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Autore: thembra    24/11/2012    1 recensioni
“Ok ok mi spieghi come diavolo ha fatto a sfuggirti? È ferita si regge in piedi per miracolo ha due vertebre del collo scheggiate un polmone mezzo collassato e perla miseria Steve, probabilmente avrà indosso ancora la tunica dell’ospedale, quella che ti lascia chiappe al vento quindi ti prego, illuminami e dimmi Come. Diavolo. Ha. Fatto. A. scapparti. Da. Sotto. Al. Naso!!”
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Il tardo sole serale non era che una scia dorata che evidenziava i contorni dei vulcani dietro ai quali stava tramontando accentuando il contrasto fra il ricco verde degli alberi e quello più chiaro dei prati o il nero della roccia lavica e il cielo. Le nuvole in cielo sembravano bianco gregge di pecore in marcia verso l’ovile dell’orizzonte.
 
Questo era il panorama che si vedeva dall’ampia vetrata delle porte del terrazzo della semplice villetta a schiera della famiglia di Jake Park.
Seduta al tavolo del salotto il sorriso entusiasta della vedova Park dovuto alla gradita visita di Daniel Williams, si spense velocemente nell’udire la notizia che l’ex partner di suo marito le aveva portato.
 
“Come è in ospedale, ma sta bene?!?”
“Si non preoccuparti Jenna, siamo qui perché…”
“Oddio è tutta colpa mia!!! Santo cielo avrei dovuto dirle di smetterla invece di…”
 
Il pianto di disperato rammarico della donna si sfogò sulla spalla del figlio adolescente che la sorreggeva consolandola con mille baci sulle tempie e carezze sulla schiena.
 
“Di che parli Jen? Che vuoi dire?”
 
Vedendo che il pianto della madre non accennava a diminuire Lucas, l’uomo di casa ora, prese parola rispondendo in vece della madre.
 
“Dopo che papà fu ucciso Tia venne a casa chiedendo di poter entrare nello studio di papà. La vidi prendere una scatola di latta, tipo quelle dei biscotti, ed uscire. Dopo aver salutato la mamma se ne andò.”
“Che c’era dentro quella scatola?”
“Non lo so, tre giorni dopo ritornò e ci chiese se per caso era venuto qualcuno a fare delle domande o se avevamo notato visi nuovi nel quartiere, se avevamo l’impressione d’essere pedinati o robe così…mamma rispose di no ma si spaventò e si fece dire il motivo di quelle strane domande.”
“Si…Tia disse che non dovevamo preoccuparci ma…notai che quel giorno non camminava bene e…insomma sigh..Jake la prendeva sempre in giro perché si vestiva in maniera troppo provocante secondo lui…jeans corti e magliette niente si sconcio ma, Danny tu conoscevi Jake no?”
“Si, era uno piuttosto all’antica, ti mettevi le maniche corte e per lui eri nudo…”
 
Quel ricordo strappò ad entrambi un piccolo sorriso, il buon Jake non era vecchio, ma all’antica.
 
“Quel giorno invece, e quelli successivi indossava sempre abiti a maniche lunghe e pantaloni, e…un giorno lo vidi…”
“Che cosa?”
“Fu la quarta volta che venne a farci visita, Jake era morto da un paio di settimane, stavamo chiacchierando del tempo mi pare, lei si scusò per andare in bagno e pochi attimi dopo mi ricordai che avevo lasciato accesa la piastra per i capelli in camera da letto, corsi per andare a staccarla e passando davanti alla porta del bagno notai che era socchiusa, vidi l’interno per caso, lei era di schiena ma l’angolazione dello specchio mi mostrò il livido che le bollava l’avambraccio, lungo bluastro, verde al centro….feci finta di niente ma…”
“Io no…”
 
Lucas interruppe sua madre lasciando che si abbassasse a sedere sul divanetto in pelle accanto a loro.
 
“Glielo chiesi.”
“Cosa?”
“Come facesse ad avere tutte quelle ferite, chi era che la picchiava cosa diavolo le stava succedendo, lei se ne andò e da allora non è più venuta.”
“Da quanto tempo non la vedete?”
“Sei giorni circa.”
 
Danny si portò una mano alla tempia schiudendo gli occhi facendo mente locale.
 
 “Ha pestato la coda a qualcuno…”
“Questo qualcuno ha cercato di intimidirla ma lei non ha ceduto perciò sono passati alle maniere forti..”
 
