Love
save the pain.
Lonely
day.
1 Aprile 2008 LA
Ore: 12:30 am.
Bella’s
Pov
“Fanno
trenta dollari Bella” Annuisco e porgo i soldi alla
fioraia. Lei in cambio mi da le rose bianche. Sono trentuno, come ogni
anno,
come ogni volta, come sempre.
Sono già passati sedici anni, ed io non me ne sono resa mai
veramente conto.
Il
tempo.
Quando
non vuoi vola, come una piuma, come la vita. Ti
scivola via dalle mani, senza che tu te ne renda davvero conto. Il
tempo è
denaro dicono.
Sì è prezioso, veloce, bello, brutto, grande,
piccolo, buono,
cattivo.
Il tempo che ci fa compagnia, anche se pensiamo di essere
soli, quando in realtà nessuno è mai realmente
solo. Soltanto l’anima rimane
sola.
A volte credi che la vita sia una merda, ma poi ti fermi un
attimo a pensare e dici ‘no è molto
peggio’. Esistono i giorni solitari, dove
credi che nessuno potrà aiutarti, se non la fonte del nostro
dolore.
Che se anche fa schifo, prima o poi dovrà migliorare. Che
non ci può essere costantemente tristezza immutabile nella
nostra vita, nel
nostro tempo.
Spesso ci chiediamo se sperare sia la via d’uscita. Io credo
solo che sia buon intenditrice degli illusi. Ho sperato per almeno nove
anni,
ma non è successo niente.
Tutto è rimasto esattamente come prima. Freddo, triste,
immutabile.
Il dolore rimane lì, non diminuisce ma diventa
più grande,
potente. La sua forza arriva al punto di espandersi in tutto il corpo,
è
letale, ti annebbia, ti possiede. Ed è quando arrivi a
questo punto che è
davvero finita. Io non ci sono ancora arrivata, ma non manca poco.
Le mie lacrime scendono, copiose, veloci, senza comandi.
Scendono e basta senza che io decida. Sono stanca di piangere, di
soffrire.
Vorrei solo una via d’uscita, una soluzione per stare almeno
un po’ meglio, un
appiglio per dire ‘c’è l’hai
fatta’.
Apro la porta della cantina e prendo il mio telo giallo. Era
arancione una volta, poi si è schiarito con la salsedine e
forse anche con le
lacrime. Arrivo a riva e lo sistemo più vicino al mare delle
altre volte.
Mi siedo e attacco il mio I-Pod. Parte Lonely day.
Such
a
lonely day (E’ un giorno così solitario).
And it's mine (Ed è mio)
The most loneliest day of my life ( il giorno più solitario
della mia
vita)
Such a lonely day (E’ un giorno così
solitario).
Should be banned (Dovrebbe essere bandito)
It's a day that I can't stand (E’ un giorno che non
riesco a sopportare)
The most loneliest day of my life (Il giorno più solitario
della mia
vita)
The most loneliest day of my life (Il giorno più
solitario della mia vita)
Such a lonely day (E’ un giorno solitario)
Shouldn't exist (Non dovrebbe esistere)
It's a day that ill never miss (E’ un giorno che non
mi mancherà mai)
Such a lonely day (E’ un giorno solitario)
And it's mine (Ed è mio)
The most loneliest day of my life (Il giorno più solitario
della mia
vita)
And if you go (E se va via)
I wanna go with you (Voglio venire con te)
And if you die (E se muori)
I wanna die with you (Voglio morire con te)
Take your hand and walk away (Prendere la tua mano ed andare
via)
The most loneliest day of my life (Il giorno più
solitario della mia vita)
The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life
Such a lonely day (E’ un giorno solitario)
And it's mine (Ed è mio)
It's a day im glad I survived (E’ un giorno di cui sono
contento di essere
sopravvissuto). Sussurro.
Non mi ero mai realmente resa conto
della verità in queste parole. Ho sempre avuto il difetto di
non ascoltare mai
veramente delle canzoni. Poi un’immagine, immaginaria, spunta
d’avanti ai miei
occhi. Da bambina ricordo che i primi
giorni che lui non c’era più, mia
mamma
mentre mi faceva il bagnetto piangeva. Un giorno mi ero arrabbiata e le
avevo
chiesto ‘ e adesso chi mi mette il profumino?’ e
poi entrambe eravamo scoppiate
a piangere.
