Ruki continuava ad osservarlo con
attenzione, quasi fosse un animale raro ed insolito imprigionato dietro ad una
teca di cristallo. Piano, con movenze feline, si mosse, poggiando una mano
bianca ed aggraziata sulla superficie dello specchio, premendosi contro di
essa, quasi non fosse altro che una finestra alla quale si affacciasse per
scrutare meglio il panorama.
“Alzati Taka…”, sulle sue labbra
si disegnò l’ennesimo sorriso malizioso… un qualcosa che Takanori non aveva mai
visto prima sul proprio viso.
Senza sapere né il come né il
perché fece come gli aveva detto Ruki; si alzò, non senza barcollare un poco, e
cercando di ricomporsi si portò davanti all’altro che non smetteva di fissarlo,
ora compiaciuto, con ancora quella strana luce negli occhi.
Takanori spostò lo sguardo sulla
sua mano, quella appoggiata allo specchio, ed incomprensibilmente desiderò
toccarla, sfiorarla con la propria, quasi fosse l’unico modo di accertarsi
definitivamente che tutto quello era reale.
Con lentezza, mosse timidamente
la propria mano verso l’altra, raggiungendola solo dopo quelle che parvero
intere ore, esitando un secondo ancora prima di poggiare delicatamente l’indice
su quel palmo niveo.
Si ritrasse immediatamente, di
scatto; era caldo… lo specchio era
caldo!! Caldo come se la mano di Ruki vi fosse davvero appoggiata!! Fisicamente!!
Era troppo tardi ormai per
credere che si trattasse di un sogno o di un allucinazione dovuta alla
stanchezza: stava succedendo davvero… Ruki era reale… spettro, demone o altro
poco importava. E lui voleva saggiarlo ancora, quel calore; per qualche motivo
voleva vedere le carni pallide unirsi e tornare ad essere una….
Piano unì nuovamente le mani,
palmo contro palmo, così come sarebbe dovuto essere, l’una riflesso dell’altra.
Ruki accennò appena ad una risatina sommessa, dal tono gentile, poi esalò un
sospiro lento ed appassionato.
“Il mio piccolo Taka…”, le parole si
rincorrevano ed abbracciavano, cullate da quella voce calda, profonda,
improvvisamente soffusa, quasi affettuosa.
Il modo in cui lo disse, il modo
in cui pronunciò il suo nome, provocò a Takanori un brivido potente e
inaspettato che scosse il suo piccolo corpo; tornò a guardargli il viso,
osservandolo mentre lui cominciava a strusciare la punta del naso contro la
superficie rigida, su e giù, lentamente, gli occhi chiusi. Quando li riaprì si
scostò appena, risucchiandolo nuovamente nel suo sguardo intenso, annullando
ogni pensiero ed ogni consapevolezza Takanori avesse mai avuto.
Trattenendo il respiro, vide Ruki
leccarsi le labbra in un movimento circolare, dall’alto verso il basso, ad una
lentezza esasperante che rischiava di ucciderlo: il gesto più puramente erotico
che avesse mai visto.
Boccheggiando lo vide
inginocchiarsi davanti a lui, lo vide spostare la propria mano e raggiungere le
sue dita: lasciandosi vincere da un nuovo brivido lo osservò leccare
lascivamente il palmo che purtroppo solo il calore poteva raggiungere,
facendogli desiderare che tra loro non esistesse più alcuna barriera.
Takanori si inginocchiò a sua
volta e senza esitare premette le labbra sullo specchio, serrando gli occhi;
quando sentì su di esse il calore bruciante che aspettava capì che Ruki stava
facendo lo stesso.
Le loro bocche presero a
rincorrersi sulla superficie fredda, quasi non fossero altro che due amanti
divisi da un sottile strato di vetro, quasi bastasse aggirare l’ostacolo o
aprire la porta per permettere loro di incontrarsi davvero, fisicamente.
Ipnoticamente affascinante; fu quello l’unico termine in grado di
definire Ruki che Takanori riuscì a pescare nel suo cervello annebbiato.
Sospirando appoggiò la fronte allo specchio, gli occhi bassi, socchiusi,
incapace di chiedersi il perché di tutto quello.
“Esiste un modo per liberarti?”
chiese in un sussurro tenero, “Esiste un modo per averti qui accanto a me? In
carne ed ossa?”.
“Sì che c’è…”soffiò Ruki,
sfiorandogli appena il volto col calore delle sue labbra, “Basta che apri il
tuo cuore…”, “Ma il mio cuore è già aperto…”.
Ruki accennò ad una risatina
sommessa, birichina, “No invece… non è affatto vero…”.
Takanori alzò il capo,
guardandolo leggermente confuso “Perché dici questo?”, “Perché vedi… io non
sono imprigionato in questo specchio… ma nel tuo cuore…”.
