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Autore: GibsonGirl51    19/11/2012    2 recensioni
Agosto duemila. Una donna piuttosto anziana è in una stanza d’ospedale, dormiente. Accanto a lei una bambina che le accarezza la mano, io. Questa è la storia più difficile da scrivere, perché vissuta sulla pelle. Come ho visto il cancro in questi sedici anni, come ci ho convissuto indirettamente. Questo è per te Umi, mi manchi.
Genere: Fluff, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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13 Agosto. Mojito.

 

Dovevamo partire e non ne avevo nessunissima voglia. Insomma, che me ne faccio io di una vacanza al mare con gente che non conosco? Eh? Chi me lo spiega? Me ne feci una ragione, quella vacanza non mi entusiasmava. In Abruzzo. Due settimane. E stranamente non conoscevo nessuno. Io volevo andare in Sicilia o in Sardegna, invece no, portiamo Martih e Sascha a Pescara!
Non ero entusiasta di partire, lo ammetto. Volevo rimanere con la nonna, volevo farmi la mia routine in santa pace. Come sempre. Volevo finire la mia estate così. Mi toccò lo stesso fare le valigie e mollare Zeus in una pensione, mentre Mojito sarebbe andato a casa di Nonno, lasciando ad Havana, la femmina, avrebbe avuto casa libera. Sì, questi nomi di alcoolici sono i nomi dei miei gatti. E se vogliamo aggiungere altri nomi per confondervi ci sono anche due gattini, nati a giugno. Flaco e Pinilla. Uno bianco e l’altra tigrata. Quattro gatti e un cane abitavano tutti sotto lo stesso tetto e non litigavano.
Ma andiamo avanti.
Non mi andava proprio di partire. E mentre costringevo Mojito ad entrare nella gabbietta per andare da nonno mi venne un brutto presentimento. Sentivo che stava per succedere qualcosa che non mi sarebbe piaciuto. Sospirai e salii in macchina con i miei per andare da Nonno, che abitava da solo in quel periodo e gli avrebbe fatto solo bene avere un gattone in casa, e quella bestia non stette zitta un attimo durante il viaggio. ‘’Mau..mau.. MAU!’’ Ed era il colmo. Il mio gatto parla. Cosa dice? Il nome del mio calciatore preferito. Mauricio Pinilla. Chiamatelo caso, ma ora non lo fa più.

 

Lo lasciammo nell’appartamento di nonno, aprendogli la gabbietta, e vedendo che nonno non c’era uscimmo a cercarlo. Dopo un’oretta tornammo in casa e Mojito non c’era più. Era il panico. Il paese di mio nonno lo chiamano ‘’Paese dei gatti’’ perché una volta era un paese di pescatori, infatti ha il lago e tante tante barche, e pure boschi e zone verdi ovunque. Mi prese la paura. Dio, no. Ti prego. Potevamo anche odiarci io e quel gatto, ma non poteva essere scappato. Iniziammo a cercarlo per tutta Ascona. Ma ve la vedete una ragazzina con i capelli multicolore che urla per tutte le stradine ‘’Mojito!’’ scuotendo una scatola di croccantini? C’è chi l’ha vista, e ve lo dico che mi prendono per pazza.
 

Dopo tre ore inutili di ricerche tornai a casa di nonno, che aveva preparato la cena, e non mangiai nulla. Mi sedetti semplicemente sul divano, sospirando. Avevo di nuovo pianto, non ne potevo più. Prima la nonna con il cancro, ora il gatto di razza sparito. Guardai la televisione cercando di distrarmi, poi mio fratello ebbe la geniale idea di guardare sotto una cassettiera e trovò il nostro Maine Coon. Cioè, rendetevi conto. Un gatto di otto chili, che quando si sdraia occupa un metro quadrato che passa sotto un mobile che sarà elevato dal pavimento sì e no cinque centimetri. Non esitai a prendere il mio gattone in braccio. Lo strinsi forte forte, mentre i miei ridevano. “Mica lo odiavi?” “Sì. Continuiamo ad odiarci dopo questa, promesso.” Lui miagolò come per confermare e lo posai a terra, ma lo vidi tentato di tornare sotto il mobile. Lo guardai e uscii in balcone, dove lui mi seguì. Mi sedetti sulla sedia di nonna, come facevo spesso in quei tempi, e lui mi saltò in braccio, facendo le fusa.
 

Aveva paura il cucciolo. Non l’avevamo mai portato via da casa, e improvvisamente non c’era più nessuno, neanche un gattino a cui rompere le scatole. Mi fece tanta tanta pena.
Lo accarezzai con tanta dolcezza. Il mio cucciolo aveva bisogno di me. Rientrai e lui mi seguì, mi sedetti sul divano e lui fece lo stesso, sedendosi accanto a me. Non l’aveva mai fatto, nessuno dei due gatti che avevamo l’aveva mai fatto. Sorrisi. Questo era il mio gatto ideale. Nel giro di pochi secondi me lo ritrovai addosso ronfante.
Mio fratello rise guardandoci e scattò una foto.
Quella foto ce l’ho ancora. Perché poi non ci siamo più dimostrati affetto per diverso tempo, io e quel gatto.

 
 
Aaaave ragazze, lo so che questo capitolo non centra niente, ma mi serve da transizione per il prossimo.. spero che non vi abbia fatto schifo leggere del mio gatto. xD
Vabbuò, grazie per la lettura, un bacio.
 
~
Martih.
   
 
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