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Autore: Lavi Bookman    14/11/2012    2 recensioni
- Mel? -
- Che c'è? -
[...]
- Riconosceresti me o Andrè? -
- Sei geloso? -
- Semplice curiosità... -
[...]
- Ok M... - Andrè si bloccò in cima alle scale e si riparò dietro al muro per non farsi vedere. Gli faceva male tutto ciò. Vedere la ragazza che amava abbracciata a suo fratello. Si chiese se non avesse magari ingigantito tutto e per un attimo volle crederlo con tutto se stesso. Eppure poteva vedere il dolore di Mel e Teo, poteva palparlo e lui si sentiva il coltello pronto a recidere ogni cosa.
La stretta di lei era così salda, e il suo pianto così silenzioso e così straziante. Si chiese come facesse Teo a non girarsi verso di lei per abbracciarla. Come facesse a resistere senza muoversi. Come potesse non piangere anche lui.
E poi se ne accorse.
Vide le lacrime di lui scendergli lungo le guance. Senza alcuna espressione dilaniante sul volto, senza nessun rumore. E rivide il vuoto nei suoi occhi. [Cap. 11]
La storia tratta l'incesto tra Mel e Teo, fratello e sorella. Tra problemi -ovvi- come le incertezze di lui, terze persone decise a rendere il tutto più complicato, incidenti e decisioni sofferte.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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This was my worst love,
you'll be the first to go,

and when she leaves you for dead,
you'll be the last to know.”

 

Tre anni a seguire.

 

- Mel, lascia andare il gatto! -, sbraitò Andrè entrando nella stanza pronto a separare la ragazza dal cucciolo che da poco più di un mese si erano presi in casa, - è piccolo, ha bisogno di dormire! -
- Ma che palle che sei! Quando sei tu a coccolarlo però, nessuno può dire “a” che subito ti metti sulla difensiva! - protestò lei girandosi stizzita dall'altra parte dandogli così le spalle.
- Oh beh... Allora se sei così arrabbiata, credo non avrai assolutamente voglia di andare al centro commerciale a scegliere il tuo regalo di compleanno... - e un sorrisino compiaciuto si disegnò sulle sue labbra vedendo l'irrigidimento delle spalle della propria ragazza, -... Giusto? -.
- … Beh, credo di poter dedicare un po' di tempo anche a te, visto che la causa richiede un particolare impegno da parte mia -
- Sei un'approfittatrice, altroché... - asserì Andrè appena si ritrovò le braccia di Mel attorno al collo. E la baciò gentilmente, prima sulla fronte, poi sulla punta del naso e infine sulle labbra.
- Vado a prepararmi, dammi cinque minuti e scendo – annunciò staccandosi dal corpo di lui. Sorrideva.
- Tra cinque minuti avrai al massimo deciso che reggiseno indossare, non prendermi per il culo illudendomi... -
Si disse che stavano davvero bene, in quel momento. Ormai erano passati tre anni da quando tutto era finito, da quando erano riusciti
insieme a superare tutto (a superare Lui).
Era stato orrendo il primo anno: pianti, litigi, urla, ricordi che continuavano a ridurla a letto con un catino per vomitare. Avevano fatto la conoscenza di almeno una decina di medici diversi e tutti riportavano la stessa identica frase: “la paziente non soffre di alcuna malattia fisica evidente, se non quella psicofisica” che era traducibile in “malata mentale”.
Il secondo anno, se possibile, era stato peggiore sotto il punto di vista della sopportazione mentale prettamente di Andrè. Chiedeva di Teo, sempre, ogni giorno. Ogni giorno si svegliava e appena lo vedeva si rattristava, e poteva leggerle in faccia la delusione per stare con lui e non con suo fratello. Si chiese come avesse fatto a resistere a quell'impulso straziante di chiamarlo, di andare da lui.
Quando pensò “chi mi assicura non lo abbia fatto?” decise anche di accettare tale idea passivamente, come si accetta che un bicchiere di vetro che cade a terra si rompe nel 99% dei casi.
E il terzo anno era la rinascita, l'espiazione delle colpe, i sorrisi, le giornate passate a parlare, i ricordi belli. Era loro, quell'anno, solo loro. In quell'anno
Lui non c'entrava più nulla.
- Sono pronta! -, annunciò una voce da infondo al corridoio. E la vide venire avanti. Indossava un vestito corto blu che evidenziava perfettamente ogni sua forma, compreso il seno che era aumentato almeno di due taglie. Risalì con lo sguardo dalle gambe affusolate magre e toniche, si soffermò sui fianchi involontariamente ondeggianti, salì sul seno conscio della propria espressione compiaciuta, avanzò verso il volto. Era sorridente, davvero sorridente. Gli occhi scuri ora non sembravano più minacciare chiunque le si avvicinasse. Era leggermente truccata, con un poco di rossetto color pesca.
E i capelli. I suoi capelli lunghissimi li aveva tagliati durante il primo anno: durante una crisi aveva preso una forbice e si era chiusa in bagno a
tagliare tagliare tagliare.
Quando era uscita con le ciocche in mano e gli occhi segnati da occhiaie e gonfi per le lacrime, lui era tornato a casa. Si guardarono un attimo prima di crollare entrambi a terra piangendo; lei vicina alla porta del bagno e lui alla porta di casa.
E piansero, appoggiandosi ognuno alla porta che aveva accanto.
Sfiniti. Persi. Sconosciuti.

