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Autore: RainbowCar    13/11/2012    4 recensioni
FF iniziata quando DAI non era ancora stato rilasciato. In questa storia gli eventi di Inquisition non sono mai accaduti: ho scelto di immaginare i miei eroi e le loro storie; personaggi nuovi che inevitabilmente incontrano quelli di DA:O e DA2.
"Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti, e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme, mostruoso. Era venuto per uccidere."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Custode, Hawke, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le rovine erano avvolte da fitti rampicanti, le rocce erose dal tempo. Non c’era traccia di vita, nulla che potesse indicare la presenza di un uomo in quella terra abbandonata. E invece qualcuno c’era.
Una vecchia rocca crollata era diventata il rifugio dell’uomo più ricercato del Thedas.
Avevo sentito parlare di lui da mia madre. A quanto pare, era il fautore di un grosso cambiamento, ancora purtroppo in atto. Finalmente davo un volto a tutte quelle storie e leggende narrate nei romanzi e nelle canzoni dei menestrelli.
“Ti ho portato una persona” gli disse Feron appena scorse la sua ombra in un angolo buio dell’edificio in rovina. Due occhi spuntarono luminosi nell’oscurità.
“Ci possiamo fidare?” disse una voce che aveva ben poco di umano.
La creatura abbandonò il buio e si rivelò. L’aspetto era quello di un uomo ma una strana iridescenza azzurrognola si irradiava intorno a lui.
“Posso parlare col mio amico?” domandò Feron, con mio stupore. Non vedevo nessun altro nella stanza.
“Feron, sei tu?”
Improvvisamente la creatura smise di emettere la tetra energia e sembrò tornare nel suo mondo. Era umano ora, a tutti gli effetti. Anche la sua voce era cambiata. Tranne gli occhi. Quegli occhi spalancati, guardinghi, irrequieti. Sembravano gli occhi di un folle. E forse non era da escludere che lo fossero.
“Si amico mio, sono proprio io. E ti ho portato qualcuno che potrebbe fare al caso tuo”.
“Davvero?” chiese entusiasta l’eretico. “Proviamo allora!”
 
Non ebbi nemmeno il tempo di rendermene conto che una scarica energetica bluastra si diresse verso di me, colpendomi in pieno. Riuscii ad attivare appena in tempo un’esplosione mentale che fece barcollare i due uomini, ma non riuscii a evitare l’attacco che mi scaraventò a terra. Mi rialzai, furiosa e dolorante, e scatenai una pioggia infuocata.
Ci ero cascata come una stupida. Mi ero fatta ingannare da un bel sorriso e un paio di occhi verdi! Non riuscivo a capire cosa potessero volere da me, ma qualunque cosa fosse non l’avrei ceduta senza combattere. Notai che Feron si era messo in disparte, come per assistere a uno spettacolo. Codardo! Lasciava il lavoro sporco al suo amico… ladruncolo da strapazzo.
Un’onda d’urto colpì il mio braccio, facendomi sanguinare. Era solo un graffio, ma contribuì ad accrescere la mia rabbia.
Un forte vento ora soffiava nella stanza. Mi era quasi impossibile stare in piedi e lanciare un incantesimo era fuori discussione. Arretrai a fatica, senza altra possibilità di scampo. Uscii dal rudere e aspettai che la furia del tornado si placasse. Inspirai profondamente. La forza bruta non sarebbe bastata. L’eretico era estremamente potente e la mia abilità di mutaforma non mi avrebbe aiutata. Rimandai la guarigione della mia piccola ferita per concentrare tutte le mie energie nell’attacco successivo. Aspettai pazientemente che il nemico venisse a cercarmi, appostandomi di fianco all’entrata, e non appena il mago varcò la soglia, lo congelai con un raggio gelido.
Mi precipitai all’interno. Avevo un conto da regolare con Feron.
“Aspe...” tentò di dire, ma una scarica elettrica lo tramortì all’istante.
 
Si risvegliarono con mani e piedi legati con una robusta edera che cresceva in abbondanza in quella zona.
“Sto decidendo cosa fare di voi” dissi loro non appena riaprirono gli occhi.
“Notevole” affermò il mago, rendendosi conto della situazione in cui era.
“Che ti dicevo?” rispose il suo amico. Sorridevano. Sembravano quasi divertiti.
“Adesso esigo delle risposte!” esclamai io interrompendo le loro risatine sarcastiche.
“In realtà ho io una domanda da porti” fece il mago, liberandosi dai nodi con estrema facilità, quasi fossero di paglia.
“Non un’altra mossa!” intimai puntandogli il bastone contro. “Sei sotto tiro”.
“Tranquilla, non ho nessuna intenzione di fare un altro passo. Solo di parlarti”.
 
