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Autore: Gageta    17/11/2012    1 recensioni
Anno 1960.
Nella poco conosciuta cittadina di Snape, Inghilterra, nasce Sophie Stones.
All’apparenza una strega come tante altre, Sophie cresce insieme alla madre, aspettando il momento in cui potrà finalmente riunirsi a suo padre e fare ciò per cui è stata preparata fin da bambina: conquistare il mondo magico.
Tra magia, amicizie, amore e battaglie Sophie continuerà ad andare avanti per la via più buia finché qualcuno non la cambierà per sempre, riuscendo a smascherare il suo oscuro segreto.
«Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts» annunciò Voldemort. «Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?»
«Non credo che siano tutti d’ accordo con voi su questo punto». […]
Sophie avanzava verso di lui, la folla che si faceva da parte per lasciarla passare. Aveva gli occhi arrossati come di chi aveva appena pianto molto e il viso stanco di chi non dormiva da giorni. Ma era tranquilla e determinata. Alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò, fiera.
«Forse, prima di prendere decisioni affrettate, dovreste considerare alcune cose. Non credete… padre?»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Figlia della Notte

Capitolo VII

Il secondogenito

S

ophie osservava il paesaggio scorrere silenzioso fuori dal finestrino.

I due mesi di vacanza erano stati troppo pochi, troppo per poter passare una vacanza decente in compagnia di sua madre. E ora era di nuovo partita per Hogwarts. Certo, finalmente era al secondo anno e non sarebbe più stata trattata come un primina, ma sentiva che l’unico anno che aspettava con impazienza di frequentare era il settimo, lì sì che ci sarebbe stato da divertirsi.

La porta dello scompartimento si aprì e una ragazza fece il suo ingresso.

«Grazie mille per avermi aspettato, eh!» sbuffò Rose, trasportando il suo baule dentro a fatica.

Sophie non disse niente, limitandosi ad osservare l’amica sollevare il bagaglio e metterlo nell’apposita griglia.

Rose si sedette pesantemente sul sedile e sospirò malinconica. Anche per lei l’estate era volata. Non poteva sapere come l’avesse passata Sophie, ma aveva l’intenzione di farselo raccontare prima o poi. Per il momento la ragazza non sembrava aver voglia di parlare, quindi si limitò a portare le gambe al petto e appoggiata la testa sulle ginocchia ripensò agli ultimi giorni di scuola, più di due mesi prima.

 

***

Era una bella giornata di inizio estate.

Mancavano pochi giorni all’inizio degli esami finali e tutti i ragazzi del primo anno giravano per la scuola costantemente con i libri in mano, ripetendo con gli amici gli argomenti più importanti già studiati nel corso dell’anno.

Anche Sophie era abbastanza preoccupata per gli esami, anche se, forse, sicuramente meno di Rose, che di voglia di studiare ne aveva ben poca. Sophie e Severus si trovavano spesso in biblioteca con Rose. A volte, con gran disprezzo di Rose e Sophie, si univa a loro anche Lily Evans.

All’inizio le due ragazze Serpeverde erano abbastanza scettiche sul fatto di accettare con loro anche la Grifondoro. La prima volta, quando la videro arrivare, guardarono storto l’amico e quando anche Lily le guardò scettica di rimando, Severus fu costretto a spiegare. «Volevo solo che studiassimo tutti insieme…» si era scusato.

Rose e Sophie si erano alzate e se ne erano andate senza aggiungere una parola. Le volte successive, entrambe le ragazze, dopo essere arrivate in biblioteca e aver visto già occupato il tavolo dall’amico e dalla rossa, si erano sedute poco lontano, sotto l’occhio critico della Grifondoro.

Nei giorni successivi la cosa era andata meglio. Le due coppie si trovavano spesso a ripetere gli stessi argomenti, quindi, alla fine, si erano unite, anche se tenendo una certa freddezza quando si rivolgevano l’una all’altra. La cosa non andava a genio tra Rose, Lily e Sophie, soprattutto tra quest’ultime due. Non facevano altro che fissarsi in cagnesco e ogni volta che qualcuna interrompeva l’altra per dare lei una risposta litigavano, e si mettevano poi a braccia incrociate, in silenzio a studiare da sole.

