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Autore: demischoco    14/11/2012    3 recensioni
Sfruttata, maltrattata, violentata.
Ero costretta a prostituirmi.
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

-Oggi vengono degli amici, tu sta buona in camera mia, ci vediamo stasera.- disse facendomi l'occhiolino.
Quindi, si vergognava di me, bene.
-Cos'è? Non possono vedermi?-
-Meglio di no.-
-Cos'ho che non va?- mi alzai dalla sedia.
-Ma ti sei vista?- rise indicando il mio aspetto. Si mi sono vista è non mi piaccio.
-beh si, farò pure schifo ma non fino a questo punto.-
-No, dico ma ti sei vista? Ti salterebbero addosso.-
-Ah, ehm.. si cioè no.- dissi impacciata.
-Và di sopra e stacci.- detto ciò andai in camera sua.


Ore 16:30
Erano arrivati i suoi così detti 'amici', lo capì dalle voci.

Cercai di addormentarmi ma niente.

Erano ormai le 20 è la mia pancia non reggeva più.
Decisi di scendere per prepararmi un panino.
Mentre scendevo le scale sentivo ancora le voci dei ragazzi che appena mesi piede in salotto mi puntarono gli occhi addosso.
Non diedi tanta importanza a loro e mi diressi in cucina.
-E lei da quanto è qui?- disse un tipo con un ciuffo biondo.
-E' la mia puttana personale.- rise.
Bastardo.
In quel momento mi sentii fragile, debole del fatto che venivo reputata in quel modo.
Feci cadere il vassoio di vetro a terra dopo quelle parole che volevo non aver mai sentito.
-Che cazzo stai facendo.- urlò.
Venne il ricciolo notando che ero intenda a raccogliere il vassoio ormai frantumato.
-Vattene.- si catapultò verso di me e mi spinse a terra.
-Oh stai calmo.-
-Calmo un cazzo, era l'unico vassoio che avevo.-
-Te ne comprò uno non preoccuparti.-
-Con quella miseria che guadagni.- mi guardò schifato.
-Scusa.- abbassai la testa.
-Non accetto le tue scuse, vai di sopra, stasera non mangi.-
Mi aveva presa per un cane? Signorino con i ricci a cazzo, io sono un'umana.
-Vaffanculo.- non feci in tempo ad alzarmi che ricevetti un violento schiaffo, lasciando intravedere cinque dita.
Poggiai una mano sulla guancia, guardai il riccio negli occhi facendomi scappare una lacrima di sofferenza.
-Non ricevevo uno schiaffo così da quanto avevo 6 anni.- tante lacrime invasero il mio viso.
-Ti davano i schiaffi, ma vedo che non servivano, tua madre non a saputo educarti come si deve.- mi guardò minaccioso.
Mia madre, punto debole. Un misto di rabbia, di dolore si impossessò del mio corpo.
-Forse perchè io non c'è l'ho avuta una madre.- urlai, piansi ancora.
Detto questo andai di sopra passando dal salotto dove tutti erano intendi a guardare il mio viso nascosto nella mano.
-Che cazzo guardate.- urlai.
Scappai di sopra e piansi per ore. Nessuno si era permesso di parlare di mia madre, nessuno. Chi sei tu per giudicarmi, che ne sai tu della mia vita.


22:30
Ero ancora su quel letto, avevo bagnato il cuscino, pozzanghere di lacrime assorbite in quel piumone, un fiume di tristezza.
Dissolta nei miei pensieri, tutto il mondo fuori, sola in questa camera.
Mamma se solo potessi ascoltarmi, se solo udiresti le mie parole, mi manchi, devi starmi accanto, non riesco ad affrontare questa vita senza una figura adulta al mio fianco, non riesco a sopportare le persone che mi circondano, non riesco, mamma mi sento sola.

Dieci minuti dopo, il riccio, si presentò in camera, sciolto e disinvolto, come se non avesse fatto niente di male.
Ho subito tutto ciò e lui? Lui se ne fregava.

-scusa.- disse con un filo di voce.
Non gli risposi.
-ti ho chiesto scusa.- urlò.
-lo stai facendo, di nuovo.- urlai alle ultime parole.
-Stai urlando, odio quando le persone mi urlano contro, sai chi è stata l'ultima persona in cui mi trattava così male? Mio padre, perchè lui era un uomo che non meritava la vita, non se la meritava per niente a differenza di mia madre, lei doveva accudirmi, lei doveva vedermi nascere non mio padre. -mi alzai avvicinandomi a lui, continuando a puntargli il dito contro, perchè lui era la causa di tutto questo- e tu, tu mi hai reso tutto più difficile, come se già non lo fosse, non capisco come ho potuto credere che saresti cambiato, sei sempre lo stesso. E da poco che sono nella tua casa è mancherà poco che me ne andrò.- dissi tutto d'un fiato.
Abbassò il capo, forse dispiaciuto o altro ma non mi importa, non contava più niente per me.
Iniziai a prendere le mie scarpe e mi diressi all'uscita della casa.
-ti prego non andare, sono stato uno stupido.- mi pregò.
-Vaffanculo.-detto questo sbatti la porta e ritornai al punto di partenza, la strada, l'unico luogo dove forse potevo stare al sicuro, dove non c'era confusione, il luogo della pace, il luogo del ritrovo, il mio luogo.


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SPAZIO AUTRICE.
fjsgdfjhgsbd ok, ho finito anche questo capitolo, spero vi piaccia.

-Marti. c:
  
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