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Autore: Elenis9    22/11/2012    4 recensioni
Morgana e Alessandro sono uniti da un matrimonio combinato che sembra essere destinato all'infelicità, le differenze fra loro sono insormontabili: lui col suo silenzio e la sua freddezza e lei con quella voglia di essere se stessa, libera da tutte le regole imposte dalla sua condizione di nobildonna.
Ben presto però si accorgeranno che il matrimonio non è il loro unico problema: il Re è minacciato da continui attentati e Alessandro, essendo suo fratello, non può che essere coinvolto.
Dalla storia:
"Si piegò su di me con lentezza, dandomi il tempo di ripensarci, di scansarmi, ma io non ne avevo intenzione, fremevo per un misto di aspettativa e timore e desideravo che il tempo si fermasse e accelerasse insieme.
Mi sfiorò prima la fronte con un lieve tocco di quelle labbra caldissime, poi si spostò verso l’orecchio, solleticandomi col respiro e con un piccolo morso sul lobo, strappandomi brividi che mi corsero lungo tutta la schiena."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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“Mi domando se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua…”
Il piccolo principe

 
 
L’unica cosa che riuscivo a vedere era il sangue: imbrattava le lenzuola azzurre del nostro letto, il petto di Alessandro e buona parte del corsetto del mio vestito. L’elsa della spada sporgeva dalla schiena del medico, conficcata in profondità dentro di lui. Automaticamente la presi, estraendola dal suo corpo e passandomela sul vestito pensando, più o meno consciamente, che se avessi lasciato che il sangue s’incrostasse la lama si sarebbe rovinata.
Dovevo essermi incantata a fissare l’arma, perché mi accorsi che Alessandro si stava muovendo soltanto quando me lo trovai davanti. Aveva adagiato il corpo di Luca sul tappeto e il rosso del prezioso fluido vitale iniziò a impregnare anche quel tessuto, accentuando l’approssimarsi di un mio probabile crollo nervoso.
“Morgana…” Alessandro mi chiamò, prendendomi per il mento e costringendomi a spostare lo sguardo sul suo viso, la dura mascolinità dei suoi lineamenti e la gelida risolutezza dei suoi occhi furono l’appiglio che m’impedì di lasciarmi andare all’isteria: la sua espressione era familiare, rassicurante persino.
“Rovinerà il tappeto” borbottai, accorgendomi che la mia voce suonava vuota, lontana, terribilmente strana.
“Non preoccupartene, va bene? Lascia che ci pensi io” il suo tono gentile m’indusse a chiedermi che razza di aspetto dovevo avere: raramente la sua voce aveva espresso quel tipo di cortesia, potevo soltanto immaginare che la mia espressione rivelasse più di quanto avrei voluto.
“Credo che andrò a lavare via…” non finii la frase, ma lui capì comunque e annuì, regalandomi anche un leggerissimo sorriso.
“Vai e aspettami, ti raggiungo immediatamente”.
Il fatto che non rimasi stupita di quelle parole, che non reagii in alcun modo se non con un cenno del capo, la diceva lunga sulla mia scarsa lucidità.
Per abitudine mi girai verso l’armadio per prendere dei vestiti puliti da indossare, ma Alessandro mi bloccò dicendomi che me li avrebbe portati lui.
Solo quando arrivai in bagno mi resi conto che avrei dovuto chiedere a Sara di riempire la vasca, se volevo lavarmi. Guardai la porta per un secondo ma non riuscii a decidermi ad uscire, scivolai lentamente fino a sedermi sul pavimento freddo, mi sentivo priva di forze, svuotata.
Com’ero arrivata a quel punto? Quand’era che la mia vita aveva cambiato rotta, lasciando la strada tranquilla e sicura per un sentiero pericoloso? Per un attimo il viso di Federico mi si affacciò alla mente, non l’espressione sofferente che aveva quando me n’ero andata da casa sua, ma il sorriso rassicurante di quando ero piccola e mi rifugiavo fra le braccia, al sicuro dalle paure che m’impedivano di dormire.
Avrei voluto andare da lui e gettarmi ancora fra le sue braccia in cerca di conforto, ma sapevo che non potevo aspettarmelo da mio fratello, non quando era da lui che dovevo proteggermi.