Quando non andavano in biblioteca, Severus, Rose e Sophie si ritrovavano in Sala Comune, a ripassare a volte anche con Mulciber e Avery. Poteva sembrare strano, ma Rose e Sophie ormai si erano abituate alla presenza dei due nuovi ragazzi. Erano compagni di dormitorio di Severus, e, a quanto sembrava, erano anche i suoi unici amici maschi all’interno della scuola.

Nessuno sembrava voler fare amicizia con Severus Piton. Perché? Bé, la risposta era semplice. James Potter e Sirius Black non facevano altro che prenderlo in giro e ridicolizzarlo sempre di fronte a tutti. Ormai non era più ben visto dalla scuola, sempre che lo fosse stato, almeno una volta.

Gli unici che sembravano aver simpatia per Severus erano i professori, ma neanche tutti per la verità. Il più simpatico era sicuramente Lumacorno, che lodava sempre le sue doti in pozioni e lo invitava a tutte le feste del Lumaclub che organizzava.

La professoressa McGranitt di trasfigurazione non sembrava aver in simpatia nessuno del gruppo di Severus. A dire il vero, Sophie pensava molte volte al modo di comportarsi della McGranitt. Ogni volta la guardava con una luce negli occhi che a Sophie non piaceva per niente. Aveva, però, imparato ad ignorarla e a comportarsi come se non si fosse accorta di niente. Ma, a volte, non poteva fare a meno di pensare a quale fosse il motivo di tanto astio.

Un bel giorno gli esami cominciarono.

Sophie, Rose e Severus fecero del loro meglio in tutte le prove, scritte e non.

Alla fine, quando uscirono i cartelloni nelle Sale Comuni, si scoprì che tutti i ragazzi del primo anno ce l’avevano fatta. «Lo sapevo, quelli del primo anno passano sempre tutti!» aveva commentato un ragazzo di terza che, evidentemente, era stato rimandato.

Anche Potter  e Black ce l’avevano fatta e per i giorni successivi, in attesa dell’inizio delle vacanze, non fecero altro che andare in giro per la scuola ad urlarlo ai quattro venti.

Sophie guardò i suoi risultati, tutti con il massimo dei voti, con gli occhi pieni di gioia. Era stato un anno fantastico, in fatto di voti, e non poteva fare a meno di pensare alla faccia che avrebbe fatto sua madre quando lo avrebbe saputo. Non che non se lo aspettasse, naturalmente.

Infine era arrivato anche il momento di ripartire. Sophie e Rose avevano occupato uno scompartimento tutto per loro in fondo al treno, dove avevano passato tutto il tempo del viaggio di ritorno giocando a sparaschiocco e a scacchi magici. Sophie se la cavava abbastanza con gli scacchi e riuscì a battere Rose, che, al contrario, era una asso nell’altro gioco.

Severus, invece, non si fece vivo per tutto il viaggio. Naturalmente Sophie e Rose non se ne preoccuparono: sapevano benissimo che il ragazzo si trovava in qualche scompartimento con l’amica Grifondoro.

Una cosa che le sorprese particolarmente accadde qualche ora prima di arrivare a King’s Cross.

Mulciber e Avery entrarono trafelati nello scompartimento delle due e si chiusero velocemente la porta alle spalle. Sophie e Rose guardarono i due con tanto d’occhi e così loro si affrettarono a spiegare. «Abbiamo incontrato Potter in corridoio e lo abbiamo pietrificato alle sue spalle!» risero i due ragazzi. «Non vedo l’ora di scoprire che faccia farà quando scoprirà che siamo stati noi».

Rose e Sophie risero insieme ai ragazzi, e passarono il resto del tempo a chiacchierare su vari argomenti, primo tra tutti a fantasticare su qualche scherzo da fare ai Malandrini l’anno dopo.

Il treno fischiò ed entrò in stazione.

Quando arrivò il momento di salutarsi, Rose e Sophie si strinsero la mano. O meglio, Rose cercò di abbracciarla ma Sophie si scostò quanto bastò per farle capire che non ne aveva la minima voglia, così si limitarono alla stretta di mano. Rose avrebbe tanto voluto conoscere la madre della sua nuova amica, ma quando uscirono dal treno la folla le travolse e quando la ragazza riuscì di nuovo a guardarsi intorno scoprì che Sophie se ne era già andata.

