Anime & Manga > Bleach
Segui la storia  |       
Autore: neme_    18/11/2012    6 recensioni
« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino. »

Lavi è uno scrittore di successo, Rukia un'attrice. I due, come molti altri personaggi, usano rifugiarsi in un atipico giardino chiamato Hortum Septentriones. I destini di Lavi e Rukia e degli altri personaggi si incroceranno in questo viale. Perché sono tutti cercatori.
[Crossover][LaviRuki][Altri crack pairing][Het][Yaoi][Lime][AU][Introspettivo][Possibile OOC][Slice of life]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Angolino: come dire, non ho parole per scusarmi. Faccio sempre più tardi con l'aggiornamento. Avrei aggiornato prima, ma mettiamoci due settimane e anche più di lavoro per scuola -per almeno sei mesi non voglio più sentir parlare di antico Egitto e fantascienza!- a questo aggiungiamoci il caaaro, nooobile fratello maggiore che monopolizza il computer per vedere film su film su film su film su film. Così, ho poche occasioni di stare a scrivere per più di una mezz'oretta, anzi, mi sono ridotta a completare questo alle cinque del mattino... però alla fine ce l'ho fatta. Per un attimo mi sono stranita, perché si comincia ad ingranare un'aria diversa, ma allo stesso tempo mi sono divertita, perché in questo capitolo si marca l'influenza che il giardino mantiene anche nella vita di tutti i giorni, lontano da lui. I frequentatori restano segnati, per cui è inevitabile. Mi piace la naturalezza con cui avviene.
Qui viene menzionato Ulquiorra, un tipo che a Lavi risulta abbastanza indigesto. Non riesco ad immaginare un'amicizia o una “quiete convivenza” tra il primo, così, come dire... indifferente a tutto, con uno che straripa di vita da ogni poro come Lavi. Tra loro c'è proprio una mentalità di fondo completamente diversa, e va bene che gli opposti si attraggono, ma a tutto c'è un limite -ah ah- Bè, chi vivrà vedrà, come si suol dire. A proposito, compare anche Link. È carino, vero? *-*
Spero che questo capitolo vi piaccia, mi sto impegnando moltissimo per tutti, e anche per il fantomatico boss del giardino, sto cercando di giocarmi bene il mistero attorno alla sua personalità, con indizi sparsi qua e là e sul perché alcuni abbiano paura a sapere chi sia. E poi nel prossimo voglio dare più risalto a Linalee, e a Kanda che qui non compare per niente, perciò aspettatemi, eh! Aspetto con ansia i vostri commenti, se leggerete e apprezzerete, ne sarò molto felice!

Ringrazio in particolar modo HaChiElriC, Ookami san, Haily, zombiecch, Kumiko Walker, Sidan, KayeJ, M e g a m i, matechan e Angy Valentine per le meravigliose recensioni che mi hanno lasciato!
Ringrazio di cuore
Angy Valentine, AriCastle66, jeanny991, M e g a m i, matechan, Ookami san e Haily per aver aggiunto la storia tra le preferite! Ringrazio moltissimo JennyMatt e zombiecch per averla messa nelle ricordate, e ringrazio infinitamente Arsenico, HaChiElriC, KayeJ, Kumiko Walker, M e g a m i, matechan, S h a i l a, Sidan, Tiamath e zombiecch per averla messa nelle seguite!






Hortum Septentriones






Nove






La ruota della fortuna






« Questo è un giardino, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne organizzano un mercato, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne passeggiano in questo giardino, di come se ne incontrano in qualunque viale.
Ogni giorno qualcuno si perde e arriva qui, oppure ci viene di sua spontanea volontà.
Questo giardino è una casa. Per chi? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque è alla ricerca. Di cosa? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque.


Hortum septentriones »





« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino.


Nessuno è obbligato a rivelare il proprio nome.
Non è necessario sapere esattamente cosa si sta cercando.
Qualunque cosa sia, qui la si troverà.
Sicuramente.


I brividi che sentite non sono dettati dalla paura.
La vostra natura lo sa perfettamente.


È possibile organizzare particolari eventi quali concerti o feste.
Qualora lo si desideri, è possibile alloggiare per una o più notti nelle locande.
Non vi è alcun obbligo di rilasciare i veri dati personali o documenti.
Il pagamento varia a seconda delle locande.
O, per meglio dire, a seconda della natura dei rispettivi gestori.


Qualunque cosa succeda, mai chiedersi se sia giusta o sbagliata.
Il giardino non conosce queste sottigliezze.


Il giardino esiste per voi cercatori.
Qualsiasi modifica venga apportata, viene fatta per il vostro benessere.
Siamo certi che le vostre nature rimarranno soddisfatte.
Loro sanno cosa vogliono.


È presente un registro su cui è possibile rilasciare i propri recapiti.
Potete scrivere il vostro vero nome o uno pseudonimo, a libera scelta.
Il giardino si assume ogni responsabilità sulle conseguenze di ciò che lascerete trascritto.
Solo all'interno di esso, però.
Dopotutto non si smette mai di girare.


Non c'è niente di male nel voler sapere.
L'importante è essere coscienti che a volte la troppa conoscenza uccide.
A vostro rischio e pericolo.


I precedenti dei frequentatori non hanno alcuna importanza nel giardino.
Appartengono al mondo che lasciate fuori.
Sebbene a volte le due cose si incontrino.»






È la prima volta che Renji si sveglia con una lieve irritazione. Non ha niente a che vedere con il suo lavoro, tuttalpiù è la cosa che lo distrae e lo diverte maggiormente. La scimmia, sua compagna di lavoro, sembra aver intuito che per il padrone non è giornata e si guarda bene dal fargli i soliti dispetti, come il rubargli la colazione. Rimane accucciata accanto al serpente, ancora nel mondo dei sogni. Chissà poi se sogna, un serpente, e cosa.

Renji è appena risalito in camera con una tazza di caffellatte di dimensioni considerevoli. Il caffè non gli piace molto, troppo amaro per i suoi gusti, preferisce alleggerirlo con il latte, senza zucchero però, altrimenti si sente appesantire troppo lo stomaco e fatica ad ingranare. A vederlo, non si direbbe mai che detesti le cose amare e piccanti. Allen, al contrario, mangia di tutto, in quantità esorbitanti che sconcertano sempre il collega, ma ha imparato a conviverci. Quello con cui proprio non riesce a stare, è la curiosità di Allen che si fa sempre più spinosa. Negli ultimi tempi fa domande in giro, avvicina anche gente che non conosce per avere qualche indizio sull'identità del fondatore dell'Hortum Septentriones. Non va bene. È pericoloso.