Chin aveva centrato il nocciolo della questione.
 
“Il problema quindi ora è scoprire cosa abbia scoperto.”
“Ma se non sappiamo dove vive né cos’abbia preso dallo studio di Jake non abbiamo alcun elemento su cui lavorare…”
“Io lo so dove abita, forse…”
“Lo sai Lucas?”
“Si…l’anno scorso veniva a prendermi a lezione di judo se papà non poteva, mi ha portato nell’entroterra un paio di volte…un posto isolato ma carino…”
“Sapresti arrivarci?”
“No, abbiamo fatto quello stupido gioco dei sensi…”
 
Steve si fece attento.
 
“Gioco dei sensi?”
“Si, quando andavamo in gita con papà spesso veniva anche lei…e una volta saliti in macchina facevamo questo gioco, per capire la mia capacità di orientamento, insomma mi bendavano e chiacchieravano di tutto e di niente per tutto il percorso, poi quando arrivavamo mi chiedevano se sapevo dove ci trovavamo, se indovinavo mi guadagnavo il dolce altrimenti lezione extra di karate…”
“E come te la cavavi a questo gioco?”
“Ho ottenuto la cintura nera con due anni di anticipo rispetto ai miei compagni!”
 
Faceva schifo insomma, sbuffando Steve guardò Danny che aveva dipinta in volto un’espressione simile alla propria, quella visita anziché dare risposta ai loro quesiti aveva svelato nuovi misteri.
 
“Però mi ricordo che dal terrazzo della casetta si vedeva benissimo un faro …”
“Ce ne sono a decine sull’isola…”
“Si, ma aveva il tetto rosso.”
“Il punto di Makapuu! Sulla costa meridionale quindi, Chin vai al quartier generale e cerca di trovare tutto quello che puoi su questo posto, io e Daniel ci dirigiamo lì, appena puoi dacci le coordinate giuste.”
“Ok capo…”
“Bene, andiamo, signora Park, Lucas, grazie mille per il vostro aiuto…”
“Di niente, spero solo che le indicazioni di mio figlio siano giuste e…vi prego aiutate quella ragazzina, è tanto cara e Jake l’amava come una figlia…”
“Non preoccuparti Jenna, ciao Lucas, grazie mille, ci vediamo presto!”
“Ciao Danny.”
 

 
 
Che pace.
Sospirando Kono scandagliò attentamente per l’ennesima volta i monitor della stanza d’ospedale accertandosi del fatto che fosse tutto in ordine.
Il primario del reparto se n’era appena andato dopo averla rassicurata del fatto che era normale che dovesse ancora riprendere conoscenza dal momento che probabilmente erano giorni che la poverina non dormiva e che lo stress del post incidente doveva averla lasciata esausta.
Le aveva cambiato personalmente la flebo e cambiato la bocchetta nasale del respiratore visto che quella precedente sembrava darle noia.
 
“È una ragazza molto sana e forte in un paio di settimane starà benone…”
 
Le parole del dottore le avevano tolto un peso e immediatamente aveva scritto un messaggio a Danny che immediatamente le aveva risposto dicendole dei loro piccoli progressi scusandosi nuovamente per averla mollata all’ospedale.
 
Chin l’aveva chiamata poco dopo per avvertirla che sarebbe venuto a darle il cambio, lei aveva rifiutato la cortesia dicendogli di andare a casa a riposare visto che aveva attraversato praticamente tutta l’isola mentre lei in tutto il giorno era rimasta ferma e tranquilla e a parte un po’ di intorpidimento alle gambe dovuto al star sempre seduta  non era per niente stanca e poteva sopportare benissimo un turno “all day” come lo chiamavano loro.
Dieci minuti più tardi le fu recapitata nella stanza dell’ospedale una busta take away del suo sushi bar preferito.
 
Erano da poco passate le due di notte quando il suo telefono, vibrando, spezzò l’armonia della nottata.
Immediatamente lei, che stava contemplando il cielo notturno fu in piedi sull’uscio della porta per rispondere.
 
