4. Tasting Magic -
Thirty Years
Later (Assaporare la Magia - Trent'Anni Dopo)
"Bella giornata, vero Dr. Pottah?"
"Splendida."
"Ha preso qualche muffin da Sally?"
"Certamente. Alla zucca con nocciole."
"Quelli sono i preferiti di Tilly. Buona giornata."
"Anche a lei, Russ."
Harry aveva visto le foglie dell'acero tingersi di
rosso e arancione negli
ultimi trenta anni; non gli erano mai sembrate così belle
come adesso, in
contrasto con il profondo blu del cielo autunnale. Le
betulle con i loro tronchi di un bianco
cangiante e le piccole foglie dorate gli tolsero il respiro. Le due
buste della
spesa stavano diventando pesanti mentre raggiungeva l'angolo della
strada. I
muffin appena fatti lo riempirono di anticipazione e allungò
il passo.
Le case erano decorate con i simboli della
stagione. Lui preferiva le
decorazioni con il granturco e le zucche, invece di quelle con tombe e
fantasmi
di stoffa appesi agli alberi. L'insieme, tuttavia, lo fece sorridere.
Una
villetta grigia di legno spiccava fra tutte. Il prato era stato
rastrellato e i
cespugli di rose erano stati potati dai proprietari, che avevano dato
la casa
in affitto per la stagione delle foglie. Harry pensò di
fermarsi a dare il
benvenuto al visitatore; aveva sentito che veniva dalla Scozia, ma era
stanco e
il freddo autunnale gli era entrato nelle ossa. Lanciò un
ultimo sguardo
all'abitazione e si diresse a casa.
Fece un salto. Era stato solo un
bagliore, ma con la coda dell'occhio aveva
visto qualcosa che lo sorprese. Il suo battito accelerò. Una
luce arancione
stava lampeggiando in maniera errante. Posò le buste sul
pavimento e corse
dietro la scia della luce arancione che lo guidò attraverso
i grandi alberi
d'acero, alcuni con rubinetti impalati nel loro tronco per avere
accesso allo sciroppo
sacro. Era una piccola fatina; lei rallentò e finalmente si
fermò davanti alla
porta della grande casa grigia. Harry si immobilizzò e si
nascose dietro un
albero quando la porta si aprì. La fatina lottò
per alzarsi dallo zerbino e
volò nella casa. "Va tutto bene, piccola, ti
guarirò in un batter
d'occhio" sentì un uomo dire mentre la porta si chiudeva.
L'esterno della casa sembrava
normale - tutto eccetto il piccolo mucchio di
foglie che bruciavano, il che era contro la legge, tra i due alberi ai
lati
della casa. Il fumo era verde. Strizzò gli occhi e vide
comparire un calderone
sopra di esse. "Un mago" mormorò Harry esaltato. Il suo
cuore
accelerò, era la prima magia che vedeva da decenni.
Harry scappò via, non
volendo essere visto da chiunque abitasse nella casa;
almeno non ancora. Il pensiero che un mago potesse essere stato mandato
in una
città rurale del New Hampshire per localizzarlo lo
preoccupava.
Riprese le buste della spesa e si
fermò in fondo alla strada. La sua
villetta rossa gli diede il benvenuto, il suo camino proteso verso il
cielo.
"Ehi, Griff, calmati." Un largo
Maine Coon si strusciò sulle sue
gambe. Harry appoggiò la spesa sul bancone e il gatto subito
saltò per
ispezionare il cibo. Harry lo prese in braccio e lo posò sul
pavimento. Distrattamente,
mise a posto gli oggetti e mangiò un muffin senza fermarsi a
goderne il sapore.
La sua mente era rimasta alla villetta grigia, la fata d'autunno, e la
voce del
mago. Harry si bloccò mentre ripensava alle parole e al tono
della voce. "No,
non può essere" disse Harry, accarezzando il gatto che era
saltato di
nuovo sul bancone. L'accento era decisamente Inglese, ma la voce era
troppo
gentile e non abbastanza nasale, ma- ma erano passati quasi trenta anni
dall'ultima volta che aveva sentito quella
voce.
Sedendosi sul vecchio divano
accanto al fuoco della stufa a legna, Harry
sorseggiò del sidro caldo, corretto con brandy
all'albicocca, e rimuginò sulla
scena. Il gatto si sistemò sul grembo di Harry e fece le
fusa, gustandosi le
coccole. Le palpebre di Harry si fecero pesanti, e lui cercò
inutilmente di
sollevarle. Sospirando, poggiò il bicchiere sul tavolino
davanti al divano, si
stese e si coprì con una coperta. Rabbrividì,
nonostante la casa fosse ben
riscaldata. Griff si appallottolò accanto a lui.