Lo guarda, addormentato, rannicchiato sulla coperta che, da quel che ricorda, ha sempre avuto. Non lo ha mai visto dormire con le coperte messe a disposizione dalla locanda nella quale hanno preso ad abitare, dal momento che ormai lavorano a tempo pieno nel giardino. Una coperta di un tessuto troppo leggero per proteggerlo dal rigido inverno, ma così colorata che, accanto alla chioma bianca di Allen, gli dona un'aura più innocente e allegra, quello che un comune ragazzino di sedici anni dovrebbe essere. Forse è per un semplice dato anagrafico -è più grande di lui di cinque anni- che lo rende così fraterno nei suoi confronti, e vorrebbe metterlo in guardia. Non va bene chiedere troppo del fondatore. Non capisce nemmeno per quale motivo gli interessi tanto, in fondo campano benissimo anche senza saperlo. A Renji questo desiderio non è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello. Non ha la benché minima voglia di incontrarlo e ringraziarlo per aver creato quel posto, per quale motivo dovrebbe farlo, poi. Il solo fatto che lui si sia stabilito là dovrebbe essere un ringraziamento più che sufficiente, sicuramente è così che la pensa quell'uomo senza nome e senza faccia. Osa dire che è meglio che rimanga senza un volto a cui essere associato. Se riuscisse a riconoscerlo in un corpo materiale, lo umanizzerebbe e non vuole questo. Una personalità simile non può essere in alcun modo relegata ad un ruolo tanto semplice.

Certo, qualcuno avrà pur avuto l'idea, un essere umano come lui, che contraddizione. Però non vuole sapere chi sia stato, altrimenti andrebbe vanificato ogni pensiero, ogni considerazione circa quel posto. Non sarebbe più il giardino, ma soltanto un giardino, come tanti. Allen a questo non ci è arrivato ed è arrivato il momento di farglielo capire, con un discorso serio, responsabile e adulto. Facile a parole. Renji sa che forse non riuscirà nell'impresa come spera. Si fa coraggio con il caffellatte, ma solo in quel momento capisce che, forse, avrebbe dovuto metterci un po' di zucchero. Nel frattempo, la scimmia gli si avvicina, afferra saldamente i pantaloni sgualciti e lo tira a sé, guardandolo come se gli stesse chiedendo che cosa gli passi per la testa. Il padrone gli rivolge uno sguardo veloce, accenna un sorriso. Beata te, pensa, che non hai di questi problemi.

È la prima volta che decidono di lavorare all'interno del giardino. Tyki ha appena ordinato un caffè, felice e tranquillo, e anche Lavi ha fatto la stessa cosa. Per la prima volta prendono un caffè insieme, per la prima volta Tyki non gli ruba il caffè appena preparato. E il sapore sembra più buono, che scoperta per lo scrittore. Chissà perché non ci ha pensato prima, a portarlo lì. Di colpo la sua convinzione di separare lavoro e piacere si è sgonfiata come una bolla di sapone, e non è difficile comprendere il perché. Lavi ama il suo lavoro, è sempre stato così, l'idea stessa di separare la carriera dalla vita privata era una follia. Si sente idiota, per aver avuto pensieri del genere.

« Il caffè è davvero squisito, qui. » Tyki, dopo il primo sorso, si prende qualche secondo di più per inebriare il proprio olfatto, ponendo la tazza sotto le narici. Ne ordinerebbe altri cento.

« Più del mio? » l'altro non riesce a trattenere una risatina. A volte il suo editore sembrava un tale bambino. Le sue espressioni erano davvero esilaranti, spesso, in particolar modo quando mette gli occhiali, grandi e vecchi, rovinati, a fondo di bottiglia, gli danno un'aria così confusionaria e tranquilla, caratteristiche che non gli appartengono. Tyki in verità è scaltro, malizioso, quasi evanescente. Molte volte è come se niente lo toccasse. Ha un alone particolare che attira Lavi come una calamita, per questo non riesce a smettere di lavorare con lui. Si diverte a nasconderlo maldestramente -oppure anche no- con quegli occhiali. Ma, poiché lui lo conosce bene, in sua presenza non li indossa mai, inutile nascondersi o prendere in giro. Eppure, quando lo vede con quella tazzina stretta tra le mani, ad annusare l'odore di caffè fumate, si sente addirittura stranito. Gli occhiali ci sarebbero stati bene, in un'occasione simile.

Poi torna tutto, più o meno, come sempre. Tyki ripone la tazza sull'apposito piattino, si fa spazio, facendo attenzione a non urtare o far cadere bicchieri e piattini, e posa sul tavolo delle scartoffie che Lavi conosce molto bene. Prima di cominciare, però, l'editore si concede una battutina accompagnata da un occhiolino.

« Il tuo caffè è ciò che mi dà un senso alla vita, guercino. »

« Bugiardo. »

« Parliamo di cose serie, piuttosto. Non mi aspettavo che completassi il manoscritto così velocemente. »

« Mi ha preso più del previsto. Non vedevo l'ora di terminarlo e fartelo leggere. Gli hai dato un'occhiata? » il rosso alterna lo sguardo tra Tyki e la caffettiera che ha appena preso, pronta a versargli un'altra dose di caffeina. Addenta una fetta di torta, leccando voracemente la panna che rischia di cadere dal cucchiaino e sporcare il caffè. Sia mai che mescoli ciò che lo aiuta a svegliarsi del tutto con qualsiasi cosa.

« L'ho letto senza riuscire a fermarmi. Davvero un ottimo lavoro, guercino. Sarà un nuovo best seller. »

« Grazie. »

« Non serve nemmeno aspettare marzo, a questo punto. Prima lo pubblichiamo, e meglio è. Sarà una bella sorpresa per i lettori che aspettano i tuoi lavori. Ultimamente sono tutti presi da quel... come si chiama... ah, “Insane wars”. »

Lavi beve tutto d'un fiato il proprio caffè, dopodiché svia lo sguardo dall'editore, e amico, e si accende in fretta una sigaretta. Non è una novità che reagisca così e Tyki lo capisce, per cui lo lascia fare, gli fa anche la cortesia di usare il proprio accendino e di avvicinarglielo, per accendere la sigaretta. Ha cambiato marca, nota. « L'autore si chiama Ulquiorra Schiffer, dico bene? »

« Proprio lui, è il primo romanzo che pubblica. Per essere un esordiente, ha raggiunto livelli di vendite incredibili. Hai letto il suo libro? »

« L'ho restituito alla libreria subito dopo. Non volevo pensare di aver sprecato i miei soldi con roba tanto inutile. »

« Eppure va forte, che mistero, eh. » anche Tyki segue il suo esempio e si accende una sigaretta. L'allontana di continuo dalle labbra per gustarsi il caffè e si ritrova presto a doverne ordinare dell'altro. Hanno circa la stessa idea su quel libro che attualmente fa discutere, ma come ne parla il suo scrittore preferito, il suo “asso nella manica”, come ama definirlo, è il massimo. Solitamente è gentile, quel ragazzo che scrive con lo pseudonimo di Deak, però, quando l'irritazione ha la meglio, dà il meglio di sé con battute sarcastiche, pungenti, alle volte ciniche, caratteristiche che nei suoi libri non si incontrano quasi mai.

