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Autore: Stateira    02/06/2007    9 recensioni
Shot epilogo di "Hidden in the Dark".
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, lo so

Lo so, lo so. Avevo promesso che non ti avrei più scritto.

Ma, hey, è il nostro primo anniversario, dovrai pur concedermi l’opportunità di dimostrarti che non ho ancora scordato l’emozione di un solo giorno, passato con te.

Gli anniversari sono i momenti in cui si ricorda, ed io ho pensato di farlo in un modo un po’ diverso dal solito. Prendendoti fra le braccia, accendendo una candela, e raccontandoti una storia.

 

C’era una volta un principe.

Un principe bellissimo, dai capelli color delle mimose più pallide e fresche, dagli occhi incantati, dalla pelle di perla. Si dice che fosse capace di domare le acque del mare con il suo sorriso, e la pioggia del cielo con il suo pianto. Si dice che ogni animale, ogni albero, ogni uomo e donna della regione si fermasse ad ascoltarlo cantate, credendolo la voce di una brezza fra le acque di una fonte, oppure la melodia di un qualche flauto incantato.

Questo principe aveva una stanza, nel suo grande castello, una stanza sotterranea, nascosta, irraggiungibile, dove non arrivava mai la luce della luna. Durante il giorno, il principe viveva nel castello, riceveva i suoi ospiti, rideva con i suoi amici, conversava ed imparava l’arte di leggere, di scrivere, e di combattere. Ma al calar del sole, doveva ritirarsi nella sua stanza, prima che le stelle cominciassero a brillare nel cielo, perché se non lo avesse fatto, il buio lo avrebbe portato via per sempre.

Ogni notte, prima di coricarsi nel suo grande letto regale, il giovane principe volgeva uno sguardo triste verso il muro, verso lo spesso riparo che lo divideva da qualcosa che non poteva vedere: le stelle, e la luna.

Il principe aveva un fedele servitore, un ragazzo semplice, romantico, di nessuna importanza, ma legato al suo giovane signore da un affetto e da una dedizione sinceri. Il servo sapeva bene dell’infelicità del principe, sapeva quanto egli sospirasse, quanto desiderasse poter vedere il cielo, potersi sentire libero, e soffriva per lui. Così, un giorno, si fece coraggio, e decise di cercare di far felice il suo principe; si travestì con un manto nero, incantato, intessuto di stelle, ed entrò nella sua stanza.

Il principe, spaventato, gli chiese subito chi fosse, e lui gli disse di essere il cielo notturno, venuto a fargli visita, per mostrarsi a lui. Il giovane principe ne fu atterrito, al principio, ma poi il servo seppe conquistarsi la sua fiducia, e il principe giacque fra le sue braccia, dolcemente, in una bellissima notte senza vento. Il povero servitore era innamorato follemente del suo bellissimo signore, di lui amava ogni cosa, con la stessa reverenza con cui avrebbe amato un dio.

Ed un dio lui lo credeva, davvero; per questo ebbe paura di rivelargli chi fosse in realtà: così facendo, avrebbe distrutto i sogni del suo principe, e lo avrebbe disgustato, perché soltanto un dio, il dio della notte, avrebbe avuto davvero il diritto di unirsi al dio di ogni cosa bella.

Così, continuò ad alimentare i sogni del suo signore, continuò a travestirsi come un dio, per poterlo fare felice, per guardarlo sorridere, ma ben presto il principe cominciò a rattristarsi, sempre più.

“ Che cos’hai, dolce signore?” gli chiese allora il servo, una notte.

“ Vorrei poter vedere il tuo volto. “ gli rispose il principe. “ Sono triste, perché ti amo e non ti conosco.”

“ Ma tu mi conosci, principe.” Gli disse allora il servo, con il cuore stretto nel petto. “ Conosci di me più di quanto tu conosca del cielo notturno.”

“ Sei un dio?” domandò il principe.

“ Solo se tu lo vorrai.” Gli rispose il servo.

“ Allora sei un mostro?” chiese di nuovo il principe.

“ Sarò il mostro più feroce, se tu mi chiederai di esserlo” rispose nuovamente il servo.

“ Io voglio che tu sia ciò che sei.” disse allora il principe.

Il servitore non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, e confessare chi fosse. Non volle rovinare il sogno che aveva costruito per lui, e perciò si alzò, e se ne andò, abbandonando il principe alla tristezza ed alle lacrime.

