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Autore: The Cactus Incident    23/11/2012    8 recensioni
Stavo suonando con tutta me stessa per scaricarmi e non pensare a per quale cazzo di motivo non mi parlava se era stato lui a cominciare, quando la mano bianca e ossuta di Jimmy si posò sul mio polso che si muoveva freneticamente.
Alzai di scatto la testa, nervosa e lo trovai a mostrarmi un sorriso tranquillo che contagiava anche quelle iridi così azzurre nascoste dietro gli occhiali.
“Faccio troppo rumore?” “Non abbastanza da coprire quello del tuo cuore che si spezza e sanguina”
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sch chapter 26


Margareth P.O.V.

“Allora Brian, siediti qua, così, bravo. Comodo?” dissi sarcastica e lui sorrise, mentre si posizionava fra le numerose candele. “Occhio a non bruciarti, eh. Non vogliamo ripagarti per nuovo, visto che non lo sei”
“Mi sento una macchina usata se dici così!” rispose lui, divertito.
“Pensa ad una Porche usata, su”
“Bella merda….”
“Ti presento Billy” Dissi mostrandogli il teschio che avevo in mano. “Billy sarà il tuo compagno”
“A Zack quella gnocca di Gena e a me una testa di morto?!”
“Che ci vuoi fare, pensa che Jim s’è ritrovato i ragni e Christ i piccioni, t’è andata bene”
“In effetti….” constatò osservando il teschio ancora nella mia mano.
“In più reciti come un cane, quindi non potevamo farti fare niente di più”
“Ehi!” fece offeso.
“Senza offesa, eh” Gli tirai Billy e lui se lo rigirò un po’ fra le mani, osservandolo.
“Ma mica è un teschio vero?” Forse meglio non dirgli che fra le mani aveva il trisavolo di Wayne….
“No, tranquillo, è di plastica”
“Fatto bene però, sembra vero…” disse osservandone i denti.
“Allora, bando alle ciance. Non devi far altro che guardare il teschio e seguire le istruzioni di Wayne, chiaro?”
“Cristallino”
“Bene”
Wayne arrivò e in una ventina di minuti girammo la scena, senza problemi.
Andiamo, avrebbe potuto farla anche un bambino (ma Ryan il fattorino no di certo).
Smontato tutto, passammo a quella di Christ, all’esterno.
Tutto bene, se non si conta il fatto che uno dei piccioni bianchi ammaestrati era morto in volo. Era stato orribile: un momento prima volava tranquillo e spensierato e quello dopo si spiaccicava contro un muro, per poi andare al suolo.
Stavo guardando i resti del piccone morto sul set, adagiati in una scatola di scarpe, quando sentii due braccia calde e muscolose avvolgermi la vita; il petto di lui aderire alle mia schiena. Riconobbi le mani grazie al tatuaggio sul dorso e il mio battito accelerò per la sorpresa più che gradita.
Chinò il viso suo mio orecchio e mise un leggerissimo “Sorpresa”, sfiorando il mio lobo con le labbra.
Mi voltai nelle sue braccia, mettendogli una mano dietro la nuca e una su un braccio lo baciai passionalmente. Era troppo che non lo vedevo, il mio gigante.
Trevor era un aitante californiano Made in San Diego, alto un metro e novantaquattro, con due spalle larghe e muscolose, qualche tatuaggio di cui uno di uno zombie che sembrava un quadro ad olio su una mano e un tirapugni con delle rose al lato del collo che mi faceva semplicemente impazzire.
Aveva gli occhi cangianti che quel giorno erano verdissimi, i capelli corti, neri e scombinati e un sorriso dolcissimo e strafottente, perennemente divertito che sembrava quasi prenderti in giro.
Si, ci separavano trentuno centimetri di differenza, ma fanculo, mi piaceva troppo.
Mi separai dalle sue labbra e gli sorrisi.
“Ti amo, lo sai?”
