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Autore: Black Chandelier    22/11/2012    3 recensioni
College. Niente casa e stanze da condividere con perfetti sconosciuti, ecco cosa mi aspettava.
Mamma aveva insistito tanto con questa storia del college che alla fine ho rinunciato a tutti i miei piani anti-college.
Però, col passare del tempo mi accorsi che non era così male, nonostante avevo un compagno di stanza maleducato, ma con degli occhi fantastici.
[Frerard] [fic momentaneamente sospesa]
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Salve! E' la mia seconda Frerard, quindi siate clementi ç_ç Tengo a precisare che qui la band non esiste ed è ambientata in un contesto 'scolastico'. Forse i primi capitoli saranno un po' noiosi, ma spero vi piaccia!
P.S i personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.


 

My heart beats fast and faraway, love.

 

1.     College.
 

Primo giorno di college, ansia, ansia e solo ansia.
Scesi dalla macchina, accompagnato dai miei genitori e mi guardai intorno, davanti a me avevo un enorme cancello con appeso un cartello che recitava: “Rutgers University”.
«Mamma, è questa.» Trascinai la valigia e guardai mia madre.
«Sì, forza, entriamo. Ti accompagno alla porta.» sbuffai e la seguii, entrando dal cancello.
C’era un grande parco intorno a quella scuola ed era piuttosto bello, rilassante. Le panchine erano ricoperte dalle foglie arancioni che cadevano dagli alberi e un leggero venticello autunnale le faceva muovere.
Sospirai e rivolsi uno sguardo al cielo cupo, il sole era nascosto dalle nuvole e stava per piovere.
«Quindi, Anthony» Rise e la guardai male, odiavo essere chiamato così. «Ci vediamo a Natale, e ricordati di spedirmi qualche lettera ogni tanto, okay?»
Sembrava che dovevo andare in guerra e invece dovevo solo andare all’università.
«Sì, mamma. Ci sentiamo, okay? Ti chiamerò, lo sai che con le lettere non sono capace. » La salutai abbracciandola e baciandole la guancia. Le sorrisi dolcemente e dopo essermi staccato da lei mi avviai verso la porta della scuola, sembrava la porta di un castello.
Mi guardai intorno e aprii la porta che fece un cigolio, e mi trovai davanti un corridoio piuttosto grande e una marea di gente andare avanti indietro.
C’erano ragazze che ridacchiavano e salivano le scale, pronte per un’altra lezione. C’erano i classici “secchioni” che si aggiustavano gli occhiali e ripassavano mentre vagavano per quel corridoio, scontrandosi con chiunque.
E poi c’ero io che mi sentivo un cane abbandonato.
«Serve aiuto?» un ragazzo dai capelli piuttosto ricci e alto si avvicinò, distogliendomi dai miei pensieri.
«Beh, I-Io.. sono nuovo e..» Il ragazzo mi interruppe ridendo, “figura di merda” pensai arrossendo. Mi insultai mentalmente, come se non si vedeva che ero un classico novellino spaesato.
«Si vede. Tranquillo, ti accompagno io in segreteria. » Okay, era una specie di guida o era uno studente? «Comunque sono Ray, è il mio secondo anno. Ti troverai bene qui. Ora ti daranno la chiave della camera, probabilmente sarai in camera con qualcuno, visto che siamo tutti a coppie. » Annuii, ero abbastanza timido e non sapevo cosa dire se non annuire e guardarmi intorno. Però avevo già conosciuto questo Ray ed era una cosa positiva, pensavo peggio..
«Eccoci! Ci vediamo in giro, ciao.. ehm, come ti chiami?»
«Frank.»
«Ok, ciao Frank!»
Lo salutai con la mano sorridendo e mi avvicinai ad un’anziana signora che stava dietro ad una specie di sportello fatto di vetro, portava gli occhiali sulla punta del naso e mi scrutava. Aprii la mia borsa e tirai fuori il modulo d’iscrizione, passandolo alla signora.
«B-Buongiorno» sussurrai, passandomi una mano sul viso e tossicchiando.
«Salve, Lei è il signor.. Frank Iero?» Annuii e la vidi firmare qualcosa, poi continuò: «Stanza 182, ha un compagno di stanza. Si pranza alle 12 e 30, la mensa è giù e gli orari delle lezioni sono questi» Mi porse la chiave della stanza e un foglio con scritti degli orari. La ringraziai e mi voltai, dirigendomi verso le scale che a quanto pare portavano alle stanze, visto che c’era un foglio con scritto “Stanze” ed accanto vi era una piccola freccia.