 
Un miagolio salutò la nostra partenza.
“Lui è Ser Pelosotto III” ci aveva detto Anders.
La palla di pelo si strofinò sui miei calzari e io non potei fare a meno di chinarmi e concedergli una grattatina dietro le orecchie. Il gatto chiuse gli occhi, beato, cominciando la sua roca sinfonia.
Feron salutò il suo amico con un abbraccio.
“Ci rivedremo presto” gli disse. “Abbi cura di te”.
“Vorrei che fosse così, Feron, ma il mio corpo non potrà essere una dimora adeguata per Giustizia ancora per molto, lo sai”.
Lo sguardo del ladro si incupì, ma il mago lo incoraggiò: “Non intristirti, sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato, la corruzione dei prole oscura mi ha indebolito più di quanto abbia fatto lo spirito, è la vita che ho scelto e io non ne sono pentito, non più almeno, da molti anni ormai”.
Feron ritrovò il suo sorriso. “E poi ti è andata bene, pensa se ti avessero trovato il templari, a quest’ora non saresti qui a tendere agguati a fanciulle indifese!”
“Hai ragione amico mio, poteva andare molto peggio di così!”
Scoppiarono in una fragorosa risata. Io mi ero allontanata insieme a Ser Pelosotto per lasciare loro il tempo di dirsi addio.
“Tieni”. Anders porse a Feron una piccola pergamena avvolta in un nastro scarlatto.”Ho bisogno che tu mi faccia quest’ultimo favore”.
“Ho capito”, rispose il ladro,”ti giuro che lo farò”.
 
 
Eravamo in viaggio da un paio di giorni ormai e Feron era stranamente taciturno.
Anders mi aveva messa alla prova e poi mi aveva chiesto di combattere la sua guerra contro la chiesa e io naturalmente avevo rifiutato.
“Combatto già per me stessa”, gli avevo detto. Anders non era sembrato deluso o contrariato dalla mia risposta, anzi, mi era sembrato compiaciuto.
“Non potevo sperare in una risposta migliore. Sono sicuro che qualunque cosa tu faccia sarà un’ulteriore spina nel fianco per quei maledetti templari”.
 
Il fuoco ardeva al centro dell’accampamento, quando vidi Feron addentrarsi nell’oscurità della foresta. Ebbi la tentazione di seguirlo, per chiedergli a cosa stesse pensando, ma desistetti. E mi resi conto di non sapere molto di lui. Mi aveva raccontato tante storie sul Ferelden, qualcuna anche su Antiva, ma di lui mi aveva detto poco o niente. Sapevo che era cresciuto praticamente per strada, non aveva mai conosciuto i suoi genitori, e che se l’era cavata viaggiando, rubacchiando, lavorando per persone che non avevano intenzione di seguire le strade della legalità per raggiungere i propri scopi. Gli avevo chiesto se avesse anche ucciso per soldi, ma non mi aveva risposto. Era rimasto sul vago e aveva cambiato argomento. Chissà perché. Forse non erano domande da porre alla gente. Non ero ancora abituata ad aver a che fare con le persone.
Rimasi assorta a osservare il fuoco, quando uno scricchiolio attirò la mia attenzione. Dei passi alle mie spalle schioccavano sulle foglie secche.

“Feron, io volevo chiederti…” mi voltai e vidi una figura. Non era Feron. La figura, esile e aggraziata, abbandonò la penombra avvicinandosi al fuoco. Era un’elfa. Per un istante credetti che fosse Merrill, poi la guardai bene in volto. Aveva lunghi capelli rossi legati in una coda alta, occhi scuri e pelle ambrata.
 
