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Autore: stardream    18/11/2012    7 recensioni
Un giorno come tanti, un amore come pochi… esprimersi a volte risulta difficile ma, per chi riesce a comprendersi grazie ad un solo sguardo, nulla è impossibile
Cit.
“Ma ora… ora non mi sarebbe più bastata la sua amicizia, ora bramavo molto di più.
Io che mai avevo provato sensazioni simili, che avevo sempre allontanato tutte coloro che provavano a strapparmi un appuntamento o anche solo una parola dolce, io, Sasuke Uchiha, mi ero innamorato, forse per la prima e l’unica volta nella mia vita.”
-Partecipante al contest “Tutti pazzi per Naruto” indetto da Soly Dea-
Genere: Erotico, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Autore EFP:stardream
Autore Forum:stardream92
Titolo:Da mi basia mille
Pacchetto Numero, Lettera e Colore:10Farancione
Personaggi/pairing:NarutoSasuke
Genere:Erotico-Romantico
Rating:Arancione
Avvertimenti:
Note: AU (penso anche un tantino OOC.)
Introduzione:Un giorno come tanti, un amore come pochi… esprimersi a volte risulta difficile ma, per chi riesce a comprendersi grazie ad un solo sguardo, nulla è impossibile
Cit.
“Ma ora… ora non mi sarebbe più bastata la sua amicizia, ora bramavo molto di più.
Io che mai avevo provato sensazioni simili, che avevo sempre allontanato tutte coloro che provavano a strapparmi un appuntamento o anche solo una parola dolce, io, Sasuke Uchiha, mi ero innamorato, forse per la prima e l’unica volta nella mia vita.”
 
Note dell'autore:Hehe che felicità aver finito questa one shot. Ho sempre adorato la poesia e volevo farne partecipi anche altre persone, poi queste in particolare mi hanno subito fatto pensare a questa adorabile coppia. Ho solo un paio di cose da dire:
(1) poesia di Pablo Neruda
(2) componimento di Catullo (nonchè la risposta dell’Uchiha.)
 
 Beh, buona lettura.
 
 

 

Da mi basia mille
____________________________________________________










 
Era un giorno come tanti, iniziato con il solito, fastidioso, suono della sveglia. Un’usuale giornata di scuola, insomma.
-Bene ragazzi, oggi parleremo di un importante autore del ‘300 italiano, Francesco Petrarca…- la voce allegra del professor Sarutobi riempì il silenzio di una classe ancora assonnata. Incrociai le braccia sul banco, poggiandovi comodamente la testa e lasciando che le parole del professore mi scivolassero addosso.

Quel mattino mi ero alzato controvoglia, era sabato e la scuola era l’ultimo posto dove avrei voluto andare, non perché non mi piacesse studiare, anzi … Il vero motivo della mia scarsa voglia di recarmi in classe era il fatto che inevitabilmente avrei incontrato lui. Erano anni, ormai, che studiavamo allo stesso istituto eppure ci conoscevamo poco.

Si era trasferito al secondo anno destando la curiosità di buona parte degli studenti; non era esattamente il classico tipo che incrociavi abitualmente nei corridoi. Alto, capelli biondi ed occhi azzurri, sorriso mozzafiato … il sogno di ogni ragazza, insomma.
Era sempre stato un ragazzo estroverso e solare eppure, anche se parlava molto, si esprimeva poco; sempre circondato da ragazzi, in breve tempo aveva stretto amicizia con la maggioranza degli studenti sia dalla parte maschile sia femminile; era la tipica persona su cui puoi fare affidamento e che puoi fin da subito chiamare amico.
L’avevo osservato molte volte quando ero certo di non essere visto. Poteva sembrare forte e sicuro di sé ma io avevo scorto in lui fragilità e tanta sofferenza. Non ce l’avevo fatta ad avvicinarmi come gli altri, non ero riuscito a tendergli la mano, non dopo aver scorto il dolore presente in quegli occhi e la solitudine che gli opprimeva l’animo. Non volevo essere come gli altri, amici di nome ma non di fatto, così ciechi da non accorgersi della sofferenza di chi ti sta accanto.