“Meno male, altrimenti mi sarei fatto due ore e mezza di macchina senza un motivo” Mi baciò ancora e di nuovo. “Ah, e per la cronaca, ti amo anche io” aggiunse dopo un po’ e io lo baciai ancora una volta.

Stacey P.O.V.
Quando arrivai, tardi come sempre, la mia attenzione fu attratta quasi subito da un energumeno che stringeva Meg fra le braccia. Ah Trevor. Cazzo, era abominevole quell’uomo….
E poi era Matt quello enorme, eh?
C’era da dire che erano dannatamente carini e dolci. Si lanciavano degli sguardi dolcissimi (fra un controllo delle tonsille e l’altro, certo).
La mia attenzione fu attratta dal mio omaccione senza maglietta che si sbracciava per salutarmi, come fanno i bambini al parco, per farsi vedere dalle mamme mentre vanno sullo scivolo.
Sorrisi divertita e lo salutai con un gesto della mano. Sembrava volesse raggiungermi, ma doveva girare la sua scena.
Per un attimo tornai a guardare la coppietta felice, ma fui distratta dallo scricchiolare di una mascella che conoscevo pure troppo bene.
“Brian! Mai pensato a un po’ d’olio? La tua mascella cigola” dissi guardando il chitarrista, poco distante da me con una faccia da funerale inaspettato.
“Cos..? Ah, ciao Sty, ok” Non aveva sentito un cazzo, come al solito. Seguii il suo sguardo e mi resi conto che fissava convulsamente quei due che si scambiavano effusioni.
Gli poggiai una mano su una spalla e mi guardò.
“Brian, che ti prende?” fece una faccia afflitta e abbassò lo sguardo.
“Io no, è che…… devo andare” e si dileguò, urlando il nome del suo batterista come se non ci fosse un domani.
Ma che diamine…..?
Bah.
“Stacey!” “Woh Zack” e fui distratta dalle chiacchiere del chitarrista e dalla sua voglia di ripassare un paio di tatuaggi un tantino sbiaditi.

Margareth P.O.V.
Stavamo girando la scena di Zack e Gena. JD al mio fianco osservava in religioso silenzio insieme a me.
Io fumavo distrattamente guardando si e no lo schermo davanti a me.
Avevo voglia di andare in albergo da Trevor. L’avevo spedito via da poco, perchè era davvero stanco e adesso avevo voglia di raggiungerlo.
Beh, erano le quattro di mattina e ancora non avevamo finito.
Era l’ultima scena della giornata, Christ se n’era già andato e Matt che puntava nella nostra direzione credo avesse le stesse intenzioni. Si avvicinò a Stacey e le mostrò un sorrisone abbagliante. La riccia al mio fianco non rispose, semplicemente sorrise anch’essa e si dileguarono bofonchiando appena un “ci si vede domani”.
Di fianco mi arrivò Jim che con una faccia assurda mi fece un inchino e parlò con un tono assurdamente ridicolo.
“Signorina, permette questo ballo?” Mi piazzai la sigaretta fra le labbra e poggiai la mano sulla sua. Dopo tre secondi, ci rendemmo conto che non sapevamo nemmeno come si mettessero le mani.
“Ma come cazz…? Jim sei un imbranato”
“Eh beh, meno male che ci sai fare tu, eh” Vidi una mano poggiarsi sulla spalla di Rev e seguii con lo sguardo il braccio tatuato fino ad individuarne il proprietario.
Brian, con una faccia leggermente scocciata, scansò l’amico con uno “Scusa eh” e si posizionò davanti a me, stringendomi con una presa sicura e poi piazzandosi la mia sigaretta, quasi al termine, fra le labbra.
Si portò la mia mano su una spalla, posò la sua nell’incavo della mia schiena facendoci più vicini e fece un sorriso divertito.
Dopo uno sguardo cominciò a ballare trascinandosi dietro me in modo sinuoso ed elegante come se fosse un grande ballerino. Beh, era bravo e stava facendo ballare me che in coppia mi muovevo come un grillo zoppo.