Come fai quando una delle due persone più importanti per te cerca di uccidere l’altra?
Non avendo risposta a quella domanda facevo del mio meglio per tenere in vita entrambi.
Alessandro entrò in bagno con l’acqua calda per la vasca e con il vestito pulito. Dalla mia posizione mi sembrava immenso, un gigante mandato a salvarmi dal fiume in piena che mi stava travolgendo. Salvo poi rendermi conto che era lui il fiume, era per la sua vicinanza che mi trovavo trascinata in tutto quel casino.
Non me ne lamentavo, no, ero felice di essere vicino a lui, una piccola parte di me si compiaceva persino nel pensare che senza di me sarebbe stato completamente solo in balia dei suoi assassini.
“A star seduta sul pavimento prenderai freddo” mi disse, abbassandosi accanto a me.
Alzai lo sguardo sul suo viso, i tratti decisi e quasi duri dei lineamenti mi erano talmente familiari che avrei potuto tracciarli ad occhi chiusi.
Con un dito tracciai il profilo di quelle labbra piene e sensuali che s’incresparono in un sorriso sotto il mio tocco, fu qualcosa di molto intimo, solo per me.
“Cosa ti tormenta, Morgana? Il tuo viso è triste” il sorriso svanì com’era arrivato e i suoi occhi si fissarono su di me, penetranti come se potessero arrivare a guardarmi fin dentro l’anima.
Scossi il capo cercando di negargli i miei pensieri, certa che se avessi parlato sarei scoppiata in lacrime. Non volevo mostrarmi sempre tanto debole di fronte a lui, ero certa che essere costretto a subirsi il mio piagnisteo una volta fosse stato più che sufficiente.
“Non mentirmi principessa. È per il dottore? O per la lite con Federico?”
Non riuscii a impedire che le mie labbra s’increspassero in una smorfia al solo sentire il nome di mio fratello. Dei, potevo amarlo tanto quanto lo odiavo? Ero distrutta al pensiero dell’espressione penosa che gli avevo lasciato sul viso, ma allo stesso tempo speravo che stesse soffrendo il più possibile sotto il peso dei suoi sotterfugi e dei suoi inganni.
“Sono così arrabbiata e delusa!” All’improvviso la mia voce suonò un po’ più stridula del normale, alzai lo sguardo per fissare Alessandro negli occhi, solo vagamente consapevole del miscuglio di emozioni che lasciavo trasparire. “Non riesco più a guardare nessuno senza chiedermi se sta per tentare di ammazzarti, come faccio a fidarmi dopo che persino Federico…” il fiato mi si mozzò in gola all’improvviso mentre mi rendevo conto di ciò che gli avevo appena rivelato.
“Federico?” il suo viso si era congelato in una espressione  di totale sbalordimento.
Dannazione, ero una stupida, una stupida! Adesso lui avrebbe avuto tutti i diritti di ripudiarmi come moglie e di volere la testa di mio fratello servita su un piatto d’argento.
“L’ho sentito parlare con qualcuno, si lamentava di aver affidato il lavoro a degli incapaci che non erano riusciti ad ucciderti” mi affrettai a spiegare, buttando fuori quel peso che avevo sullo stomaco da giorni interi. “Perdonami, mio signore, non sapevo cosa fare. Non voglio che muoia.”, lo supplicai con lo sguardo di capire il mio punto di vista, Federico era mio fratello, mi aveva cresciuta e aveva cercato di far sì che sentissi il meno possibile la mancanza dei nostri genitori. Non potevo condannarlo a morte, non avrei mai potuto farlo, ne ero certa. Potevo odiarlo e maledirlo, potevo essere talmente arrabbiata da augurargli tutta la sofferenza possibile, ma nessun ragionamento lucido mi avrebbe mai portato a cercare di togliergli la vita.
“Sei sicura che abbia detto questo? Testuali parole?” Alessandro mi guardò serio in viso, non sembrava arrabbiato, sconvolto, triste... niente, il suo viso esprimeva il più assoluto vuoto, come sempre.
“No, non ha detto esattamente questo, ma... non ha importanza, perché era ciò che intendeva! Alessandro...” volevo supplicarlo ancora di risparmiargli la vita, ma lui mi interruppe prima che potessi finire la frase.