***

«Quella sulla banchina era tua madre?» domandò Rose pensierosa.

«No, mia nonna… ma ti pare?» ribatté Sophie seccata.

Rose fece spallucce e si accoccolò su se stessa. Rose sapeva che avrebbero passato un anno intero a litigare, così non chiese più nient’altro per tutto il resto del viaggio, lasciando in pace l’amica almeno per quelle ultime ore.

Sulla banchina, in attesa dell’arrivo del treno, era riuscita ad individuare Sophie e quella che aveva intuito essere sua madre. A dire il vero era rimasta abbastanza stupita di quella vista: Helena Stones era la copia identica di Sophie, solo con un po’ di anni in più. A differenza della figlia, però, aveva un aspetto molto meno rigido e, contrariamente a quanto Rose si sarebbe aspettata, madre e figlia si erano salutate con un abbraccio che da Sophie non si sarebbe mai aspettata.

Il silenzio regnò sovrano per tutto il tempo, quando il treno si fermò alla stazione di Hogsmeade, però, Rose ruppe quella bolla di tranquillità e cominciò a chiacchierare del più e del meno, raccontando a Sophie come erano andate le sue vacanze estive.

Sophie, come sempre, la ignorò.

Quell’anno non avrebbero attraversato il lago, quindi Sophie e Rose seguirono la massa di studenti degli anni superiori per il binario e poi per un sentiero, reso fangoso dalle piogge dei giorni precedenti, alla fine del quale si ritrovarono davanti a una strada occupata da cento carrozze. Rose le guardò stupefatta. «Ma… sono carrozze senza cavallo?»

Sophie abbassò lo sguardo irritata verso le carrozze e sbuffò. «Hai mai visto morire qualcuno, Rose?» chiese.

L’amica la guardò storto e dissentì con la testa.

«Naturalmente…» ribatté Sophie e gettato un ultimo sguardo ai Thestral, entrò nel veicolo. Abbassò lo sguardo, pensierosa. Sapeva che solo coloro che avevano visto la morte erano in grado di vederli. Nessuno, che non avesse visto morire qualcuno poteva anche solo arrischiarsi ad immaginare che le carrozze di Hogwarts in realtà non erano trainate dalla magia, ma bensì da dei cavalli. Sempre che si potessero chiamare cavalli, quegli animali. Doveva ammettere che se li era immaginati abbastanza diversi. Trovarsene davanti uno dal vero era impressionante. Non sembravano essere molto docili, ma a quanto sapeva Sophie, invece, lo erano, e anche molto. Erano delle specie di cavalli, alati, la sottile pelle nera che li avvolgeva lasciava intravvedere ogni singolo osso dello scheletro dell’animale. Sarebbero stati abbastanza spaventosi per chiunque, ma per Sophie no. Sapeva che avrebbero studiato quella razza in quinta, quindi per il momento lasciò perdere quei pensieri e si limitò a guardare fuori dal finestrino.

Le carrozze partirono e, cigolando e oscillando, si arrampicarono su per il sentiero, sballottando con forza i ragazzi al loro interno.

Passarono fra le alte colonne di pietra dell’ingresso al territorio della scuola. Il castello si stagliava scuro contro il cielo notturno e solo qualche luce fioca illuminava qua e là le varie stanze del castello. Da dove si trovavano in quel momento, però, Sophie riuscì a scorgere le brillanti luci della Sala Grande, che contrastavano con il buio all’esterno.

Dopo qualche ulteriore sballottamento si fermarono con un cigolio sinistro vicino alla grande scalinata di pietra.

Le due Serpeverde scesero dalla carrozza e salirono le scale di pietra.

