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Autore: Kitsunemaru    12/06/2007    3 recensioni
Questa è la mia prima fanfic, non so ancora cosa diavolo verrà fuori come storia, so solo che è ambientata prima del sesto libro. dato che lo svolgimento sarà MOLTO al di fuori del canone, ho deciso di introdurre almeno un nuovo personaggio oltre a quelli classici (presenti, ma come comprimari). Un attaco ad Hogwarts da parte di uno studente Serpeverde. semplice pazzia isolata, o l'alba di un nuovo ordine?
Genere: Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Neville Paciock, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Jacob Fiddlemore si alzò dal suo letto nelle segrete. Era in ritardo, le stanze erano completamente vuote. Avrebbe rischiato di perdere non solo la colazione, ma anche buona parte della prima lezione.

Quella mattina non se ne curò per nulla.

Si infilò i primi abiti che trovò in giro, forzando la sua testa a passare attraverso il collo troppo stretto della camicia. Un bottone saltò via. Non era importante. Non quella mattina almeno.

Osservò per alcuni istanti la cravatta, indeciso se indossare ancora quel capo inutile. Fece alcuni passi in direzione della sala comune, poi ci ripensò e tornò indietro, afferrando con una mano la cravatta verde-argento e iniziando ad aggiustarsela con calma. Non c'era alcun motivo di calpestare l' etichetta pensò. Neanche quella mattina.

Ripercorse la stessa strada che aveva percorso per due anni, su per le umide scale di pietra fino all'Armatura Ululante (ricordava ancora lo spavento che prese il primo giorno passandole vicino, finì in infermeria ancora prima di essere entrato nel dormitorio. Il più veloce da 540 anni), poi a destra, altre scale ed infine la grande Sala. Aveva impiegato meno tempo di quanto pensasse, traboccava ancora di studenti impegnati nelle stupide chiacchere mattutine, a ingozzarsi di salsicce e zucco di zucca.

Nessuno lo notò. Tutto come al solito. Chi avrebbe mai dovuto notare un piccolo, anonimo Serpeverde entrare a piccoli passettini, guardandosi attorno in cerca di un amico che non avrebbe mai visto, per il semplice motivo che non esisteva?

Da due anni Jacob entrava nella sala sperando che qualcuno lo chiamasse, lo invitasse a sedersi vicino a lui e lo coinvolgesse nelle stupide chiacchere mattutine, gli passasse salsicce e corresse con lui a lezione. Da due anni sperava invano. All'inizio sopportava pure gli insulti sulla sua origine babbana, i vestiti ed i libri nascosti, gli scherzi, tutto pur di avere il minimo contatto umano, quel poco da consentirgli di andare a letto senza piangere in silenzio. Ma continuava a piangere, e ancora nessuno lo aveva invitato a sedersi. Passato il primo anno, al disprezzo si era sostituita l'indifferenza. Jacob ne era dispiaciuto, gli piaceva sentirsi al centro dell'attenzione per una volta, fosse anche solo per rimarcare come fosse sporco il suo sangue o per ricordargli che era vicino il giorno in cui la feccia come lui sarebbe stata spazzata via.

Tornare a casa non lo aveva neanche considerato. Quando ai suoi genitori era stata recapitata la lettera di ammissione ad Hogwarts, passato il periodo di incredulità, c'era stata solo gioia. Non avrebbero potuto comunque iscriverlo ad una buona scuola, non se lo potevano permettere: ora invece avrebbero avuto non un avvocato o un dottore, ma un MAGO in famiglia, senza neanche dover spendere una singola sterlina! Sua madre non aveva chiuso occhio per due giorni. Neanche Jacob. Era il sogno di ogni bambino avere poteri magici, e lui li aveva, sul serio! Già immaginava gli anni a venire come i più belli della sua vita. Si immaginava la sua intera vita come la più bella mai vissuta. No, non poteva. Un' altra delusione...non la meritavano...

Si ritrovò a passare i suoi giorni in biblioteca, lasciando che il suo animo che stava perdendo anche gli ultimi vaghi ricordi di luminosa felicità lo guidasse verso i libri dai nomi più evocativi ed oscuri, sperando di trovare una cura, un incantesimo, qualcosa che lo innalzasse.

Alla fine lo trovò, nascosto in un libro della Sezione Proibita. Un incantesimo...sembrava fosse stato scritto apposta per lui. Chissà quante volte doveva aver posato lo sguardo su quella costa con le estremità in bronzo oramai ossidato senza averla mai notata. Eppure ora lo aveva tra le mani, raccolto da terra dopo averlo fatto cadere nel rimettere a posto un libro appena finito. Un libro massiccio, rilegato in quella che sembrava pelle di drago, con vistose borchie bronzee e un simbolo, sempre in bronzo, Uno strano simbolo, molto semplice in realtà, quasi di fattura grezza, ma che sembrava cambiare sotto gli occhi dell'osservatore, come se il metallo fosse fuso e in balia di un incomprensibile flusso. Vincendo il senso di inquietudine iniziale, lo aveva aperto.

E lo aveva trovato.


Camminava a piccoli passi, ma qualcosa era diverso.

Estrasse la bacchetta puntandola verso il tavolo dei compagni Serpeverde. Ora l'avrebbero ammirato. Ne era sicuro.

“Verbero!”

Urla. Molti non capirono nulla di quello che era successo, a parte il dolore che riempì il loro cervello di bianco.

“Verbero!”

Altre urla. Alcune vesti aperte come da un colpo di frusta mostrarono la pelle sottostante, sanguinante per le ferite apertesi quasi con grazia, perfette nel loro lacerare. Uno studente del settimo anno si ritrovò scaraventato ad alcuni metri di distanza, in mezzo ad un gruppetto di terrorizzati Tassorosso.

“Verbero!”

Il tavolo si fracasso. Le vivande saltarono in aria.

Jacob notò come ora gli sguardi di tutti fossero puntati su di lui. Senza disprezzo. Senza indifferenza. Questa volta era terrore. No, non terrore, questo è rispetto, si corresse. Avrebbe voluto gridare per la gioia. Si limitò ad osservare il delicato cromatismo creato dalle gocce arancioni di succo mischiatesi con il sangue schizzato dal viso di una Serpeverde del suo anno appena colpita.

Un raggio di luce scarlatta partì dal tavolo degli insegnanti, colpendolo in pieno torace. Mentre cadeva al'indietro Jacob sentì il suo respiro rallentare. Non riusciva a mettere a fuoco bene ciò che gli stava attorno. Chiuse le palpebre. Poi provò un improvviso, sconosciuto calore, una pace infinita. e sorrise.

Per la prima volta si addormentava senza piangere, pensò.


“Madame Chips!” urlò Silente. Accanto a lui, la McGranitt, immobile, la bacchetta ancora sollevata.

Ignorando gli altri studenti ancora riversi a terra l'infermiera corse verso Jacob Fiddlemore. Pochi secondi china su di lui, si rialzò e a voce bassa disse a Silente, sopraggiunto: “E' morto. Lo Stupeficium ha fermato il cuore, non posso fare nulla...”

L'anziano preside uscì con passo lento dalla grande sala mentre professori e studenti aiutavano a portare i feriti in infermeria.

Arrivato nel suo studio, non riusciì a fare altro che piangere.

  
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