“Ascolta, principessa,è possibile che tu abbia interpretato male le sue parole. Non credo che Federico cercherebbe di uccidermi” un sorrisetto gli incurvò leggermente le labbra mentre mi guardava dritta negli occhi, lui era davvero convinto, non sembrava neanche prendere in considerazione che potessi aver ragione. “Rifletti, Morgana. Non mi avrebbe concesso la tua mano per poi coinvolgerti in una serie di attentati, non credi?” Sembrava ragionevole, no? Il discorso filava e io volevo disperatamente credergli, ma, se il mio cuore si era già aggrappato alla speranza, abbracciandola con gioia, il mio cervello continuava a mandarmi segnali di allarme sempre più evidenti. Non potevo fidarmi di nuovo di Federico, se l’avessi fatto e poi Alessandro fosse morto per mano sua non me lo sarei mai perdonato. Mai.
Mi gettai di slancio fra le braccia di mio marito, appoggiandomi al suo petto e aspirando forte il suo odore mischiato a quello del sangue che ancora ci impregnava entrambi. Lui mi strinse forte per un po’, rassicurandomi e cullandomi con una dolcezza davvero insolita.
“Ti aiuto a lavarti, va bene?” Mi domandò, la sua voce roca fu solo un sussurro nel mio orecchio e non potei fare a meno di rabbrividire. La mia risposta fu un bacio a fior di labbra mentre lasciavo che sciogliesse il nostro abbraccio per preparare la vasca, lamentandosi che avevamo perso troppo tempo a parlare e l’acqua si era un po’ raffreddata.
Decretai che non m’importava: a meno che non fosse del tutto congelata l’avrei trovata sicuramente gradevole.
Mi aiutò ad alzarmi e si mise alle mie spalle, sciogliendomi i capelli dai pochi fermagli che avevo usato per far sì che non mi ricadessero davanti al viso. Le sue mani erano grandi e delicatissime mentre sfilavano e lasciavano cadere le piccole mollette finché non ne rimase nessuna.
Accarezzò le onde d’ebano dei miei capelli per tutta la loro lunghezza, saggiandone la consistenza e portandoseli vicino al viso per annusarne l’odore.
Li spostò con delicatezza dalla mia schiena e io li trattenni sulla spalla per lasciargli libero accesso alla chiusura del vestito.
Lui però se la prese con calma, mi sfiorò il collo e la nuca con le dita, era bello sentire quella leggera ruvidezza che mi stuzzicava, sostituita poi dalla morbidezza delle sue labbra che mi fecero venire i brividi in tutto il corpo.
Sospirai e, docile come non ero mai stata prima, lasciai che facesse del mio corpo ciò che più gli piaceva.
Prese a slacciarmi il corpetto, baciando ogni lembo di pelle che scopriva via via che allentava le stringhe.
“Profumi di pesca” sussurrò soffiandomi il suo fiato caldo sulla nuca mentre finiva di togliermi l’abito, facendolo scivolare via dal mio corpo che rimase così esposto completamente ai suoi occhi di lupo.
“Fai il bagno con me” lo pregai non sapendo dove avevo trovato lo sfacciato coraggio di chiedergli una cosa del genere.
Non sentendolo rispondere mi girai a guardarlo, trovandolo intento ad eliminare anche i suoi indumenti. Non lo aiutai come lui aveva fatto con me, lasciai che i miei occhi godessero di ogni millimetro di quella pelle chiara che si scopriva per me.
Era bello, nonostante il suo torace fosse parzialmente nascosto dalla grossa benda bianca che nascondeva la ferita. Per una volta non volevo badare a non fargli male, non volevo analizzare ogni cosa che mi passava per la testa chiedendomi se era appropriata da dire.
Ero nuda davanti a lui e lui era nudo davanti a me, tutto il resto era superfluo in quel momento.
Non volevo toccarlo con le braccia tutte sporche di sangue, così entrai nella vasca, sapendo che i suoi occhi non si perdevano neanche il mio più piccolo gesto. Mi accoccolai e raccolsi dell’acqua fra le mani, facendomela scivolare lungo il corpo, lasciando che si portasse via il rosso del sangue. Alessandro si unì a me, prima di tutto occupandosi di lavare il mio corpo e i miei capelli, passando le dita sul mio cuoio capelluto in un massaggio erotico e rilassante che mi fece sciogliere fra le sue braccia.