« Il libro è senza dubbio scritto bene, sa mettere in fila un paio di parole, ma non comunica niente di sé. Ci sono persone che si lasciano vivere, lui si lascia scrivere, se vogliamo dirla così. » risponde Lavi, mentre si rigira la sigaretta tra le dita. « Viviamo in una società dove regna lo scontento generale per qualunque cosa e tutti sembrano ansiosi di sottolineare di continuo cosa non va in questo mondo, e che vivere non porta da nessuna parte. In altre parole, questo Ulquiorra ha capito che è il momento giusto di farsi portavoce dei disillusi o presunti tali. Non capisco proprio che cosa abbia voluto dire col suo libro. Non c'è nessun interesse, se non quello di insultare l'essere umano. La vediamo in modo totalmente diverso. Per quanto il mondo e le persone possano incontrare delle crisi, la vita resta una cosa meravigliosa, secondo me. »

« Si lascia scrivere, eh? Ed è per questo che non lo sopporti? »

« Non tollero che sminuisca in questo modo le persone. Si diverte a far notare che le azioni dell'uomo sono inutili e che lui sembra essere l'unico ad averlo notato. Non ha la minima idea di che cosa voglia dire vivere davvero. » deve ammetterlo, non si è mai sentito così irritato nel leggere un romanzo. Dopo averlo letto si è insultato, per quella cosa che gira, dentro di lui, che lo muove, lo fa agire. Forse quel ragazzo che non conosce neanche si rende conto di avere una cosa tanto meravigliosa dentro di sé. Non lo odia, piuttosto lo compatisce, e gli risulta incredibile pensare che altre persone si sentano così. Alcune persone si rivelano davvero, immensamente tristi. Niente a che vedere con Rukia, che trabocca di spirito, come lui, e continuano a girare ininterrottamente. È pronto a scommettere che nemmeno lei abbia apprezzato quel romanzo, non potrebbe essere altrimenti. Loro sono più che felici di vivere, perché sanno che, semplicemente, non si può fare altrimenti, non ci si può ribellare a questa volontà, per cui, piuttosto che fartela nemica, assecondala. E non c'è niente di meglio.

Tyki ridacchia divertito, di fronte a lui. La sigaretta gli sembra più buona di prima, grazie allo sfogo di Lavi che ha alleggerito la situazione. Adora conversare con lui e lavorarci. « Forse, se venisse in un giardino come questo, cambierebbe idea. » propone, simulando ingenuità.

« Secondo me invece si sentirebbe male, ad entrare qui. Il giardino è troppo pieno di vita, per uno come lui. »

« Sarà divertente sopraffarlo nelle vendite. »

« Non è detto che sarà così, no? »

« Che ti prende? Sei sempre stato ottimista. »

« Non voglio scrivere pensando di dover battere qualcuno. Voglio scrivere e basta. »

« Capisco. » Tyki non chiede ulteriori spiegazioni, ha compreso perfettamente, sa come la pensa Lavi, ed è grazie a questa mentalità che riesce a mantenersi scrivendo, senza fare nient'altro. Basta guardarsi intorno, per vedere quante persone ammirano i suoi lavori, restano contagiati dal suo amore per la vita. Una cosa che salta subito all'occhio, nei romanzi di Lavi, è che lui non impone nulla a nessuno. Si limita a lanciare qualche sassolino, dove capita, e che i personaggi parlino con i lettori, tirando poi le somme. Certamente molto diverso da Ulquiorra, e molto più divertente,a detta sua. « Parliamo d'altro, ho una grande notizia per te. »

« Cos'è, sei il classico tipo che inizia i discorsi con “una notizia buona ed una cattiva”? » chiede Lavi divertito, riportandosi la sigaretta alla bocca e aspirando ampiamente.

« Ma questa è una notizia grandiosa. » si prende qualche attimo, per far aumentare la suspence, sorride, non riesce a controllarsi. « Ci è giunta la proposta di produrre un film tratto da un tuo libro. »

Lavi spalanca l'occhio. Rimane anche a bocca aperta, ma prima di farlo prende la sigaretta e la spegne con cautela nel posacenere accanto alla tazza di caffè. Rimane a fissare l'editore per lunghi attimi, in seguito si guarda intorno, convinto di scorgere una telecamera nascosta e un simpaticone che gli gridi “questa è una candid camera!”. Tyki sorride e sorride, ma non dice niente, e la sua espressione è troppo coinvolta perché possa essere falsa. Cerca di mettersi più composto che può sulla sedia, Lavi, però non si cura della voce che potrebbe tradire l'emozione.

« Prego? » chiede, incredulo.

« Un film, un film! Con attori, regista, produttori eccetera. E con la scritta enorme “tratto dal libro di Deak” sui titoli di testa! »

« Ma... quando...? »

« Non più di una settimana fa, ma ho preferito aspettare per dirtelo. Di solito, per rimangiarsi la parola ci mettono tre giorni. »

« E chi è il regista? »

« Tiedoll, un vero artista nel campo. Ha assicurato che non stravolgerà il tuo libro, come fanno molti registi. Allora, non sei contento? »

« Sì... certo che lo sono! Un film... non pensavo di arrivare a tal punto! »

« I tuoi lavori diventano sempre best seller, naturale che venga voglia di farci dei film. »

« E da quale libro vogliono trarlo? »

« “Harriet”. Lo abbiamo pubblicato due anni e mezzo fa, ma rimane ancora molto popolare. Non esagero se dico che, forse, è il tuo libro più famoso. Nei retro di copertina di ogni tuo libro scrivono sempre “dallo scrittore di Harriet”, per cui lo conoscono tutti, anche chi non è un tuo ammiratore. E poi è una bella storia. »

Lavi ha perso gran parte del discorso. Dopo aver sentito “Harriet”, la sua mente ha cominciato a vagare per fatti suoi. Non c'è bisogno di nascondere che ha subito pensato a Rukia, e che il suo istinto gli dice di chiamarla e urlare contento che avrebbero fatto un film proprio sul suo libro preferito. Sarebbe stata felicissima, sicuramente. Dentro di sé, quella cosa simile a una trottola esplode di felicità e gli fa amare ancora di più la vita, il suo lavoro, il suo scrivere senza sosta che gli ha permesso di incontrare Rukia e di intrecciare con lei quella relazione così particolare, ma di cui, ormai, a fatica riesce a farne a meno. Addirittura, si prende cura maniacalmente dei bucaneve che l'attrice ha acquistato per lui, in occasione di quella colazione che non dimenticherà, come potrebbe. Uno dei momenti in cui si era reso conto, una volta per tutte, che l'Hortum Septentriones non era solamente un posto in cui rilassarsi, era davvero una stella polare per ignari naviganti come lui. D'altra parte c'è anche un dubbio; se la ricerca si limitava soltanto ad una donna da avere accanto. Rukia non merita un ruolo così infimo e secondario, e lui non è tipo da aspettative così mediocri, eppure, quella relazione continua a trascinarsela e a tenersela stretta, a prendersi cura dei suoi fiori e a sperare di vederla sorridere e giocare con lui, e ballare, girare, come avevano cominciato. Che il giardino lo stesse mettendo alla prova?

« … insomma, sarà sensazionale. » conclude Tyki, il quale gesticola a più non posso con un sorriso a trentadue denti. Lavi è riuscito a seguire almeno quest'ultima parte, e annuisce di rimando. Qualunque sia il suo rapporto con Rukia, quella rimane un'ottima notizia.