Quando entrarono nella Sala Grande le avvolse un tiepido calore e il profumino lontano di pietanze fece venir loro l’acquolina in bocca. Si sedettero al tavolo di Serpeverde, salutando brevemente i vari compagni che avevano conosciuto l’anno prima. Lentamente, tutto il resto della scuola fece il suo ingresso all’interno della stanza e si sedette al proprio posto. Il chiacchiericcio dei ragazzi che si raccontavano a vicenda come avevano trascorso le proprie vacanze riempì l’aria e questo sembrò contagiare anche Sophie, che nonostante tutto, cominciò a parlare con Rose.

Poco dopo qualcuno le interruppe con la sua voce sommessa. «Ciao!» salutò Severus.

Sophie spostò distrattamente lo sguardo dall’amica e lo fissò sul ragazzo, che nel frattempo si era seduto davanti a loro. Fece un cenno con la testa in segno di saluto e dopo che Rose ebbe fatto il suo solito monologo, ricominciò a parlare.

Quando tutta la scuola sembrava aver ormai preso posto ai quattro tavoli delle quattro Case, i fantasmi fecero il loro ingresso e si sistemarono a proprio piacere tra gli studenti, occupando gli spazi lasciati vuoti sulle panche.

Dopo qualche attimo nella stanza si fece subito silenzio. Sophie appoggiò le braccia sul tavolo e rivolse lo sguardo verso la porta d’ingresso. Passò qualche secondo, poi una lunga fila di ragazzi sugli undici anni fece il suo ingresso nella sala, capeggiato da un’impettita professoressa McGranitt, che teneva saldamente in mano uno sgabello con sopra appoggiato un cappello tutto rattoppato.

Sophie osservò con interesse la fila di ragazzi, ripensando all’anno prima, quando anche lei si era ritrovata sotto lo sguardo del resto della scuola e si era preparata con ansia al fatidico momento dello smistamento. Cercò di scorgere i volti dei ragazzi, ma in mezzo a tutte quelle teste non ci riuscì. Si limitò così ad ascoltare il discorso del Cappello Parlante, che parlò delle quattro Case, con strofe in rima che Sophie trovò abbastanza carine. Quando finì applaudì insieme a tutti gli altri con entusiasmo, contrariamente a quanto aveva fatto l’anno prima. Stranamente, in quel momento si sentiva di buon umore.

Gli applausi durarono poco e quando la sala fu nuovamente avvolta nel silenzio, la professoressa McGranitt srotolò un lungo rotolo di pergamena e dopo aver tratto un respiro veloce cominciò a elencare i nomi dei nuovi studenti, uno per volta.

Sophie si perse il primo nome, in quanto Rose le sussurrò all’orecchio qualcosa che non riuscì a capire. Infastidita annuì e tornò a guardare lo smistamento.

«Black Regulus!»

Sophie sgranò gli occhi e scambiò uno sguardo veloce con Rose.

Un ragazzo magrolino, del tutto diverso dal fratello, si fece largo tra i ragazzi e si diresse verso lo sgabello, sedendosi poi sopra. Sophie fece appena in tempo a scorgerne il volto che il cappello gli calò sugli occhi.

In attesa del giudizio del cappello, Sophie si guardò intorno e si soffermò sull’altro Black, seduto dall’altro lato della sala vicino al suo migliore amico Potter. Il ragazzo guardava con attenzione il fratello e, notò Sophie, teneva le dita incrociate sotto al tavolo. Sembrò che il cappello fosse indeciso, perché lo tenne fermò sullo sgabello un po’ di più del dovuto. Sophie notò che il ragazzino stringeva forte i bordi dello sgabello e non poté fare a meno di chiedersi che cosa il cappello gli stese dicendo di tanto preoccupante.

Finalmente, uno strappo nel cappello si aprì e la voce risuonò forte e chiara per tutta la stanza. «SERPEVERDE!»

Un forte applauso si elevò dall’omonimo tavolo e Sophie applaudì insieme agli altri. Rose gli tirò una gomitata nelle costole e le fece notare lo sguardo per niente contento di Sirius Black, che osservava il fratello con un’aria da funerale, come se si stesse avviando verso la propria fine. E forse, aveva ragione di crederlo.

***

«Buongiorno!» salutò allegramente Mulciber, e si sedette sul divano vicino a Rose. La ragazza alzò lo sguardo da libro insonnolita, e lo salutò di rimando. «Giorno, Mulciber».