“Novità Kono?”
“Ciao Danny, no, dorme ancora ma il dottore ha detto che è stabile …voi avete scoperto qualcosa?”
“Qualcosa è dir poco…senti, per telefono non posso dire niente ci vediamo fra poco…”
 
La mora rimase a fissare il suo palmare confusa dalla  poca loquacità del collega, che avesse avuto così tante cose da dirle da non riuscire a  farlo per telefono?
Scuotendo la testa sbottò una risata riappoggiando il cellulare sul comodino ai piedi del letto.
Le scappò uno sbadiglio e fu presa da una voglia improvvisa di caffè. In fondo al corridoio aveva visto un distributore di bevande ma era troppo lontano e lei non voleva correre alcun rischio, se fosse passata un infermiera le avrebbe chiesto di portargliene uno altrimenti avrebbe resistito fino all’arrivo di Steve e Danny.
 
“Ah…nhn…”
 
Gl’improvvisi lamenti di Tia cancellarono ogni pensiero di caffè.
 
“Tia?”
 
Improvvisamente il corpo di lei incominciò a sussultare, gli occhi chiusi del viso mostravano agitazione, le labbra serrate paura o rabbia ed i pugni stretti convulsamente attorno alle lenzuola sembravano dovessero dilaniare la stoffa da un momento all’altro tanta era la forza con cui stringeva.
 
Probabilmente stava avendo un incubo, significava che stava per svegliarsi e tornare lucida.
Meglio così.
 
Senza perderla di vista Kono si sedette a vegliarla. Fra le sue mani quella pallida e graffiata di Tia.
 
 

 
 
 
“…no?”
“…Hey…come ti senti?”
 
Sorridendo Kono scosse leggermente la mano di Tia, gli occhi scuri velati ancora dal sonno brillavano dei primi raggi di luce che l’alba nascente rifletteva dalle finestre.
 
“…be-bene…”
“Sono felice, Danny sarà qui fra poco. Probabilmente vorrà farti alcune domande…”
“Immagino…ohi…il collo…”
“Vuoi un altro cuscino?”
“Non ne vo-glio proprio, potresti togliere anche quello che ho?”
“Volentieri…”
 
Sorridendo l’agente si sporse verso la paziente e con dolcezza sfilò il cuscino da sotto la nuca. Gli si strinsero occhi e cuore nel vedere gli sfregi, probabilmente provocati dalle unghie di qualche bastardo, che le rigavano la pelle sotto all’attaccatura dei capelli.
 
“Grazie…”
 
Kono scosse la testa lanciando il cuscino sull’altro letto della stanza prima di tornare a guardarla.
 
“Quant’ho dormito?”
“Praticamente tutto il giorno e la notte da che ti hanno portata qui ieri mattina…”
“…”
“Era da molto?”
“Nh?”
“Che non dormivi intendo…”
“Oh, un paio di giorni, credo…”
“I medici dicono che starai bene…”
“Grazie a Daniel…alla Five-O, non fosse stato per voi a quest’ora probabilmente sarei…”
 
Istintivamente Kono aumentò la presa sul palmo della mano di lei per farla tacere.
 
“Non pensarci ora, piuttosto dimmi, come mai non hai cercato di metterti in contatto con noi prima?”
“Era pericolo-so…lui sa, mi teneva d’occhio, ho dovuto…fingere che non me ne importasse niente, continuare la farsa finchè…”
“Finchè?”
“Ha capito e…” la voce della poliziotta ferita si incrinò d’improvviso, probabilmente per quello che stava per dire, per quello che aveva passato e l’odio e la rabbia che provava. Aveva una bella voce anche quando piangeva notò Kono, una voce forte e pacata che per nulla perdeva la sua melodia neanche quando i singhiozzi la spezzavano. “… li ha mandati da me…”
“Chi?”
 
Chiuse gli occhi lei come a voler cancellare da davanti agli occhi immagini troppo brutte e spaventose. Una singola lacrima le sfuggì dalle palpebre e Kono notò due cose fra tutto.
La forza con cui Tia si stava mordendo il labbro per non cedere e dar voce al pianto e la maniera convulsiva con cui inconsciamente aveva serrato le gambe.
 
Dentro di lei crebbe un nodo d’odio profondo.
 
Due colpi alla porta precedettero una voce.
 
“Heylà si può?!”
 
Scattando come una molla Kono si girò in tempo per vedere entrare Danny e Steve, dietro di lei Tia girò il viso verso la finestra asciugandosi le guance rigate di sale.
 
“È sveglia?” Danny per precauzione abbassò la voce, Kono tornò a guardare la presunta dormiente, esitando sulla risposta.
“…”
“…si, sono sveglia, di cosa volevate parlarmi?”
 