« Ovviamente potrai assistere alle riprese e collaborare, dare appunti o altro. Hanno già selezionato diversi attori, per Harriet pensavano di farla interpretare a Rangiku Matsumoto. »

« Matsumoto...? »

« Ha vinto diversi premi, sia come attrice protagonista che non, ha talento. Inoltre è una bellissima donna. »

« Ma è totalmente diversa dalla mia protagonista. Harriet è una donna molto più semplice. Intendiamoci, Matsumoto mi piace, è una brava attrice... ma non farebbe risaltare Harriet. »

« Rifletti. Con lei non ci sarebbe nemmeno bisogno di abusare di trucco e costumi. È bionda, come Harriet, basta cambiarle pettinatura e il gioco è fatto. Inoltre, ha forme spettacolari. »

« Appunto, non è la mia Harriet. Non mi basta che sia bionda e bella, voglio una persona che sappia capire il mio personaggio, anzi, voglio una persona che si faccia possedere da lei. Matsumoto questa qualità non ce l'ha. Lei tende a far spiccare qualcosa di sé in ogni personaggio che fa, che ti porta a dire “sì, è proprio Rangiku”, e a quel punto il film non si intitolerebbe più “Harriet”, ma “Rangiku”. Voglio qualcuno che renda memorabile il personaggio di Harriet, non l'attrice che la interpreta. »

« D'accordo, d'accordo. Ti viene in mente qualcun altro, allora? »

« Mai Shirafune. » lo dice di getto, non ci pensa su due volte. Lo ha capito quando l'ha vista alla locanda vestita come lei, quando ha riprodotto la scena, quando l'ha posseduta lì, nella camera di una locanda del giardino, che lei sarebbe stata perfetta. Lei sarebbe più che felice di annullare la propria personalità per Harriet, lei può capirla, perché ama quel libro. Che buffo, pensa Lavi. Se non avesse un rapporto così particolare ed intimo con lei, giungerebbe alla stessa conclusione? Ci pensa su, forse è stato troppo frettoloso, forse a smuoverlo è solo il sentimento che prova per lei. Ancora più buffo, riconoscere che prova per lei qualcosa, ma non sa come definirlo. Torna al discorso avuto con lei a colazione, davanti ai bucaneve e ad una tavola ben apparecchiata. Non sono amanti, non sono amici, non sono fidanzati. Sa solo che la vuole, e quando non riesce a resistere arriva a fare l'amore con lei anche su una sedia, dopo la colazione. La porta a cena fuori come se fosse un'amica, la invita a ballare come se fosse una dama da corteggiare, la bacia, l'abbraccia, la ricopre di attenzioni come se fosse una fidanzata. Ma non può relegarla a questi ruoli. Lei è solo Rukia, e lui solo Lavi. Qualunque tipo di rapporto sia, il loro. E di certo, avrebbe continuato ad ammirarla come attrice in ogni caso. L'ha adorata sin dal suo primo film e non si è mai perso una sua partecipazione cinematografica, anche con ruoli molto marginali, non si è mai perso una sua intervista, premiazione, comparsa a qualche programma. È sempre stato un suo ammiratore, che ora sia anche il suo amante, amico, fidanzato, non cambia niente, perché lui rimane Lavi, e lei resta Rukia, l'unica che può valorizzare la sua protagonista. Dopotutto, lui è l'autore, si ritiene in grado di riconoscere chi può interpretarla bene e chi no.

« Mai... sei sicuro? Harriet è piuttosto complesso come personaggio, senza contare che fisicamente è molto diversa. » Tyki appare perplesso. Non immagina minimamente che Lavi la conosce molto bene -si sono sempre guardati bene dal far trapelare qualcosa alla collettività, essendo personaggi in vista- e non può dunque sapere che certe cose le può affermare in totale sicurezza, anche se mosso da sentimenti che non sa definire. Il giardino lo sta sicuramente mettendo alla prova, ma è pronto ad affrontarlo, finché dentro di sé qualcosa continuerà a muoversi.

« Credimi, lei è perfetta. La interpreterebbe alla perfezione. Lo penseresti anche tu, se ricordassi tutti i ruoli che ha fatto. »

« Sì, me li ricordo. Ha fatto un po' di tutto. Ricordo che molti sono rimasti colpiti da questa sua capacità di passare da un ruolo all'altro in maniera così naturale. »

« Esatto. Invece, se ci pensi bene, a Rangiku Matsumoto danno più o meno sempre gli stessi ruoli, con caratteristiche comuni di fondo. Certo, sono convinto anch'io che riuscirebbe bene a fare altro... ma sento che non sarà con Harriet che spiccherà. Penso che Mai Shirafune sia molto più adatta. »

« Mi dispiace, guercino, ma non posso accontentarti così facilmente, anche se sei l'autore. Dovremo fare dei provini. »

« Voglio essere presente, quando li faranno. » è la soluzione ottimale. In tal modo, Rukia farà vedere a tutti di cosa è capace. Del resto, non è sua intenzione raccomandarla e sa che lei si sentirebbe offesa per una cosa del genere. Sente di conoscerla bene. Una cosa che lo spiazza, ma lo rende felice. Se il buongiorno si vede dal mattino, per Lavi è davvero splendido.

Per qualcuno il buongiorno non è ancora arrivato. Grimmjow vive i giorni di riposo come un premio da gustarsi fino in fondo, soprattutto la mattina, in cui ha occasione di dormire qualche ora in più senza preoccuparsi di niente. Nessuna sveglia che suona, nessuna preoccupazione di ritardi di sorta, niente pensieri su cosa mettersi per andare al lavoro, il niente totale, il dolce far niente, bellissimo e accogliente. Lo abbraccia teneramente nel mondo dei sogni, avvolto nelle coperte stropicciate in maniera quasi indecorosa, visto come si agita nel sonno. Cambia ancora una volta posa, stende il braccio alla sua destra, la bocca è lievemente schiusa. Ichigo lo osserva attento, gli tira su le coperte in silenzio e con cautela, in modo che non prenda freddo. È l'unico gesto di premura che può concedergli, una volta tanto, a lui che si affanna per mantenerlo lontano dai guai. Grimmjow riposa, finalmente, e Ichigo lo lascia tranquillo per ricambiare di tutta la fatica che fa per lui. I fantasmi intorno a lui, straordinariamente, lo lasciano in pace quella mattina, così si dedica in tutta calma alla colazione, composta semplicemente da cereali e succo d'arancia. Per la fretta, spesso, i cereali li prende a manciate, senza affogarli nel latte, e li mangia così, davanti alla dispensa, mentre il succo lo beve direttamente dalla bottiglia. Stavolta però è diverso, è giorno di riposo, e può mettersi comodamente a tavola. È piccola, con sole quattro sedie, e nella cucina dà l'aria di essere un oggetto ingombrante, dista a pochi passi dalla televisione e dal frigorifero, con accanto fornello e dispense, cigolanti. Grimmjow dice sempre che appena ha cinque minuti di tempo, le riparerà, ma Ichigo non se la sente di disturbarlo durante il suo giorno di riposo, e poi gli piace quel cigolio, lo allontana per qualche secondo dai suoi fantasmi. Ha bisogno di rumori forti, e materiali, per potersi distrarre.

