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Autore: Nefelibata    22/11/2012    3 recensioni
'In lontananza scorsi il mare e per l'ultima volta provai l'impulso di scappare, ancora, di fare un'inversione a U e tornare nel mio modesto appartamento di New York, sorseggiando caffè e sfogliando il giornale, ignorando la sezione dedicata alla cronaca.'
Pairing: Larry
Note: Fisher!Louis
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcun scopo di lucro, non intendo dare rappresentazioni veritiere dei caratteri di queste persone, ne offenderli in alcun modo. Sfortunatamente nessuno dei personaggi mi appartiene.
*
Scritta in collaborazione con _larrysmoments
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The only exception. 
capitolo 3


HARRY (Nefelibata)

And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very very mad world
[Gary Jules - Mad world
]

Questo è un mondo pazzo.
È un mondo pazzo quando la gente corre di qua e di là senza una meta, senza uno scopo, per vivere un'altra giornata monotona, uguale alle altre, senza senso, senza vita.
È un mondo pazzo quando ci insegnano l'educazione, la religione, ci dicono in cosa dobbiamo credere, cosa si può fare e cosa no, ma nessuno può insegnarci a vivere.
È un mondo pazzo quando il male si insinua nelle vene, lasciandoti senza fiato, senza emozioni, senza obiettivi, senza sogni, senza speranza, senza anima.
Ed è un mondo pazzo quando ti accorgi di essere seduto su uno scoglio, ad aggiungere qualche lacrima a quella distesa azzurra che sembra così bella, così limpida, eppure ti ha portato via tutto.
È un mondo pazzo quando hai appena scritto una lettera per non si sa chi, forse sarà un angelo, forse una sirena, forse un pescatore.
È un mondo pazzo quando ti rendi conto che questa volta ci stai credendo davvero, perché 24 ore prima, appena sei tornato a casa, ti sei sentito meglio.
È un mondo pazzo quando senti dei passi dietro di te che si avvicinano, e non è un rumore fastidioso, è leggero, ti culla.
È un mondo pazzo quando decidi di non voltarti, perché quel rumore lo conosci già, e la memoria fotografica ti permette di dare un volto e in particolare un paio di occhi verdi a quei passi.