 “Dove hai imparato?”
“Sorpresa, eh? Sono un gentleman, io” disse convinto.
“Seh, con quale dito?”
“Quello medio” fece ovvio.
“Oh, capisco”
Continuammo a ballare per un po’ e andò tutto alla grande, fin quando non ebbe la brillante idea di farmi fare una piroetta per poi lasciarmi la mano di qualche centimetro. Un giramento di testa dovuto ad un calo di zuccheri e alla stanchezza mi fece perdere l’equilibrio.
Esclamai chiaramente un “Ok, cado” prima di tirare una culata al suolo. Mi ritrovai seduta sul cemento levigato, ridendo. Brian si accovacciò osservandomi preoccupato, mentre tirava l’ultima boccata alla sigaretta e poi la tirava via lontano.
“Ti sei fatta male?”
“Nah, sto bene”
“Dai, andiamo a sederci” mi prese la mano e mi tirò sopra. Andammo nel suo camerino e ci buttammo sul divanetto verde, uno di fianco all’altro.
Si spaparanzò chiudendo gli occhi mentre io mi girai di lato e poggiai la testa su un gomito puntato sullo schienale, osservandolo.
Era così diverso da come l’avevo lasciato. Anche caratterialmente era un po’ cambiato, sembrava sorprendersi di meno, ma fare le stesse stronzate, se non di più.
Gli anni erano passati e lui non era cresciuto, anzi, era diventato ancora più sbruffone, ma sembrava apprezzare di più le piccole cose.
Aprì uno degli occhi perfettamente truccati e poco dopo anche l’altro.
“Sei molto stanca” fece guardandomi.
“Abbastanza, non ho avuto il tempo di riposare”
“Ah no?”
“No, sono da poco tornata dal Galles, ho avuto a che fare con i Bullet For My Valentine” Sorrise distrattamente.
“Pure io, sono simpatici”
“Molto, anche se hanno quel detestabile accento…”
“La lingua che strascica non ce l’avrà mai nessuno come noi californiani” e tirò sopra i pugni, come una sorta di gesto di esultanza per poi lasciarli cadere mollemente.
“Nemmeno gli italiani scherzano”
“Uhm, forse. Li adoro ai concerti! Saltano, ballano e cantano dall’inizio alla fine” fece esaltato.
“Hanno dei buoni polmoni per stare dietro a Shad” feci io sorpresa.
“Credo proprio di si”
Rimase un po’ in silenzio.
“Il tuo ragazzo è molto… alto” disse poi.
“Un po’”
“Un po’ tanto. E’ più alto di Jim?”
“Si, di un centimetro o due…” risposi io scrollano le spalle.
“Wow…. E io che credevo ti saresti messa con un nano”
“Io credevo che tu ti saresti messo con un’altra ragazza. Quanti anni sono che stati insieme tu è Michelle?” scrollò le spalle, scazzato.
“Troppi, mi sa che la lascio”
“E’ dal liceo che lo dici, lo sai?” feci divertita.
“Lo so, ma fa dei pomp… meglio non parlarne con te, và”
Sentii un leggero brivido e vidi l’immagine e la frase sovrapporsi ad un’altra di molti anni prima.
“Ehi, ho avuto un deja vù”
“Probabilmente ne avremo già parlato quando gli anni che stavamo insieme io e Mich avevano una sola cifra”
“Sono dieci anni?” feci scandalizzata, no, mica erano così tanti.
“Era per dire, non credo…. spero di no, cazzo!”
“Devo chiedere a JD, più o meno state insieme da quando stanno insieme lei e Matt, giusto?” Scosse la testa distrattamente e semi disperato.
“Da prima, se non ti ricordi…. facevamo tira e molla già prima che Stacey si trasferisse da Orlando” fece scocciato.