Per dare colore alla tavola ha una tovaglietta a quadri, colorata di blu e verde, si intona bene con la sua ciotola preferita, bianca con l'imponente scritta rossa che recita “I hate Mondays”. Una volta era la preferita di Grimmjow, ma ormai non ha più tempo per servirsi la colazione su scodelle e ciotole, riesce appena a riempirsi un bicchiere di plastica di succo, e se lo beve mentre esce di casa a passo veloce, rischiando di inciampare per le scale -l'ascensore, a detta sua, è lentissimo- così è diventata di Ichigo. Vi getta dentro i cereali con un sorriso, riempie a sufficienza di latte scremato, si riempie il bicchiere di vetro di succo d'arancia ed eccolo lì, pronto per dedicarsi alla colazione, cucchiaio alla mano. Prova estremamente piacevole lo scrocchiare dei cereali tra i suoi denti, hanno il sapore del cioccolato, l'unica cosa che mangia volentieri.

Una sera Grimmjow l'ha portato al cinema, a vedere “La fabbrica di cioccolato”. Ricorda benissimo che c'erano poche persone, il che era un peccato. Ormai, tutti li guardano su internet, comodamente seduti in camera propria, togliendosi il piacere di andare a vedere un film sul grande schermo, con una qualità sonora migliore, solo perché non vogliono spendere soldi. In tutta onestà, a Ichigo non importa molto se sia giusto o sbagliato darsi alla pirateria su internet, solo, trova migliore vedere un film così, e magari anche comprarsi il DVD apposito, così lo ha sempre a portata di mano, e fa un'enorme differenza vedere un film in DVD, con scene extra e speciali, piuttosto che la qualità scarsa che spesso offre il web. In ogni caso, quando vide quel film gli sembrò di vivere un sogno. Aveva visto un gigantesco mondo fatto di cioccolato, amato da tutti ma il cui accesso era stato concesso a pochi, fortunati bambini, nonché speciali, tramite la vincita di un biglietto d'oro. Erano in cinque, ricorda, e il quinto che ebbe la fortuna di vincere era un bambino povero, ma normale, con una famiglia amorevole, di buon cuore, senza troppe aspettative. Quando lo vide vincere, fu contento per lui e lo invidiò, perché poteva avere tutto il cioccolato che voleva e, soprattutto, era normale. Non aveva fantasmi di sorta da affrontare, non doveva combattere con un perfetto sconosciuto che bussava continuamente alla sua porta. Meglio essere poveri che così, si dice sempre Ichigo.

Poi però ripensa al proprietario di quella fabbrica, Willy Wonka, se non ricorda male, un tipo che più strano di così, si muore. Era rimasto di stucco, a vederlo, ma gli era rimasto impresso, simpatico. Grimmjow gli aveva detto, un po' snobbandolo, che un posto del genere poteva crearlo solo un tizio strano. Allora essere strani è un bene, si era detto. Allora, forse, lui non era un caso disperato. Ed anche il creatore di quel giardino in cui il suo convivente andava sempre, ed ora anche lui, deve essere altrettanto strano, e strana deve essere anche quella ragazza che ha incontrato. Ma allora è un bene o no, che lui sia fatto così? I fantasmi non tardano a farsi sentire con le loro opinioni fuori luogo e seccanti, rovinandogli la colazione.

« E zitti. Willy Wonka non si fa mai questi problemi. » già, ma lui non è mica il padrone di una fabbrica di cioccolato. Un tipo come quello, può permettersi tutte le stranezze che vuole, lui no di certo. Risultare normale è un'impresa titanica, per lui, e ormai si sta lentamente rassegnando al fatto che non riuscirà mai ad esserlo, che sarà destinato a convivere con una cosa che decide per lui.

Mentre sgranocchia tranquillamente i suoi cereali, avverte un ronzio molesto accanto al fornello. Ha abbandonato il cellulare lì, vibra così tanto che si muove come una mosca che non riesce a volare, rischia di cadere, copre quasi interamente la suoneria. Ichigo lo prende in fretta e furia e si affaccia alla camera da letto, nella quale Grimmjow sta bofonchiando qualcosa ma è ancora intento a sonnecchiare. Meno male, non si è svegliato.

Gli è appena arrivata una e-mail, nota, mittente sconosciuto. Non del tutto, in realtà. La riconosce a colpo d'occhio e allo stesso tempo gli viene un colpo al cuore, in senso buono. Emozione.

« Buongiorno.
Chiedo scusa per l'ora, forse stai dormendo. Mi chiamo Orihime Inoue. Forse ti ricordi di me, ci siamo incontrati all'Hortum Septentriones, durante una festa. Ti ho visto mentre scrivevi sul registro, così ho pensato di contattarti.
Io non sono un asso nel capire le persone, non sono brava in molte cose, in realtà. Perciò, può anche essere che abbia sbagliato, a pensare che tu avessi bisogno d'aiuto, anche solo di parlare. Però spero comunque che possiamo diventare amici, anche se adesso starai pensando “chi è questa pazza che mi contatta all'improvviso?”, ah ah! (^///^'')
Io vivo qui dall'inizio dell'anno scorso, per frequentare la scuola. Alloggio in un dormitorio femminile, e nel tempo libero faccio un salto al giardino. Sono contenta che ci siano così tante persone diverse, ma anche simili a me. Ho potuto conoscere persone speciali e straordinarie, spero che sia lo stesso anche per te! (*-*)
Tu vai all'università? O forse sei un artista? Sai, quando ti ho visto la prima volta, mi sei sembrato un disegnatore, o un musicista. Hai gli occhi di chi ha una grande fantasia. Scusami se mi permetto, a volte non mi rendo conto di quello che dico e faccio un sacco di figuracce. (XP)
Spero di sentirti presto, e di poter avere un nuovo amico. (:3)
A presto. Magari ci rivediamo al giardino! (^-^)
»

L'ha fatto davvero. Orihime non solo si è fatta avanti, ma si è anche ricordata della prima volta in cui l'ha incontrato. Aveva pensato a tutte le soluzioni possibili, dopo aver avuto il coraggio di lasciare il proprio recapito telefonico e di e-mail, che lo avrebbe preso per pazzo ed evitato, magari, mai che si mostrasse così gentile nei suoi confronti, spensierata, pronta a trattarlo come una persona normale, riconoscendo che ha bisogno d'aiuto. È pronta ad offrirgli la sua amicizia, con i pro e i contro. Quella ragazza non ha la minima idea di che cosa voglia dire davvero avere a che fare con lui, solo Grimmjow lo sa. Ma lui sta dormendo, ed è il suo giorno di riposo. Perciò, tanto vale approfittarne. Può farcela benissimo da solo. Ripensandoci, è arrivato fino a questo punto completamente da solo e il risultato lo fa sentire invincibile, si sente pronto a tutto. Riesce ad ignorare i fantasmi che sono aumentati, riuniti a cerchio ad impicciarsi dei fatti suoi, gridandone di cotte e di crude verso la ragazza, ma sono così rarefatti e trasparenti che riesce ad ignorarli, e le sue dita, quasi senza rendersene perfettamente conto, cominciano a pigiare frettolosamente i tasti del cellulare. Rilegge parecchie volte il messaggio, per assicurarsi che non vi siano errori madornali, e spedisce il messaggio, ansioso.