Avevo dunque deciso di avvicinarmi lentamente, per coglierlo di sorpresa quando avesse abbassato la guardia, in modo da penetrare la corazza che aveva eretto attorno per poterlo stringere a me e donargli quel calore di cui aveva bisogno. In attesa di quel momento avevo iniziato a trattarlo con sufficienza, cercando di attirare la sua attenzione se non come amico almeno come rivale e aveva funzionato, eravamo due opposti, il giorno e la notte, ci punzecchiavamo appena avevamo un po’ di tempo. I suoi occhi, prima così tristi, ora rilucevano di determinazione, talvolta potevo scorgervi anche divertimento. Ben presto mi resi conto che il rapporto che si era instaurato tra noi era molto vicino ad un’amicizia, sicuramente più di quanto lo fosse il rapporto che aveva con chiunque in quella scuola.

Ma ora… ora non mi sarebbe più bastata la sua amicizia, ora bramavo molto di più.
Io che mai avevo provato sensazioni simili, che avevo sempre allontanato tutte coloro che provavano a strapparmi un appuntamento o anche solo una parola dolce, io, Sasuke Uchiha, mi ero innamorato, forse per la prima e l’unica volta nella mia vita.
Proprio per questo motivo avevo il timore di incontrarlo nei corridoi, non volevo che scorgesse nel mio sguardo quei sentimenti che ancora non ero pronto a esternare, non volevo che notasse la gelosia nei miei occhi quando lo vedevo circondato da altre persone, la gelosia che m’invadeva quando rivolgeva il suo sorriso a chiunque tranne che me.
Eppure mi trovavo in classe, quel mattino, ad ascoltare la noiosa lezione del professor Sarutobi.
-Ora vi leggerò una poesia dalla raccolta “Canzoniere”. Voglio che per casa ne facciate un’analisi dettagliata, spiegando quello che secondo voi potrebbe essere il significato del componimento.-.
Mi voltai verso la finestra alla mia sinistra che dava sul campetto interno dell’istituto e fu allora che lo vidi, proprio mentre il professore iniziava a leggere.

“Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;”

I suoi capelli erano mossi dal vento mentre correva. La lezione di ginnastica del professor Maito era estenuante alle volte. Seguivo i suoi movimenti con attenzione, i muscoli che guizzavano sotto la maglietta leggera erano quasi ipnotici.
Da quella distanza non potevo scorgere i suoi occhi ma era da un po’ che li vedevo spenti e vuoti, come se fosse tornato il ragazzo triste e solo di un tempo. Volevo rivedere la gioia che traspariva da quello sguardo ma cosa avrei mai potuto fare?

“e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?”

Ormai era tardi per tornare indietro, ero perdutamente, irrimediabilmente, stupidamente innamorato di lui; lui che con una sola parola, con un solo gesto, avrebbe potuto far crollare ogni mia speranza.
Lui e lui soltanto poteva decidere le sorti del mio cuore che per la prima volta ero disposto a mettere in gioco.

“Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; e le parole
sonavan altro che, pur voce umana;”


La sua risata…oh, quella dolce musica che ogni volta mi faceva accelerare i battiti del cuore.
Era la voce soave di un angelo, la sua, una voce che lentamente ti carezzava.
Chissà come sarebbe stato baciarlo, assaporarlo fino in fondo… che tono avrebbe assunto la sua voce nel pronunciare il mio nome… essere chiamato solo Sasuke e non Teme, come ormai accadeva sempre…
Chissà che suono avrebbero avuto i gemiti lasciati sfuggire da quelle labbra morbide e delicate nei momenti di massimo piacere… 

uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel ch’i' vidi: e se non fosse or tale,

piaga per allentar d’arco non sana.

 
Mi ero innamorato di lui, dei suoi occhi nei quali potevo intravedere la bellezza di un animo puro, dei suoi capelli biondi e morbidi, del suo sorriso che risplendeva più dei raggi del sole. Mi ero innamorato di lui per ciò che avevo scorto nel suo cuore.
 

