************************
Pov Murtagh
Avevo passato tutto il pomeriggio nella mia stanza a guardare il vuoto. Le mie guance tiravano a ogni mio minimo movimento, segno che avevo pianto anche un bel po’. Mi passai una mano tra i capelli e trovai diversi nodi. La camicia era stracciata e sul pavimento e diverse perline erano sparse sulla moquette. Cercai la collana che portavo sempre attorno al mio collo ma non la trovai. L’avevo rotta. Uno dei pochi ricordi di Nasuada era andato perso. Mi presi la testa tra le mani per cercare di fermare il mal di testa che mi provocava fitte alle tempie e osservai l’orologio. Erano le nove di sera. Il mio stomaco iniziò a chiedere cibo e mi sforzai di raggiungere l’armadio. Indossai una t-shirt attillata e scesi le scale a due gradini alla volta e mi trovai in cucina, impietrito davanti a Gemma e Ryan. Sangue del mio sangue. Eppure, nonostante ciò, il mio cuore aveva rallentato e il mio respiro era cessato improvvisamente. Mossi qualche passo verso il mio posto con gli sguardi di tutti addosso. Mamma mi sorrise per incoraggiarmi, mentre mio fratello e mio padre non mi degnarono nemmeno di un saluto o un cenno del capo. Mi sedetti e iniziai a mangiare, guardando di sottecchi i due bambini. «Papà, mi passeresti il sale?» chiese Eragon indicando con il cucchiaio il contenitore bianco. Sussultai nel sentire quella parola... Papà...
«Uh... Papà... anche l’olio, per favore...» Sussultai ancora. Presi il bordo del tavolo con le mani e lo strinsi più che potei, cercando di non svenire.
Mamma mi guardò preoccupata e io scossi la testa, ma il mio movimento non sembrò particolarmente deciso. «Alza il volume, papà...»
«Oh, andiamo, Eragon! È già abbastanza alto...»
«Papà... per favore, papà!» supplicò Eragon. Scattai in piedi e mi rifugiai nello studio, scivolando per terra con la testa tra le mani.
  
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