 “Cazzo” Emisi sorpresa, mica lo ricordavo.
“Già” bofonchiò e chiuse gli occhi, poggiando di nuovo la testa quasi contro il muro.
Mi avvicinai e presi a disegnare il suo profilo con la punta delle dita, fermandomi soprattutto nel tratto fronte- punta del naso. Volete far dormire Haner? Ecco il trucco. Parte in tempo record.
“Oh Meg, avrei proprio bisogno di una dormita” fece divertito strascicando le parole, segno che stava già partendo.
“Si vede….” Aprì gli occhi di scatto, già diventati leggermente rossi e mi mise le mani in vita, facendomi sedere sulle sue gambe. Rimasi interdetta a quel gesto: non era mai stato troppo espansivo con me, perdeva troppo tempo a chiamarmi “cesso” o simili per poter fare una cosa del genere.
Dopo meno un attimo d’imbarazzo, calcolai quanto era comodo e mi poggiai col gomito sulla sua spalla, riprendendo a tracciare il suo profilo, ma stavolta lui aveva gli occhi socchiusi e mi guardava con un sorriso dolce.
Dio Haner quanto sei bello…..
Oh cazzo. No, momento, cos’è che ho appena pensato? Haner?! Bello?!?! Oh cazzo.
Lui continuava a guardarmi con quelle spettacolari pozze color cioccolato, talmente liquide e dolci da potervisi perdere….
Perché continuo a parlare così di Haner?
“Perché te ne sei andata” Sospirò ad un certo punto, ma non era una vera domanda, era parecchio retorica.
Sospirai e non risposi, perdendomi a fissare un punto casuale del suo viso.
“Sono passati tanti anni… sono cambiate molte cose, sai?”
“Ad esempio?”
“Io” aggrottai leggermente le sopracciglia, guardandolo negli occhi.
“Non così tanto come credi”
“Oh si, invece, e anche tu, solo che non te ne rendi conto”
“Ho solo perso un po’ l’abitudine” mi giustificai.
“Oh, capisco… Che ne pensi se qualche volta usciamo? Io e te da qualche parte a bere birra e ridere delle coppiette come ai vecchi tempi”
“Brian, non abbiamo più quindici anni, lo sai?”
“Diamine se lo so…..”
Rimanemmo ancora un po’ così, in silenzio, e ci addormentammo entrambi.
Continuai a dormire con la testa poggiata sulla sua spalla fin quando il suono della sirena non annunciò che le riprese erano finite e la porta del suo camerino si aprì di colpo, facendoci sobbalzare.
Era Michelle. Mi lanciò un’occhiata al vetriolo mentre mi stiracchiavo e mi sollevavo dalle gambe di Brian.
“Abbiamo finito” annunciò la bionda, guardandomi malissimo.
“Dai forza, è pure ora di andare. Diamine Bri, sembri uno zombie” dissi sistemandomi i capelli.
“Perché non ti sei vista tu, Kitty”
“Fanculo, Haner”

Quando il taxi fermò davanti al mio albergo erano le sei del mattino.
Arrivai fino in camera, mi spogliai e mi buttai sul letto, stringendomi all’imponente figura di Trevor che dormiva beatamente.
Mi svegliai parecchie ore più tardi, sola nel mio letto. Erano quasi le due del pomeriggio, era anche plausibile che Trevor fosse andato a fare come minimo due pasti.
Difatti sul comodino trovai un suo biglietto.
-Visto che è l’una e che stai ancora dormendo direi che hai saltato anche il pranzo. Non preoccuparti, sono in giro con alcuni miei vecchi amici. Quando ti riprendi, chiamami. Trevor *cuoricino*
PS: non credertela per il cuore, l’ho fatto solo perché mi piace il modo in cui bofonchi il mio nome mentre dormi-
Sorrisi distrattamente mentre gli scrivevo un messaggio col cell. Mentre scavavo nella valigia per trovare qualcosa da mettere, il mio cellulare avvisò che era arrivato un nuovo messaggio.