Molte altre volte il principe chiese all’ombra ammantata davanti a sé di svelargli chi fosse, ma sempre il servo se ne stava zitto, sempre giaceva con lui in silenzio, beandosi e disperandosi del proprio amore.

Ma una notte, andandosene, il servitore non si accorse di aver lasciato un filo del suo manto impigliato alla porta, e così, il giorno dopo, al suo risveglio, il principe lo vide, e lo raccolse. Con la sua potente magia, incantò il filo, affinché si ricongiungesse alla sua stoffa, e seguendolo ritrovò il mantello intessuto di stelle, piegato attentamente sul giaciglio del servo.

Il giovane principe si sentì tradito, ed ingannato, corse a cercare il servitore, e in preda alla rabbia lo condannò immediatamente ad una durissima punizione, per aver osato tanto.

Il servitore non ebbe nulla da dire, per discolparsi, se non che ciò che aveva fatto lo aveva fatto soltanto per amore, per amore del suo giovane principe dagli occhi brillanti come spade. Attese per giorni già punito per essere stato separato da lui, sperando solo nella clemenza del suo signore, in una sola parola, che per lui fosse la salvezza. Il giovane principe si tormentò a lungo, diviso dalla furia per quel tradimento, e il ricordo del suo servitore, e del suo gesto d’amore. Sentiva in lui il peso della solitudine di entrambi, la nostalgia di quel manto, così simile alla notte, e delle braccia dell’unica persona che avesse cercato di farlo davvero felice . Così decise di credere alla sua parola, e lo perdonò.

 Non solo, ma gli concesse la grazia immensa del suo amore, e allora il povero servo, folle di gioia, e d’amore, gli giurò che lo avrebbe portato a vedere il cielo notturno ogni notte, gli promise che gli avrebbe insegnato il nome di tutte le stelle, gli disse che lo avrebbe amato per sempre, che per sempre sarebbe stato il suo servo più devoto, che per tutta la sua vita, fino all’ultimo respiro, non avrebbe fatto altro che amarlo, e adorarlo. E volle suggellare tutte le sue promesse con un bacio, un bacio dato ad occhi chiusi, un bacio destinato a durare in eterno.

 

Questa è una favola a lieto fine, Draco.

È la nostra favola.

 

Il tuo servo devoto,

Harry

 

*          *          *

 

Draco roteò le pupille, e sbuffò.

– Potter, piantala. – disse, seccato, al nulla che fluttuava davanti a sé.

 

E il nulla non rispose.

 

- Potter!?!?-

 

Niente.

Nemmeno un fruscio. Draco trasalì, e fece una specie di sorrisetto tirato. Queste cose gli mettevano addosso un disagio ed un nervosismo quasi insopportabili, qualcosa a cui non riusciva a fare l’abitudine, punto.

 

- Harry, ora basta. – ordinò duramente, e un secondo dopo le sue mani procedevano alla cieca, verso una poltroncina color legno. Finché non lo trovarono. Le sue dita si chiusero sull’aria, tirarono, e Harry comparve davanti a lui, improvvisamente, con la lingua fuori, e gli occhi strabuzzati.

- Buh! – fece, ridacchiando, prima di irrigidire l’addome per incassare un mezzo pugno.

- Piantala. – lo rimproverò Draco un po’ seccamente.

- E perché dovrei, è divertente! Lo sai che mi fai morire, quando non sai dove guardare? –

 

Gli occhi di Draco si tinsero appena di una nota bluastra e risentita. – E tu lo sai che anche tu mi fai morire, quando non so dove guardare?- borbottò, e la malinconia della sua voce attirò subito le braccia del Grifondoro attorno alla sua vita.

 

- Hey. - Harry gli premette le labbra su una guancia, affettuosamente. – Che cosa c’è? Perché sei diventato triste, principe? –

- Non mi va che tu ti nasconda dietro a quel coso. – protestò Draco in un modo mestamente capriccioso.

- E’ solo un gioco, lo sai. –

- Fino a poco tempo fa non lo era. –

- E’ vero. – gli rispose quietamente Harry. – Ma adesso non c’è più nulla che ti impedisca di vedermi, lo sai. Non sbaglierò un’altra volta, con te, non aver paura. Niente più segreti, promesso. –

Draco strusciò svogliatamente il viso sul suo braccio, in quello che probabilmente voleva essere un cenno d’assenso.