La figura si sedette accanto a me, e quando voltai lo sguardo, quasi rimasi senza fiato al constatare che non era il volto che mi aspettavo.
I capelli erano più castani.
Il sorriso era più luminoso.
Gli occhi più azzurri, quasi fatti d'acqua.
Sospirai frustrato, avevo davvero creduto di rivederlo ?
Avevo davvero pensato che quei passi lenti, così tipici di mio padre, sarebbero venuti a salvarmi ?
Solo dopo che una folata di vento spinse delicatamente via tutti i miei pensieri infrangendosi sul mio viso, mi accorsi che Louis non aveva ancora aperto bocca.
Con la coda dell'occhio vedevo che mi guardava di sottecchi, ma poi si voltava verso l'incontro tra il cielo e il mare, e i suoi occhi diventavano ancora più celesti.
Era la creatura più bella che i miei occhi avessero mai visto, tutto di lui sembrava sprizzare gioia, vitalità, pace.
Ma io vedevo quel luccichio nelle sue iridi, quel luccichio che conoscevo fin troppo bene, dopo averlo visto per anni allo specchio.
Quello era dolore, Louis non era felice.
Il giorno prima gli avevo risposto male, avevo respinto il suo tentativo di entrare in contatto con me, di conoscermi, esplorarmi a fondo, solo per la mia paura.
Paura di sbagliare ancora, di essere una delusione per le persone, di causare sofferenza, ancora.
Avevo formato un involucro trasparente attorno a me, le persone stavano fuori, mio padre dentro al mio cuore lacerato.
<< Non mi chiederai scusa, non è così ? >>
Una voce soave mi riscosse dai miei pensieri, e mi ricordai di non essere solo.
Senza pensarci due volte indossai di nuovo la mia maschera, quella che mi avrebbe permesso di non soffrire più, di non provare sentimenti, di non dimenticare.
<< Non vedo il motivo per cui dovrei farlo. >>
Sbottai acido.
Vidi un lampo di delusione balenare in quei pozzi d'acqua mentre abbassava lo sguardo e si mordeva il labbro.
Quella visione fece scattare qualcosa in me.
<< Voglio dire.. io non ho fatto nulla, sei tu che sei venuto da me e ti sei presentato. >>
Dissi velocemente e con tono decisamente più dolce.
<< Tu non sei felice.. vero ? >>
Disse ignorando la mia precedente affermazione.
<< Bhe non si può dire che sprizzi gioia >>
<< è.. per qualcuno a cui tieni molto ? >>
Tutte quelle sue domande stavano iniziando a innervosirmi.
Nessuno si era mai interessato alla mia vita, al mio stato d'animo, nessuno aveva mai provato a scalfire quel muro che avevo innalzato, nessuno aveva mai superato quel limite.
Utilizzai la sua stessa tattica.
<< Ieri mi hai detto che hai provato tante volte a lanciare bottiglie in acqua, perchè lo facevi ? >>
Questa volta fu lui a sospirare.
<< Perché era l'unico modo che avevo di sentirmi libero, il mare è l'unica cosa che mi fa sentire libero >>
Rispose con ovvietà.
Mi girai a guardarlo, in poche frasi mi aveva fatto capire che amava il mare, lo diceva il suo abbigliamento, lo dicevano i suoi occhi blu, lo diceva il suo sguardo d'ammirazione verso le onde.
<< Ti sei mai sentito come se avessi qualcosa, che è l'unica cosa in cui credi, l'unica cosa che ti fa sentire al tuo posto, giusto ? Qualcosa che è l'unica cosa a cui aggrapparti, l'hai mai avuta ? >>
<< Mio padre, o meglio, il ricordo di mio padre. >>
Dissi istintivamente, rendendomi conto solo dopo di avergli concesso una risposta, avergli concesso una soluzione.
"Non sa nemmeno il tuo nome ed è già riuscito ad abbattere uno dei tuoi mille muri" Pensai frustrato.
<< Lui.. non c'è più ? >>
Chiese con voce dolce e tono pacato.
Si vedeva che cercava di essere il più paziente possibile, come uno psicologo che ha a che fare con un bambino, parlava con lentezza, quasi avesse paura di una mia reazione improvvisa come quella del giorno precedente.
Ero stufo di rispondere a quel ragazzo.
Ero stufo di ammettere a me stesso che no, lui non c'era più, era su da qualche parte, nel cielo, ancora sulla ARY, ancora a raccontare vecchie leggende da lupo di mare agli angeli.
Ero stufo di questo mondo pazzo, e in particolare ero stufo di quel ragazzo che mandava in confusione tutti i miei piani, tutti i miei punti fissi.
Ero stufo della sua bellezza e dei suoi occhi inquisitori, che cercavano di strapparmi una confessione.
Ero stufo di Louis.
<< Si è fatto tardi, devo andare a casa. >>
Biascicai velocemente alzandomi in fretta.
<< Posso venire con te ? >>
Spalancai gli occhi, nessuno mi aveva mai chiesto di stare con me, nessuno aveva mai desiderato avermi vicino.
Mi girai a guardarlo per l'ennesima volta. Nei suoi occhi c'era speranza, quasi mi imploravano di dirgli di si.
Ma..
<< No. >>
Lui, per nulla sorpreso dalla risposta, sospirò nuovamente.
<< Saprò mai il tuo nome ? >>
<< Può darsi.. >>
Non rispose ma sorrise, e mentre le mie scarpe battevano sull'asfalto e i miei occhi si guardavano attorno osservando il paese in cui ero cresciuto, inaspettatamente lo feci a mia volta.
Perché con quella frase gli avevo fatto intendere, involontariamente, che sarei tornato agli scogli il giorno dopo.
L'avevo invitato silenziosamente a tornare, a riprovare a entrarmi nella mente e leggermi, a riprovare a conoscermi, a sapere il mio nome.
Perché, per quanto mi fosse difficile ammetterlo, la voce di Louis era piacevole, mi piaceva ascoltarlo, mi sentivo a casa.
Le sue parole mi rimbombavano in testa, e quasi desiderai di tornare indietro, di sedermi accanto a lui, sfiorare la sua spalla con la mia, e raccontargli di me.
Ma non potevo, ormai ero come un vegetale, non dovevo affezionarmi alle persone e loro non dovevano affezionarsi a me.
Non avrei più contaminato nessuno con il mio essere sbagliato, il mio dolore.
Non avrei più fatto soffrire qualcuno come avevo fatto con mia madre.
Ed era proprio un mondo pazzo, quello in cui la gente piange talmente tanto da riempire infiniti bicchieri.
Era un mondo pazzo quello in cui le persone attorno a me non avevano espressioni, erano vuote, erano niente.
Era un mondo pazzo quello in cui sorridevo e piangevo allo stesso tempo la notte, perché quel volto era il mio sogno e il mio incubo.
Era un mondo pazzo quello in cui conoscevo fin troppe persone, ma nessuno conosceva me.
Ed era un mondo pazzo, quello in cui avevo un appuntamento, un tacito accordo, con Louis.
Era proprio un mondo pazzo quello, perché per la prima volta, in anni di vita, la parola "amico" mi si insinuò nella mente, facendomi sorridere spontaneamente.