Trascinai la mia valigia, salendo le scale e detti un occhiata all’orario: in quell’ora dovevo avere Matematica. Mi fermai, non sapevo cosa dovevo fare e chiedi al primo che capitava.
«Tu! Ehi, ragazzo biondo!» urlai ad un ragazzino mingherlino che portava degli occhiali spessi. Si voltò spaventato e mi guardò. Gli sorrisi e lo raggiunsi di sopra.
«Ehi, scusami.. sono nuovo e.. beh avrei matematica in Aula 2, devo andarci o porto i  bagagli in stanza?» Scrutò il mio foglio e si sporse per guardare la valigia, poi si tolse gli occhiali e li pulì.
«Ah, sei nuovo. Anche io lo sono, sono arrivato 3 giorni fa e abbiamo lo stesso corso. Quindi ora devi andare in stanza, per adesso la salti quest’ora, lo dirò io al professore. Ci si becca in giro!» Mi diede una pacca sulla spalla e lo ringraziai, ma non feci a tempo a guardarlo che era già sparito. Mi domandavo se in quella scuola erano tutti così frettolosi o ero io che ero lento.
Finalmente potevo vedere il mio compagno o compagna di stanza e avrei potuto riposarmi, dopo quel viaggio in macchina.
Mi diressi verso le stanze e cercai la mia stanza, non era così male la zona delle stanze. C’erano molte finestre da cui si vedeva il laghetto dell’università e dei ragazzi attorno ad esso.
«179.. 180.. 181.. 182!» Mormorai guardando la porta e prendendo la chiave. Aprii la porta e mi si presentò davanti una stanza piuttosto grande con due letti, due armadi e un’altra porta che a quanto pare era il bagno.
Chiusi la porta e appoggiai la valigia su un letto, sedendomi sopra. A quanto pare l’altro era già occupato da qualcuno visto che era disfatto e vi erano sopra delle maglie.. di gruppi musicali. Sorrisi notando la maglietta dei Misfits e degli Iron Maiden, a quanto pare quella persona aveva buon gusto in fatto di musica.
Amavo il metal e il rock e sapevo anche suonare la chitarra, solo che non l’avevo portata con me perché si erano rotte alcune corde, è inutile dire lo stato di “lutto” in cui ero quando si ruppero.
La mia chitarra si chiamava Pansy, che letteralmente vuol dire femminuccia, starete pensando che sono stupido, ma tutto è nato dal liceo, dove lì alcuni bulletti si divertivano dandomi nomignoli del genere.
Ne ricevevo di tutti i colori, da mattina a sera, senza distinzioni. Poi però si sono stancati dato che io non reagivo mai, soprattutto ai primi anni di liceo che furono i più difficili per me, visto che non era bello sentirsi dire quegli insulti da ragazzi che nemmeno conoscevi.
Spalancai la finestra e una folata di vento mi scompigliò leggermente i capelli, la richiusi subito e mi tolsi il cappotto e la sciarpa, facendoli cadere per sbaglio.
Mi stavo per abbassare per raccoglierli quando una voce maschile mi fece sobbalzare, mi alzai e un ragazzo dalla pelle bianca e i capelli corvini mi stava guardando parecchio male.
«C-Ciao.. sono il tuo coinquilino.. » dissi porgendogli la mano e cercando di essere il più gentile possibile, lui sbuffò e mi ignorò totalmente, sedendosi su una poltrona e mettendosi le cuffie.
“Perfetto” pensai, avevo anche un compagno di stanza che non mi sopportava già. Forse avevo sbagliato stanza? Ma no, la 182 era la 182.. quindi avrebbe dovuto accettarlo.
Lentamente aprii la mia valigia – dopo aver raccolto il cappotto e la sciarpa – e tirai fuori i miei vestiti che anche loro erano maglie di gruppi, cinture borchiate e jeans strappati. Con la coda dell’occhio notai che il ragazzo stava osservando le mie magliette, allora alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi.
Erano bellissimi, forse i più belli che avevo visto in vita mia e il suo viso era qualcosa di fantastico, soprattutto il suo nasino all’insù e le sue labbra leggermente rosse.
 «Scusa, i vestiti dove li posso mettere?» che domanda stupida che avevo fatto. Era ovvio che dovevo metterli nell’armadio, solo che non sapevo quale e..