Ora le erano ricresciuti e le arrivavano sino alle scapole, sempre scuri. E stava bene, sembrava più adulta così.
Ricordava ancora quando per la prima volta l'aveva vista, a scuola. Ricordava il volto imbronciato che sembrava suggerire “sono fottutamente incazzata con il mondo”. Ed ora, era lì. Stava con lei, con quella ragazza che aveva scelto quel giorno.
- … Andrè?! Ma mi stai sentendo? - chiese sbuffando lei mentre si raccoglieva i capelli in una coda, davanti allo specchio.
- Eh? Ah, sì, certo. Prendi le chiavi della macchina, arrivo subito! -
- Ma devi ancora dirmi dove andiamo -
- Dopo vedi! -
Si diresse per andare a cercare una felpa quando bussarono alla porta. E avvertì una fitta improvvisa, un qualcosa di non spiegabile ma formato da puro istinto.
Suono del campanello.

Tok. Tok. Tok.
Si girò e vide Mel avviarsi verso la porta.
- Ferma! Mel, apro io, credo sia per me! -, urlò anticipandola e lasciandola stupita, - è... E' per me, tranquilla, finisci di prepararti che sennò facciamo tardi, su -
- Andrè, e lasciami scemo, ormai sono pronta! -
E aprì, sorridendo.
E qualcosa in lei si ruppe. Ancora.
- Ciao, Mel -
E non rispose, solo fece scomparire ogni piegatura delle labbra rimanendo impassibile. Lasciò che Andrè le tenesse le spalle e la stringesse a sé più del dovuto. In quel momento, avrebbe lasciato che succedesse qualsiasi cosa.
- Mel, rientriamo, vatti a mettere una giacca. Fuori fa freddo. -, e fece per chiudere la porta prima che lei gli bloccasse il movimento e liberandosi dalla sua stretta si gettasse addosso al corpo di Teo.
- Mel! Smettila, smettila! - le urlò Andrè strattonandola per un braccio. - Smettila, basta, Mel! -
E Teo non parlava, guardava la scena come se fosse al di fuori. Reggeva il corpo della sorella mentre le si premeva contro il suo addome come se fosse di nuovo a
casa.
Vide le spalle di Andrè curvarsi e la rabbia offuscargli gli occhi. Riconobbe in lui un cambiamento profondo, che lo aveva reso capace di sostenere anche il suo sguardo. Si chiese cosa avesse dovuto sopportare durante quel periodo.
E la porta di casa si chiuse, lasciando fuori i due fratelli, mentre da dentro si sentivano le urla e i vasi rompersi a terra.
Rimasero così per un'ora. Lui fermo, lei tremante. Zitti.
- Mel... Mi sposo -
Si irrigidì. E la senti smettere di respirare. E le gambe piegarsi. Le unghie conficcarsi nelle sue braccia.
- Ok. Ok... -, continuò a dire annuendo con il capo. - Io... Devo andare da Andrè... Io abito qui... Abito con Andrè... Andiamo a prendere un regalo per il mio compleanno... Ora entro in casa, sì... -
E si raccolse, si tirò su, si riassemblò
. Si girò e bussò contro la porta, da prima piano e poi sempre più forte, senza dire nulla.
- Mel... Ti prego, guardami, parliamone -
- Ma farò tardi, e Andrè potrebbe arrabbiarsi... Ne parliamo un'altra volta, domani, ok? -, e si girò sorridendogli e continuando a battere -dare pugni- alla porta.
E la tirò nuovamente a sé con la forza, schiacciandole il volto contro il suo petto e affondando il volto tra i suoi capelli.
- Mi sei mancata così tanto... Dio, quanto mi sei mancata... -
- Tu ti sposi... E io devo andare a prendere il mio regalo... Il... Il mio regalo... -, e singhiozzò, guardandolo spaventata, pronta a crollare.