Subito mi precipitai, sorpresa del fatto che Trevor avesse sentito subito il cellulare (spesso e volentieri viveva nel suo mondo più di me).
Difatti non era Trevor, era Brian. Possibile che avesse ancora lo stesso numero? E io che ero convinta che l’avesse cestinato. Perchè quando si diventa famosi è sempre così: la prima cosa che fai è cambiare numero telefonico.
-Mi sono fatto dare il tuo nuovo numero da Wayne. Non ti dispiace, vero? Ma certo che no.
Io pretendo ancora la nostra uscita. Fammi sapere.
Ah, comunque sono Brian-
Mentre prelevavo un’enorme T-shirt dei Lakers dalla valigia (maglietta che mi era costata tante di quelle occhiatacce e battutine dal mio ragazzo, accanito tifoso dei San Diego States) chiamai Brian.
“Pronto?”
“Haner! Sono a sua disposizione”
“Uh, bene” fece in tono malizioso e mi spaventai.
“Signor Gates, da quando mi parla con questo tono?”
“Sssh, era per dire, sei sempre la solita tappa cessa”
“E tu sempre il solito coglione. Almeno il tuo culo è ancora pallido come me lo ricordo o ti sei lampadato e tatuato pure quello?”
“Nah, bianco sempre come le tette che non hai mai avuto”
“Eh no caro mio, quelle mi sono cresciute, non puoi dire il contrario” feci afferrando un paio di shorts di jeans.
“Okok, lo ammetto, hai messo su un minimo di davanzale. Allora, ci stai ad uscire con me?”
“Anche subito, devo mangiare”
“Ancora non hai pranzato?”
“Non ho nemmeno fatto colazione” Sghignazzò divertito.
“Nemmeno io”
“Perfetto! Sei a Los Angeles?”
“Sure, baby” disse convito.
“Allora passa al Plaza fra una mezz’oretta. Il tempo di farmi una doccia”
“Non mancherò” e riattaccò prima di salutare.
Classico di Haner, mai una volta che chiudesse una chiamata in modo decente.
Buttai il telefono sul letto e m’infilai in bagno con i vestiti puliti in mano.
Dopo una bella doccia di cui avevo decisamente bisogno, un filo di eyeliner con un po’ di ombretto viola chiaro sfumato in modo figo sugli occhi, matita sotto, un po’ di piastra per gestire quel frangettone malefico. Mentre afferravo la borsa e gli occhiali da sole, squillò il telefono della stanza, avvertendomi che un certo Brian Haner mi stava aspettando alla reception.
Maglietta grigia enorme dei Lakers con lo scollo che avevo fatto io con un paio di forbici in una giornata troppo calda, shorts di jeans mezzi sfilacciati, converse basse e nere con un paio di scritte, parecchio vissute, borsa color vinaccia e i miei spettacolari occhiali a caramella sul naso.
In pratica non avevo un minimo di senso, sembrava che mi avesse vomitato addosso l’armadio, come al solito.
Brian aveva un cappellino con la visiera stranamente girata in avanti, un paio di Ray Ban a goccia con le lenti a specchio, un bermuda grigio pieno di tasche, una maglietta a caso della Syn Gates Clothing e un paio di discutibili infradito di gomma.
Si gente, Brian Haner vive di infradito, ancora un po’ e li userebbe pure per fare i concerti.
Personalmente, abolirei volentieri quegli orrori, sia per donne che per uomini.
Appena mi vide, mi sorrise da dietro gli occhiali da sole e dopo un mezzo abbraccio ci dileguammo per le strade di Los Angeles per cercare un posto in cui mangiare.
Alla fine ci ritrovammo in un ristorante cinese a mangiare pollo alle mandorle, involtini primavera, tempura e gelato fritto.
“Il pollo è meglio di quello che ho mangiato in Cina, diamine” fece convinto Brian.
