Rieccomi! Che dire?
Grazie come al solito ai miei recensori di fiducia XD. Siete fantastici, ogni
volta mi incoraggiate con i vostri commenti! Grazie infinite!
Quindi, eccoci
al primo capitolo! Spero non sia troppo noioso, diciamo che la parte più
interessante arriverà nel prossimo capitolo. Bè, vi invito a leggere!
Ciao ciao!
Minako-Lore
~ A Beautiful Mortal
- Chicago 1918
capitolo 1: gli avvenimenti del passato.
×
Quando riaprii gli
occhi non seppi dirmi con precisione dove mi trovavo. Sapevo solo che mi sentivo
leggera, leggera come una piuma. Impossibile sentirsi meglio di come mi trovavo
in quel momento. Lentamente aprii gli occhi, e subito notai con sorpresa una
coperta sopra il mio corpo disteso. Respirai a pieni polmoni, cercando di capire
dov’ero. Poi vidi qualcosa di nero accanto a me. Ancora spaesata dal quella
situazione del tutto nuova, protesi una mano verso quell’ombra scura che
incombeva vicino a me prepotentemente. E allora sobbalzai, quando mi resi conto
che si muoveva.
« Bella! » mi chiamò una voce lontana ma che,
inspiegabilmente, arrivò chiara e limpida alle mie orecchie. Mi misi a sedere, e
immediatamente mi girò la testa.
« Sta giù, non sei
abituata. » continuò. E allora la riconobbi: era la voce di Alice.
« Alice? » chiesi
confusa, portandomi una mano alla testa. Iniziava a non girarmi più. E
finalmente la misi a fuoco: i capelli neri, più spettinati del solito,
ricadevano scomposti sul viso e sulle occhiaie simili a bruciature, proprio
sotto ai suoi occhi. Neri. Neri come la pece.
« Bentornata fra noi
Bells. » disse accennando un sorriso, squadrandomi da capo a piedi. Sospirai e
mi misi a sedere su quel corpo morbido. E lo riconobbi: era il divano di pelle
di Edward. Così come anche la stanza in cui mi trovavo era la sua. Ma non mi
ricordavo… cos’era accaduto?
« Che è successo? »
chiesi, mentre lei – da per terra dove si trovava – si spostava a sedersi vicino
a me, circondandomi con quelle braccia graciline che si ritrovava.
« Non ricordi? » mi
chiese, mentre mi lasciavo andare contro il suo petto freddo. Ma come mai non lo
trovavo più così gelido come ricordavo? Cercai comunque di non badare a quella
piccolezza, e di passare invece al setaccio dei miei ultimi ricordi chiari.
Chiusi gli occhi, concentrandomi. Una strada, un semaforo verde, una camion
e…
Mi allontanai come
una furia da lei, cadendo per terra.
« Bells! »
Si precipitò verso di
me, aiutandomi a rimettermi seduta. Ma io ero troppo sconvolta per poter
risponderle.
« I-il cam-mion,
Alice. » balbettai stralunata. Ora mi ricordavo: quella mattina andando a scuola
ero stata investita da un camion. Come dimenticare quelle luci abbaglianti e
quel dolore lancinante quando mi sbatteva per terra?
Però… però… insomma… se
mi aveva investito – perché lo aveva
fatto – perché ero li senza il minimo graffio?
« Sono incolume… ma io mi
ricordo che quel camion mi ha investito! E c’era sangue… tanto sangue! »
Vidi
negli occhi di Alice una scintilla di malinconia. E lo stomaco mi si chiuse in
una morsa. E qualche rivelazione si insinuò nella mia testa…
« Alice… non
dirmi che… »
Mi guardai le mani. E lì persi quel minimo di lucidità che avevo
ritrovato. Era bianca.
Non pallida, ma bianca come il gesso. Senza la minima
imperfezione, spiccava accanto alla maglia scura che indossavo.
Alzai gli
occhi verso Alice, a bocca aperta. Mi fissava in silenzio, come in attesa.