I sogni durante gli anni erano
rimasti gli stessi; non erano bei sogni,
erano incubi. Incubi nei quali Harry rimaneva impotente a guardare la
fine del
suo mondo. Draco che gli diceva addio con occhi turbati, voltandosi poi
verso
Hogwarts con le parole Mi dispiace
sulle labbra. Il castello disintegrato in una pila di macerie;
l'istinto di
scappare dal luogo che lo aveva afferrato, lui che correva. Strizzava
gli occhi
e poi cercava di aprirli, sperando di potersi svegliare, ma l'incubo
continuava. Correva
per le strade di
Londra, vedendo mani protese verso di lui, implorando aiuto, lui
cercava di
scappare quando le sirene suonavano e la polizia radunava la gente e la
portava
via. Era sicuro che sarebbero stati tutti trovati colpevoli; nessuno
avrebbe
creduto alle loro storie.
Harry poi si svegliava e
ricordava a se stesso che le cose poi andarono
meglio. Hermione, Dean e molti altri avevano trascorso gli ultimi dieci
anni
aiutando gli altri ad avere successo. Le comunità riservate
a loro si erano
unite con le grandi comunità Babbane dopo una decina d'anni.
Il cambiamento
aveva fatto male, ma l'istinti di sopravvivenza era forte. Aveva visto
personalmente come la razza umana poteva adattarsi ad estreme
condizioni di cambiamento
ambientale.
Il riposo di quel pomeriggio,
però, portò con sé qualcosa di
diverso. Era a
casa, seduto alla tavola della cucina. I suoni della magia era attorno
a lui
mentre cucchiai mischiavano impasti in ciotole, e pentole e padelle
venivano
pulite da spugne sotto il getto dell'acqua; piatti volavano dagli
armadi e si
posavano sul tavolo, in perfetto ordine. Lui sorseggiava un
tè riscaldato
magicamente e respirava profondamente. Sì, la magia aveva un
odore; odorava e
sapeva di violette. Un familiare felino irruppe nella stanza,
inseguendo
un'allegra fata arancione. Harry rise. Si voltò quando senti
qualcuno bussare
alla porta della cucina. "Entra pure" urlò. La porta si
aprì.
"Potter, stai bene?"
"Sto bene" mormorò
Harry e si accoccolò nelle coperte calde.
Lo straniero rise, e il gatto
ringhiò in avvertimento quando l'intruso lo
spostò e lo posò per terra sul tappeto. Da
qualche parte nel suo inconscio,
Harry percepì uno spazio vuoto accanto a lui, ma poi fu
riempito nuovamente.
"Harry, tu non stai bene." Harry
borbottò quando il dorso di una
mano gli toccò la fronte. "Sei malato, Potter, la magia ti
ha fatto venire
la febbre."
Harry cercò di aprire
gli occhi; sembravano essere bloccati come nei suoi
incubi. "Mh, Draco? Sei un'allucinazione?"
"No, ma sono sicuro che presto ne
vedrai alcune." Un cuscino fu
posto sotto la testa di Harry. "Bevi un sorso alla volta" lo
istruì
Draco quando un fiala aperta gli toccò la bocca.
"Sei gocce di essenza del
terrore, cinque gocce di salsa
sinistra." (1) bisbigliò Harry per poi ridere come un matto.
"Sei pazzo?" chiese Draco.
Harry finalmente sentì
che poteva aprire gli occhi. Per un momento fu
terrorizzato dal pensiero che se lo avesse fatto, si sarebbe svegliato
da un
sogno e Draco non sarebbe stato lì. Non poteva sopportare di
nuovo un dolore
del genere. Ma poi la sua frangia fu spostata e un paio di labbra
asciutte
sfiorarono la sua fronte.
"No, ho solo guardato troppa TV"
rispose Harry e afferrò il polso
di Draco mentre apriva gli occhi. "Draco" mimò con le
labbra,
"Come?"
"Sh, parleremo dopo. Adesso
riposati."
"Resti?" chiese Harry.
Fissò gli occhi grigi che stavano esplorando
il suo volto e le sue mani. Finalmente, quegli occhi si puntarono nei
suoi.
Harry abbozzò un sorriso quando notò che non era
l'unico ad essere invecchiato.