 


LOUIS (_larrysmoments)

Il vento iniziava a scagliarsi contro i miei capelli appena dopo aver abbandonato la scogliera ed il ragazzo dai riccissimi capelli che poco prima aveva sfoderato tutta la sua rabbia ed ostilità nei miei confronti.
Ad essere sincero, male c’ero rimasto eccome, ma nonostante non sapessi niente di lui riuscivo quasi a percepire il suo stato d’animo; come si suol dire, gli occhi sono lo specchio dell’anima e, mentre i suoi si sposavano alla perfezione con il colore delle onde del mare, traspariva tutta la sua angoscia. 
Presi ad affondare i piedi scalzi nella sabbia fredda e bagnata delle onde che non mi facevano sentire solo. 
Mi voltai a guardare verso il mare così grande, così splendente, così 
infinito, e come d’istinto avanzai verso di esso respirando affondo tutto ciò che era la mia anima.
Mi voltai a guardare ancora una volta verso la scogliera quando un sussulto mi colpì improvvisamente, a quel punto capii che tutto ciò che avrei voluto vedere era la sua sagoma in lontananza mentre veniva colpita dallo splendere del sole di quel pomeriggio.
Alle mie domande non faceva altro che rispondere con il suo silenzio, non conoscevo niente di lui a partire dal suo nome, mi sentivo di troppo ogni qual volta era seduto su quello scoglio in silenzio a fissare il voto, a stenti saprei riconoscere la sua voce, ma ciò non mi impediva di provare a strappargli di bocca anche solo qualche sospiro, affatto. 
Mentre con lo sguardo ancora rivolto verso la scogliera, cercavo di immaginarlo mentre con quella sciarpa che gli circondava il collo correva nella mia direzione, qualcosa di freddo sfiorò le dita del mio piede.
Istintivamente mi voltai a guardare cosa fosse, mentre quella strana sensazione mi colpì ancora una volta.
Una bottiglia.
Una bottiglia ? 
Mi chinai affascinato ed anche un po’ spaventato, non volevo che nessuno mi scoprisse, soprattutto quando mi accorsi che conteneva una lettera; non era giusto rubare al mare ciò che gli era stato donato, non era giusto sottrargli segreti che avrebbe potuto conservare in eterno. 
Avevo quella bottiglia in mano e tra le mie dita bagnate la giravo e rigiravo non certo di volerla lasciar andare via.
La scrittura era calcata tanto da trasparire dall’altra parte del foglio avvolto su se stesso, la curiosità iniziava ad aggredirmi molto più di quanto avrei mai potuto immaginare. In fondo sarebbe potuto diventare un segreto che avrei tenuto nascosto insieme a lui, il mio migliore amico, il mare.
Non volli pensarci oltre, asciugai forte quel vetro sulla mia maglietta sgualcita e corsi furtivo verso casa, dove nessuno avrebbe potuto vedermi.