Lentamente si voltò e con non poca fatica si mise a sedere, prima di puntare lo sguardo su Danny però, rivolse una debole occhiata a Kono, supplicandola di…l’agente della Five-O sorridendo annuì.
 
“Vado a prendermi un caffè…”
“Ti accompagno…”
 
Steve la seguì fino infondo al corridoio chiudendo alle sue spalle la porta della stanzetta contenente i vari distributori di bevande e snack.
 
“Si è svegliata da molto?”
 
Mentre premeva il pulsante del caffè nero senza zucchero, Steve spezzò il silenzio, dopo aver estratto il bicchiere Kono glielo porse  rispondendo tranquilla.
 
“Poco prima dell’alba e a parte un paio di incubi ha dormito tranquilla tutto il tempo…”
“Siamo stati in un posto ieri sera, probabilmente casa sua o il suo rifugio.”
“Rifugio?”
“Io e Danny crediamo che l’agente Tia Lakua e Jake Park fossero sotto copertura da mesi oramai.”
 
Mentre stava per pigiare il pulsante della sua bevanda Kono si bloccò improvvisamente, realizzando una cosa importante.
 
“Mesi? È impossibile capo, siamo su di un isola, i poliziotti qui li conoscono tutti, lavorare in incognito per così tanto tempo è impensabile alle Hawaii…”
“Infatti…ma se ci pensi solo nei giri neri come la prostituzione il gioco d’azzardo o robe del genere…”
“Dove vuoi arrivare?”
“Metti caso che fossero giunte delle segnalazioni di transazioni sospette dalla Banca di Honolulu e che Jake e Tia fossero stati messi ad indagare sul caso…”
“Nell’alta finanza guardano il tuo conto in banca, non la faccia…”
 
Steve annuì finendo di bere il suo caffè. Dopo alcuni secondi il viso di Kono s’illuminò.
 
“Pensate che?”
“Esatto, quei due devono aver scoperto qualcosa di grosso e, a vedere come sono finite le cose, molto pericoloso. I dati che Tia portava con sé ne sono la prova.”
“Quindi è partito tutto da una semplice segnalazione?”
“Si, come ben sai nelle banche vige la legge della “coerenza” come la chiamiamo in gergo noi, ovvero, il conto in banca di una persona deve essere in linea col suo stile di vita…”
“La storia del poveretto che guadagnava poco più di 5000 dollari l’anno ma poteva permettersi Ferrari e Champagne ha dato scalpore eh?”
 
Sbuffando un sorriso Kono chiamò in causa l’esempio più eclatante del motivo per cui la legge della “coerenza” era stata promulgata, Steve nuovamente annuì facendosi poi serio di colpo.
 
“Siamo riusciti a risalire ad alcuni intestatari dei conti, una decina in tutto, tutti prestanome.”
“A chi si collegano?”
“…”
“Steve?”
“…Wo-Fat…”
 
Il sangue le si gelò nelle vene.
Come aveva fatto a sopravvivere da sola se il nemico era Wo-Fat?
Il suo sguardo sembrava gridare quella domanda e Steve abbassando gli occhi comprese la preoccupazione della sua sottoposta.
 
“Non so come si mostrasse all’accademia ma quella ragazzina è molto di più di quel che vuol far vedere, dobbiamo capire chi sia in verità, cosa realmente sappia e come abbia fatto ad avvicinarsi così tanto a Wo-Fat…”
“Farò delle ricerche allora.”
“Bene, tienimi informato Kono.”
 
Annuendo la poliziotta si avviò.
 
“Ciao.”
“Ciao.”
 
 
….
 
 
“Wo-Fat? E chi diavolo sarebbe?”
“Come chi diavolo sarebbe? Il cattivo di turno nel quale ti sei imbattuta, il mostro nero un criminale di fama internazionale un…”
“…niel…”
“…un…”
“Danny…”
“Eh?”
“Falla finita.”
“Ok ma tu spiegami come diavolo avete fatto tu e Jake a ”
“Io non lo so va bene?”
“Non lo sai, ottimo! L’hai incontrato per caso al caffè di fronte al dipartimento mentre eravate in fila per comperare le stesse ciambelle e per ingannare l’attesa vi siete messi a parlare del tempo? No perché sennò non esiste proprio che quel dannato bastardo si faccia avvicinare da qualcuno con un distintivo, diamine!”
 