“Sei stato in Cina?”
“Si, l’anno scorso, un paio di date. L’anno prossimo dovremmo tornarci”
“Figo! A me l’Asia manca ancora. In compenso mi sto girando Europa e Africa del nord in lungo e in largo”
“Ah si?”
“Si, molte pop star esaltate vanno matte per il deserto o gli scenari arabi e quando sono pieni di soldi, ci tocca fare quello che dicono”
“Dev’essere un bel lavoro il tuo” disse convinto.
“Tu ti conosci, Haner, pensa avere a che fare 365 giorni l’anno con gente esaltata trecento volte più di te, piena di soldi, patinata più di una copertina di Playboy e che si crede in cima al mondo”
“Improvvisamente concerti annullati, teatri che ti cadono addosso e intervistatori che vogliono sapere pure quanti peli hai in culo non mi sembrano poi così male….”
Risi distrattamente.
“Dai, non parliamo di lavoro…. Come te la stai passando?”
“Al momento alla grande, il cd è una gran figata… Oh, a proposito, questo è per te” Mi porse la custodia di plastica in cui c’era un cd vergine su cui, con un pennarello blu era scritto “Avenged Sevenfold”. “E’ una copia in esclusiva. In totale ne sono state diffuse nove per il momento: una a testa per noi della band, una per la nostra casa discografica, una per il manager, una per Valary e una per te”
 “Wow… grazie! Appena posso lo ascolto”
“Figurati, ci tenevo che lo avessi. Hai sempre avuto un’anteprima, prima dell’uscita ufficiale, non volevo interrompere la tradizione” Sorrisi e infilai il cd nella borsa.
“E quindi nuovo cd, nuovi capelli..”
“Ti piacciono?” fece passandosi una mano sulla nuca. Non era da molto che aveva abbandonato i capelli lunghi per quel nuovo taglio che dava l’impressione che avesse messo le dita nella presa della corrente.
“Molto, ci stai davvero bene”
“Anche tu stai alla grande con la frangetta… e questo colore.. Wow, non pigliarmi per culo se inizialmente non ti ho riconosciuto”
“Ma dai, certo che ti piglierò per culo!”
“Ehi! Qualche anno fa non eri così, mentre adesso…. porca miseria, sei uno schianto, Meg!” Sbottò convinto e io rimasi interdetta.
“Haner”
“Si?”
“Mi stai sul serio facendo un complimento?”
“Si, ma non ti ci abituare” Scrollai le spalle.
“Va bene, però questa è una data da ricordare”
“Ok, segnatela pure. Ehi, però dopo il cinese andiamo a farci una birra, vero?”
“Assolutamente si”
Mentre mettevo del tempura nel mio piatto, buttai l’ennesima frecciatina.
“A quando le nozze che Michelle?” Brian rischiò di strozzarsi e cominciò a tossire. Dopo un paio di pacche e qualche sorso d’acqua, sembrò riprendersi.
“Macchè, scherzi? Io quella non me la sposo nemmeno se mi pagano”
“Gates, state insieme da prima che Jim scoprisse la marijuana” alzò al testa e mi guardò.
“Adesso non esageriamo” fece serio.
“Ok, in effetti sto esagerando… Però state insieme da una vita, da prima che esistessero i sevenfold, cazzo! Se non ti decidi a lasciarla, finirete in breve al matrimonio” sgranò gli occhi e si passò una mano sul viso.
“Mio Dio…. dovrei decidermi. Il problema è che non ci riesco”
“Perché?”
“Perché….. perchè te lo spiego un’altra volta, uhm? Io adesso voglio il gelato fritto. Quando si muovono?”
Gli lasciai sviare il discorso, forse non ne voleva parlare al momento e lo capivo.
Finito il gelato fritto, Brian attaccò una storia sul pagare lui il conto e non avendo voglia di battibecchi inutili lo lasciai pure fare.