 

È così strano qui senza di te, papà. È strano non sentire più la tua risata, forte e piena, che si scagliava sugli scogli neri quando ti chiedevo perché la ARY non affondava. Tu ridevi, accarezzandomi i ricci da dietro e quando alzavo la testa per cercare una risposta in quegli occhi sapienti ti trovavo con lo sguardo rivolto sempre lì, sempre al mare.
Ricordo che ogni volta rispondevi semplicemente “Perché le sirene la sostengono, Harry”. Io, dalla mia fanciullezza pura, non potevo fare altro che annuire affascinato e sentirmi più leggero, credendoci davvero.
Ho smesso di credere ai tuoi racconti sul mare quando vidi la mamma in lacrime. Pensai che se il mare è fatto di lacrime, non è poi così bello.
Ricordo quando volevi farmi provare a fumare la pipa, ma la mamma si era opposta, allora l'avevi fatto di nascosto. Io però, un ragazzino alle prime armi, ero corso per tutta la casa tossendo e lei ci aveva scoperto.
Quante risate, papà, quando stavamo ridipingendo il muro. “Giallo” avevi detto, “Così la luce del sole sarà più lucente” e ci sporcavamo a vicenda e mi facevi il solletico sui vecchi giornali stropicciati.
Mi manchi così tanto, papà. Sono vuoto, non ho emozioni, sono un guscio senza sostanza. Probabilmente non vorresti vedermi così, vorresti vedermi vivere, vivere davvero. Mi hai sempre insegnato a godermi ogni attimo come fosse l'ultimo, ma ogni attimo è come nebbia, senza te. Non ha colore, non ha odore, non ha consistenza. Sono senza colore.
Mi sono chiuso in me stesso e vivo in automatico. Mangio, bevo, dormo, respiro, ma non ho uno scopo per cui farlo.
Il segreto della vita, Harreh, è trovate qualcosa per cui valga davvero la pena di vivere, qualcosa per cui alzarsi presto la mattina e preparare la colazione, un motivo per combattere.” dicevi sempre. Bhe il mio motivo eri tu, il mio sorriso eri tu, tu eri tutto.
Sai, ieri ho incontrato un ragazzo, si chiama Louis. Ha provato a conoscermi, ha chiesto il mio nome, si è presentato, si è seduto accanto a me, mi ha parlato. Ti sarebbe piaciuto, papà. È davvero bello, ha la tua stessa luce negli occhi e le stesse mani ruvide tipiche di chi tiene i remi tutto il giorno. Forse è per questo che l'ho respinto, non gli ho permesso di guardarmi dentro, ho blindato il muro che mi circonda, non gli ho nemmeno detto come mi chiamo. Non voglio più essere la causa della sofferenza di qualcuno. Eppure qualcosa, dentro di me, mi diceva di sorridergli, mi diceva che anche lui era come me, bello fuori e marcio dentro. A me sembrava così puro e genuino.
Forse lo rivedrò oggi, forse tornerà agli scogli, forse mi riparlerà. In fondo al cuore lo spero.
Mamma dice di stare bene, ma io la vedo, quell'ombra nei suoi occhi, un velo di sofferenza immensa, un velo da cui devo distogliere lo sguardo per non sentirmi schiacciare il cuore.
Mi manchi, papà, a me, alla mamma, a Cora.
L'unico pensiero che mi rincuora è che sei ancora lì sotto, nel mare, quel mare che amavi, quel mare che chiamavi il tuo mondo.
Se credessi ancora alle sirene gli sussurrerei di prendersi cura di te, ma ormai non ha alcun senso.
Ti voglio bene, sempre.
                                                                                                                       Harry


 