La lezione era finalmente finita e la campanella segnò l’inizio della pausa pranzo.
Mi diressi velocemente verso l’armadietto per posare i libri di letteratura, intento a fare il più in fretta possibile per evitare i soliti scocciatori. Avevo il mio posto segreto per pranzare, almeno lì potevo estraniarmi dalla confusione che mi circondava sempre. Il tetto della scuola era diventato il mio rifugio durante le pause pranzo, era vietato salirci e, proprio per questo motivo, non c’era mai nessuno.
Potevo godermi appieno il sole che, dopo tanti giorni di maltempo, aveva finalmente fatto capolino dalle pesanti nuvole che coprivano il cielo.
Non avrei mai condiviso la pace di quel luogo con nessuno, a parte lui s’intende… l’unico al quale avrei mai permesso di stare al mio fianco, l’unico che avrei sempre voluto vicino.
Quando aprii l’armadietto, però, un foglio di quaderno ripiegato su se stesso scivolò ai miei piedi.
Mi chinai a raccoglierlo incuriosito; ricevevo spesso lettere d’amore da stupide ragazzine innamorate ma solitamente erano molto più pacchiane e soprattutto imbustate.
Lo aprii per leggerne il contenuto; poche righe ma di un’intensità tale da stordirmi.
 

“Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Nonlo so, ma sento che accade, e mi tormento.”
 
Ti aspetto dopo la scuola in biblioteca.
U.N.

 
L’avevamo studiato appena il mese scorso, “Odi et amo” di Catullo. Si addiceva bene ai miei sentimenti contrastanti verso quel biondino tanto affascinante quanto esasperante.
U.N.
No, non poteva essere lui, lui non mi avrebbe mai lasciato un biglietto del genere, se avesse voluto parlare lo avrebbe fatto tranquillamente davanti a tutti, non era tipo da nascondersi. Allora chi?
U.N. …
Anche se era altamente improbabile continuavo a sperare che fosse lui; stupido cuore che continuava a battere all’impazzata ogni volta che si soffermava su quelle due lettere.
U.N. …
Mi sarei presentato in biblioteca quel pomeriggio, dopo scuola. Solo per curiosità mi ritrovai a pensare, sarei andato solo perché ero curioso di sapere chi fosse.
Inconsciamente, però, speravo che il mio cuore avesse ragione.
 

♂♂♂♂♂♂

Le poche ore che mancavano alla fine delle lezioni sembrarono, se possibile, ancora più lente del solito. Avevo portato con me quel piccolo foglio e me lo rigiravo insistentemente tra le mani mentre distrattamente ascoltavo la lezione di storia del professor Hatake.

Le lancette ticchettavano ritmicamente, avvicinandosi un passo per volta all’orario che, per un motivo o per un altro, attendevamo tutti.
Quando, finalmente, il suono acuto della campanella interruppe a metà il discorso del professore, tutti ci fiondammo fuori dall’aula, ascoltando a mala pena l’insegnante che ci assegnava il resto del capitolo da studiare a casa. Decisi di dirigermi direttamente in biblioteca, anche se, probabilmente, la persona che dovevo incontrare avrebbe tardato tanto quanto me ma avevo fatto male i conti col destino, quella giornata era proprio da dimenticare. Non appena misi piede in corridoio, infatti, fui affiancato da due figure che ormai conoscevo fin troppo bene.

Una aveva corti capelli di un rosa confetto, colore alquanto ridicolo ma evidentemente a lei non interessava il giudizio altrui o, semplicemente, era troppo stupida per rendersi conto che per quell’assurdo colore era criticata dalla maggior parte della popolazione studentesca femminile.
L’altra aveva, invece, lunghi capelli biondi e occhi azzurri. Poteva anche essere una bella ragazza ma per me i suoi capelli erano semplicemente biondi, non color dell’oro come quelli nei quali avrei voluto far scorrere le mie dita e i suoi occhi erano di un banale azzurro, non due zaffiri che racchiudevano tutta la bellezza di un limpido cielo estivo, non erano i due specchi d’acqua capaci di scuotermi fin nel profondo.
Quelle due mi si erano attaccate addosso peggio delle sanguisughe e stavano iniziando a litigare per decidere chi dovesse fare la strada di ritorno con me.
Era la stessa storia ogni giorno e, nonostante avessi detto loro più volte che preferivo tornare a casa da solo, ancora non demordevano. Era tutto come al solito, mancava solo…
-Potete sognarvelo. Sasuke-kun farà la strada con me-
Ecco, era arrivata anche lei… capelli rossi e disordinati, carattere irruento e un tantino da maschiaccio; tutto ciò che mai vorresti trovare in una ragazza.
Decisi di stroncare la discussione sul nascere… definitivamente stavolta.
-Ora basta, non ne posso più delle vostre lagne- dissi esasperato -Non ho intenzione di fare la strada con nessuna di voi tre né oggi né in un qualsiasi giorno. Adesso lasciatemi immediatamente, ho un appuntamento e mi state facendo fare tardi.- dissi scrollandomele letteralmente da dosso e avviandomi lungo il corridoio mentre esultavo vittorioso: finalmente ero riuscito a zittirle.