Usciti da lì mise un braccio sulle mie spalle, stingendomi a sé e si guardò attorno. Gli occhiali che pendevano dallo scollo della maglietta.
“Allora, tesoro, birra time?”
“Direi di si, Synyster”
“Ok, alla ricerca di un bar!”

Passammo un bel pomeriggio, come non ne passavamo davvero da anni e fu bello tornare adolescenti per un pomeriggio. Scherzare e ridere, seduti in modo scomposto su una panchina con i fan che lo fermavano e qualcuno che sperava che fossi la sua nuova ragazza. A quella domanda ci guardammo e scoppiammo a ridere.
“No, tesoro, lo conosco troppo bene per mettermici insieme” feci tranquilla, ma finii anche io nelle foto di quelle ragazze col loro idolo.
Quando ci lasciarono in pace, tornammo a sederci e lo guardai.
“Quando avevamo quindici anni questo non succedeva”
“Ehi, vuoi mettere tutte le ragazze che mi correvano dietro?” gli tirai una pacca sulla spalla che lo fece sbilanciare da sopra la panchina.
“Adesso non esageriamo, uhm? Ok che ti venivano dietro delle povere orbe, ma mica così tante come ora”
“Ma ci pensi a quanta gente vorrebbe scoparmi? E’ fantastico!” fece esaltato e io feci una smorfia.
“Io lo trovo quasi raccapricciante, ma vabbè” dissi scrollando le spalle e lui mi liquidò con un gesto della mano.
“Andiamo, chi non vorrebbe scoparmi?”
“Io” sentii una sorta di punta allo stomaco come se avessi detto una bugia e pensai seriamente di essere sul punto d’impazzire.
“E Zack” aggiunsi dopo un po’ con una faccia di sufficienza.
Lui alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Si guarda, tolti voi due, il resto della band e probabilmente, JD e la mia famiglia, il resto del mondo vuole scoparmi”
“Certo, Micheal Jackson non aspetta altro che infilarsi sotto le tue lenzuola. Oh, e occhio a Marilyn Manson, ce l’ha la faccia da maniaco da strani giochetti a letto”
La faccia raccapricciata di Haner fu epica. Probabilmente si era visto piegato a novanta, legato e imbavagliato, mentre il grande Manson lo frustava con un frustino da fantino o qualcosa di simile.
“Mio Dio, da questo momento in poi se mi troverò in situazioni imbarazzanti con un’erezione impertinente, saprò come rimetterla al suo posto senza bisogno di andare in bagno”
“Oh, direi che è un bene, no?”
“No, decisamente no. Se la prossima volta che scopo mi salta in mente quella scena, sappi che ti riterrò responsabile di un’eventuale cilecca” Aggrottai le sopracciglia.
“Non oso immaginare come poi me la faresti pagare” il sorrisetto depravato che dipinse le sue labbra non mi fece presagire nulla di buono.
“Oh, tranquilla che qualcosa la troverò… in un modo o nell’altro”
“E questo che mi preoccupa”
“E fai bene”




Eh-ehm v.v
Saaaaaaaaaaaalve! :D
Ed ecco questo nuoooooooooooovo capitolo v.v
Avrei una notizia non esattamente felice da darvi….
Questo è l’ultimo capitolo COMPLETO che ho ._.”
Il ché vuol dire che se non comincio a pregare per il ritorno dell’ispirazione, sto co i cazzi .-.
Ho qualche spezzone sparso qua e là e una mezza idea per il prossimo chap, ma bohhh DDD:
Non uccidetemi, vi prego c.c me vi vuole bene <3
A proposito di questo…. IO VI AMO. Si, voi lì, quelle otto recensioni dello scorso capitolo *-*
Ah, siete fantastiche, ragazze, sul serio!
ABBIAMO SUPERATO LE 100! *-* è la prima volta che mi capita :’) sono emoZZionata *v*
Bene, adesso mi dileguo :3
Bye bye
The Cactus Incident
  
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