«Nell’armadio, forse? Il tuo è quello a destra. Puoi attaccarci qualche poster, se vuoi.. oppure, fottiti.» disse acido, rimasi di stucco per quella sua risposta. Ma chi si credeva di essere? Non era di certo colpa mia se mi avevano messo in stanza con lui!
«Bel benvenuto, comunque vacci tu a farti fottere, okay? Non sei nessuno per giudicare e scusami se ti ho parlato, mh?» alzai leggermente il tono di voce mentre aprivo l’anta dell’armadio e ci mettevo dentro i vestiti.
Lui non rispose e sorrisi soddisfatto della mia risposta, diciamo che  la presentazione non era stata un granché, visto che ci siamo subito insultati.
Avevo bisogno di  nicotina, presi il mio pacchetto di sigarette e uscii dalla stanza senza degnare di uno sguardo quel tipo strano. Mi sentivo solo fissato da lui in quell’arco di tempo, ma che voleva?
Percorsi il corridoio a testa bassa ancora turbato dall’episodio precedente, picchiettando le dita a ritmo sul pacchetto di sigarette.
Il corridoio era deserto questa volta, a quanto pare tutti erano a lezione tranne io e quel ragazzo strano.. a proposito, perché lui non era a lezione? Forse era  nuovo anche lui? No, non aveva la faccia come la mia, da “novellino”.
Dovevo decisamente togliermi dalla testa quel ragazzo ma era impossibile, i suoi occhi mi avevano colpito fin dall’inizio nonostante il suo modo di fare strafottente e la sua “gentilezza” nell’accogliermi.
Rimasi un po’ deluso perché la giornata era iniziata bene, avevo trovato due persone che mi avevano aiutato e speravo che in camera mia ci fosse una persona gentile, ma invece no, era troppo bello per essere vero.
Non volevo passare un anno infernale anche lì a causa di quel ragazzo che nemmeno si era presentato, non volevo farmi rovinare l’università perché ormai ero abbastanza adulto da cavarmela da solo.
Uscii in cortile dove trovai una classe che stava facendo lezione, probabilmente d’arte visto che stavano disegnando su alcuni fogli, seduti per terra. Li guardai e sorrisi, era davvero una bella cosa dipingere, soprattutto quando il tempo era quello autunnale.
Mi sedetti su una panchina spostando le foglie che vi erano sopra e accesi la sigaretta, facendo subito un tiro e mi rilassai. Guardai l’orologio e mi resi conto che era già passata mezz’ora e già volevo andarmene, mi mancava Belleville e il pensiero che non ci sarei più andato fino alle vacanze di Natale mi rese triste.
Ma ormai dovevo rassegnarmi, il mio futuro era quello e nonostante tutto la psicologia non mi era mai così dispiaciuta. Amavo aiutare gli altri e cercare di capire i loro problemi, e soprattutto mi accorgevo di quando qualcuno era triste o stava male.
«Hey..tu!» sentii un ragazzo urlare e mi voltai, vedendo che correva verso di me. Era Ray che sfoggiava un sorrisone.
«Ciao Ray!» Mi spostai per espirare il fumo e sorrisi di rimando.
«Com’è andata?»
«Bene se non fosse che sono entrato in stanza e uno strano ragazzo mi ha detto di fottermi e.. niente, per il resto è okay, mi piace il posto.» Ray si morse il labbro e si passò una mano nei capelli, pensieroso.
«Oh, aspetta, sei in stanza con.. non mi ricordo chi, ora ci penso. Comunque, Mikey mi ha detto che ti conosce!» Lo guardai curioso e dalla mia espressione capì che non sapevo chi era quel.. Mikey.
«Il ragazzo con chi occhiali! Si chiama Mikey Way, ha un fratello che si chiama Gerard, solo che non si è visto in giro.»
«Oh, sì, sì. Comunque se ti aiuta quel ragazzo che ho in stanza ha i capelli neri, gli occhi verdi e ..oggi non è andato a lezione. » deglutii ripensando a quegli occhi che mi avevano tanto colpito, Ray fece un espressione stupita.
«E’ GERARD!» urlò, facendomi spaventare.
Il ragazzo maleducato si chiamava Gerard. Era un bel nome, però. «G-Gerard? Non si è neanche presentato, scusami..»
Ray rise quasi istericamente, io ancora mi domandavo il perché di quel suo comportamento.
«Si abituerà a te, vedrai. È meglio che lo lasci stare, per ora.»
Che aveva quel Gerard? Perché dovevo lasciarlo stare? Forse gli era successo qualcosa o voleva starsene semplicemente solo?
Non lo so, l’unica cosa che so è che i suoi occhi mi avevano colpito moltissimo.
 

   
 
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