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Autore: GredandForge    14/11/2012    1 recensioni
Doncaster.
Un lavoretto estivo: fare la baby sitter.
Il bimbo al quale avrebbe dovuto badare per un mese, si rivelò essere il cugino di uno dei cantanti della sua band preferita: Louis Tomlinson.
E se quel lavoro si sarebbe tramutato nella più bella esperienza della sua vita?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15: DYLAN COLLINS’ FAMILY

5 Agosto, mancavano esattamente cinque giorni al suo ritorno a casa. Due per rivedere Louis a Doncaster per un ultima volta.

Austin stava giocando con le automobiline in giardino, alternando qualche tuffo in piscina.
Rachele era seduta a bordo piscina, i piedi immersi nell’acqua.
Anche quel mattino erano soli: i due giovani genitori erano stati invitati a casa di un loro amico, mentre i nonni erano usciti a far compere.
Suonarono il campanello.
Rachele, riluttante, indossò uno dei suoi tanti vestitini leggeri e semi trasparenti, che usava per andare in spiaggia.
Scalza, percorse il lungo corridoio che portava dal giardino alla porta d’ingresso; seguita da un Austin grondante, che sarebbe potuto scivolare nella sua stessa scia d’acqua.
La baby-sitter aprì la porta. Davanti a lei –e ad Austin- comparvero tre persone: un uomo e una donna sulla quarantina, e un ragazzo poco più grande di Louis e i ragazzi.
“Zio Dylan!” Esclamò il piccolo Collins, quando riconobbe i tre individui.
“Austin” l’uomo –alto e castano, somigliante a Josh- prese in braccio il bambino tutto bagnato. ”Come trai, campione?” gli chiese, scherzando un po’ con lui.
La donna e il ragazzo guardarono il bambino e l’uomo, sorridenti.
La baby-sitter era spaesata: chi diavolo era quella gente? E perché colui che forse era il figlio di quelle persone la fissava?
La donna, una finta bionda, posò i suoi occhi verdazzurro su di lei: “E tu chi sei?” chiese con una finta dolcezza, che anche la peggior attrice presente nell’intero Universo sarebbe stata migliore di lei.
A Rachele diede l’impressione di essere una di quelle ricche donne con la puzza sotto il naso, snob, e simpatiche solo per convenienza. E dopo aver notato l’etichetta sulla sua maglia, quella strana e forse malsana idea, cominciava ad avere qualche certezza.
“È Rachele, la mia baby-sitter!” rispose Austin con orgoglio, e un sorriso enorme.
“Oh, alla fine April ha rinunciato a quella sciocca idea dell’agenzia di studenti” trillò la donna. “Meglio così, chissà cosa ti sarebbe capitato, magari qualche rumoroso italiano…” diede un pizzicotto alle guance di Aust. “Dove vivi, qui a Manchester o a Doncaster?” proseguì.
La baby- sitter e il bambino si scambiarono uno sguardo complice. Austin le annuì, come se Riky gli avesse posto una qualche domanda.
“Vivo in provincia di Milano, in Italia” sorrise con un’arietta di sfida, la ragazza.
La donna sbiancò: che figuraccia aveva fatto. A momenti sveniva.

