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Autore: SaraBondi_    14/11/2012    2 recensioni
Alice ha una storia difficile alle spalle, vive in una città dove tutti osannano un gruppo musicale a cui lei sembra non interessarsi ma un incontro inaspettato potrebbe sconvolgerla.
Ecco una Fan Fiction che potrete quasi leggere o quasi ignorare, potrebbe quasi piacervi o potrete quasi odiarla. Forse perchè io l'ho solo quasi scritta?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5.





-Finalmente! Che ne dici di un pranzo?- Si sedette sul bracciolo della mia adorata poltrona rossa.
-Come vuoi incappucciato ma facciamo in fretta prima che ci ripensi- Rimisi alla rinfusa le mie cose nella borsa e ci alzammo.
Mandai un messaggio a Jess per scusarmi di aver cancellato il nostro pranzo insieme promettendole che le avrei dedicata un giorno intero di shopping per farmi perdonare.
-Dove mi stai portando?- Chiesi non riconoscendo le strade che stavamo percorrendo ormai da un quarto d’ora.
-E’ un ristorante speciale, è di un mio amico, là posso stare tranquillo. C’è una stanzetta dove entra soltanto un tavolo, là posso tornare il Louis di due anni fa che nessuno conosceva-
-Perfetto! Così non dovrò parlare con un ragazzo di cui vedo appena la bocca- Dissi sorridendo, finalmente.
-Eccolo là, spero che Geoff non abbia già assegnato il tavolo-
Entrammo e ci sedemmo nel tavolino isolato di cui parlava Louis, il ristorante era molto carino, c’erano fiori un po’ ovunque e le pareti erano dipinte con un bellissimo giallo ocra che riprendeva i quadri alle pareti nei quali c’erano fiori dello stesso colore. Notai anche un quadro dove c’erano Louis, gli altri membri della band e un altro ragazzo.
Chiesi chi fosse e Louis rispose che era il proprietario, mi disse che aveva fatto quella foto subito dopo X-Factor per potersi vantare di aver avuto gli One Direction a pranzo nel suo ristorante.
-Adesso puoi toglierti la felpa, ci siamo solo noi qua- Dissi indicando l’ingombrate felpa rossa che aveva addosso.
-Scusa, è l’abitudine- La tolse e si scosse i capelli, aveva addosso una maglia a righe bianche e blu. Era forse il ragazzo più bello che avessi mai visto e questo complicava decisamente le cose.
-Finalmente! Mi sono tolto la maschera- Disse sistemando la felpa dietro la spalliera della sedia.
-Non lamentarti della tua vita, milioni di ragazzi ucciderebbero per essere te- Dissi infastidita dal suo poco rispetto verso ciò che aveva.
-Non mi lamento affatto della mia vita, anzi, mi fa apprezzare di più momenti come questo in cui torno ad essere il ragazzo normale che dentro di me ancora sono-
-Come no. E tu vorresti farmi credere che non ti sei montato la testa neanche un po’?-
-Questo sta a te deciderlo, conoscimi e ti risponderai da sola-
Ci fu un minuto di silenzio nel quale ci guardammo negli occhi senza spiccicare parola finche un vecchio non venne a chiedere cosa volessimo ordinare.
Io presi solo del Fish & Chips mentreLouis ordinò un’enorme quantità di cibo assortito; forse prese tutto ciò che il menù offriva quel giorno.
-Ti piace mangiare leggero vedo- Dissi ancora esterrefatta dalla quantità di piatti che aveva nominato.
-E’ colpa di Niall, prima di X-Factor non mangiavo così tanto ma a forza di stare nella band a stretto contatto con lui sono diventato come quell’irlandese- E sfoderò uno di quei suoi sorrisi a trentadue denti che illuminavano il Sole, era consapevole del potere di quei sorrisi ?
-Niall è quello biondo, giusto?- La mia voce tradì il mio imbarazzo.
-Si, se mi darai l’onore di uscire ancora con te ti porterò dai ragazzi- Sorrise di nuovo.
Arrivò ciò che avevamo ordinato e cominciammo a mangiare nel mentre io lo sommersi di domande, ancora non so spiegarmi il motivo di tanta sfacciataggine. Non ero mai stata una chiacchierona ma con lui le parole mi uscivano dalla bocca prima di passare per il cervello, con lui mi sentivo talmente a mio agio da avere la sensazione di esserci cresciuta insieme.
Scoprii che per un anno avevamo frequentato la stessa scuola, che aveva quattro sorelle minori e che il suo compleanno era il 24 dicembre, la vigilia di Natale, mi disse che non portava mai i calzini e che suo nonno e sua nonna gli mancavano molto.
Cercò di dirmi più cose possibili su di se, voleva dimostrarmi di non essere un ragazzo montato e accecato dal successo. Ci riuscì.
-No, hai ragione, non sei uno di quei ragazzi che se la tirano e credono di essere i migliori del mondo solo perché hanno venduto un paio di dischi- Arrossii.
-Nessuno di noi lo è, siamo ragazzi semplici. Quelli con cui vai a scuola e che trovi ad aspettare il tram alla stazione. Penso che ti piacerebbero anche loro-
-Chi ti ha detto che tu mi piaci?- 
-Adesso sorridi, parli e non sussurri più, hai anche smesso di tenere sempre il broncio e la testa bassa. Pensavo lo facessi perché ti sentivi a tuo agio con me- Era decisamente un osservatore migliore di quanto credessi.
-Uscirai ancora con me?- Questa volta neanche lui era sicuro di se, vidi che si era pentito di ciò che aveva detto nel secondo esatto in cui finì di pronunciare la frase.
-Si- Risposi secca, concisa. Forse anche troppo velocemente.
Lui sorrise con quel suo sorriso ampio e dolce, quando sorrideva non era solo la bocca ad illuminasi ma tutto il suo viso. La luce saliva fino ad arrivare agli occhi, quegli occhi blu come il mare nelle mattine di inverno quando ancora i bambini non l’hanno riempito di ciambelle colorate, le signore non hanno ancora cominciato a fare acquagym e nessuno gioca a pallavolo schizzando chi cerca di bagnarsi solo le gambe. Era bello, bello da togliere il fiato.
-Andiamo, voglio farti vedere una cosa-
Si alzò, prese la felpa e nascose di nuovo il suo volto sotto l’ampio cappuccio rosso.
Andammo  al parco, superammo le panchine dove la maggior parte dei ragazzi del vicinato aveva dato il suo primo bacio, superammo le vasche mezze vuote dove forse un tempo avevano nuotato piccoli pesci rossi e i campetti da gioco fino ad arrivare in una zona del parco dove non andava mai nessuno. Neppure il giardiniere comunale a giudicare dall’altezza dell’erba.
-Perché mi hai portata qua?- Ero confusa dalla scelta di quel luogo.
-Abbiamo ancora un’oretta e volevo fartela passare nel posto che preferisco in assoluto in tutta Doncaster, forse in tutto il mondo. Questo è un po’ un “non posto” è come se nessuno sapesse della sua esistenza, non viene mai nessuno a cercarti qui. È uno di quei posti in cui sono solo Louis- finì la frase e si sdraiò in terra mettendosi un filo d’erba in bocca, imitando un personaggio dei cartoni animati di cui non ricordo il nome.
-Ti pesa così tanto la fama?- Chiesi realmente incuriosita dal tono con cui aveva detto SOLO Louis.
-No, amo le nostre fan, ma a volte mi chiedo come sarebbe se non ci fossero gli One Direction e questi luoghi sono la mia risposta. Sarebbe una vita felice forse, ma non avrei quattro dei miei migliori amici e non avrei la vita più fantastica che si possa immaginare-
Era fiero del suo lavoro, si vedeva dalla luce nei suoi occhi. Sapevo poco di lui ma mi sembrava un ragazzo con dei valori, se non fosse stato una pop star internazionale forse avrei finito per prendermi una cotta per lui.
Rimanemmo sdraiati nell’erba alta per un po’, non parlammo molto.
Rimanemmo lì a scambiarci sguardi e sorrisi immaginando le conversazioni che forse avremmo potuto avere in futuro, rimanemmo lì ad osservare l’anima l’una dell’altro attraverso i nostri occhi illuminati dal tiepido sole inglese di metà giugno.
 