**********************
La regina poche ore dopo l’incontro con Alvius era arrivata a Redcliffe col suo seguito composto unicamente dal suo amico elfo. Mancava da quel luogo da qualche anno ormai, forse due o tre, e la sua visita in città aveva fatto scalpore. I paesani l’avevano riconosciuta subito e si erano prodigati in ogni sorta di servigio, attenzione, premura nei confronti di sua maestà. Dopo aver visitato la chiesa e altri importanti punti di riferimento dove si richiedeva presenziasse una regina in una visita anche solo ufficiosa, si fece annunciare al castello dell’Arle, che raggiunse appena si fu liberata dai convenevoli che permeano la vita di un regnate.
Era notte fonda ormai.
Zevran aveva avanzato l’ipotesi che forse sarebbe stato meglio giungere al castello la mattina dopo, ma lei era la regina, non poteva fermarsi, purtroppo, a dormire in una taverna qualunque. Il castello era l’unica soluzione, per di più Lavriella aveva fretta, quindi l’elfo non aveva insistito oltre.
Lavriella varcò la soglia dell’imponente portone di legno ed entrò nel salone principale. Il fuoco ardeva nel camino, dei vasi pieni di fiori freschi ornavano l’ampia sala, donando all’ambiente un profumo dolce e delicato, in contrasto con l’austerità della dimora.
Una mezza dozzina di cavalieri presenziava all’incontro tra la regina e L’Arle Teagan.
“Sono onorato dalla tua presenza, maestà” le disse Teagan non appena la vide apparire, bella come sempre, e incedere verso di lui con la grazia che l’aveva sempre contraddistinta, anche ai tempi in cui indossava un’armatura e impugnava una spada.
Era passato del tempo dal loro ultimo incontro. Meno di un anno, forse, dato che l’Arle si recava spesso a palazzo per visitare suo nipote e dargli anche dei saggi consigli. Aveva pochi anni più di Alistair eppure era di gran lunga il più saggio tra i due, o meglio, il più abile a risolvere velocemente e pacificamente i problemi legati all’amministrazione e alla giurisdizione di un regno tanto grande. Col tempo Alistair aveva imparato a sbrigarsela quasi sempre da solo, così il tempo passato a Denerim era diventato sempre meno. Purtroppo. Teagan avrebbe voluto avere più spesso la necessità di andare a trovare suo nipote adottivo, ma aveva fatto un buon lavoro con lui e ora non ce n’era più bisogno.
Ormai aveva sempre meno occasioni per vederla.
Ma adesso lei era lì.
Quando fu abbastanza vicina, Teagan si chinò e le baciò la mano.
“Cosa ti porta a Redlciffe?” le chiese.
“Devo parlarti di Connor”.
L’argomento non stupì di certo l’Arle, che si aspettava che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a fargli delle domande dopo quello che era successo alla torre del circolo, ma credeva che sarebbe arrivato un templare, non la regina in persona. Di sicuro quello che era accaduto era un fatto molto grave, ma non così grave da scomodare sua maestà. Non poteva aver fatto tutta quella strada solo per chiedergli dove fosse finito suo nipote Connor.
“Se non ti dispiace, vorrei discuterne con te in privato” aggiunse poi la regina.
L’Arle annuì. Era d’accordo. Se non l’avesse fatto lei, probabilmente gliel’avrebbe chiesto lui.
 “Accomodiamoci nel mio studio”.
Lavriella seguì l’Arle insieme a Zevran.
“Aspettami qui”, disse all’elfo prima di entrare nello studio.
“Certo! Ormai sono diventato bravissimo a sorvegliare le porte, ti assicuro che la terrò d’occhio!” ironizzò lui, restando fuori.
 