Le mani mi iniziarono a tremare, mentre sprofondavo sempre di più con i gomiti sul cuscino del mio letto.
Harry, era questo il suo nome? Non credevo l’avrei scoperto in questo modo, non credevo l’avessi scoperto affatto. 
Mi sentivo uno stupido, un vero idiota per aver pensato anche solo per un istante a lui come un vero stronzo, avrei dovuto capire subito che c’era sotto qualcosa di così profondo e doloroso, non avrei dovuto insistere in quel modo, forse. Ma ammetto che non ero riuscito a trattenere un sorriso appena dopo aver visto il mio nome calcato a penna molto più delle parole restanti su quel foglio.
Alcune lettere erano sfocate ed il foglio macchiato d’inchiostro sciolto da qualche gocciolina d’acqua, o lacrime, probabilmente mai l’avrei saputo. 
Mi sarebbe piaciuto andarlo a cercare, seduta stante, abbracciarlo, stingerlo forte tra le mie braccia cercando di fargli capire anche senza parlare che io per lui ci sarei stato nonostante la sua paura di aprirsi ad uno come me, così simile a suo padre; ma la verità era che, non avevo la minima idea di dive potesse trovarsi. La sua misteriosità era rimasta tale anche in quella lettera che probabilmente terrò sempre con me, per sentire la sua presenza sempre vicina, il mare non ne aveva poi così bisogno.
Scivolai giù dal letto, cercando di infilarla nella tasca dei miei pantaloni rossi che usavo arrotolare appena sopra la caviglia. 
<< Louis devo parlarti. >> una voce mi colpì alle spalle.
Quasi spaventato mi voltai verso la porta della mia camera. << Papà, che ci fai qui ? Non si usa più bussare ? >>
<< L’ho fatto, ma tu sembravi troppo preso nel leggere quella lettera che ascoltare il mondo che ti gira attorno. >>
Odiavo quanto faceva così, non aveva il diritto di dirmi quelle cose. Ma da quanto tempo era qui ? Serrai i denti cercando di trattenermi.
<< Cosa vuoi ? >> 
<< Ho saputo che sei stato di nuovo al porto in questi giorni. >> disse consapevole di avere quell’aria che tanto mi irritava. 
<< Tutto vero. Ed ora, cosa vuoi fare, cacciarmi di casa per caso ? >> 
<< Sai che potrei farlo, ma voglio solamente parlarti. >>
<< Sentiamo allora. >> risposi incrociando le braccia. 
Si schiarì la voce, poi prese ad avanzare verso di me non riuscendo a guardarmi negli occhi.
<< Ho chiamato Paul, tuo zio, vive in Irlanda da un po’ ed è disposto ad ospitarti per qualche mese. >>
<< Che cosa ? >> risposi di botto allibito alle sue parole.
<< Sei diventato pazzo, o cosa ? Io non vado da nessuna parte. >> 
<< Louis hai bisogno di stare lontano da qui per un po’, lo dico per il tuo bene. >> 
<< Per il mio bene, il mio ? No papà, è per il tuo bene, ti aspetti che un po’ di verde e qualche danza mi facciano diventare il ragazzo che vorresti ? >> ciò che scorreva nelle mie vene non era più sangue ma rabbia, frustrazione, tutto ciò che non riuscivo ad esternare.
<< Smettila, smettetela di cercare di cambiarmi, sono stanco di nascondere ciò che sono. >>
<< Nessuno sta cercando di cambiarti, Louis. >>
<< Davvero? Allora dimostramelo. Non ho alcun’intenzione di andare in Irlanda, e niente mi farà cambiare idea. >>
Lui mi guardò per soli pochi secondi, riuscì lo stesso a mettermi a disagio, ma non volevo rinunciare a farmi valere per una buona volta. 
Il silenzio agghiacciante sembrava non avesse fine, nessuno dei due accennava a replicare. Credevo che quella conversazione sarebbe finita appena lui avrebbe varcato la porta scoraggiato, ma consapevole delle mie parole.
<< Bene, credo che sia arrivato il momento che tu vada a vivere da qualche altra parte, allora. >> 
Non riuscivo a credere a quelle parole, erano davvero uscite dalla sua bocca ? Come potevo considerare un essere del genere mio padre ? Harry, si, fu proprio lui il primo che mi venne in mente.
In quel momento invidiai le sue parole, invidiai il suo rapporto così stretto e confidente con suo padre, quello che io non avevo mai avuto.
<< Non puoi cacciarmi di casa, perché sono io che me ne vado. >>