Austin e Rachele si sistemarono, fecero una doccia veloce, e indossarono indumenti freschi e puliti.
L’allegra famigliola che li aveva raggiunti quel soleggiato mattino, erano il fratello di Josh, e consorte. Si chiamavano: Dylan, lui; Dana, la moglie; e Arthur, il figlio. E quest’ultimo non smetteva di osservare in modo ossessivo l’italiana.
Dov’era Louis in quel momento?
“Umh, allora… Rachel, ti trovi bene qui in Inghilterra?” Chiese Dana per conversare, e un po’ anche per scusarsi.
Erano in salotto, seduti sul divano, con un caffè fumante in tre tazzine era davanti a loro, sul tavolino centrale, tra i due sofà. Austin era stravaccato su uno di questi, e guardava riluttante cosa trasmettessero al televisore. Sia lui, che la sua baby-sitter, speravano che o i nonni, o i genitori del bambino tornassero presto.
“Sì, abbastanza, grazie. È un po’ nuovo per me, ma non troppo… Un po’ difficile è stato orientarsi i primi giorni, me è stato come andare in bicicletta: una volta imparato, non lo si scorda più” rispose, con uno sforzo enorme, un sorriso sghembo.
Dana ridacchiò un po’. Diamine quanto era frivola e superficiale quella donna. E a Riky questo dava alquanto fastidio. “E il nostro Austin com’è, ti da filo da torcere?” continuò con un sorriso falso, che anche un cieco se ne sarebbe accorto.
Austin si sdraiò, e poggiò la testa sulle gambe dell’italiana. La baby-sitter gli sorrise. “ È il bambino più dolce e ubbidiente che io abbia conosciuto, dopo mio cugino Simon” gli scostò alcune ciocche ribelli da sopra la fronte. “Nonostante sia peggio dell’argento vivo…”
Suonò il campanello.
Il campanello!
Aust e Riky sgranarono gli occhi pieni di speranza: saltarono giù dal divano, uscirono dalla stanza lentamente, e quando furono lontani dagli occhi degli ospiti, si fiondarono alla porta. Rachele guardò attraverso lo spioncino: non riusciva a crederci.
Spalancò la porta, e si fiondò tra le sue braccia.
“Louis!” gridò, felicissima di vederlo.
“Lou!” le fece eco Austin, attaccandosi alle sue gambe.
Il cantante fu colto alla sprovvista: non si aspettava certo un’accoglienza del genere. Prese in braccio il cugino, e abbracciò la fidanzata dopo qualche attimo di smarrimento.
“Non vi sono mancato affatto, vedo” rise. Aust e Riky si sorrisero.
“Ma che quadretto commovente” intervenne una voce sprezzante alle loro spalle. Arthur era poggiato allo stipite della porta con la spalla sinistra, e le braccia incrociate sotto al petto.
Louis a confronto era uno scricciolo. Il rampollo di casa Collins era alto, biondo, occhi verdi, e ricoperto di muscoli. Indossava una maglia che metteva in risalto bicipiti, pettorali e tartaruga.
Lou si fece improvvisamente serio. Poggiò il cugino, e diede un lieve bacio sulla fronte di Rachele; sembrava stesse partendo per la guerra, o andare incontro a morte certa.
“Arthur” fece con disprezzo, avanzando di un passo, trovandosi così a pochi centimetri da lui. Il diretto cugino del piccolo Austin era più alte del cantante di circe cinque o sei centimetri. “Chi si rivede” commentò con aria di sfida.
“Chi non muore si rivede, mi hanno detto” ribatté l’altro. Il biondo diede una fugace occhiata alla baby-sitter. “Carina la ragazza, sostituisce Allison in questo periodo di vacanza?” sorrise malizioso.
Louis serrò i pugni involontariamente.
Rachele trasalì. Non voleva prenderlo a pugni, vero? Pregò non lo facesse.
E Austin portò la sua piccola manina sulla fronte, come se già sapesse cosa stesse per accadere.
“Se è così, quando Allie torna, porta la baby-sitter da me: saprò come consolarl…” il biondo barcollò e fece un passo indietro: Louis gli aveva assestato un bel pugno sulla mascella.
“Rachele è mia e di nessun altro!” sbottò Boo-Bear. “E non nominare Allison, lei non centra nulla”
Arthur ridacchiò sommessamente, divertito: “Vedo che ancora non ti è passata” si asciugò il sangue all’angolo delle labbra col dorso della mano.

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell'autrice:
Dovevo pubblicarvelo domenica, ma ho avuto dei piccolissimi problemi. Scusate.
In poche parole siamo ufficialmete entrati nella fase finale del racconto, iniziate a preparere i fuochi d'artificio, perché tra esattamente 6 capitoli vi libererete per sempre della sottoscritta.
Ma intanto dovrete sopportarmi ancora per un po'.
Parlando del capitolo, questo, e quello successivo, sono nati dopo che alcuni amici dei miei genitori sono venuti a farci visita. Potete vedere come sia grande l'odio che provi per la donna (personificata in Dana) e le figlie (qui ve ne è solo uno, e pure maschio). Credetemi, sulla faccia della terra non esistono persone come loro, non so nemmeno se esistano aggettivi per descrivere la loro cattiveria. E ho dovuto passarci insieme tutta l'estate... 
Okay, mi sono dilungata un po' troppo.
Al prossimo capitolo (che spero di mettere domenica),
Andy. 

   
 
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