 
“Non sapevo cosa avesse in mente Connor, ha scioccato anche me.”
Teagan era sincero. Non si aspettava una cosa del genere da suo nipote. Non avrebbe mai creduto che sarebbe stato capace di abbandonare sua madre e sparire.
“Forse dovresti parlare con Isolde, ma non credo ne sappia più di me” suggerì infine.“Adesso starà riposando nelle sue stanze, ma se vuoi la faccio chiamare subito”.
Isolde era stravolta. Il suo bambino era svanito nel nulla, non poteva darsi pace. Era preoccupata ma confidava che ora fosse felice e quella speranza le dava un po’ di forza.
“Cosa succederà a mio figlio se lo troveranno?”
“Se lo troveranno i templari, sarà imprigionato e forse giustiziato”
“OH!” la donna emise un gemito disperato.
“Ma se lo trovo io per prima…potrei impedirlo” la consolò la regina.
Isolde annuì, speranzosa.
Lavriella si sentì un po’ in colpa. Non era certo corsa fin lì per aiutare Connor, ma solo per il suo egoismo.
Eppure doveva continuare a chiedere.
“Se c’è qualcosa...qualunque cosa che possa aiutarmi a trovare Connor, forse dovresti dirmelo”
Isolde scosse la testa. “Non so dirti dove sia andato, ma…”
Si fermò, incerta, poi proseguì. “Ma so che era innamorato”
“Innamorato? Di chi?”
“Non lo so! Ma forse è scappato con lei!”
“Isolde, perché non me l’hai detto prima?” le domandò Teagan, sorpreso.
“E cosa avrei dovuto dirti? Che mio figlio è un uomo capace di provare dei sentimenti? Cosa vuoi saperne tu dell’amore, tu che non ti sei mai sposato?”
Teagan non disse nulla. Lasciò che la donna sfogasse tutta la sua frustrazione e pensò al motivo per cui non si era mai sposato. Non si era mai innamorato. Non di nuovo.
“Ti prego, trova mio figlio!” disse infine Isolde alla regina, prima di ritirarsi di nuovo nella sua stanza.
“Ho tutta l’intenzione di trovarlo” le rispose Lavriella.
Quando Isolde fu andata via, Teagan e Lavriella rimasero soli.
“Allora, mi dici come mai sei qui?” le chiese lui.
“Per Connor…ovviamente”
“Vuoi dire che mio nipote non c’entra nulla?”
“Certo che c’entra, ti ho detto che sono qui per lui!”
“ Non quel nipote. L’altro.”
“Ah…”
Lavriella lo guardò negli occhi. La conosceva bene. Strano. Eppure, anche se in passato Teagan si recava molto spesso a palazzo, non avevano avuto poi troppe occasioni per parlare, non da soli almeno.
Ma lui l’aveva osservata tanto. Conosceva il significato di ogni sua espressione, sapeva quando era a disagio o quando era felice. Era felice quando guardava Alistair, ad esempio, ed era a disagio in quel preciso momento.
“Ti capisco se non vuoi parlarmene”
Lavriella abbassò lo sguardo, più che imbarazzata, mortificata. Aveva mentito a tutti per anni, persino a suo marito. E ora si sentiva come una bambina sorpresa con le mani nel barattolo della marmellata.
“Ricordo ancora la prima volta che ti ho vista”  continuò Teagan. “Pensai di non aver mai visto una creatura più bella e fiera. E lo penso ancora adesso”
La regina tornò a guardarlo negli occhi. L’Arle aveva un’espressione dolce, comprensiva. Era un uomo ancora tremendamente affascinante.
“Ricordo anch’io il nostro primo incontro. Mi incuriosisti da subito. Ero molto insistente, ti facevo domande molto personali e tu arrossivi a ogni mia richiesta”
“Già. Nonostante tutto l’orrore che ci circondava mi facesti pensare che valeva la pena di combattere per le cose belle di questo mondo. Come te.”Teagan le sorrise.
La luce delle candele si andava affievolendo ormai. Presto si sarebbero spente, lasciando i due interlocutori al buio.
“Ho pensato spesso a te” confessò la regina, “ma poi mi sono innamorata di quel  bamboccione di tuo nipote”
“Ancora oggi non capisco come sia stato possibile!”
“Nemmeno io!”
I due scoppiarono in una sonora risata.
La luce era sempre più fioca.
Teagan si avvicinò a lei. Non era mai stato così vicino. L’abbracciò. Abbracciò per la prima volta la donna che amava. La strinse forte, si inebriò del suo profumo. Poi le baciò la fronte.
“Sei mia nipote, ma non ti vedrò mai come tale. Semplicemente, non ci riesco”
“E tu sei mio zio, ma anche il primo uomo che mi abbia fatto battere il cuore”
Le candele si spensero. Rimasero abbracciati ancora.
“Resta qui stanotte” le sussurrò Teagan all’orecchio.
Subito dopo però si rese conto che era suonata come una proposta. Si allontanò si scatto. Il buio rendeva impossibile decifrare l’espressione di Lavriella ma era sicuro che non fosse esattamente delle più indifferenti.
“I-io volevo dire… uhm… volevo dire che è molto tardi e che sarebbe meglio per te e Zevran fermarvi al castello per la notte, per poi ripartire domani!”
“Ho capito cosa volevi dire,” lo rassicurò lei, “e ti ringrazio, ma partiremo subito”
La porta dello studio si aprì e Zevran vide uscire Lavriella da una stanza buia, dov’era stata sola con l’Arle. Un’espressione lievemente infastidita si stagliò sul suo volto. Comunque dissimulò in fretta.
“Possiamo andare?” le chiese con tono distaccato.
Lavriella annuì e i due si diressero verso il portone principale.
Teagan vide allontanarsi di nuovo colei che aveva sempre amato e avrebbe continuato ad amare.  
“Ti amo, maestà. E’ questa la verità. Ti amerò per sempre. Amerò il tenero ricordo del nostro incontro nel mio cuore.”
 
 
 
 
 
*NDA: Mi hanno fatto notare che in realtà Teagan si sposa con Caitlyn, una tizia che il gray warden aiuta a Redcliffe, oppure può sposare la cameriera che lavora nella taverna, Bella. Ma si sposa solo se le tizie vengono aiutate ad andare via con molti soldi. Naturalmente Lavriella non l’ha fatto XD, non ha comprato la spada da Caitlyn e ha consegnato la taverna a Bella (quindi non sono andate via da Redcliffe).
  
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