 
-Forse è arrivato il momento che ti accompagni a casa, devo partire fra poco e raggiungere i ragazzi- Si alzò da terra e mi porse la mano per aiutarmi.
-Perché non sei con loro?- Chiesi mentre mi alzavo.
-Finche rimaniamo vicini a Doncaster preferisco stare un po’ con la mia famiglia, ci passo troppo poco tempo-
Merda! Quel ragazzo mi stava piacendo sempre di più, non era una buona cosa. Per niente.
-Wow! La famiglia è importante per te,  vero? Hai fatto un sorriso immenso non appena ho pronunciato quella parola-
-Si, la famiglia è il mio desiderio più grande-
 Forse la mia espressione, il mio tono o chi sa cosa lo fece rabbuiare.
-Dov’è casa tua?- La secondo strada a destra, numero quattordici.
Mi accompagnò fino a casa poi, sulla porta, mi salutò promettendomi che mi avrebbe invitata ad uscire di nuovo. A quel punto io ci speravo.


Eilà bella gente!
Ieri non ho aggiornato per via di Take Me Home. #Perdonatemi
anyway, ecco che per la prima volta questi due hanno un'uscita a modo u.u
come sempre fatevi sentire e a presto :33
Vado a vedere Breaking Dawn, sciiiiiiiiiao ♥

Grazie di essere qui :3

 
  
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