Distrattamente osservai le lancette sul mio orologio da polso e… Porca miseria, ero in ritardo di 15 minuti grazie a quelle tre. Affrettai il passo e, una volta raggiunta la biblioteca, ne varcai la soglia rendendomi conto, però, che non c’era più nessuno. In fondo cosa mi aspettavo? Chiunque fosse la misteriosa persona del biglietto evidentemente si era stancata di aspettare, forse aveva addirittura pensato che non mi sarei proprio presentato, eventualità non del tutto da scartare dato il mio comportamento usuale.
Stavo per voltarmi nuovamente verso la porta quando una benda venne poggiata sui miei occhi, oscurandomi la vista. Cercai inutilmente di liberarmene ma, chiunque fosse, la misteriosa persona che dovevo incontrare era indubbiamente un ragazzo, data la forza con cui mi teneva stretti i polsi per impedirmi qualsiasi movimento.
-Chi sei?- chiesi mentre cercavo ancora di liberarmi dalla sua presa ferrea.
Lo sentii avvicinarsi e sfiorare il mio orecchio sinistro con le labbra. Un soffio caldo si infranse sulla mia pelle mentre improvvisamente la sua lingua scivolava verso l’interno del condotto uditivo mandandomi brividi di sorpresa e, inaspettatamente, di piacere lungo la schiena.

Prese a stuzzicarmi lentamente il lobo leccandolo e mordendolo, succhiandolo avidamente. Non riuscivo ad opporre resistenza, ero totalmente preso da quelle attenzioni, sentivo le gambe molli e il cuore battere forsennatamente mentre un forte odore di vaniglia mi invase la mente.
Lentamente scese lungo la mascella e il mento, lasciando una scia umida e calda fino a fermarsi sul collo che stuzzicò con dovizia prima di scostarsi bruscamente.
Lo sentii allontanarsi e poi il rumore di una porta che si chiuse mi riscosse dal torpore che aveva invaso le mie membra. Velocemente liberai gli occhi dall’ostacolo di stoffa e mi diressi verso la porta, spalancandola.
Il corridoio era deserto, ormai tutti erano tornati a casa. Mi voltai nuovamente verso l’interno della biblioteca e scorsi un altro biglietto sul tavolo accanto al quale mi trovavo fino a poco prima. Lo raccolsi e ne lessi il contenuto.
 

Ti amo, e preferirei di no,
Tutto di te e non so perché.
Tante ragazze hanno
Gli occhi fioriti di dolcezza,
Il collo eretto come quello di un cigno
Con una piccola macchia bruna
Per lasciarvi cadere
Timide occulte lacrime
E baci di promessa.
E allora perché non amo, amore, altre che te?
Ma se sapessi perché io t'amo, amore,
Forse non t'amerei con tanto ardore."

U.N.

 
“Thomas Hood”, pensai. Quel ragazzo stava davvero cercando di dichiararsi con delle poesie?
Nessuno prima d’ora aveva mai trovato parole così belle per cercare di descrivere i propri sentimenti, nessuna delle poche lettere che avevo aperto più per curiosità che per vero interesse era così carica di sentimento.
Quel profumo eccitante e sensuale, quella pelle calda e morbida che al contatto con la mia mano mi aveva dato piccoli brividi di piacere… Quel ragazzo era adrenalina, passione pura e quelle forti sensazioni mi avevano dato alla testa.
U.N. …
Possibile che fosse lui? Uzumaki Naruto, il ragazzo che ormai da mesi aveva preso possesso del mio cuore?