- Non voglio che tu ti nasconda nemmeno dietro ad un velo d’acqua. Non voglio che tu finisca sotto al lenzuolo, quando dormi, non voglio che tu ti vesta, non voglio che tu mi volti le spalle, non voglio che…-

- Shhh, Draco… Non succederà, non avere paura. –

Draco si morse forte l’interno della guancia. – Ho paura che tu torni ad essere un fantasma. – disse a mezza voce.

- E allora vorrà dire che starò davanti a te, sempre. Sarò sempre davanti ai tuoi occhi, e ti terrò sempre le mani, forte, fortissimo. –

- E mi parlerai? Mi parlerai, Harry? –

- Certo. Ti parlerò sempre, così potrai sentirmi. Non credere che io non abbia bisogno di te, Draco. Sono io quello pazzo d’amore, fra i due. –

- Smettila.- Draco sorrise appena appena, ma si fece guidare sulla poltroncina che Harry si era lasciato alle spalle, e si lasciò tirare sulle sue ginocchia e sprofondare docilmente sul suo petto. Sotto la sua nuca, avvertì la forma rigida del piccolo medaglione che Harry non si era mai più voluto levare, nemmeno per un momento, da quando loro due si erano trovati.

 

- Sono contento che tu non abbia reagito male. – confessò Harry, picchiettandogli la nuca con il suo respiro calmo. E Draco intese bene il significato di quel sollievo.

 

Nessuna lettera. Non c’era stato più nemmeno un biglietto fra di loro, da quando la luce era stata accesa.

 

Si rigirò la pergamena fra le mani, ne analizzò con cura la calligrafia chiara, che si sforzava persino di risultare un po’ elegante, rilesse frasi, passi, pescando qua e là fra le metafore, e procedendo alla cieca, in un certo senso, senza voler sapere dove sarebbe arrivato, finché non fu sopraffatto da un brivido.

 

- Sei ancora qui?- mormorò attonito.

- Sì. Sono ancora qui.-

Draco gettò le braccia all’indietro e si aggrappò al suo collo rassicurante, stringendo forte dietro alla nuca per essere certo di non perdere mai la presa, per nessun motivo.

- Abbiamo davvero vissuto tutto questo?-

- Lo abbiamo vissuto insieme, Draco. – Harry  gli cinse un fianco, e con la mano libera strusciò affettuosamente la sua schiena, come a volerlo abbracciare e scaldare allo stesso tempo. – Come fosse stato un lungo sogno allucinato. -

- Ma adesso tu sei vero, non è così, Harry? Sei tu davvero? -

- Sono io davvero, sono qui con te. -

Draco posò le mani su un bracciolo della poltrona, e fece forza, per girarsi. Harry allargò le braccia quanto bastava per concedergli libertà di movimento, e presto si trovò Draco in braccio, avvinghiato al suo collo, tutto premuto contro di lui.

- Il mio principe meraviglioso. –

 

Draco non si mosse per una buona mezz’ora, e nemmeno Harry lo fece. Non ce n’era motivo, del resto, così andava bene, talmente bene da lasciargli valutare la possibilità di restare per sempre così. Dopo un po’, cominciò ad avvertire le braccia di Draco allentare la presa, e la sua testa farsi più pesante. Sorrise, ed allungò le mani lungo la sua schiena per sorreggerlo.

 

La lettera sfuggì dalle dita di Draco, un momento prima che si appisolasse. Harry la vide svolazzare e ripiegarsi un paio di volte, prima di andare a posarsi sul tappeto, dietro ad un piccolo tavolino.

 

Sollevò Draco e lo portò a letto, gli stese sopra il lenzuolo e lo lasciò a sonnecchiare tranquillo. Lo avrebbe raggiunto presto, anche solo per arrogarsi il diritto di essere al suo fianco mentre dormiva, ma per un po’ voleva starsene seduto davanti al camino, raccogliere la sua lettera e tenerla in mano, senza leggerla, non ne aveva bisogno.

 

Sorrise fra sé della loro preziosa penombra, in cui vivevano protetti dalle troppe paure che li minacciavano. Per il momento andava bene così, ma lui sperava con tutto il cuore di poterla raccontare a tutti, quella favola.

  
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