"Non vado da nessuna parte,
Potter."
Harry sospirò
felicemente quando la sensazione di una pozione magica lo
avvolse.
Draco gli rimboccò le
coperte e si alzò dal divano. Con occhi annebbiati,
Harry lo guardò esaminare le foto sul camino. Raccontavano
la storia di una
coppia innamorata. Harry non aveva bisogno di guardarle; i ricordi di
Scott
erano radicati nella sua mente. Avevano viaggiato il mondo, lottando
per la
stessa causa. Draco si girò lentamente e lanciò
un'occhiata alle foto appese al
muro che continuavano la storia dei luoghi che Harry e il suo compagno
avevano
visitato. Voleva dire qualcosa, ma Draco parlò per primo.
"Posso vedere il resto della
casa?"
Harry annuì e
cercò di sedersi.
"Non ce n'è bisogno
Harry, non ruberò niente."
"Non che ci sia molto da rubare."
Draco entrò nella sala
musica senza preamboli. Il pianoforte di Scott era
lì, non suonato per troppo tempo. Harry lo seguì,
e trovò Draco davanti al
lavello, guardando fuori dalla finestra della cucina. La vista della
sua
proprietà era la preferita di Harry. Aveva recentemente
buttato paglia nel
giardino. La serra aveva appena cominciato a far crescere le verdure
invernali
e nel frutteto erano rimasti solo alcuni frutti per il cervo. Dietro il
cortile
coltivato c'erano gli alberi dipinti d'autunno e dopo di essi, un
mulino stava
girando.
Harry si appoggiò al
telaio della porta in silenzio. La sua cucina rustica
gli ricordava la Tana. Il largo tavolo di legno era stato riempito di
ospiti durante
gli anni per celebrare i loro successi. Un cervo attirò la
sua attenzione. Harry
poteva vederlo con la coda dell'occhio mentre si allungava per cercare
di
prendere le pere che erano appese all'albero.
"Il calice di fuoco fu spostato
nella Sala Grande dopo il primo
anno," disse Draco senza girarsi. "Avevo il compito di controllare se
ci fossero stati nuovi nomi e poi, qualche volta, Kingsley mi chiedeva
di
andare a prendere la persona fortunata."
"Sceglievano di tornare?"
Draco scosse la testa. "Nei primi
anni, sì, ma adesso la maggior parte
rifiuta. Alcuni mi hanno strappato le loro bacchette dalle mani per
spezzarle a
metà. Hanno lavorato sodo per rifarsi una vita, erano
felici, e non volevano
essere tentati."
C'era quasi una nota di rammarico
nella voce di Draco.
"Tutti pensavano che Madre ed io
avevamo vinto la lotteria, essendo
stati scelti per prenderci cura di Hogwarts. Era facile capire
perché Madre era
stata scelta. Era un'esperta nel gestire una grande tenuta. Ovviamente
Hogwarts
era una sfida, ma riusciva anche a mantenere gli elfi domestici felici
ed
occupati."
"Allora, non hanno conquistato il
mondo magico?"
Draco ridacchiò. "No,
ma i Goblin hanno avuto una piccola guerra."
"E tu, Draco? Perché
sei stato scelto?"
Draco distolse lo sguardo dalla
finestra. Ad Harry si mozzò il respiro. Era
passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva visto
un mago. C'era una
differenza. L'aria attorno a lui sembrava viva.
"Come punizione. Ho permesso che
la malvagità entrasse ad Hogwarts ed
in qualche modo il Calice sapeva che avrei trascorso il resto della mia
vita
assicurandomi che sarebbe sopravvissuta."
"Ah."
"Ogni mattina faccio colazione
vicino al Calice, aspettando e sperando
che mi dia un nome, qualcuno abbastanza fortunato da portare a casa. Ma
ora," Draco si girò e tornò a guardare fuori
dalla finestra. "Riesco
a capire che forse Madre ed io non abbiamo vinto."
Harry si accigliò.
"Penso che tu abbia vinto, Harry"
bisbigliò Draco.
Harry entrò in cucina
e si diresse verso una porta a vetri.
"Seguimi."
Gli occhi di Draco si
spalancarono quando lui entrò nell'ufficio di Harry.
Il muro dietro la sua scrivania era coperto di diplomi e di foto di
Harry e del
suo compagno, mentre protestavano, mentre venivano arrestati ed infine
mentre
stringevano mani con Capi di Stato. Draco toccò con le dita
una serie di libri
vicino al muro, tutti con il nome di Harry sopra.