« Buongiorno.
Non preoccuparti per l'orario, stavo giusto facendo colazione. Io mi chiamo Ichigo Kurosaki. Ah, è vero, l'hai letto nel registro. Ho fatto un mucchio di pastrocchi là sopra.
Mi farebbe piacere essere tuo amico. Non ho molte occasioni di uscire, ma quel giardino mi interessa molto. È un bel posto, mi piacerebbe tornarci.
Comunque non sono un artista né un musicista, in realtà non so suonare nessuno strumento. Non so fare parecchie cose, ad essere sincero. Non vado nemmeno all'università, ho solo sedici anni.
Mi ha fatto piacere leggere il tuo messaggio. Grazie.
»

Nel frattempo, per ingannare l'attesa della risposta, semmai arriverà, rilegge ciò che gli ha spedito lei. Usa molto le faccine, sembra una bambina, ammira l'innocenza delle sue parole e invidia la sua spontaneità, e coraggio, perché ce ne vuole per avvicinarsi ad uno come lui. Ma lei lo ha fatto, c'è una speranza. Buttarla sarebbe l'errore più grande della sua vita, e poco importa se Grimmjow avrà da ridire. Può farcela da solo, deve farcela.

La risposta arriva pochissimi minuti dopo, lasciandolo di stucco, ma felice. Quando l'aveva vista al giardino, con la sua amica, era scappato a gambe levate, ma per telefono riusciva a fare un discorso di senso compiuto senza intoppi, un enorme progresso.

« Sedici anni? Ma allora abbiamo la stessa età! Incredibile, sembri più grande! (:O)

Anch'io sto facendo colazione! Oggi la mia scuola è chiusa per festa, per cui posso prendermela comoda. Sono già alla seconda tazza di cereali, con pane tostato, marmellata, burro e patate dolci. A te cosa piace mangiare, Kurosaki? »

Sorride, Ichigo, non smette di farlo nemmeno per un attimo. Spedisce e riceve, non si cura del tempo che passa.per la prima volta, sente di aver fatto la cosa giusta, di aver assecondato finalmente un suo desiderio. È bello vedere quando le cose vanno proprio come vorresti, senza nessuno che stia a dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato. Per una volta, la sua natura lo asseconda, è meraviglioso.

« Vediamo... mi piace molto la cioccolata, e il pesce saltato con senape peperoncino. Per il resto, una cosa vale l'altra, per colazione ho preso dei cereali con succo d'arancia. Che scuola frequenti? »

« Hai gusti molto semplici, vedo. Comunque, io frequento un liceo pubblico molto piccolo, che dista a sei fermate di treno dal mio dormitorio. Ci danno un gran da fare con lo studio, ma non mi lamento. E tu? »

« Scuola pubblica anche per me, un po' malandata e noiosa, ma se non altro riesco ad avere buoni voti. Purtroppo non riesco ad andarci tutti i giorni, perciò spesso mi ritrovo con una marea di appunti da studiare e a dover fare test di recupero. »

« Perché? Non ti piace andare a scuola? ('-') »

« Mi è indifferente, onestamente. »

« Peccato. Nella mia ti divertiresti di sicuro. (ùwu)
Senti, cosa ti piace fare?
»

« Mi piace il cinema. E leggere, soprattutto Shakespeare. »

« Quindi ti piace anche Romeo e Giulietta? »

« Sì, anche Romeo e Giulietta. »

« … che bello. Romantico e bello. Sei gentile come pensavo, Kurosaki. (*^-^*) »

Gentile. Di tutte le cose che si era sentito dire, quella è stata proprio una novità. Nemmeno lui si è mai riconosciuto in questo aggettivo, tuttalpiù, se faceva saltar fuori che è un fan di Shakespeare, gli avrebbero detto che è roba da femminucce. Orihime, forse perché femmina, questi problemi non se li pone. Ma in ogni caso, lo trova gentile, pensava che lo fosse, e gli ha scritto che è bello avere una passione simile. Apprezza la sua persona, nonostante la conosca ancora troppo poco. Ichigo si sente fortunato. Non è proprio la fabbrica di cioccolato, ma è pur sempre un mondo fantastico dal quale non vorrebbe più andar via. Ha compreso, ormai, che quella magia gliel'ha data il giardino. Vuole tornarci al più presto, magari da solo, incontrare Orihime e farsi lunghe passeggiate, parlando dei propri interessi a voce, a tu per tu, incrociando i suoi occhi senza scappare. Ma non è sicuro di farcela senza che Grimmjow lo venga a sapere. Anzi: è giusto che lui non lo sappia? Cambierebbe qualcosa, lo ostacolerebbe? Ha paura, per la prima volta, del suo coinquilino. Tutto quello che fa è per lui, lo sa bene, ma fino a che punto può giovare alla sua indipendenza? E Orihime, come si troverebbe con lui?

Forse è meglio lasciar correre le cose, pensa Ichigo. Fintanto che sono solo messaggi, può ancora scamparla, e dubita di riuscire a trovarla nuovamente da sola, al giardino. Con Grimmjow, in qualche modo risolverà. Si sente invincibile, ora che ha parlato con quella ragazza. Sente che la sua natura finalmente girerà come vuole lui, e che persino i fantasmi collaboreranno. La ruota della fortuna comincia a girare, finalmente, sente di potersi concedere un umore ottimista. Effettivamente, pensandoci, Ichigo non si è mai sentito molto ottimista. Fortunato, quello sì, per aver incontrato Grimmjow, ma mai una volta si è detto “andrà tutto bene”. L'unica cosa che si dice ogni giorno è “non voglio perdere ciò che ho. Voglio la forza per poter ricambiare quello che possiedo”. Come Grimmjow, che merita un giorno di riposo. Come Orihime, che gli porge la guancia così, spontaneamente.

Quando Shinji esce dall'alloggio di Kanda, avverte una fame non indifferente. A parte il caffè non gli può scroccare altro, e di certo quel ragazzo non è il tipo da sognarsi di offrire qualcosa. Ha fame, ma non solo a livello fisico. Da un paio di giorni, nota, c'è un'aria strana, lo percepisce nell'odore, nel tatto, in tutto. Kanda procede naturalmente e a passo deciso con il lavoro, ma già questo fattore lo mette in allarme. È insolitamente interessato all'incarico, improvvisamente è come se fosse animato da una strana voglia di fare, lui che sembra una bambola, o come dice il fondatore del giardino, fatto di vetro, come le statue che crea. Il boss stesso ha preso l'abitudine di chiamarlo di frequente, anche solo per fare quattro chiacchiere. Sembra che si senta solo e che soltanto Shinji può fargli compagnia. Il mondo si è capovolto senza che lui ne sapesse niente e questo lo spiazza. Odia che le cose cambino senza la sua volontà, lo irrita. È preoccupato, ma si guarda bene dal farlo notare, altrimenti, se qualche frequentatore lo vedesse, si metterebbe in allarme e magari, nel peggiore dei casi, abbandonerebbe il posto. Non vuole rischiare di far diminuire la clientela per suoi presentimenti e malumori. Forse è solo un periodo, presto la ruota della fortuna girerà nuovamente a suo favore. O forse no.