Vedevo che non sapeva cosa fare. Da un lato aveva un sorrisetto sulle labbra da
non poco, ma gli occhi rimanevano vigili.
Iniziai a respirare a fatica,
mentre cominciavo a toccare con la mano destra quella sinistra. Era dura e…
fredda. Fredda come quella di Edward o Alice. Ma allora… era vero? Ero davvero
un…
« … vampiro. »
mormorai a me stessa. Alzai nuovamente lo sguardo sulla mia migliore amica, e la
vidi ancora agitata. E fu allora che sorrisi. La felicità mi cresceva in tutto
il corpo, investendomi come un fiume in piena. L’adrenalina mi arrivava al
cervello a intervalli irregolari, come a singhiozzo. E in un lampo mi lanciai su
Alice, ridendo a crepapelle. L’abbracciai e anche lei si mise a ridere.
« MIO DIO! » urlai in
preda ad una crisi di risa, mentre cercavo di
controllarmi.
« Edward mi ha morso!
»
Forse non dovevo
dirlo. Forse la mia era stata una reazione esagerata. Fatto sta che Alice si
immobilizzò sul posto, fissandomi con i suoi grandi occhioni scuri, segno che
non faceva una battuta di caccia da un po’.
« … non mi ha morso
Edward, vero? » mormorai. Che stupida. In fondo, lui quel giorno era andato a
caccia con Emmett e Jasper. Ma allora…?
Alice parve notare il
mio turbamento, così mi prese per mano.
« Andiamo da
Carlisle. » mormorò con cautela, facendomi alzare. Vidi che anche lei era
turbata. Sospirai, confusa da tutte quelle informazioni avute così in fretta.
Ero un vampiro. Un vampiro!
Sorrisi fra me come una stupida, mentre notavo
come mi risultava facile camminare velocemente al fianco di Alice. Comunque, non
mi resi conto della mia situazione finchè non mi guardai alla specchio del
corridoio. Allora mi immobilizzai. Sentii al mio fianco Alice guardarmi stupita,
mentre mi toccavo il viso spaesata.
Ero sempre me stessa, fin li nulla da
ridire. I tratti del mio viso erano sempre quelli, forse leggermente più decisi;
ma gli occhi… gli occhi erano la vera rivelazione!
Erano scuri, come
l’onice. Guardandomeli mi veniva in mente Edward. E poi ero… bella. Sì. Forse
per la prima volta in vita mia, guardando quel viso ben proporzionato, quegli
occhi profondi e quella pelle di gesso mi sentivo… normale.
Alice mi accarezzò una
spalla, e io lo interpretai come un invito a seguirla. Lo feci, e attraversammo
la scalinata, arrivando fino al soggiorno.
Lì mi fermai. Così
come i membri nel soggiorno smisero di fare quello che stavano compiendo fino a
quando non ero comparsa in cima alle scale.
« Bella! » esclamò
Esme, la prima a riprendersi. Io finì di scendere la scalinata e mi lasciai
abbracciare da lei.
« Come ti senti piccola? » mi chiese accarezzandomi il
volto. Feci un sorriso forzato. All’improvviso non mi sentii più molto bene.
Avevo notato, infatti, che nel salone fra i presenti non spiccavano i capelli
rossi di Edward…dov’era?
« Bene. Devo ancora ingerire la notizia, ma è tutto
okay. » risposi, sospirando. Lei parve soddisfatta della spiegazione e,
prendendomi per mano, mi accompagnò fino al divano. Lì mi fece sedere accanto a
lei, e rivolsi l’attenzione ad ognuno di loro. Poi, la curiosità e la necessità
di informazioni prese il sopravvento.
« Dov’è Edward? »
In quel momento, non
uno dei Cullen mi degnò di una risposta. E iniziai a temere il peggio. Se ne era
andato? Non mi voleva più? Qualcuno gli aveva fatto del
male?
Buffo.
A volte il
cervello elabora così tante informazioni nell’arco di pochi secondi che alla
fine ti ritrovi con la testa pesante. Troppo, troppo,
pesante!
Ma non ci diedi peso.