 

Correvo, correvo via da quella situazione, correvo via da quella che era la mia vita con in tasca solo quella lettera. Non mi importava di altro, dovevo cavarmela da solo, dovevo stare lontano da ciò che non era il mio mondo.
Il mio indice premette il campanello, e solo dopo pochi secondi una donna venne ad aprirmi.
<< Buonasera signora, Stan è in casa ? >>
<< Oh, ciao tesoro. No, Stan non è qui, lo avvertirei volentieri, ma ha dimenticato il cellulare. >> si fermò, nel vedere la mia espressione delusa. << Vuoi che gli dica che sei passato, Louis ? >>
<< No, no, non importa. Grazie lo stesso. >> e stringendomi forte nella felpa, come sempre facevo quando il vento mi colpiva impetuoso.
<< è successo qualcosa? Ti vedo turbato. >>
<< Avevo solo bisogno un buon amico con cui scambiare due chicchiere, ma non credo riuscirò nella mia impresa. >>
La donna mi guardò sorpresa. Tutti in paese mi conoscevano e tutti sapevano del mio carattere estroverso si, ma solo quando si trattava di ridere e scherzare; mai mi ero permesso di mostrare la mia tristezza, o le mie debolezze, mai. Non era nella mia natura. Forse era per questo che lei continuava a guardarmi stupita.
Mi voltai tornando sui miei passi, pronto ad addentrarmi nella strada sferrata che si presentava a soli pochi metri di distanza. << Può solamente dirgli che.. vado via. >>
<< Via dove ? >>
<< Ancora non lo so. >>
<< Vuoi scappare ? >>
<< Da questa vita, si. >>
<< Ma non puoi. >>
<< Oh si che posso, devo. Per il bene della mia famiglia, ed il mio. >>
La donna mi guardava sempre più sorpresa e senza parole. << Ora vado. A rivederla. >>
<< Ma Louis, Louis aspetta.. >>
Presi ad aumentare il passo, salutandola con un pizzico di malinconia negli occhi. Non mi fermò, non provò neanche a farlo, mi conosceva bene e sapeva che niente mi avrebbe fatto cambiare idea.
Sentivo il bisogno di scappare, correvo per sentire il vento freddo sul mio viso, per provare la sensazione delle lacrime pesanti che mi rigavano il volto.
Correvo per sentirmi libero.
<< Oops! mi scusi. >> in un netto secondo per terra caddero buste e fogli di ogni tipo, questa donna sembrava fosse capitata apposta sul mio cammino.
Mi piegai, aiutandola a raccogliere ciò che le era caduto, facendo il possibile per asciugare gli occhi, prima che lei potesse vedermi.
<< Vuoi davvero scappare ? >>
Mi bloccai. << Come scusi? >>
<< Vuoi davvero andare via di qui, scappare ? >> domandò. << Credi davvero che andandotene via tutto si sistemerà, che non ti importerà più niente di ciò che hai lasciato ? >>
<< Ma lei chi è? E come fa a sapere tutto questo ? >>
<< Sono solo un’ottima ascoltatrice. >>
A quel punto, ebbi il coraggio di alzare lo sguardo ed osservarla in volto. Era lei, la donna che poco prima aveva attraversato il marciapiede vicino casa di Stan.
<< Io non ti conosco, e tu non conosci me, ma credimi, se scappi un giorno te ne pentirai e ti sentirai quasi in dovere di tornare, anche per un ultimo addio a ciò che in realtà ti è mancato vivere. Ci dev’essere pur qualcosa che ti tiene legato a questo posto. >> disse.
Perché, mi ripetevo, perché la prima cosa a cui ho pensato è stata quella lettera?
<< Come fa ad esserne così sicura ? >>
<< Conosco un ragazzo che ha fatto il tuo stesso errore. Non farlo. >>
La guardai con attenzione, cercando di apprendere ciò che volesse comunicarmi, ma soprattutto dove volesse arrivare.
<< E.. che cos’ha fatto questo ragazzo ? >>
<< è andato via, per lunghi anni. Era distante, era solo. C’è voluto un po’, ma poi si è reso conto che la sua casa era qui, ed aveva bisogno di lui. >>
<< è sicura che l’ha fatto perché lo voleva davvero ? >>
<< Ha avuto il coraggio di andarsene. Non credi se non l’avesse davvero desiderato l’avrebbe fatto? >> spiegò la donna. Sembrava essere toccata nel profondo da questa situazione, sembrava ne facesse ormai parte. << Non è semplice come credi. L’impulsività non porta mai niente di buono. Pensaci bene. >> mi sorrise, un sorriso che credo mai riuscirò a dimenticare.
Forse aveva ragione, questo era il mio mondo, la mia passione, qui c’era la mia felicità, io non volevo davvero scappare da qui.

