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Autore: Circe    24/11/2012    2 recensioni
La battaglia non va per il verso giusto, gli Horcrux sono stati distrutti e la bacchetta di Sambuco non funziona a dovere. Il Signore Oscuro improvvisa quindi una ritirata tattica per non venire definitivamente sconfitto. Insieme a lui solo Bellatrix, la persecuzione dell'amore, un problema da affrontare e il potere da riconquistare.
E la storia ... si ripeterà.
Seguito di “Sgáth, che significa oscurità”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di luna: l'oscurità totale'
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Il suo bacio: Bellatrix

Impiegai diverso tempo per riprendermi. Passarono ore prima che quella sensazione di folle inconsapevolezza di una gioia tanto sfolgorante quanto intensa, lasciasse il posto alla comprensione che quell’evento, tutto d’un tratto, tutto in un momento, era davvero accaduto.

Quasi non mi pareva possibile.

Guardavo il buio intenso davanti ai miei occhi, lo sconfinato nero del cielo che si confondeva, nell’ora più intensamente buia e silenziosa, con l’oscurità della natura immersa nella notte. Era tutt’uno quel paesaggio, gli alberi, la terra fredda e scura, il cielo nero, quel colore, quell’aria pungente ed elettrica, tutto sembrava avvolgermi.

Mi sfiorai le labbra con due dita della mano sinistra, lentamente.

Sollevai lo sguardo verso le stelle invisibili, cercavo quei puntini luminosi che disegnavano il cielo, ma la nebbiolina copriva tutto sotto una coltre vaga e solo la luna riusciva a brillare, seppur opaca, in alto nel cielo.

Ero sola, il mio Signore ed io non ci eravamo detti una sola singola parola dopo quel momento di unione così profonda, ma anche tanto immediata e fuggevole. Forse non sarebbe successo più, forse non avrebbe ammesso ancora un gesto simile. Ma nonostante i silenzi, nonostante il suo carattere, nonostante ciò che non vorrà mai ammettere di sentire, io sapevo che era vero, che lo sentiva anche lui… nonostante non volesse ammetterlo, né lo avrebbe ammesso mai. Sapevo che era amore, che era naturale e che sarebbe continuato in eterno.

Perché io lo amavo e lo amavo appassionatamente. E lui… lui anche.

Anche se così non sembrava, io avevo imparato a conoscerlo, a sondare la sua anima oscura e violentata, misteriosa e crudele, spietata.

Io e solo io.

Feci qualche passo attraverso quel balcone diroccato, mi avviai verso la stanza vuota all’interno, inondai i polmoni dell’aria oscura e fredda della notte e rientrai chiudendo le alte finestre della torre. Mi buttai letteralmente sul letto poco lontano, la luce della luna entrava dalle finestre fendendo la notte e bruciandomi gli occhi: li coprii con il braccio sinistro, avvicinando il marchio nero al mio viso. Sentivo il pizzicore del pizzo della manica solleticarmi la pelle, il tessuto lungo e largo sui polsi scendere dolcemente fra i capelli sparsi.

Nel buio totale potei ripensare a quei momenti. Ripensai alle parole, ai movimenti e ai toni che fecero divampare l’incendio:

“Mio Signore, potete ascoltarmi? Posso parlarvi ancora?”

Ero tornata all’attacco sulla pietra di sangue, continuavo a non capire le sue intenzioni, continuavo ad avere paura, in qualche modo, che lui stesso temesse per la sua vita e che volesse preservare Sgath.

Io senza di lui sarei morta: di paura, di dolore, di solitudine, d’amore. Dovevo quindi sapere, non potevo restare nel dubbio di poterlo perdere, che mi abbandonasse ancora una volta, ma definitivamente.

Lui sapeva, sapeva tutto; e se dunque temeva, avrei dovuto temere anch’io, se invece mi ero sbagliata, e quella pietra aveva un altro significato, non avrei avuto paura di nulla e di nessuno, perché lui sarebbe stato con me.

“Mio Signore, vi prego, spiegatemi perché avete voluto preparare quella pietra e mi avete ordinato di darla all’erede.”

A questa domanda iniziò a prestarmi attenzione, non si voltò verso di me, ma smise di interessarsi a ciò che stava facendo per ascoltarmi, dunque insistei subito:

“L’avete fatta perché potesse metterci in comunicazione in qualche modo con l’erede… dovesse succedere qualcosa. Ma cosa dovrebbe succedere? Cosa temete, mio Signore?”

La voce mi tremava: non volevo sapere la risposta, eppure la pretendevo. E anche il fatto di pretendere qualcosa da lui… non è facile.

Si voltò di scatto verso di me, io indietreggiai d’istinto vedendo i suoi occhi fiammeggianti di rabbia, ma non volli smettere di domandare.

“Non crederò mai che voi temiate di essere messo in difficoltà di qualsiasi genere da quel ragazzo maledetto. Non è vero, non è questo, vero, mio Signore?”

Lui avanzava verso di me, ad ogni passo il suo manto nero frusciava leggermente e il pallore del suo viso aumentava per la collera. Sentivo man mano il suo corpo avvicinarsi al mio, lo percepivo sempre, come se fossimo legati, come se vibrassimo all’unisono io con lui, lui con me.