E lui che pensava di poter capovolgere tutto a proprio piacimento, come Dio. Una presunzione che gli sta costando caro, adesso lo sa. Schiocca la lingua più e più volte, per distrarsi. Qualcosa sta cambiando e lui non può farci niente. Nemmeno traslocare per l'ennesima volta è servito. Ormai è abituato a cambiare casa, ma finalmente sembra comprendere che il suo continuo spostarsi non è che una fuga dal suo essere semplicemente umano che non può fare tutto. Tant'è che va a rifugiarsi ogni volta che può nel giardino.

Un'altra cosa che lo irrita, anche se lievemente, è la curiosità che mostra quel ragazzo chiamato Allen Walker. Ormai si è impuntato con l'intenzione di sapere chi è il boss, e non ha minimamente idea del pericolo che corre. Non sa che è importante che quella persona resti dietro le quinte. Non immagina quanto la gente che frequenta il posto viva d'immaginazione su quella figura a cui sentono di dovere tanto, anche Shinji. È un'ingenuità che lui non ha e che in parte invidia. Stare così vicino ai piani alti è un'arma a doppio taglio e la prova evidente è quell'avvertire prima del tempo, con brividi fastidiosi lungo le braccia, che qualcosa sta cambiando e che non può farci niente. Certo, è nella natura dell'uomo, nella sua, e deve sottostarci, ma quando gli intenti sono discutibili, diventa opprimente. Dovrebbe berci una tazza di tè su, scrollarsi le spalle e darsi una calmata. In fondo, non è la fine del mondo. La vita dell'uomo non è che una piccolezza, va e viene, bisogna viverla e basta, senza pensieri, come dicevano in quel famoso film animato, “hakuna matata”. Shinji scuote la testa. Come se per l'uomo fosse possibile arrivare a tale perfezione. Se non hai niente di cui crucciarti, cosa vivi a fare? La perfezione non è che un peso, l'uomo non ci arriva, la sua natura sì, ed ecco che lo accontenta con fardelli stupidi, al confronto. Ogni tanto gli fa anche sgambetti, perché è divertente, chi non riderebbe di fronte ad una bella caduta, succede sempre così.

Eccolo, l'essere umano chiamato Shinji Hirako, che si ritrova a rispondere, anche senza volerlo, alla natura umana. Sta pensando in continuazione a presentimenti e considerazioni che gli danno solo grattacapi. Si appesantisce la vita senza nessun motivo. Ma del resto, non può farci niente, ne hanno bisogno tutti, altrimenti risulterebbe fin troppo chiaro che vivere è davvero, troppo semplice, una leggerezza per loro insostenibile. Niente a che vedere col perdere il lavoro o un grande amore. Gli è successo anche questo, in effetti.

Lei si chiamava Momo. Era un'impiegata semplice e modesta, timida e insicura, ma lui la trovava molto carina. Non avevano molte occasioni per incontrarsi, ma quando accadeva tutto veniva organizzato alla perfezione, una cenetta semplice a casa di uno o dell'altro, un regalino per farsi perdonare la lunga attesa, come una collana o un semplice fiore -a Momo piacevano molto le margherite, semplici come lei- una passeggiata, un film, un goccio in compagnia di amici, seduti su comodi divani di un pub appartato, e quando si era in vena di chiudere in grande stile, si finiva sotto le coperte a fare l'amore, dolcemente come piaceva a lei e senza fretta. Ma mai, mai una volta che dormissero assieme. La cosa non era sembrata un problema, ma Shinji è pronto a scommettere che è stata un'aggravante. Era sempre lui a rifiutare di restare a letto con lei, abbracciarla mentre dormiva e svegliarla il giorno dopo per invitarla a colazione. Sentiva, semplicemente, di non essere pronto, a suo dire era come una preparazione alla convivenza o al matrimonio, una specie di gabbia, ben arredata e confortevole, ma sempre una gabbia. Lui è un uomo che capovolge tutto e si sente stretto velocemente in uno spazio che non sia il giardino della stella polare, mentre Momo aveva il bisogno impellente di legarsi per la vita con qualcuno. Obiettivi diversi che come unica soluzione trovarono la prevedibile separazione, nonostante tutti dicessero che assieme erano perfetti, ma come si sbagliavano. Sorprendente il fatto che era stata proprio lei a prendere la fatidica decisione, lei, così timida e piena di premure, che detesta sentirsi abbandonata, lo aveva lasciato. “Ti ho amato davvero, Hirako. Ma ho capito che non sarai l'unico della mia vita”. Quando gli aveva imbastito il discorso che segnava la fine di quella relazione durata ben cinque anni, Shinji si era sentito deriso. Lui stesso sentiva di non amarla più, e non ebbe nulla in contrario sul porre fine alla storia che aveva assunto i tratti di una farsa. Ma quanto lo aveva infastidito, la frase “ti ho amato davvero”, perché non l'aveva percepita come vera. Altrimenti, non avrebbe continuato a chiamarlo per cognome, a distanza di cinque anni di relazione. Anche il non sentire mai un “Shinji” da parte sua lo aveva spinto a riconsiderare ciò che effettivamente provava per lei. Se ci ripensa, non riesce a spiegarsi come abbia potuto restare incollato ad una persona per tutto questo tempo, lui che cambia casa in continuazione, lui che si diverte a cambiare le carte in tavola, capovolte. Ma, già, è stato proprio subito dopo la fine di quella storia che ha cominciato ad addentrarsi nel giardino. Camminava tranquillamente per le strade, gongolando nel vestito nuovo appena acquistato, il posto gli si era parato di fronte come un'oasi nel deserto. Era un chiaro messaggio del suo io che lo aveva trascinato lì. “Tu non sei completo, Shinji. Non puoi continuare a rigirarti qua e là. Però, qui dentro, hai una speranza per colmare quel vuoto che senti”, sembrava dirgli questo. E aveva ragione. La ricerca non ha ancora avuto fine, e forse non l'avrà mai. Di certo, non si concluderà con un nuovo amore, non si sente il tipo, ma chi può dirlo fino in fondo? Tanto, ormai, tutto comincia a capovolgersi senza metterlo al corrente. Vorrebbe essere nei panni dell'orologio dell'Hortum Septentriones, che sta lì e gira, gira e basta, fa da guida e tanti saluti. Però ora quell'orologio deve cambiare, deve cedere il posto al nuovo lavoro firmato Kanda, improvvisamente animato di qualcosa, di semplice natura che gira, gira, gira. Cambierà qualcosa anche lui? Tutti questi pensieri gli hanno fatto venire il mal di testa. Ormai prossimo ai cancelli che separano il giardino dal resto del mondo, torna sui suoi passi e corre alla sua locanda preferita, richiede la solita camera, ci si chiude dentro e si sdraia al solito posto, a testa in giù. Ne ha decisamente bisogno.

La sala è nel semibuio, intervallata da luci e scatti. Le voci che aleggiano sembrano eco lontani, e le persone, semplici ombre. Rukia si concede un sonoro sospiro e si massaggia una spalla, avvertendo addosso molta stanchezza. Non sta ferma dalle sette del mattino e più che mai in questi giorni sente il bisogno di dormire un po' di più. Alle sue spalle, un ragazzo biondo e vestito in maniera molto formale, quasi da gentleman, le porge un bicchierino di tè caldo, preso da quella macchinetta all'entrata vecchia e per niente affidabile. Ma le ha fatto la gentilezza di procurarglielo, per cui Rukia lo sorseggia dopo averlo ringraziato, per rispetto nei suoi confronti.