*

Sharon: Okay, allora innanzitutto mi sento un po' in imbarazzo perchè è la prima volta che parlo direttamente con voi (?) 
Volevo semplicemente dirvi che non avete idea di quanto mi faccia piacere leggere i vostri commenti, positivi o negativi che siano, devo anche ringraziare di cuore quella figona di Nicole che sempre mi incoraggia ed elogia, forse anche un po' troppo. lol ti voglio bene. 
Naturalmente io ho il punto di vista di Louis perchè, come ben sapete non ho avuto scelta lol ma in realtà mi piace tantissimo, anche fin troppo il fatto di dovermi identificare in lui.
Detto ció spero che anche questo capitolo vi piaccia e tengo a dirvi che la colpa del ritardo è stata soltanto mia, ho avuto problemi di connessione e quant'altro. Se lasciate una piccola, piccolissima, minuscola, invisibile (?) recenzione ne saremo felicissime.
Un bacio
- Sharon

Nicole: Hola chicas (?)
Finalmente abbiamo aggiornato, visto che brave ? *Applause*
Allora, ad entrambe non soddisfano i propri punti di vista, ma entrambe troviamo fantastiche il punto di vista altrui.
Insomma, direi che siamo sulla stessa lunghezza d'onda lol
Scusate, scusate l'immenso ritardo, dio voi non immaginate quante paranoie mi sono (ci siamo) fatte, della serie "Oddio, non ci seguiranno più, penseranno che siamo qui a girarci i pollici mentre noi andiamo in panico".
Ovviamente le paure erano (spero) infondate, anche perchè ho visto che il numero di persone che seguono la storia è clamorosamente aumentato, persino dopo l'avviso.*esulta*
Ma veniamo al capitolo..
La canzone è "Mad world" di Gary Jules, e, cristo, io la amo.
Qualcuno di voi ha capito chi è la donna che ha incontrato Louis durante la sua fuga ? 
Ah, mi sono dimenticata di farvi, nel capitolo precedente, una domanda:
Perchè secondo voi ho deciso di chiamare la barca del padre di Haz "ARY" ? 
Bho, sono aperte le scommesse lol
Detto questo, ci sentiamo al prossimo capitolo, che spero di pubblicare con meno ritardo.
Non ho voglia di pubblicizzare niente e nessuno, ma lo farò comunque per il bene di Cilyan (passate da lei, gesù cristo).
Vi lascio il mio Twitter. Per motivi che secondo me non hanno senso non posso seguire nessuno finchè non mi aumentano i followers, ma don't worry: Ditemi "Ciao, sono di EFP" e ve lo giuro, unfollowo qualcuno per seguirvi, perchè di si.
Se ci lasciate una recensione ci fate morire, ma in senso buono c:
Bacioni

- Nicole

  
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