All’epoca era solamente una bambina. Me ne stavo li a
piangere, guardandolo mentre andava via. Vedevo mia madre, che ogni
volta era
in ansia. Vedevo il mare e mi rassicuravo, non capendo quanto stessi
sbagliando.
Mi sono sempre chiesta il perché. Mi sono
sempre detta che a
tutto c’è una spiegazione razionale. Crescendo,
andando avanti col tempo, ci ho
riflettuto. Ho cercato di trovare qualcosa di logico in questa vicenda,
e non
ci sono mai riuscita.
Dicono che quando dio ci crea, lo fa per una scopo. Il mio
scopo è quello di piangere sempre.
Piangere perché sei felice dopo tanto tempo.
Piangere perché vorresti avere di più.
Piangere perché non sai combattere il dolore, allora piangi,
ma con le lacrime e i singhiozzi non si risolve niente. Sono
nata per non risolvere niente piangendo.
Mi fa schifo tutto questo. Non lo reggo tutto questo dolore
mi serve una strada diversa da intraprendere.
Ed eccomi qui, come ogni anno il mio essere cambia. Per
qualche ora torno la ragazza insicura, che piange, che non sa nemmeno
come si
chiama. Che pensa, pensa, pensa e non risolve, ma si procura il triplo
del
dolore che prova giornalmente. Siamo nati per essere distrutti, non per
distruggerci.
Poggio la mia testa sul telo, e chiudo gli occhi. Sperando
che sia un incubo. Sperando che torni bambina, dove i miei problemi
erano
acconciare i capelli delle bambole.
**
“Torni
a lavoro tra un po’?” mi chiede mia mamma, che mi
abbraccia e mi accarezza la spalla. Scuoto la testa. Oggi Edward ha
lavorato al
mattino con Carlisle. A volte al pomeriggio mi capita di andare in
ufficio lo
stesso, per fare qualcosa, ma oggi proprio non riesco. Poi mi ricordo
che devo
vedere Alice. Credo che le chiamerò.
Ogni anno. Non esco mai durante questo giorno. Perché il mio
stato d’animo è troppo visibile. Mi chiederebbero
tutti ‘ ehi come stai? Che
succede?’ e francamente il mio umore non è dei
migliori per parlare con la
gente, meno che con mia madre.
“So. Che è difficile. Doloroso e fa anche un
po’ paura. Ma
amore mio così non andiamo da nessuna parte capisci? Lui non
vorrebbe vederti
così.” Ammette mia madre con la voce flebile come
uno spago sottilissimo che
potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.
Scoppio a piangere tra le sue braccia.
Forse non dovrei farlo. Certamente così soffre di
più. Ma è
come l’istinto, incontrollabile.
Lei mi stringe forte, come se potesse aiutarmi. E sono certa
che anche lei sta piangendo.
Ricordo che i primi giorni si chiudeva in bagno a piangere.
Ricordo che mi sorrideva debolmente e mi diceva ‘
tornerà’. Ricordo che quando
qualcuno passava a trovarci mi chiedeva sempre di andare a giocare, in
quei
momenti, mi nascondevo per ascoltare i discorsi dei grandi.
Piangevano, ricordando tutte le volte che faceva sorridere
la gente. Ricordando che quando la gente vicina di casa era senza
denaro, lui
tagliava il pesce della giornata e lo divideva per i più
bisognosi. Ricordando
quanto si sentiva inutile quando c’era brutto tempo e non
poteva fare niente
per guadagnare denaro.
Ma nonostante tutto sorrideva. Per lui era sempre okay,
qualunque cosa gli sarebbe accaduta lui faceva finta che andava tutto
bene,
facendoci credere che era sempre felice.
I miei ricordi sono sfumati, a volte credo di immaginarli.