Solo una volta finito mi prese il viso fra le mani per baciarmi, finalmente, le labbra. Non aveva fretta qual giorno, voleva offrirmi tutta la dolcezza di cui era capace e il suo bacio fu lento, estenuante, meraviglioso come le carezze gentili che lasciava sul mio corpo.
In qualche modo mi trovai distesa sotto di lui sul pavimento del bagno, l’idea che potesse essere scomodo o freddo mi sfiorò solo un istante prima che le sue labbra iniziassero a vagare sul mio corpo.
Stuzzicò tutti i miei punti più sensibili con la lingua e con le dita, donandomi un piacere che non avevo mai immaginato possibile. Era intenso, totalizzante, ad ogni nuova ondata mi portava sempre più in alto, costringendomi a gridare e contorcermi sotto le sue carezze.
Lasciò per qualche secondo che mi riprendessi da quella sensazione meravigliosa, tornando a baciarmi le labbra e capovolgendo le nostre posizioni. Lo guardai dritto negli occhi, sembravano ancora più azzurri del solito ed erano roventi, carichi di un orgoglio tutto maschile e della più viva delle fiamme; mi baciò ancora e incurvò le labbra in un sorriso, dicendomi con lo sguardo che lasciava a me il comando. Potevo giocare col suo corpo come lui aveva fatto col mio.
Il mio imbarazzo scomparve ad un tratto, mentre mi posizionavo sopra di lui, decisa a donargli tutto ciò che avevo. Lui avrebbe potuto pretenderlo molto prima, invece aveva aspettato che fossi io a decidere ed era arrivato il momento. Mi era quasi morto fra le braccia e, mentre stritolavo quella mano inerte, avevo capito che non volevo perdermi neanche la più piccola cosa di quello che potevamo avere insieme.
Alessandro spalancò gli occhi, bloccandomi per i fianchi. Non si aspettava che arrivassi a quel punto. Magari che lo toccassi, che lo baciassi, non certo che decidessi che la nostra unione doveva avvenire in quel grande bagno dal pavimento azzurro.
“Avevo progettato rose e un bel caminetto acceso, per questo” mormorò donandomi un bellissimo sorriso, lasciandomi però di nuovo libera di muovermi come preferivo, aiutandomi con le mani ad eseguire i movimenti giusti senza però forzarmi.
“Ci sarà tempo per quello.” Assicurai, baciandogli il naso e poi le labbra. Non sapevo da dove veniva tutta quella audacia, ma dentro di me sapevo che era quello il momento giusto. Era perfetto anche senza rose e senza caminetti, senza tappeti e letti morbidi. Soltanto io, lui e il pavimento azzurro.
Mi guidò con le mani senza accennare a cambiare posizione per poter assumere il comando, voleva che fossi io a decidere quello che sarebbe successo, mi lasciava libera di spostarmi in un modo o nell’altro, di essere brusca o delicata.
I nostri occhi rimasero incatenati per tutto il tempo, potevo sentire i muscoli del suo petto tendersi e guizzare sotto le mie dita e le sue mani caldissime sui miei fianchi.
Fu doloroso, ma il mio corpo era pronto e non tardò ad aprirsi per lui, nonostante qualche piccola fitta di dolore mi impedisse di raggiungere il piacere per la seconda volta, fui immensamente soddisfatta nel guardare il suo viso perdersi nel momento di più assoluta liberazione e nel sentirlo dentro di me in tutto il suo calore.
“Oddio, ti amo, Morgana.” Per poco non piansi nell’ascoltarlo soffiare quelle parole poggiandomi un bacio sulla fronte, mentre stavo rannicchiata sul suo petto ad ascoltare i battiti del suo cuore.
“Anch’io, mio signore”.
Non credevo che mi avrebbe mai detto che mi amava. Anzi, in un primo momento non credevo affatto che mi avrebbe mai amata e neppure che io avrei potuto ricambiarlo.