Takanori sbarrò gli occhi, non
perfettamente sicuro di aver sentito bene, “C-che vuoi dire?”. Ruki pareva
sempre più divertito, secondo dopo secondo, “Io sono una parte di te… sono il
tuo yang, la tua parte d’ombra… un te stesso di cui hai paura e che ti rifiuti
di accettare…”.
Takanori sentì il proprio stomaco
contorcersi dolorosamente, quasi fosse stato colpito da un fendente improvviso,
portandogli via il respiro: perché adesso stava succedendo quello?
“Ruki è nato con Takanori”
continuò l’altro, dolcemente, quasi stesse spiegando ad un bambino spaventato
cose più grandi di lui, “È rimasto con lui, sempre… era con lui quando piangeva
nel silenzio della sua cameretta i genitori sempre lontani per lavoro… era con
lui quando si entusiasmava per i racconti della nonna… era con lui il primo
giorno di scuola e quando il suo cuore fu attraversato dal primo dardo
dell’amore… ed era con lui anche il giorno del debutto con i GazzettE e lo è
sempre quando il suo cuore si gonfia d’emozione durante i live…”.
Incredulo, Takanori iniziò a
scuotere la testa, piano, gli occhi che cominciavano a bruciare. “Ti prego
Taka…”, Ruki si fece improvvisamente serio, quasi supplichevole, “Ti prego,
accettami… non aver paura di me… non potrei mai fare nulla che possa ferirti…
io ti amo…”.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un
singhiozzo e si portò una mano davanti alla bocca, in un gesto inconsapevole;
gli girava leggermente la testa… aveva la sgradevole sensazione che tutta la
sua esistenza premesse contro di lui, spingendolo a forza verso quel momento
orribile.
“Tu sei piccolo e fragile Taka,
ma io ti prenderò per mano, ti stringerò a me ed insieme conquisteremo il
mondo… devi solo lasciarmi emergere al momento giusto: io ti regalerò il
successo, ti regalerò la fama, la ricchezza, tutto… realizzeremo qualsiasi cosa
assieme…”, la sua voce si era fatta suadente, persuasiva.
Takanori si portò le mani alle
orecchie, cercando si impedirsi di ascoltare quelle parole: non voleva, non
voleva avere nulla a che fare con lui… non voleva scoprire cosa sarebbe stato
capace di fare.
“Taka…” Ruki insisteva,
sorridendogli incoraggiante, “Non sono un demone tentatore… sono solo te… non
saresti Matsumoto Takanori se non ci fosse anche Ruki… non saresti completo…”, nel dirlo accarezzò con
dolcezza lo specchio, simulando una carezza sul viso che non poteva
raggiungere.
“NO! NO!!” d’un tratto Takanori
esplose, incapace di trattenersi oltre, “Sei un bugiardo!! Uno schifoso
bugiardo!! IO sono Takanori! Tu non sei me!! Non sei me!!”.
Perché? Perché Ruki continuava a
fissarlo con quegli occhi ardenti come torce? Perché gli sorrideva con le sue
stesse labbra? Perché era così spaventosamente bello?
“L’unico motivo per cui ora sono
visibile ai tuoi occhi è questo specchio” continuò Ruki, paziente, “È speciale…
mostra alle persone le loro parti nascoste, la loro vera essenza… quella che
taluni cercano per tutta la vita e che altri tentano di soffocare e nascondere…”
“Basta!! Smettila, ti prego!!” “È la verità: ognuno di noi possiede una parte
di luce che si libra leggiadra e fiduciosa nei cieli della vita, come una
farfalla, la quale è inevitabilmente destinata a convivere con la sua parte
d’ombra, un qualcosa che striscia nelle profondità recondite del cuore umano,
come un serpente…”.
Il spalle minute di Takanori
erano ormai scosse da brividi violenti; l’unica cosa che sapeva mentre
singhiozzi incontrollati erompevano dalle sue labbra e le lacrime tornavano a
macchiargli le guance, era che non voleva cedere: Ruki era un mostro egoista,
un demone deviato… per quanto avesse
tentato di ignorarlo e nasconderlo aveva sempre saputo che lui era lì da
qualche parte, pronto a sussurrare atrocità al suo cuore; il cuore di Takanori…
che era anche il cuore di Ruki… il loro cuore….
“Amami Taka, accettami… non ti
chiedo altro”, Ruki continuava a fissarlo, lo sguardo implorante, quasi
afflitto, e Takanori non potè fare a meno di pensare che sembrava tutto un
assurdo gioco al massacro.
Scosse il capo con forza,
serrando gli occhi, la disperazione ed una vena di rabbia, accuratamente
cesellate in ogni lineamento, “No!! Non ho bisogno ti te!! Vivrò benissimo
senza!! Non voglio vederti mai più!! Ti odio!!”, in preda all’ira si guardò
attorno, e senza esitare afferrò una sedia sbilenca ed impolverata e la abbatté
sullo specchio con tutta la forza che possedeva, schiantandolo a terra,
mandandolo in frantumi.