« Ottimo lavoro, signorina Kuchiki. » il tono della sua voce non fa trasparire alcuna emozione.

« Grazie, Link. » l'attrice butta l'occhio sullo studio cinematografico, che ora le sembra povero e infimo. Quando non è presa a lavorare, vedere quel posto le dà un forte senso di desolazione. Niente a che vedere con il giardino, niente di lontanamente paragonabile alla casa di Lavi, talmente piena da scoppiare di vita e di odore di libri. Certamente è strano, pensa, ritrovarsi a pensare a lui così intensamente. La loro non può essere definita una relazione normale, ed entrambi sono consapevoli che non possono sbandierarlo ai quattro venti, non perché lei sia una famosa attrice e lui un autore di best seller. Il motivo è che, se ciò venisse esposto alla luce del Sole, gran parte di quell'ammaliante senso di complicità svanirebbe. Amano vivere i loro baci, le loro attenzioni, le loro colazioni e le loro conversazioni in segreto, solo loro due, non deve esserci spazio per il resto del mondo. Per questo, quando si ritrovano ad andare a cena fuori, non si abbandonano a moltissimi gesti eclatanti, al massimo una stretta di mano, una carezza alle mani talmente veloce e fievole da risultare una cosa piccolissima rispetto agli sguardi che si scambiano e che nessuno può interpretare. Difatti, sui giornali, sui siti di gossip, in televisione, non è mai stata fatta notizia di un loro possibile coinvolgimento sentimentale, nonostante siano stati visti assieme. Non danno motivo di parlarne. Quando ha avuto tempo di adocchiare un articolo, su una rivista, l'unica cosa che aveva visto era una foto scattata da chissà chi, forse un principiante, e il giornalista che si era aspettato chissà quale scoop, con delusione aveva soltanto concesso due righe ad una “giornata di riposo per l'attrice Mai Shirafune, qui intenta a chiacchierare con il noto scrittore Deak”. Non osa pensare allo scandalo mediatico che seguirebbe, se venissero a galla il loro coinvolgimento fisico ma soprattutto mentale, di un livello infinitamente superiore al semplice innamoramento. Ha paura di pensarlo. Non vuole rovinare tutto per colpa dei rispettivi mestieri.

« Link, puoi farmi la cortesia di fare in modo che abbia la giornata libera, domani? Necessito di riposo. » si volta appena per incrociare lo sguardo stretto e severo del ragazzo tanto più giovane di lei, ma preparato, cortese ed efficiente come pochi.

Lui scatta subito, annuisce convinto, sembra un soldato ben addestrato, fa addirittura tenerezza. Rukia lo trova molto divertente, in particolare indovinare cosa pensi nel profondo una personalità rigida come la sua. « Nessun problema, signorina Kuchiki. Se lo desidera, posso organizzare i suoi impegni in modo che abbia anche l'intero fine settimana libero. »

« Sei un manager attento e scrupoloso, Link, ma non spingerti oltre le tue possibilità, non è necessario. Fa' soltanto ciò che ti si richiede. Se avessi il fine settimana libero, i miei impegni si accumulerebbero durante la settimana e ciò mi causerebbe maggiore stanchezza. » un bravissimo agente, abile come pochi, ma un po' scarso di fantasia, forse per questo è più difficile tirare a indovinare i suoi pensieri. Magari è solo una facciata, quella che mostra, avrà senza dubbio i suoi interessi e la sua voglia di svagare. Rukia non lo biasima di certo. Le fa addirittura tenerezza, per quello che si impone di essere.

« Come desidera, signorina Kuchiki. A proposito, c'è una questione lavorativa di cui vorrei parlarle ora che ha un momento. »

« Dimmi tutto. » accavalla le gambe nel mentre, avvertendo così un leggero dolore ai piedi. Le scarpe che le hanno fatto indossare per le riprese non sono il massimo.

« Mi hanno chiamato i collaboratori del regista Froi Tiedoll, i quali intercedono per conto di altre persone influenti che desiderano proporle la parte per un nuovo film. »

« Tiedoll? Ho già lavorato con lui, sarà un piacere. Di che film si tratta? »

« Tratto da un libro, signorina. Chiedono se è disponibile a partecipare a dei provini. »

« Il titolo sarebbe? »

« “Harriet”, signorina Kuchiki. Tratto dall'omonimo romanzo di Deak. »

Rukia cerca in tutti i modi di nascondere la sorprese, l'emozione, il batticuore, come se fosse una ragazzina inesperta alle prese con le prime cotte. Non riesce quasi a crederci. Ama così tanto quel libro, quante volte ha sperato che ne traessero un film, non importa chi avrebbe interpretato la protagonista, purché lo si facesse. Ora le danno l'occasione di essere Harriet e di farsi vedere così da tutti. Sicuramente Lavi lo sapeva, si aspetterà di trovarla lì, pronta, a recitare quella parte che lui conosce bene e che ha visto in prima persona, all'Hortum Septentriones, in quello scenario con la vasca da bagno che aveva riprodotto fedelmente. Ma lei è pronta per farsi carico di un compito simile?

Se accettasse così di slancio la parte, forse darebbe adito a varie voci su una presunta macchinazione per farle avere la parte, amicizie con Deak, e via discorrendo, quando la situazione è molto più semplice. Lavi, non Deak, è una persona con la quale sta percorrendo una strada vorticosa diretta a nord, verso un enorme stella che gira senza sosta, e più del suo modo di porsi, del suo carattere, delle sue mani, ama i suoi libri, adora Harriet, quante volte ha desiderato essere lei. Un'occasione che non vuole proprio buttare. Si sente incredibilmente fortunata, la stella del giardino continua a portarle fortuna, a lei e a Lavi, che si ritrovano ad incrociarsi più del dovuto anche involontariamente. Lui sicuramente si aspetta che faccia un figurone, che abbia la parte ad occhi chiusi, con la sua capacità interpretativa. Non vuole deluderlo, e per rispetto nei suoi confronti, del suo lavoro e di quel, se vogliamo definirlo in tal modo, sentimento che provano, accetta con un posato cenno del capo la proposta. Chiede espressamente a Link di segnarlo come impegno più importante, perché lavorare con Tiedoll è sempre un piacere. Ma lavorare in un film tratto da un libro di Lavi è ancora più piacevole. Essere Harriet è il massimo. Avrà quella parte, si promette, e riempirà Lavi d'orgoglio, sarà il suo modo di ricaricare la trottola dentro di lui per farla girare ancora, e ancora, in modo che torni sempre, comunque da lei, a cercarla come se fosse “quel pezzo mancante”, la meta della sua ricerca.

L'Hortum Septentriones mantiene la sua influenza anche a chilometri di distanza. È una magia, quella, talmente luminosa da abbagliare, riducendo quelle piccole anime a cercare ad occhi chiusi, ma pieni di speranza, perché sono guidati da una stella fortunata. Che odora di libri, è fatta di vetro, regala identità fittizie da smascherare, diverte con giochi di prestigio, si capovolge, inciampa a volte, ma che procede sempre, inesorabilmente verso nord.

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: neme_