Ero felice, dannatamente felice. Restammo diversi minuti ad ascoltare il silenzio, distesi sul pavimento azzurro che da quel giorno sarebbe stato uno dei miei preferiti, insieme al tappeto della sala, quello su cui mi ero addormentata la prima notte in cui abbiamo diviso il letto.
“Dobbiamo alzarci o ci prenderemo un raffreddore” commentai , alzando la testa per guardare il suo viso: aveva l’espressione più vivida e rilassata che gli avessi mai visto.
“Ai vostri ordini!” esclamò tirandosi a sedere all’improvviso e prendendomi praticamente di peso mentre si rimetteva in piedi.
Inutile dire che si bloccò a metà movimento, portandosi la mano con cui non mi teneva alla ferita.
“Maledizione! Che idiota, me n’ero quasi dimenticato...” continuò ad insultarsi prendendo dei respiri profondi per calmare il dolore.
“Fammi vedere, non ti sarà saltato un punto?” Mi affrettai a preoccuparmi immediatamente, togliendo in fretta la fasciatura bagnata e scoprendo la ferita. I punti erano tutti al loro posto, nonostante qualche goccia di sangue fosse  sfuggita, macchiando la garza.
Mentre il dolore per lo sforzo a cui l’aveva sottoposta si attenuava e lui riprendeva un po’ di colorito, lo medicai, fasciandolo di nuovo con attenzione.
“Va meglio?” gli passai una mano fra i capelli scuri, e lui mi sorrise, prendendola e baciandomi il palmo.
“Mi dispiace, sono un rottame” scherzò, avvicinandosi di nuovo alla vasca.
Ci ripulimmo con calma per poi rivestirci a vicenda. Non avevamo voglia di abbandonare quella stanza, era come se fosse una bolla tutta nostra, fuori da ciò che succedeva nella realtà.
Sapevo che appena fossi uscita da quella porta il mondo reale sarebbe tornato a farmi visita.
Nel momento esatto in cui ci decidemmo ad uscire trovammo Sara davanti alla porta, indecisa se bussare o meno.
“Oh, ecco...” L’imbarazzo colorò le sue gote quando si rese conto che l’avevamo trovata in attesa davanti alla porta del bagno. “Ero venuta ad annunciarvi che sua Maestà sarà qui entro un’ora.”
 
Esattamente un’ora dopo ero seduta di fronte a sua maestà il Re Giulio, al mio fianco Alessandro mi teneva una mano e giocherellava con le mie dita, totalmente a suo agio.
E perché non avrebbe dovuto? Giulio era suo fratello! Ero io quella che si sentiva sotto esame, scrutata dagli occhi azzurri del Re.
Dopo ciò che aveva detto la regina mi aspettavo di avere a che fare con un uomo solare e allegro, invece dopo lo scambio di saluti convenzionale era piombato un silenzio imbarazzante, se non avessi imparato a controllarmi nei miei primi tempi con Alessandro avrei già iniziato ad agitarmi sul divano, invece ero perfettamente immobile e apparentemente tranquilla.
Rosmerta arrivò, portò il the e se ne andò, il tutto senza che nessuno rompesse il silenzio, Alessandro la ringraziò con un cenno.
“Finalmente mi fai conoscere la tua mogliettina, fratello. Cosa stavi aspettando?” Giulio si decise, finalmente, a parlare mentre teneva in mano la sua tazza di the.
“Volevo tenerla tutta per me” mio marito non si scompose, rispondendo in quel modo con tutta l’innocenza del mondo, come se fosse la cosa più ovvia da dire.
“Ho sentito parlare di lei. Dicono che la sua lingua sia più avvelenata del dente di un serpente” commentò il Re. Stava parlando di me come se non fossi presente e la cosa mi dava sui nervi, ma non potevo certo intromettermi, dovevo avere pazienza e fingere di non essere irritata.
Alessandro mi guardò con un sorrisetto sulle labbra, “ha il suo modo di vedere le cose, giusto principessa?”
“Dico solo ciò che penso” sempre, e senza quasi avere filtri fra cervello e parole, ma quello forse era meglio se me lo tenevo per me.
Giulio tornò a guardarmi, odiavo il modo in cui i suoi occhi mi scrutavano, quasi pensasse che concentrandosi a sufficienza avrebbe potuto vedermi nuda.