"Ho letto di te nei giornali
babbani, ma.."
Harry scosse la testa e prese una
foto incorniciata sulla sua scrivania. Griff
era sdraiato accanto ad essa. Harry notò il sorriso appena
abbozzato di Draco
quando vide il barattolo di vetro con una sola gelatina viola
TuttiGusti+1.
Draco prese la foto dalla mano di Harry e la guardò. Era la
foto preferita di
Harry, l'ultima di Scott. Era sdraiato sul divano con la testa in
grembo a
Harry. I suoi lunghi capelli color sabbia diventati grigi. Griff era
appallottolato accanto a lui.
"Si chiamava Scott. Era un
ex-mago Australiano. Ci siamo fatti una
vita, Draco, ed eravamo felici, ma il nostro obbiettivo è
sempre stato tornare
nel mondo magico. É morto due anni fa per cancro
alla pelle, come molti
altri. Questo" disse Harry,
indicando il muro di foto ed i libri. "Questo era l'unico modo che
conoscevo per tornare a casa."
"Mi dispiace che non ce l'abbia
fatta." Draco posò la foto.
"Ma ora so perché il Calice ha aspettato. Dovevi aiutare a
salvare anche
questa parte del mondo. Sta cominciando a guarire."
Harry inclinò la testa
di lato e fissò Draco.
"Perché sei qui,
Draco? E perché riesco a vedere la magia?"
Draco rimase in silenzio per un
momento; diede un'ultima occhiata alla
stanza e poi tornò a guardare Harry.
"Perché sei un mago,
Harry."
Harry si morse il labbro. Draco
lo sorresse quando Harry barcollò e lo
guidò verso il piccolo divano di pelle.
"Il Calice?"
Draco annuì. "Harry
James Potter: numero duecentodue. Ma solo se vuoi
tornare."
Il cuore di Harry
accelerò. "Dove?"
Draco prese la mano di Harry
nella sua. Harry abbassò lo sguardo, notando
che le mani erano invecchiate, ma erano ancora morbide e le unghie
curate.
"Con me... ad Hogwarts. Madre
è morta la settimana scorsa."
"Mi dispiace."
Il pollice di Harry
accarezzò il dorso della mano di Draco, ricordando la
sensazione. Draco si irrigidì.
"Ha avuto una bella vita. Ci
siamo goduti il nostro tempo trascorso
insieme. Ma ti guardo da una settimana e non sono sicuro se pensi che
potremmo
avere una bella vita in futuro."
Harry rise. "Non lo so, Malfoy.
Esiste una scorta di alcool che ci
duri per i prossimi decenni?"
"Ho conservato le migliori
bottiglie del Preside precedente"
rispose Draco mentre offriva ad Harry l'altra mano. "In più
ho queste. Una
scorta infinita."
Harry prese con attenzione una
gelatina viola e sorrise a Draco. "Beh,
questo rende la decisione più facile."
"Ho anche questa" disse Draco,
tirando fuori la bacchetta di
legno che aveva conservato così gelosamente.
Harry la fissò. Aveva
sognato questo momento così tante volte, chiedendosi
come si sarebbe sentito. Avrebbe potuto
abbandonare Scott? Se ne sarebbe potuto andare prima di questo momento?
Draco
mise la bacchetta nella mano di Harry. La scossa di magia che lo
colpì lo fece
rabbrividire.
"Posso portare Griff con me?"
"Se insisti." Draco
lanciò uno sguardo al gatto. Il gatto sibilò.
"Potremo volare sulle scope?"
Draco sogghignò.
"Sì, Potter. Ma hai una vita qui. Sei sicuro di
poterla lasciare?"
Harry si voltò e
posò le mani sul viso di Draco, tenendolo fermo; lo
guardò
in silenzio, cercando qualcosa di familiare: la scintilla di un giovane
mago
ribelle che una volta aveva detestato, ma che gli era mancato. C'era
ancora un bagliore
in quegli occhi grigi.
"Allora, ti va di farmi imbucare
per la notte?"
Draco afferrò entrambi
i polsi di Harry, allontanando le mani dal suo volto,
e si sporse in avanti. Harry trattenne il respiro; aveva aspettato
troppi anni
per ricevere questo bacio da Draco, un bacio calmo. Le labbra di Draco
erano
morbide e piene.
"Ogni notte" mormorò
Draco nel bacio.
Violette.
Harry sospirò,
assaporando sia Draco sia la magia che aveva riportato nella
sua vita.
Fine
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