♂♂♂♂♂♂

Il fine settimana fu tremendo. Non facevo altro che pensare a quel lieve sfiorarsi, a quelle dita che avevano lentamente accarezzato il dorso delle mie mani, a quelle labbra che avevano lasciato un vistoso segno alla base del mio collo… e a quell’ultimo biglietto che, seppur con parole semplici, aveva fatto breccia nel mio cuore.
Volevo che fosse lui il mittente di quel messaggio, lo desideravo ardentemente.
Proprio per questo motivo, forse, una volta rientrati a scuola il lunedì, decisi che quel pomeriggio sarei tornato in biblioteca.
La campanella segnò la fine delle lezioni ma io non mi alzai. Aspettai con calma che tutti lasciassero l’aula e che i corridoi pieni di gente chiassosa si sfollassero, prima di dirigermi a passo lento verso il grande portone di legno della biblioteca. Lo aprii e ne varcai la soglia aspettandomi che, come al solito, non ci fosse nessuno.
Non appena entrai, però, mi accorsi subito di una figura stagliata di fronte ad una delle grandi finestre, che permettevano alla luce di un sole ormai al tramonto di illuminare, con tenui raggi arancioni, la superficie polverosa degli scaffali che adornavano le pareti.
Il ragazzo si voltò al suono della porta che si chiudeva alle mie spalle.
I miei occhi si specchiarono in due profondi pezzi di cielo mentre avanzavo lentamente verso di lui.
-Cosa ci fai qui, Uchiha?- chiese voltandosi nuovamente verso la finestra.
Non risposi, avvicinandomi fino ad essergli a pochi centimetri di distanza. Il dolce profumo di vaniglia, che avevo già sentito due giorni prima, mi avvolse completamente. Sorrisi mentre mi accostavo alla morbida pelle della sua nuca, sfiorandola appena con un lieve bacio.
Il mio interlocutore sussultò sorpreso voltandosi nuovamente, per osservarmi meglio. Mi guardò sbalordito e solo allora mi resi conto che il sorriso di poco prima non accennava a svanire dal mio volto. Mi avvicinai ancora, facendo retrocedere l’altro fino a metterlo spalle al muro.

(1)Oh invadimi con la tua bocca bruciante,

Uno scambio di sguardi, i nostri respiri che si fondevano grazie alla vicinanza dei nostri volti, poi più nulla. Labbra contro labbra, mani che si cercavano e lentamente si sfioravano. Lingue che si facevano strada tra le labbra dell’altro, che lentamente cercavano la loro gemella, bramose di avere un contatto più intimo. Lingue che quando finalmente si scontrarono, presero a muoversi al ritmo di una folle danza fatta dei battiti convulsi dei nostri cuori.


indagami, se vuoi, coi tuoi occhi notturni,

Dopo qualche minuto ci staccammo, ancora in contatto tramite i nostri sguardi. Fronte contro fronte, i respiri frettolosi.


ma lasciami nel tuo nome navigare e dormire

-Sas’ke…-
-Naruto…-
I nostri nomi, pronunciati con tono d’urgenza e impazienza. Finalmente lo sentivo, il fremito d’eccitazione che invadeva entrambi.
 
Le parole? Superflue, non ne abbiamo mai avuto davvero bisogno per comunicare. La lontananza stava diventando insopportabile per entrambi. Un solo passo e le nostre labbra furono di nuovo unite, finalmente nell’unico luogo dove avrebbero mai voluto essere.
Anche questo contatto, però, non era abbastanza. Improvvisamente le mani di quel dolce angelo sollevarono i bordi della mia camicia, intrufolandosi sotto di essa e sfiorando la mia pelle con carezze sensuali.
Un movimento leggero, i nostri bacini si scontrarono, lasciandoci percepire l’eccitazione che cresceva.
Gemiti rochi e labbra e mani… eravamo solo noi due, il resto del mondo non contava. Un passo, poi due… ci ritrovammo stesi sul tavolo che già due giorni prima aveva assistito alle nostre effusioni.
I vestiti furono tolti rapidamente.
Pelle contro pelle, le morbide labbra della bocca che da tanto desideravo baciare iniziarono una lenta discesa lungo il mio petto, soffermandosi sui capezzoli ,che vennero succhiati e morsi, per poi scendere ancora più giù, fino a raggiungere la parte più sensibile del mio essere.
Da allora furono solo gemiti incontrollati che si unirono, come le nostre labbra, nel momento dell’amplesso.
“Quando riprenderemo fiato, dovrò ricordarmi di darti la mia risposta” pensai, spossato, ma mai sazio di te.

 

(2)Dammi mille baci, poi cento
poi altri mille, poi ancora cento
poi altri mille, poi cento ancora.
Quindi, quando saremo stanchi di contarli,
continueremo a baciarci senza pensarci.

 

  
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