Iniziai a fissare Carlisle che, sapevo, era l’unico che mi avrebbe fornito una
risposta degna di essere chiamata con quel nome. Lui mi
capì.
E subito si alzò in
piedi, porgendomi dolcemente un braccetto, che accettai impacciata. Allora mi
sollevai e mi portò nel suo studio. A cosa andavo incontro? Non lo
sapevo…
Il suo studio era
imponente. La prima volta che ero stata li l’avevo paragonato ad un ufficio di
un preside. Tuttavia mi ricredetti quando Carlisle, con i suoi capelli chiari e
il volto giovanile, si sedette dietro alla sua massiccia scrivania di legno
scuro.
« Cosa ti ricordi,
Bella? » mi chiese tranquillo, fissandomi dolcemente.
Sospirai.
« Ricordo il camion…
e il dolore che ho provato. E mi ricordo che c’era tanto sangue… il mio.
»
Annuì più volte,
portandosi le mani sotto il mento.
« Okay… poi?
Nient’altro, vero? » chiese. Io negai.
« No… il resto è
oscurato dal dolore che ho provato. » mormorai. Fino ad allora non avevo più
pensato al dolore della trasformazione… indicibile…
Mi costrinsi a non
pensarci. Quei momenti di assoluta agonia erano troppo freschi per sopportarli
ulteriormente.
« Allora… vedi Bella, quando quel camion ti ha investita mi
hanno subito chiamato all’ospedale. Nell’ambulanza che è venuta a prenderti
c’ero pure io. » sospirò. « Ho avuto paura, lo ammetto. Eri in una pozza di
sangue. Ho provato in ogni mezzo di rifarti prendere conoscenza. Ma tu non
aprivi gli occhi. »
D’istinto mi venne la
pelle d’oca.
« Quando siamo
arrivati all’ospedale non riuscivi neanche più a respirare regolarmente. Se
continuavi in quella maniera avresti potuto morire da un momento all’altro.
»
Sembrava più stanco del solito. Quella discussione gli doveva far spendere
parecchie forze.
« Non sai che odissea è stata farti credere morta. Mi sono
occupato di tutto io. Moduli, carte, prove. Però era difficile portarti qui.
Tuttavia ce l’ho fatta. »
Seguivo concentrata
ogni sua parola. La testa vuota, il corpo leggero…
« Ti ho portata in
camera di Edward e senza perdere un secondo ti ho morsa. Solo in seguito mi sono
reso conto di ciò che ho fatto. E iniziai ad aver paura del ritorno di Edward.
Cosa avrei potuto dirgli? Avrebbe accettato il mio gesto?
»
Sospirò
malinconicamente.
« Ti dico la verità Bella. Non l’ha presa bene. »
Ecco.
Quella voragine, tanto odiata e tanto detestata, era tornata a impedirmi di
respirare irregolarmente.
« Dimmi tutto. » mormorai. Sospirò nuovamente,
alzandosi dalla sua sedia per avvicinarsi a me cauto.
« Quando è rientrato
dalla caccia ha capito subito che qualcosa non andava. Non è stupido. Mi si è
avvicinato e mi ha chiesto cosa succedeva. Gli ho raccontato tutto. »
« Come
ha reagito? »
« Appena lo ha saputo
è corso da te. Ma stavi già iniziando ad urlare dal dolore. Non ha sopportato
tutto quello… è corso via, urlandomi contro che non aveva nessun diritto di fare
tutto quello. Ce l’ha con me, temo. In questi tre giorni è stato tutto il tempo
nel bosco. »
Mio dio… Edward!
Mi portai una mano alla testa,
sconvolta.
« Devo parlargli! » esclamai, alzandomi di botto. « Voglio
vederlo! »
Carlisle mi fissò
accigliato. Poi annuì.
« Penso sia giusto. E’ ai piedi dei monti Olimpici,
dove abbiamo giocato l’ultima volta a baseball. » mormorò più spossato che
mai.
Mi diressi verso la porta. Tuttavia, il mio istinto mi precedette. Mi
voltai indietro e corsi contro a Carlisle, abbracciandolo forte.