Avevo solamente sei anni. Non ricordo il suono della sua voce, ricordo
solo che
sorrideva e giocava con me e mi voleva bene. Ricordo che me lo ripeteva
sempre
‘ sarò sempre fiero di te. Sei la mia vita. Ti
voglio bene piccola mia’. Questo
lo ricordo. L’essenziale per capire che lui per me ci sarebbe
sempre stato, che
mi voleva bene.
Sono sempre stata una ragazza solare, ma ci sono frangenti
nella vita che almeno per un po’ ti fanno cambiare. Come il
cubo ogni umano ha diverse
facce, caratteri diversi, due mondi uno diverso dall’altro,
ma l’anima, quella
è solo una.
Mi sento come un pesce fuori dall’acqua. Mi sento sola in un
deserto. Ed è sbagliato, perché mia madre non
vorrebbe mai che io pensassi di
essere sola. Sciolgo l’abbraccio
con mia madre e salgo in camera mia. Il tempo
di varcare la soglia che il cellulare inizia a vibrare.
Alice.
“Pronto Bella?”
“Ciao Alice. Scusa ma non riesco a venire non sto molto
bene”.
“Oh mi dispiace. Io tra due giorni torno a Seattle. Mi
sarebbe piaciuto passare del tempo con te” Mormora afflitta.
“Facciamo domani Okay? Tanto lavoro solo al mattino. Ti
chiamo io dopo pranzo”
“Okay Bella a domani” Stacco il telefono e lo butto
sul
letto. Mi avvicino allo specchio e oggi sono irriconoscibile. I miei
capelli
sono tutti attaccati alla fronte, forse per il sudore, forse per le
lacrime. I
miei occhi sono cerchiati neri, e i miei occhi non sono mai stati
più spenti di
così. Sembro una trent’enne. Sbuffo e prendo dei
vestiti puliti. Una tuta larga
e comoda andrà più che bene. Entro in bagno,
metto il tappo nella vasca e apro
l’acqua. Mi spoglio con lentezza assurda e quando la vasca
è piena mi immergo
dentro. Appoggio la schiena e la testa e lascio andare le mie lacrime.
Non so cosa la vita ha riservato per me.
Non so se questo dolore cesserà mai, se resterà
con me fino
all’ultimo dei miei giorni.
So solamente che ne vale la pena.
Per avere un contatto imaginario con lui ne
vale la pena.
Afferro il mio pacchetto di sigarette appoggiato alla vasca
e ne accendo una.
**
Apro
gli occhi. Mi sento congelata dentro. L’acqua è
diventata gelata, non so per quanto tempo sono rimasta qui dentro.
Spero solo
che sia mattina, spero che quel giorno. Così tanto freddo e
solitario sia
andato via, aspettandomi per il prossimo anno.
Alzo la testa e guardo la radiosveglia appoggiata nel
lavabo.
06:00 pm 1 Aprile 2008.
“Ti piacerebbe” Mormoro a me stessa. Prendo
l’accappatoio,
mi ci avvolgo e mi dirigo in camera. Nel corridoio sento dei mormorii,
e a meno
che mia madre non sia diventata come me, che parlo da sola, qualcuno
è venuto a
farci visita. Forse Jake.
Mi vesto velocemente, lasciando i miei capelli bagnati.
Scendo le scale e trovo Edward seduto nel mio divano a parlare con mia
madre.
“Ehm ciao” dico una volta sceso l’ultimo
gradino.
“Tesoro Edward è passato per parlare con te. Ma tu
eri su e
gli ho chiesto se voleva aspettarti qui”. Mormora mia mamma.
Le sorrido e
sorrido anche a lui. Non sapendo dove abbia trovato la forza. Mi
avvicino a
Edward e mi siedo con lui. Mia madre si scusa andando in cucina, un
modo per
lasciarci da soli.
Reené si è sempre chiesta come mai, io non abbia
mai avuto
un certo tipo di approccio diverso con i ragazzi, oltre Jacob che
comunque è
omosessuale.
Non mi ha mai detto niente di spiacevole al riguardo. Ma è
sempre mia madre, non è di certo normale che a ventidue anni
io non sono mai
stata con un ragazzo.
