Marzo, 1921.
Nino Tavassi ha messo un grosso biscione d'acqua nel letto del prevosto, il quale si è spaventato come se l'innocuo seprentone fosse stato una vipera ed è corso fuori dalla canonica urlando e chiedendo aiuto. Uno scherzo di cattivo gusto e tutto sommato stupido, specialmente di questi tempi, che però ha fatto il giro del paese in un lampo, suscitando nella maggioranza dei paesani la medesima reazione: cal fioeu lì l'è propi un oss da mort!*
Fioeu perché il Nino Tavassi effetti ha solo diciassette anni ed è il figlio più piccolo di un operaio vedovo. A quindici anni il padre lo ha mandato a fare il garzone di bottega da un pasticciere milanese ma il Nino è tornato dalla grande città dopo neanche un anno, più spaccone di prima e per di più socialista. Ufficialmente il suo ritorno è dovuto al cambio di gestione della bottega ma la leggenda vuole che il padrone l'abbia sopreso con la moglie. Un racconto credibile: il minore dei Tavassi è belloccio (avendo ereditato i colori chiari e i capelli ramati della madre), ha la lingua lunga e un buon carattere.
Ma a volte non gli gira giusta dentro quella sue testa, e allora inzia a fare troppo le scherzatore**, e qualche volta capita anche che vada a pungere la persona sbagliata (come Vittorio, che gliel'ha giurata) o che lo scherzo gli sfugga di mano.
* Quel ragazzo è proprio una testa di. Dal dialetto lombardo.
** Chi prendere spesso in giro gli altri, sopratuttutto in modo sarcastico o esagerato. Idem come sopra.