« Grazie.
»
« Ti ho reso un mostro Bella, non mi devi ringraziare.
»
« Non ti sto
ringraziando per avermi reso un mostro, ma di avermi permesso di entrare nella tua famiglia
di mostri. » sorrisi debolmente, mentre mi posava un bacio sulla fronte.
« Ci
sai arrivare da sola? »
Annuì, e uscì dalla
porta accompagnata da un religioso silenzio.
Lo vidi subito. Come
non notarlo?
Era seduto per terra, a occhi chiusi, con la schiena appoggiata
ad un albero. Una bellissima statua Greca.
Mi avvicinai cauta, piano e
all’erta. Sapeva che ero lì? Mi aveva sentita?
Ma non dovetti aspettare per
saperlo.
« Ti sei svegliata. »
Non era una domanda.
La sua voce mi arrivò debole e malinconica. E potei notare come la sua fronte si
fosse corrugata notevolmente.
« Edward? »
Volevo che aprisse quei suoi
maledetti occhi. Volevo che mi venisse incontro eliminando quei pochi passi che
ci separavano e che mi iniziasse a baciare il viso felice. Felice… sì, è cosi
che volevo Edward.
« Mi dispiace. »
Ripresi contatto con la realtà, e lo
fissai delusa. E allora non mi importò più se quello che volevo era che mi
venisse incontro abbracciandomi. No.
In quel momento, angosciata e delusa, mi
buttai io fra le sue braccia, mentre apriva gli occhi stremato.
« Ti prego,
non fare così! » dissi, mentre appoggiavo la testa contro il suo petto « Non
pensare sia colpa tua! »
« Come non posso pensarlo? » mormorò contro il mio
collo, facendomi venire i brividi lungo la schiena.
« Edward, io… »
Ma mi
fermai. Di scatto mi allontanai un po’ da lui, guardandolo in volto. Ma prima
che potessi dire qualcosa le palpebre mi si abbassarono pesantemente. Potei
sentire solo le sue braccia avvolgermi e le sue labbra a poca distanza da me
pronunciare il mio nome. Poi, il buio.
Stavo volando. A occhi chiusi, sentivo il
vento scompigliarmi i capelli. Una sensazione di libertà si spalancò dentro di
me, facendomi volteggiare ancora di più.
Poi, sentii delle voci.
«
Signor Swan… l’abbiamo subito portata qui. Ma… vede… mi dispiace tanto.
»
Aprii gli occhi giusto in tempo per guardare mio padre gemere disperato,
aggrappandosi al camice del dottore di fronte a lui. Allora mi sentii mancare, e
posai un piede a terra. Tutto ad un tratto intorno a me parve prendere forma. Mi
trovavo in ospedale. Ma la cosa strana era che a poca distanza da me c’era mio
padre, ma pareva non accorgersi di me. Continuava a urlare e a gemere,
mormorando parole sconnesse. Fra quelle sentii indistintamente, però, una cosa
che mi fece accapponare la pelle…
« Bella… non può essere morta! »
Come se
qualcuno mi avesse colpito forte al cuore, sobbalzai impetuosamente, mentre
qualcosa mi tirava verso l’altro. E iniziai a urlare… a urlare tanto…
« BELLA! »
Con un
singhiozzo aprii gli occhi sconvolta, tirandomi a sedere dove mi trovavo. Tutto
girava furiosamente.
« Bella! Ti prego, dimmi come stai! »
La voce di
Edward vicino al mio orecchio mi fece sperdere ancora di più. Mi aggrappai a
quelle che riconobbi come le sue spalle, iniziando a balbettare frasi sconnesse.
« Papà… » sbiascicai impaurita, nascondendo il mio viso nel suo petto.
Sentii le mani di Edward incominciare ad accarezzarmi piano la schiena…
salendo e scendendo… salendo e scendendo…
Piano piano mi calmai, e alzai il
volto per appoggiare il naso sotto il suo mento.
« Bella… va meglio? »
mi chiese, baciandomi la fronte, aderendo le sue labbra alla mia pelle.
