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Autore: TooLateForU    17/11/2012    14 recensioni
“Certo, se continui a cantare sottovoce davanti ai negozi non ti conoscerà neanche una vacca, ma se ti ci dedichi, e ci credi..Bhè, potresti diventare grande.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo otto anni. Il Natale dei miei otto anni, tutta la famiglia si era riunita a casa mia, c’era persino papà.
Mi ricordo che quel Natale non ricevetti tanti regali, mamma diceva che dovevamo risparmiare un po’, i libri di mia sorella costavano e papà non c’era più, ma non mi importava. Mi divertivo con qualsiasi cavolata.
Quel Natale c’era anche zia Kath, la sciroccata. Non è che fosse proprio pazza, ma avendo circa quattrocento anni era un po’ andata. Quel tipo di zia che ti manda i regali di compleanno sette mesi prima dell’effettivo compleanno e che nasconde della vodka nella borsa accanto agli assorbenti per le perdite di urina, capito?
Bhè, non so perché era convinta che fosse Gemma ad essere la più piccola, quindi ci eravamo ritrovati con una tuta da baseball maschile taglia quattordici anni e un karaoke delle Winx.
Era una cosina di neanche mezzo metro, tutta rosa brillante, con tre pedali che davano diverse basi. Poi prendevi il microfono (rosa) e cantavi qualsiasi cosa.
Qualche giorno dopo, nel capanno degli attrezzi, decisi di provarla. Era da femminucce, ma se nessuno mi avesse visto..
L’accesi, e cominciai a cantare.
E cambiò tutto.
 
 
Una volta conoscevo una ragazza, Rachel. Lavorava con me in pasticceria, avevamo la stessa età e abitando in un paesino in culo ai lupi con zero densità di popolazione andavamo alla stessa scuola.
Era stata la mia prima cotta, una sbandata da far girar la testa. Rachel ed io passavamo quasi tutto il giorno insieme, quindi niente imbarazzo che ti fa sembrare un gorilla guardone quando non hai il coraggio di rivolgerle la parola.
Se non parlavo io, lo faceva lei. C’era qualcosa..non so, c’era qualcosa nelle sue lentiggini, nei suoi occhioni azzurri, nel modo in cui gesticolava quando parlava o nel modo in cui si arrabattava una treccia disordinata che mi aveva incantato. Ogni parola, mi faceva venir una voglia matta di baciarla.
Una sera stavo chiudendo da solo il negozio, lei se ne era andata via prima perché aveva un appuntamento dal dentista. Tiravo giù le saracinesche e intanto canticchiavo un motivetto che avevo in testa da quella mattina, tanto la strada era deserta.
Ad un tratto, mentre la saracinesca si abbassava, una converse nera bloccò la sua discesa e qualche secondo dopo mi ritrovai gli occhi curiosi di Rachel addosso.
“Ho dimenticato le chiavi di casa dentro.” spiegò, poi sorrise “Che cantavi?”
Ridacchiai nervosamente, grattandomi la nuca “Ah, mm, niente di che. Una canzone come un’altra, non pensavo che ci fosse qualcun..”
“Sei bravo.” mi interruppe “Mi piace la tua voce, vuoi fare il cantante?”
“Io? Un cantante? Ma dai..” feci un gesto seccato “I cantanti sono di Londra, di New York, Los Angeles..Hai mai sentito dire ‘ed ecco tizio caio, famosissima superstar di Holmes Chapel, cittadina a nord della culandia e a sud del non-vi-si-caga-nessuno.”
“No, ma un giorno lo sentirò di sicuro.” ribattè, tranquilla “Certo, se continui a cantare sottovoce davanti ai negozi non ti conoscerà neanche una vacca, ma se ti ci dedichi, e ci credi..Bhè potresti diventare grande.” concluse, facendo spallucce.
Poi entrò nel negozio, prese le chiavi, mi salutò velocemente con un bacio e se ne andò.
Ma tutto era cambiato di nuovo.
 
 
Facevo dei respiri profondi, camminando avanti e indietro per il dietro le quinte.
“E se perdo la voce? E se si rompe il microfono? E se dimentico le parole? E se Simon mi lancia qualcosa?”
“Salirò sul palco per aiutarlo.” rispose Rachel, guardandosi un’unghia. Poi sospirò esasperata, mi prese per le spalle e si piazzò davanti a me.
“Stammi a sentire, Harry Styles, mi stai grattugiando i coglioni da questa mattina alle sei meno cinque, e ti assicuro che io odio essere svegliata presto, soprattutto dallo squillo del cellulare. Ma ti perdono, perché so che anche se fai il cazzone con tutti infondo sei un eterno insicuro” cominciò, senza distogliere gli occhi dai miei “Ma, caro demente, tu ce la farai. Salirai su quel palco, canterai da dio, il pubblico ti adorerà e vincerai tutto. E un giorno, un giorno sarai su tutti i giornali, farai sold-out, le ragazzine si strapperanno i vestiti per respirarti vicino. Un giorno tutto il fottuto mondo conoscerà il tuo nome, conoscerà il nome della cittadina in culo ai lupi dove sei nato, e la tua faccia sarà appesa nelle stanze di milioni di gente. Sei un campione, Harry, vai là fuori e dimostralo.”
Non ebbi neanche il tempo di ringraziarla, di abbracciarla, di baciarla, di piangere perché sentii un ‘avanti il prossimo concorrente!’ e lei mi spinse fuori dalle quinte.
E il sogno inizia.
 
“One direction! One direction! One direction!”
Ci sorridiamo, mettendoci in posizione per salire sul palco. I miei amici fratelli si aggiustano i microfoni nelle orecchie, ridacchiano.
Chiudo gli occhi, mentre assaporo il suono di migliaia di voci che ci chiamano. Sento l’adrenalina percorrermi da capo a piedi, sento i brividi, stringo più forte il microfono, deglutisco a vuoto.
C’è sempre questa sensazione, come quando scendi dall’aereo con le orecchie tappate e lo stomaco sottosopra e ti sembra di essere in una bolla e ti sudano le mani.
‘ansia da palcoscenico’ la chiamano. Ci sono degli esercizi, per sciogliersi, abbiamo anche una tutrice con cui farli.
Ma io non partecipo mai, perché i miei esercizi sono altri.
I miei esercizi hanno gli occhi azzurri, i capelli arruffati e il sapore di ricordi che sembrano di un’altra vita.
Un giorno tutto il fottuto mondo conoscerà il tuo nome
E mi sento davvero al centro del mondo, ora, e mi sembra di essere il re di tutto questo. Quando urlano i nostri nomi, quando ci aspettano sotto gli hotel a meno sei gradi, quando si accampano ai concerti, quando ci scrivono su Twitter, quando scoppiano a piangere guardandoci.
“Cinque secondi!” annuncia Tom, dello staff.
Potresti diventare grande
E lo sono, lo sono davvero. E sento il peso di tutto questo sulle spalle ma, dio, quando le sento cantare le nostre canzoni sono così felice che potrei piangere.
“Ora!”
Sei un campione, Harry
Le urla si fanno più distinte, le luci si accendono, il microfono vibra, alzano gli striscioni, inizia lo spettacolo.
Ma la mia ragazza diceva che ero un campione.
“SU LE MANI, MADISON SQUARE GARDEN!”
E il sogno era realtà.
 

 


non so che dire.
tartarughe volanti.
   
 
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