E adesso dopo, tanti anni, in cui guardavo un ragazzo e
non
riuscivo a provare niente se non simpatia. Mi ritrovo incantata a
guardare
Edward che si passa una mano nei capelli e mi guarda, come se volesse
dirmi
qualcosa ma non ci riesca, sono questi i momenti in cui vorrei
baciarlo. Vorrei
tenergli la mano, coccolarlo fino a tarda notte, vedere anche uno
stupido film
con lui, fare anche una lotta con i cuscini, inviargli messaggi con
testi
casuali e stupidi, giocare con i suoi capelli, ridere con lui a
crepapelle fino
a non respirare più, voglio andare ovunque con lui e magari
litigare per cose
futili. Ma lo voglio. Lo desidero, provo qualcosa di assolutamente
nuovo. Solitamente
l’ignoto ci spaventa, ma invece sento che può
cambiarmi, ed io lo voglio con
tutta me stessa. Come se non ci fosse via d’uscita, come se
fosse l’aria che
respiro. E’ ormai fondamentale. Forse è presto, ma
sta di fatto che mi è
successo e non ho intenzione di ripensarci.
“Volevo sapere come stavi. Oggi non sei venuta, non era il
tuo orario di lavoro ma solitamente vieni lo stesso. Poi Alice mi ha
detto che
non sei riuscita ad uscire con lei perché stavi poco bene.
Io mi chiedevo se-”.
“Apprezzo molto Edward. Davvero” mormoro
interrompendolo.
Annuisce e ancora una volta i nostri occhi si incontrano.
I
suoi sono verdi, ma non a effetto cartone animato, sono puri. Hanno
quell’essenza che ti fa credere di immaginarli, ma sono
profondi, estremamente
profondi.
“Guardiamo un film?” gli chiedo dopo un
po’ dato che non
accenna ad andarsene. Lui annuisce e io mi alzo dal divano.
Gli porgo la mano e lui l’afferra prontamente. Solitamente
in un giorno come questo, se Edward fosse un altro lo avrei mandato via
a
calci. Avrei imprecato in greco e avrei mandato a fanculo mia madre
senza
apparente motivo. Invece no lui è diverso, con lui
è stato sempre diverso, è
stato dal primo giorno una scoperta. Sento che stare accanto a lui, mi
trasforma, mi devasta e mi fa sentire, anche se per pochi attimi,
intera. Se
rido con lui è perché ho voglia di farlo. Se lo
guardo lo faccio con interesse.
Se lo bacio lo faccio perché in quel momento, la ragione o
l’istinto mi dicono
che è giusto così. Perché se provi
qualcosa di nuovo, di sconosciuto, bisogna
fare quello che sentiamo, perché se non lo facciamo
rimarremmo per sempre con
il dubbio.
“Ehm Edward ti va di rimanere a cena?” ci
interrompe mia
madre a metà scala. Ci fermiamo un attimo e
la nostra stretta si scioglie immediatamente.
Lui guarda mia madre
e le sorride. Poi guarda me, non sapendo cosa rispondere, io gli
annuisco,
qualsiasi cosa volesse dirmi.
“La ringrazio molto Reené” mia madre gli
sorride e va in
cucina.
“Mi sa che dovremmo aspettare per il film” lui
annuisce e
scendiamo le scale.
Ci sediamo vicini sul divano e ci guardiamo.
“Allora. Come va?” gli chiedo per spezzare il
silenzio
imbarazzante.
“Bene. Alice tra pochi giorno andrà
via” mormora dispiaciuto.
“Le vuoi molto bene” ammetto.
“Non si può non volergliene. Lei è una
persona stupenda, a
volte invadente, a volte precipitosa, ma è semplicemente
così. Credo che lei
sia stata creata per far sorridere la gente, per portare un
po’ di luce nella
vita degli altri” mentre parla di sua sorella, noto
un’illuminazione nei suoi
occhi, deve essere molto importante per lui.
Non ho un fratello né una sorella, quindi non so cosa si
prova ad avere dei rapporti del genere. Ma mai nessuno che parlasse di
sua
sorella o del fratello, ne ha mai parlato così. Lui ne parla
come se gli
dovesse la vita.
“Lei per me è fondamentale” ammette.
Annuisco e gli sorrido.