« Ho
tanta confusione… » sbiascicai… l’ospedale, mio padre, il medico… ma cos’era
successo?
« E’ stato come se mi fossi catapultata da un’altra parte… c’era
mio padre e un dottore… Charlie diceva che ero morta… »
Lo sento irrigidirsi,
per poi guardarmi stralunato
« Con che dottore parlava? » chiese paziente.
Cercai di ricordarmelo.
« Aveva i capelli
scuri. Molto alto. » dissi fissandolo a mia volta. Lo vidi sbiancare.
«
Dobbiamo tornare a casa. »
In un batter d’occhio si alzò, trascinandomi con
se. E allora si bloccò a fissarmi.
Mi scrutò minuziosamente il viso, per poi
portare lentamente una mano sulla mia bocca. Chiusi gli occhi al suo tocco,
mentre continuava ad accarezzarmi stavolta il viso.
« Sei diversa. »
mormorò. Aprii gli occhi e lo vidi malinconico.
« Portami a casa. » risposti
io infelice. Mi stava guardando come se fossi diversa, come se non mi
conoscesse. E mi dava fastidio. Lui annuì solamente, posando la mano sul suo
fianco.
Se fossi stata umana, mi sarei messa a piangere. E questo dovette
capirlo pure lui, perché mi fissò un attimo indeciso.
Stanca di quei giochi
di sguardi, lo sorpassai, camminando senza forze. Incapace di stare in piedi,
feci per crollare rovinosamente a terra. Ma subito le sue braccia mi bloccarono.
E senza che io potessi impedirlo, posò le sue labbra sulla mie con prepotenza. E
non potei non restituire il bacio, mentre dolcemente mi accarezzava la
schiena.
« Sei uno stupido! » mormorai isterica contro le sue labbra, mentre
respiravo irregolarmente. Lui appoggiò la fronte sulla mia.
« Ti prego, non
parlare. Non parlare di quello che ti ho fatto. » mormorò con voce rotta. «
Stavi morendo, senza di me al tuo fianco. Senza poterti salvare. »
«
Smettila di fare la vittima! Smettila di incolparti di tutto. » dissi più dura
di quanto volessi. Lui parve non gradire.
« Se mi mordevi come volevo io non
avrei rischiato la vita. E se quel camion investendomi mi ha regalato quello che
volevo allora non sentirti in colpa per non avermi salvato, ma per non esserti
dato una mossa prima. »
E con quelle parole, posai le mie labbra nuovamente
sulle sue, cercando un briciolo di amore che arrivò poco
dopo.
Mi portò in spalla
fino a casa sua. La mia risposta secca e il suo umore già cupo fece calare fra
noi un silenzio rumoroso. Ma, mentre correva con me aggrappata a lui, non potei
che posargli un bacio sul collo.
« Cosa pensi mi sia successo? » chiesi
stanca, mentre mi faceva scendere e mi apriva la porta di casa.
« Ho una
congettura. Ma bisogna parlare con Carlisle prima. » disse solamente,
appoggiando una mano sul mio fianco. Allora lo bloccai un attimo, fissandolo
negli occhi.
« Ti amo. Non mi importa ciò che pensi. » dissi piano, mentre le
rughe sul suo viso si facevano più vivide che mai.
« Anch’io ti amo. Ti amo
più della mia esistenza. Ti amo e sempre ti amerò. Quello che non amo è ciò che
ti ho fatto diventare. »
Volevo rispondergli, fargli capire che era uno
sciocco, ma proprio in quel momento in cima alle scale comparve Carlisle.
«
Ti dobbiamo parlare. » incominciò Edward. Subito ci fu accanto.
« Dimmi. » lo
incitò suo padre. Sospirò.
« Prima Bella mi è svenuta fra le braccia. »
incominciò. « Papà, penso che abbia acquisito un qualche potere. » aggiunse
veloce. Sobbalzai stupita da quella rivelazione.
« E quale? »
« Quello di
poter vedere gli avvenimenti del passato. »