Sbuffando esasperata roteò gli occhi commettendo l’errore di rilassare le spalle che, di rimando distesero il collo ferito scaricandole una fitta di dolore alla cervicale.
 
Il sibilo che le uscì dai denti fece smettere per un istante lo sproloquio di Danny.
 
“Tutto bene?”
“…si, è solo che…ehh ehh, Jake parlava spesso di te e ti ha descritto così bene che credevo d’esser preparata a sorbirmi una delle tue arringhe da poliziotto esaurito ma a quanto pare…ohi, non è così…”
“Ti ricordo che le mie parole non sono da esaurito, sono preoccupato Tia,”
“Non mi conosci nemmeno.”
“Voglio aiutarti”
“Non sai come fare.”
“Dimmelo tu.”
“…voglio dormire…”
“Tia…”
“…”
 
Scivolò dentro al letto coprendosi bene persino la testa, un paio di volte gemette per qualche movimento troppo azzardato e si rifiutò ostinatamente di dargli ulteriore attenzione.
In pochi secondi si addormentò per davvero.
 
Sbuffando Danny si alzò in piedi dirigendosi alla finestra. Ma chi glielo faceva fare?
Fu in quell’istante che Steve rientrò dalla sua pausa caffè e notò che Kono non c’era, probabilmente l’aveva mandata a casa o a investigare su qualche altro aspetto, chissà cosa frullava dentro quella testa sotto sale.
 
“L’hai stesa a forza di scemenze?”
“Ah-hah, simpatico…semplicemente la signorina qui non vuol collaborare.”
“Ha paura Danny, è normale.”
“Un poliziotto non può aver paura, non quando è al sicuro diamine!”
“Danny!”
“Che c’è?”
“Troveremo chi le ha fatto del male, troveremo chi ha ucciso il tuo ex collega e soprattutto…”
“Troveremo Wo-Fat lo so…il fatto è che quando centra lui  inevitabilmente poi qualcuno a cui tengo fa una brutta fine.”
 
Danny non se ne accorse perché a furia di parlare si era allontanato dalla finestra e gesticolando era arrivato di fronte a Steve, dando le spalle al letto, ma non appena ebbe pronunciato quelle parole, dietro di lui il corpo della malconcia Tia ebbe un sussulto.
Era sveglia.
Fingeva.
Era brava.
Ma non abbastanza, perché...
Quando la paura ti si annidava nel cuore potevi essere chiunque e diventare nessuno in un baleno.
 
“Non succederà ancora.”
“Come fai a dirlo?”
“…io non ho paura Danny, non averne.”
 
Quelle poche parole riuscirono a zittirlo. Scostando lo sguardo il biondo abbassò mani e viso sospirando.
 
“Va a casa, rimango io, ci vediamo dopo.”
 
Senza nemmeno salutare, Danny uscì dalla stanza.
 
Sedendosi sulla sedia che era stata di Kono prima e di Danny poi Steve attese dieci minuti guardandosi intorno e comportandosi come se lei stesse veramente dormendo.
 
“Puoi smettere di fingere…lo so che sei sveglia.”
“…”
 
Il corpo disteso di lei gli dava le spalle, la coperta le copriva ancora la testa.
 
“Perché non ti fidi di noi?”
“Non vi conosco.”
“Danny lo conosci però…”
“…Danny ha una figlia. E se…”
 
Respirò forte e Steve notò cinque candide dita sbucare da oltre il bordo della coperta, pochi attimi ed i loro occhi si incrociarono.
Per lui fu come finire in una dimensione di vuoto e silenzio.
 
“Lo sapevo che…dovevo andarmene, dovevo far finta di niente per davvero dove-”
 
In quel momento Steve ebbe la certezza del fatto che Daniel fosse stato chiamato da lei, anche se per vie traverse, ad indagare sul caso di Jake che inevitabilmente aveva ricondotto il tutto a lei.
 
“Saresti morta se non fossi venuta da noi.”
“Non si muore due volte agente…?”
 
Quella battuta lo lasciò senza parole ma le rispose comunque, presentandosi ufficialmente.
 
“Steve…”
“Steve come?”
“Mcgarret.”
 
Gli occhi di lei non tradirono la minima emozione ma lui seppe che questa volta era stato lui a stupirla. 
  
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