 

This was my worst love.

 

La strinse tanto da farla tossire. E ascoltò in silenzio mentre lei continuava a parlare e parlare e parlare. Quando parlava del suo regalo, del fatto che era tardi, di Andrè che si sarebbe arrabbiato. Parlava di cosa avrebbe voluto ricevere. Di cosa aveva bisogno: un vestito rosso che aveva visto in vetrina giorni prima, di un profumo che le aveva consigliato una sua amica, di una catenina che aveva visto su un giornale... E parlava, non stava mai zitta, nonostante lui la stringesse.
- Volevo solo dirtelo di persona... Sono stato uno stupido... Avrei dovuto mandarti l'invito, come ho fatto con tutti gli altri. Scusami. -, e la lasciò andare con la sensazione di averla abbandonata nuovamente. E la vide cadere a terra e stringersi le gambe al petto.
E da dentro casa le urla non cessavano e si stupì di quanti oggetti fragili possedessero.
- Chi è? -
- Anna -
- Alla fine, hai riconosciuto lei - *
- La reincarnazione non esiste... -

 

You'll be the first to go.


Si alzò dal gradino di casa dove era seduta, e lo baciò.
- Spero tu sia felice, almeno un po'. Ti amo. Ora vado. E anche tu. -
Si girò e riprese a battere contro la porta fino a farsi aprire. Entrò e si avviò verso la camera da letto senza dare peso alle stanze distrutte, solo camminando e andando avanti per inerzia.

La porta fu chiusa.

 

And when she leaves you for dead,
you'll be the last to know.

 

 

 




* Mel fa riferimento ad un discorso di ancora tempo prima, quando lei insisteva dicendo che due persone, se si sono amate davvero, si riconoscono anche nella vita dopo.
Lui rispondendo che la reincarnazione non esiste, lascia intendere che non ha scelto chi aveva amato inizialmente, nella sua vita precedente.

E' una storia che ho amato con tutta me stessa e che anche ora non sono sicura di voler chiudere davvero. C'è così tanto di me dall'inizio alla fine, che mi sembra quasi di dover nascondere nel cassetto un diario (no, non ho nessun fratello, ma ci sono svariati riferimenti più o meno espliciti alla mia vita presi in prestito come ispirazione).
L'ho amata perché scrivendola potevo liberarmi e lasciarmi andare, ma ora è giusto che metta la parola “
fine” per non distruggerla poi.
Grazie a chi ha letto, e a chi ha commentato (a cui devo almeno metà del coraggio che ho avuto nel continuarla anche quando faceva male scrivere una sola riga in più.
A te, grazie di cuore: questa storia è anche tua).
E grazie a me stessa per aver ideato Teo e Mel, per avergli dato delle sembianze nella mia testa e dei sentimenti che forse non sono sempre stati comprensibili.
Grazie per essermi concessa di essere il loro Dio.


Fine.

  
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