Si lasciò cadere sulle ginocchia
e, senza badare al dolore, colpì i frammenti acuminati coi pugni chiusi,
sminuzzandoli ancor di più, mentre i suoi occhi sfogavano le emozioni
attraverso le lacrime copiose.
Takanori rimase a terra per
lunghi minuti, lasciando che il respiro si calmasse, le lacrime si
asciugassero, osservando le graziose gocce cremisi del proprio sangue scorrere
sulle mani nivee, e pareva quasi un sacrilegio imbrattare quel candore.
Lentamente si rialzò e come un
automa raccolse il lenzuolo e ricoprì il caos che aveva creato, quasi pensasse
che in quel modo i resti di quello specchio maledetto non avrebbero più
nuociuto a nessuno.
“È tutto finito” si disse,
sospirando, “Ruki non tornerà più”. Si sentiva sopraffare dalla stanchezza,
ora; voleva solo abbandonare quel luogo e tornare a casa.
Takanori uscì dalla stanza,
lanciando un ultimo sguardo al lenzuolo polveroso; non sarebbe mai più tornato
lì, né avrebbe permesso a qualcun altro di metterci piede. Estrasse la chiave
dalla tasca dei jeans neri e si chiuse la porta alle spalle. Chiuse la porta
sulla parte di sé che non poteva accettare.
Qualche giorno dopo…
Takanori era in ritardo. Il live
sarebbe cominciato tra meno di trenta minuti e lui non si era ancora fatto
vivo, e come se non bastasse non rispondeva al cellulare.
Akira sbuffò, innervosito,
lanciando un occhiata a Yuu, intento a provare alcuni accordi, “Giuro che se
non si presenta lo uccido!!”. Yuu storse le labbra in una leggera smorfia
divertita, ancora concentrato sulla chitarra, “Non puoi… dove lo troviamo un
altro vocalist così talentuoso? Diciamo piuttosto che ci divertiremo a farlo
penzolare per una caviglia dal balcone al ventisettesimo piano di un
grattacielo…”.
“Smettetela voi due!” si
intromise Kouyou, serio, “Magari gli è successo qualcosa! Forse è rimasto
coinvolto in un incidente o…” in quel momento la porta che dava sull’esterno si
aprì e Takanori fece il suo ingresso con calma, un bel sorriso sereno sulle
labbra, quasi fosse in perfetto orario.
“Finalmente!” Akira gli si
diresse incontro, con quel suo passo da gangster, e gli poggiò una mano sulla
spalla, “Pensavamo che ci avessi scaricati!!”.
Come i loro sguardi si
incontrarono, Akira capì, con un tuffo al cuore, che c’era qualcosa di strano…
qualcosa di diverso…: no, non erano
il trucco pesante o le lenti a contatto color ghiaccio, e nemmeno gli abiti
appariscenti, tutte cose perfettamente normali per Takanori… era qualcos’altro…
forse quella sorta di luminosità cupa che aveva intorno… la pallida perfezione
della pelle… la malizia nei suoi occhi e sulle sue labbra….
Akira batté le palpebre più volte,
cercando di schiarirsi la vista; Takanori era sempre stato bello, ma quella
sera… era magnetico….“Taka…” cominciò, senza sapere con esattezza cosa dire.
Takanori gli afferrò la mano che
ancora teneva poggiata sulla sua spalla, scansandola, e con un sorriso sensuale
gli sussurrò “Stasera sono Ruki…”.
Akira lo osservò mentre
riprendeva a camminare, salutando gli altri e andando ad appoggiare la borsa su
di un divanetto. Si accorse che anche gli altri erano stupiti quanto lui e lo
guardavano come fosse un’apparizione.
“Allora?” Takanori si volse verso
di loro, passando lo sguardo dall’uno all’altro, “Siete carichi? Io non vedo
l’ora di salire sul palco… ho voglia di scatenarmi sul serio! Regalerò ai fans
qualcosa su cui fantasticare a lungo nelle loro fantasie più spinte…”, nei suoi
occhi c’era un luccichio strano, quasi inquietante.
In quel momento, la voce di un
tecnico che annunciava il loro turno costrinse Akira e gli altri a riprendersi.
Si strinsero in cerchio, passandosi le braccia sulle spalle a vicenda, e dopo
il grido d’incoraggiamento pre-concerto, raccolsero i loro strumenti e si
avviarono verso il palco, pronti a ricevere il saluto di centinaia di fans.
Né i ragazzi né il pubblico,
all’epoca, avevano mai conosciuti Ruki e quello che sapeva fare, ma lo
impararono molto presto….