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Autore: Dernier Orage    16/11/2012    1 recensioni
Genova. Ermanno, Enrico e Federico, un ménage à trois di sottomissione, dipendenza e realtà delirante. Dalle loro entità separate si dipanano altre relazioni, altre persone, altri mondi, Enrico e "Acca-acca", Federico e Lorenzo.
Esercizio di stile: una storia ruvida e sporca in un'ambientazione precisa e lineare.
Sono un’entità al plurale: due teste di capelli castani, due distese di epidermide chiara e liscia, tesa come corteccia sulle ossa e i muscoli, due lingue identiche e due voci coincidenti.
Federico non sa se sentirsi estraneo o di troppo, ha ventotto anni e occhi solo per Ermanno. Non lo riconosce nelle fotografie, non riconosce la sua voce o il suo modo di camminare, riconosce la sua aura, leggera. Un maglione blu portato su un paio di jeans sbiaditi, stretti sotto l’ombelico da una cintura vecchia, degli occhiali dalla montatura nera.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Genova'
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Bouquet de Nerfs.
« Lui ritorna. » Si è costretto ad affermare mentre Lorenzo lo squadrava e già capiva.
Lorenzo voltava la schiena, imponente contro la cornice della porta, il gigante buono di qualche favola.
A volte precipitare è una variante dello strappare a metà una fotografia.
Lorenzo in camera raggruppa le sue cose sul letto – pochi vestiti, uno spazzolino da denti, un dopobarba, i pantaloncini di una tuta, la sua macchina fotografica.
Federico vorrebbe aggiungere qualcosa per palesare il suo sentirsi dispiaciuto, che forse la vera punizione è essere amati e non ricambiare perché pone in una condizione di inferiorità costante ed esiziale, un’impossibilità di esternare, a metà tra la voglia di godersi le carezze e il rimorso di non riuscire a fare altrettanto. Ma non lo fa.
Federico si trincera in cucina, carica la caldaia della moka di caffè vecchio e il serbatoio di un’aromatica miscela di caffè torrefatto. Le mani non tremano, i gesti sono abituali ed esperti. Arriccia le dita, sfrega un po’ del caffè rovesciato sul lavello tra i polpastrelli; ama il profumo sprigionato e non vuole collegarlo alla fine di una storia d’amore unidirezionale. Pensa che Lorenzo potrebbe aver bisogno di sfogarsi, di prenderlo a pugni o di abbracciarlo.
Federico preferisce una reazione violenta, di qualsiasi tipo. È tutto rimasto sospeso per troppo tempo, deve precipitare.
« Grazie. » Mormora Lorenzo aprendo la porta di cucina e lasciando il borsone della palestra il corridoio. Fa qualche passo, le espressioni del suo viso non comunicano nulla; si lascia cadere su una sedia. Aspettano entrambi che il caffè venga su. Federico cerca di calmare il respiro ed i battiti del cuore come durante il sonno; ha paura di alterarsi a vedere le reazioni altrui che non riesce a controllare… esattamente come le proprie. « Sai che con quel ragazzino è un circolo vizioso. »
Banale, è banale. È ovvio che sia così sennò a me non andrebbe bene come amore perché io non so amare in altro modo. Lo pensa e lascia che le parole si incidano sul legno del tavolo.
Banale, è banale. Scontato, ridicolo. Versa il caffè in due tazzine.
Bolle, catrame nero ribolle sotto la cenere della sigaretta.

Federico comprende gli autolesionisti quando Lorenzo torna ad essere Lorenzo il barista amorevole, troppo amorevole.
Qualcosa è uscito dalla porta con quel qualcuno. Qualcosa di pesante, di opprimente.
Federico si sente svuotato. Forse Ermanno è polvere e Lorenzo era sapone, di quel tipo che secca la pelle delle mani e dà fastidio. E la porta si è richiusa non su Lorenzo ma sulla storia passata con Ermanno – di questo è certo.
L’aria. Cambiare aria, aprire tutte le finestre e far entrare tutta la luce. Tra poche ore appena risplenderanno le candele e in tutta la casa si spargerà l’odore dell’incenso.
Le lenzuola. Cambiare le lenzuola al più presto con quel sorriso sciocco da terzo shot di vodka. E una chiavetta, trovata sotto il materasso.
Una piccola chiavetta USB e morir dal ridere.


Fine












   
 
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