Il ragazzo si protese verso la ragazza e spiò al di sopra della sua spalla, per cercare di capire di cosa parlasse il libro, ma Rose lo chiuse e si alzò.

Mulciber sbuffò. «Di cosa parla?» si limitò a chiedere.

«Di Quidditch» rispose con un sorrisetto Rose.

Mulciber scoppiò a ridere e la guardò come se lo stesse prendendo in giro, cosa che irritò non poco la ragazza. «Bé? Che cosa c’è di tanto divertente?»

«Ti piace il Quidditch?» sghignazzò divertito il ragazzo.

Rose annuì e si strinse il libro al petto.

«Non dirmi che cercherai di entrare a far parte della squadra di Quidditch, quest’anno…»

La ragazza sorrise nuovamente. «Scommettiamo che riesco a prendermi un posto nella squadra?» disse, e tese la mano verso l’amico con aria di sfida.

Mulciber sembrò pensarci un attimo, poi annuì e strinse la mano alla ragazza. «Vedremo…».

Intanto, Sophie, Severus e Avery giunsero dai rispettivi dormitori e si avvicinarono ai due ragazzi già pronti.

«Giorno!» salutò Sophie, appena in tempo, prima che uno sbadiglio la interrompesse.

Insieme andarono in Sala Grande e fecero colazione, discutendo sul problema del nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure, che anche quell’anno era cambiato.

«Sembra che ci sia una specie di maledizione su quel posto…» disse Avery.

«Già! Ormai Silente fa sempre più fatica a trovarne uno nuovo per ogni anno».

Sophie si limitò ad annuire, evitando accuratamente di partecipare alla conversazione. Vagando con lo sguardo per la Sala, invece, trovò il piccolo Black che stava entrando in quel momento, in compagnia di un paio di ragazzi del suo anno, che Sophie riconobbe come alcuni ragazzi dello smistamento del giorno prima. Si sedette poco lontano da loro e Sophie perse parte della conversazione, impegnata a guardare il nuovo arrivato. Avery dovette accorgersi dello sguardo assente della ragazza perché le chiese «Hai notato il nuovo Black, vero?».

Sophie sussultò, poi annuì.

«Chissà come sarà contento Sirius di avere un fratello Serpeverde…» mormorò divertito.

«Tutta la loro famiglia è stata a Serpeverde» ribatté Sophie con aria noncurante, mandando giù un sorso di succo di zucca.

Avery la guardò stupito. «Come fai a saperlo?»

Sophie sorrise e si pulì le labbra con il tovagliolo, prima di rispondere. «Non sei l’unico Purosangue qua dentro, Charon».

Avery sorrise. «Ance tu Purosangue? Non pensavo…».

Sophie si morse un labbro, titubante, poi annuì lentamente. «Diciamo quasi Purosangue» disse poco dopo.

«Come sarebbe a dire “quasi Purosangue”?» chiese Avery curioso.

Sophie scosse la testa velocemente e si affrettò a liquidare il discorso con un cenno della mano, addentando poi una brioche, afferrata da un vassoio lì vicino.

Come ogni inizio anno Lumacorno fece il suo giro per il tavolo dei Serpeverde, assegnando ad ogni studente il proprio orario. I ragazzi osservarono attentamente il piccolo foglio di carta nelle loro mani, e poi si alzarono, diretti verso l’aula dove si svolgeva la prima ora dell’anno scolastico, ovvero Trasfigurazione. Erano quasi arrivati alla porta della Sala Grande quando Sophie si accorse di aver dimenticato il suo orario sul tavolo. «Uff! ho dimenticato l’orario! Cominciate ad andare, arrivo subito» disse, per poi tornare indietro.

Si diresse al posto che aveva occupato fino a poco prima e quando fece per tornare indietro per poco non andò addosso a un ragazzo che, testa chino sull’orario, non stava facendo attenzione a dove si stava muovendo.

«Scusami!» disse subito il ragazzo, alzando lo sguardo.

Con un sobbalzo Sophie si accorse che si trattava del secondogenito Black. Lo guardò, stizzita, e lo riprese «Fai più attenzione a dove metti i piedi». Fece per tornare verso la porta quando il ragazzo la richiamò.