“Oh, non ho dubbi. Lucrezia è rimasta davvero impressionata” per un attimo non capii a chi si stava riferendo, non avevo sentito spesso chiamare la regina con il suo nome, di solito era appunto Regina  o sua maestà, insomma, non la chiamavano Lucrezia quasi mai.
Nessuno rispose a quell’affermazione, sia io che Alessandro avevamo ben chiaro il mio primo ed ultimo faccia a faccia con la regina e nessuno dei due ci teneva a ripeterlo.
“Tornando alle cose importanti, mio caro fratello, ho saputo che qualcuno ha cercato di toglierti la vita” Giulio lo guardò intensamente, sembrava sinceramente preoccupato per la salute del fratello e questo gli fece guadagnare qualche punto ai miei occhi.
Dopotutto, però, capivo perché Alessandro si sentiva in dovere di proteggere il Re, oltre che per lealtà nei suoi confronti: anche se era il fratello minore, mio marito era decisamente più alto e robusto dell’altro, la cui corporatura era molto più esile, quasi femminea. Era bello, certo, ma di una bellezza molto poco virile, a differenza di Alessandro i cui lineamenti erano un trofeo alla mascolinità.
“Qualcuno c’è quasi riuscito” non riuscii a trattenermi dal dirlo, fu proprio più forte di me.
“Ci sono andati fin troppo vicini”, ammise Alessandro, “non ero preparato, di solito mirano alla tua vita, non alla mia”.
“Ci ho pensato, infatti. L’unica soluzione che mi è venuta in mente è che stiano cercando di sbarazzarsi di te per infliggere un danno alla mia protezione. Lo sanno tutti che sei tu ad organizzare la mia guardia...” il re si portò le mani al mento, assorto nei suoi pensieri. La mia teoria era leggermente diversa, però.
“Chi erediterebbe il trono se entrambi moriste?” domandai, folgorata da un’intuizione terribile.
“La Regina, se venisse a mancare anche lei, tu, mia cara. Ovviamente nel caso non ci siano figli di nessuno dei due” mi rispose il Re, non aveva capito dove stavo andando a parare.
“No, intendo a parte noi due, non saremmo difficili da far fuori una volta tolti di mezzo voi due, Vostra Maestà.” Chiarii, lui sembrò riflettere seriamente, scambiandosi uno sguardo con Alessandro, che aveva lo sguardo altrettanto pensieroso.
“Federico” il tono di mio marito era tetro come non lo era mai stato prima nel pronunciare il nome di mio fratello.
Il re annuì “probabilmente, sì. Il Granduca è ormai alla fine dei suoi giorni, e così anche il Duca Glenn. Federico sarebbe il candidato più ovvio da mettere sul trono...”.
Ed ecco che anche quella piccolissima luce di speranza scomparve dal mio cuore. Federico. Dannazione, voleva arrivare al titolo di Re? Era quello il motivo di tutto?
“Già, ma è uno dei miei collaboratori più stretti e mi fido molto di lui” Giulio sorrise, scuotendo la testa.
Alessandro concordò, guardandomi: “non si è mai mostrato tanto ambizioso, ma, anche se lo fosse, non è così codardo da organizzare un colpo di mano e poi lasciare che siano dei sicari a portarlo a compimento.
Rosmerta entrò tutta trafelata, accompagnava la regina e, parlando del diavolo, Federico.
“Oh, che sbadato! Ho dimenticato di avvisarvi del loro arrivo. Non è un problema, vero?”


Incredibilmente sono riuscita ad aggiornare questa storia! Lo so, ci ho messo quasi un anno e adesso volete uccidermi, avete ragione. 
Non tenterò neanche di giustificarmi tirando in ballo esami di maturità e test di ammissione vari, la verità è che avevo perso totalmente l'ispirazione e la voglia di aprire una pagina di word. Spero che qualcuna di voi abbia comunque voglia di continuare a seguire questa storia.
Grazie a tutte voi che avete recensito il capitolo precedente, adoro leggere le recensioni, mi danno uno stimolo in più quando cerco di buttare giù il capitolo.
E grazie a te che nemmeno sai che questa storia esiste, eppure mi hai dato la spinta giusta per finire il capitolo.

  
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