“Non dovresti nemmeno averle certe idee, Bella.”

“Ma… mio Signore, voi stesso, il vostro comportamento…” non riuscivo a proferire frase di senso compiuto, non riuscivo a comunicargli che il suo stesso modo di fare mi faceva impensierire.

“Non pensare, non dire, smettila.” mi ripeté di nuovo, fermo davanti a me.

Qualcosa a quel punto si ruppe in me, qualcosa come una infinita quantità d’acqua che improvvisamente rompe gli argini che la tenevano ingabbiata dentro da troppo tempo, e inonda tutto ciò che la circonda, veloce, irruente, violenta. Parlai di nuovo, quasi urlai.

“No, mio Signore, non posso smettere di chiedere: ho paura, ho paura che mi lasciate sola di nuovo, voglio sapere cosa provate, perché agite in questo modo con Sgath, voglio sapere…”

“Stai zitta, ti ho detto!” mi interruppe di nuovo con furore, con veemenza. Qualcosa però lo frenava dal comportarsi come al solito: non mi prendeva, non mi scuoteva e non mi faceva male.

Non mi importava più di nulla. Insistei.

“Mio Signore, ditemi perché, voglio sapere perché…” il ritmo della conversazione era concitato, le frasi brevi, veloci, agitate; i respiri velocizzati, pieni di ansia, le voci acute.

“Ditemelo, mio Signore! Vi prego.”

Non piangevo, ero troppo convinta di voler sapere ormai, ma non andai più avanti, non mi uscivano più parole. I nostri sguardi si incrociarono velocemente, nei suoi occhi vedevo il fuoco della rabbia e della passione.

Sentii il mio respiro fermarsi improvvisamente, forse insieme al suo, o forse no. Per alcuni istanti ci fu un silenzio strano, pieno di tensione potente, sia dei muscoli che della mente, tensione di frasi non dette né mai accennate, di sentimenti taciuti e sensazioni negate, di violenza inaudita e di terrore lacerante.

In quel momento ebbi la consapevolezza improvvisa, nitida, vivida e violenta che mi avrebbe baciata.

Non disse un altro “taci” non mi disse di stare zitta, non mi punì, né urlò. Scese verso di me con rabbia, piegandosi velocemente, senza lasciare tempo e spazio a nulla, nemmeno ad un fuggevole pensiero. Non voleva che chiedessi o aggiungessi nulla, non sopportava di sentirsi porre nuovamente quelle domande che odiava, era troppo convinto della sua risposta per potermi mentire. Voleva fermarmi e lo fece in maniera sorprendente.

Sentii solo le sue labbra avvolgere le mie, bagnarle con passione e violenza.

Non feci in tempo a chiudere gli occhi, a perdermi subito in quel bacio… lo feci qualche istante dopo. Lui non lo fece mai.

Sentii la sua lingua fra le labbra penetrare e penetrare sempre di più, per poi stringersi e congiungersi alla mia, lottare in maniera violenta, sempre più violenta, per conquistare il predominio di quel bacio appassionato e sfrenato.

Lo sentii spingere, avvicinarsi a me, dominarmi ovunque; lottammo ancora con violenza, in quel singolo sublime bacio per il predominio dell’amore, e vinse ancora lui, nonostante tutto, nonostante la sua terribile avversità. Lui, che muovendo le labbra fra le mie con una tale passione violenta, risultava assolutamente irraggiungibile.

Mi piegai al suo volere, ai suoi movimenti duri e lascivi, forti e spietati, avvolgenti e arroganti. Mi piegai alle sue dita fredde che improvvisamente strinsero il mio viso, prima sul collo poi sulla guancia, toccandomi e volgendomi a suo piacimento, ancora e ancora.

Non fu un bel bacio, fu il suo bacio.

Non volevo finisse. Invece finì… dopo tanto, immenso tempo.

Guardai i suoi occhi smarrita, estasiata, fragile e felice.

Lui era più stupito di me: fissava i miei occhi e respirava affannosamente ancora vicino al mio viso. Senza dire una parola si voltò verso l’uscita e mi lasciò sola nella stanza buia.

 

……………………………………….

 

Note:

Finalmente, dopo che Bella ci sperava fin dalla prima ff, ecco che è arrivato il bacio!! Ormai era doveroso farli baciare questi due, anche se sono rimasta col dubbio di farlo accadere o non fino ad alcuni mesi fa…

Ciò significa che questa ff sta volgendo al termine, soprattutto per quanto riguarda la storia dei due protagonisti, perché il finale sarà dedicato ad altri personaggi (anche se ancora non so bene come si svolgerà in pratica) e sarà di pochi capitoli.

Spero che dopo tanta attesa il capitolo non sia stato una totale delusione… fatemi sapere! L’ho organizzato in maniera esattamente uguale al capitolo di Sgath in cui i due fanno l’amore per la prima volta: Bella è sola e ricorda gli avvenimenti appena accaduti.

Grazie a tutte

Circe

   
 
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