«Scusami ancora, per favore… E’ il mio primo giorno e alla prima ora ho lezione di incantesimi, ma non so dove si trovi l’aula. Potresti dirmi qual è la strada?»

Sophie lo guardò male, e il ragazzo arrossì lievemente, senza però scomporsi. Rimase dritto e a mento alto, fissandola con aria di superiorità.

«Sono già in ritardo di mio» mentì Sophie. «Perché non chiedi al tuo fratellino?»

Il ragazzo la guardò a bocca aperta e stava per ribattere quando un’altra voce imperiosa suono dietro di lui.

«Qualcosa non va, fratellino?» chiese Sirius, guardando Sophie sogghignando.

Il ragazzo guardò il fratello appena arrivato e incrociò le braccia al petto, arrabbiato. «Penso di sapermela cavare anche da solo, Sirius!»

«Sì, certo» lo interruppe Sirius. «Difatti vai a parlare proprio con la Stones. Te la cavi alla grande, fratellino!».

«Gli stavo giusto dicendo di chiedere a suo fratello, Black» sibilò Sophie.

Sirius scoccò un’occhiata piena di disprezzo alla ragazza e puntandole un dito contro, disse «Non provare a trasformare mio fratello in una sottospecie di… di…»

«Serpeverde?» gli suggerì Sophie e scoppiò a ridere. Rivolgendosi poi a Regulus disse «Stai attento, ragazzo. Potrei anche ucciderti».

Regulus abbassò lo sguardo, imbarazzato, poi si rivolse al fratello. «Sono un Serpeverde, Sirius, lasciami in pace. Almeno io non ho deluso la mia famiglia…»

Sirius aprì e richiuse un paio di volte la bocca, senza sapere come rispondere all’accusa del fratello.

Sophie sorrise e guardò Regulus. Il ragazzo guardò Sophie a sua volta e colse nel suo sguardo uno strano luccichio.

«Ci vediamo stasera in Sala Comune, Regulus» sorrise Sophie. Poi scoccò un’occhiata al fratello maggiore e aggiunse con enfasi «Nella Sala Comune di Serpeverde…». Detto questo se ne andò.

Regulus seguì la ragazza con lo sguardo fino a quando non voltò l’angolo e sparì alla vista.

Non seppe perché, ma in quel momento capì che Sophie non era una ragazza qualunque. Si tenne le sue considerazioni per sé, poi, rassegnato, dovette chiedere al fratello la strada per l’aula di incantesimi. Sirius gliela disse velocemente e se ne andò, senza neanche salutarlo.

Mentre si avviava verso l’aula un pensiero gli passò per la testa. Sophie sapeva farsi rispettare. Anche lui avrebbe voluto diventare così e si ripromise che un giorno ci sarebbe riuscito.

In seguito, arrivò a pentirsi di questa scelta.

 

Angolo autrice:

Rullo di tamburi… ed eccomi tornata!

Avevo detto che avrei avuto un periodo piuttosto impegnativo e purtroppo avevo ragione. Sono lieta di farvi sapere che tra le verifiche che ho fatto solo una è risultata insufficiente, quindi ora devo recuperare ben poco.

Comunque, sorvolando sulle cose di cui non vi interesserà proprio un bel niente, veniamo al capitolo.

Ecco fare il suo ingresso in scena il nostro caro amato Regulus Black. Per ora rimarrà un personaggio di sfondo, ma più avanti avrà anche lui la sua parte.

Se per caso dovessi ritardare ancora e voleste sapere che fine ho fatto, potete trovarmi qui, su Facebook: http://www.facebook.com/Gageta98

Lì dico sempre il motivo dei miei ritardi e do anche alcune curiosità sulla storia, se mai voleste saperle.

E dopo avermi fatto pubblicità (restando in tema, ho scritto una drabble su Regulus che se volete potete trovare sul mio profilo) non mi resta che salutarvi e sperare di riuscire a scrivere il prossimo capitolo per venerdì prossimo.

Un bacione,

Gageta98

 

P.S. (il post scrittum c’è sempre…) Grazie mille per le recensioni!!! :D

   
 
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