Quando ho conosciuto Alice ne sono rimasta estasiata. E’
così dolce che sembra
finta, è davvero un tornado. Infatti quando mi ha chiesto se
volevo passare un
pomeriggio con lei, ho accettato subito.
La cena è pronta e ci sediamo tutti e tre a tavola. Ci sono
degli stuzzichini di pasta sfoglia con prosciutto e formaggio.
C’è del pesce
marinato, patate al forno e delle cotolette di carne e due tipi diversi
di
insalata. Speriamo che gradisca.
“Edward non sapevo cosa ti piace, quindi ho fatto un
po’ di
tutto. Speriamo non sia un fiasco” dice mia madre.
“Stia tranquilla. Apprezzo molto la sua gentilezza”.
Iniziamo a mangiare, e la cena procede in silenzio. Io come
sempre finisco prima di tutti. Ho mangiato una cotoletta e le patate.
Edward
invece ha assaggiato un po’ di tutto. Mia madre come sempre
ha preso solo del
pesce.
Aiuto mia madre a sparecchiare e ad impilare i piatti per
poi metterli nella lavastoviglie.
Prendiamo posto in salotto e mia madre offre un po’ di crema
di caffè ad Edward. Dopo qualche oretta va a letto.
“Tua madre è molto gentile e ospitale”
sussurra
meravigliato.
Annuisco e accavallo le gambe.
“Allora lo vediamo questo film?” gli
chiedo. Lui annuisce e
come poco prima saliamo le scale.
“Allora. Horror, azione, drammatico, commedia
o…”
“Va bene Horror” mi interrompe. Prendo Orphan e lo
inserisco
nel lettore DVD. Lui intanto guarda la mia stanza.
“Ti piace tanto la musica mh?” mi chiede sorridendo.
“Si. Senza musica non siamo niente in questo mondo, la
musica serve per migliorarlo dato che l’uomo lo sta
distruggendo”. Ammetto
chinando il capo e guardandomi i piedi. Tutto ad un tratto mi sento
imbarazzata, come se Edward stesse violando la mia privacy. O forse ho
solo
paura del suo giudizio fuori l’orario di lavoro.
“Metallica, System of a
down, Led Zeppelin, Guns n’ roses, AC/DC, Scorpions, The
doors. E
innumerevoli album dei Queen, certo che ti tratti bene eh?”
scoppia a ridere,
anche se io non ci trovo niente di divertente gli sorrido,
perché il suo
sorriso mi contagia, perché quando sorride, anche se per
pochi secondi, mi fa
dimenticare tutto ciò che c’è di
negativo nella mia vita.
Il
suo
sorriso è come la musica.
Mi
trasporta in un mondo migliore.
Mi
fa
sorridere.
Mi
fa
sentire spensierata.
Mi
fa
sentire un’altra persona migliore.
E
quando qualcosa ti fa bene, ti fa sorridere, devi
provarla, assaporarla e conoscerla.
Il film parte ma noi non lo guardiamo. Continuiamo a parlare
di musica. L’argomento migliore.
“Edward chi è George?” gli chiedo di
punto in bianco. Ma me
ne pento subito, notando il dolore che si è impossessato dei
suoi occhi.
“Era. Era un mio amico. Il mio migliore amico. La persona
migliore che io avessi mai conosciuto, era come un fratello”
ammette con la
voce roca. Vorrebbe tanto piangere me lo sento. E dato che la giornata
non è
stata delle più belle una lacrima solca il mio viso. Lui mi
guardo
corrucciandosi, poi si addolcisce, ma nella sua espressione e nel suo
sguardo c’è
ancora dolore.
Mi accarezza il viso e avvicina il suo. La sua guancia si
appoggia alla mia e la sento umida. Mi scappa un singhiozzo.
“Non adesso” sussurra. Ci abbracciamo e iniziamo a
singhiozzare.
**
Taaaaaaaaaaadaaaaaan.
Allora scusate se vi
ho fatto aspettare tanto, ma tra mio
figlio, la fine della saga ç____ç e ask.fm che mi
fa perdere sempre tempo, non
ho scritto in questi giorni.
Bene spero che vi
piaccia, e recensite in tanti! C:
A presto Roby.