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Autore: Jadis96    24/11/2012    4 recensioni
La mattina del 20 novembre, in un modesto appartamento di Londra, un uomo muore. Unico sospettato dell'omicidio: il suo migliore amico.
Sherlock e John si occupano del caso.
La mattina del 21 novembre, un misterioso scambio di corpi sconvolge le loro vite.
Come se la caveranno l'unico Consulente Investigativo al mondo e il suo inseparabile blogger l'uno nei panni dell'altro?
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi il penultimo capitolo… purtroppo siamo quasi alla fine.
Non ho ancora deciso il finale della storia in tutti i particolari, quindi se avete richieste, teorie, critiche, consigli ecc… fatevi sentire xD
Buona lettura.
 
<< Che ne dici di “Lo straordinario caso della Casa Maledetta”? >>.
Era trascorsa una settimana dall’incendio.
Avevo una scomoda fasciatura alla gamba e, con grande rammarico, avevo ricominciato ad usare il bastone. I medici mi avevano assicurato che presto avrei smesso di zoppicare. Mi riusciva difficile crederlo, nonostante fossi un medico io stesso.
<< Sembra il titolo di un film dell’orrore >>, la voce di Sherlock mi giunse dalla cucina. Parlava come se mi stesse facendo un immenso favore solo degnandomi della sua attenzione.
<< Pensavo di farlo diventare il titolo del racconto del nostro caso >>.
<< Non scriverai un racconto sul nostro caso >>.
<< In realtà… l’ho già fatto >>.
Sherlock mi raggiunse in salotto. << Hai intenzione di raccontare sul tuo blog che abbiamo vissuto l’uno nel corpo dell’altro per dieci giorni? >>.
<< No, detto così potrebbe essere frainteso. Pensavo di presentarlo come un racconto di fantasia >>.
Di fronte allo sguardo scettico di Sherlock mi affrettai ad aggiungere, << Ovviamente non ho fatto né i nostri nomi, né quelli di Samuel e Thomas >>.
<< D’accordo. Chiamalo come vuoi >>.
C’era qualcosa nel tono di Sherlock che andava oltre il solito distacco. Delusione, forse?
Lo guardai negli occhi. Indecifrabili, come sempre.
Non ricambiò il mio sguardo.
<< Qual è il problema? >>. Tentai di farla suonare come una domanda disinteressata, buttata lì a caso.
Trascorsero dei minuti, e iniziai a pensare che Sherlock non mi avrebbe risposto.
Poi mormorò qualcosa tra sé a proposito dei casi non risolti.
<< Il caso è risolto >>, dissi. Avevo perso il conto delle volte che avevamo avuto quella discussione negli ultimi giorni.
<< Non è risolto, dal momento che non sono riuscito a dare una spiegazione logica a quello che è successo >>.
<< Cerca di rassegnarti, Sherlock. Ci sono cose che vanno al di là della nostra comprensione, persino della tua. Non sapremo mai qual era la vera natura del potere della Casa Maledetta >>.
<< Ma se avessi impedito a Samuel di darle fuoco… >>.
<< Bruciare quella casa è stata la cosa migliore che Samuel abbia fatto >>, ribattei in tutta sincerità.
<< Hai ragione >>, si arrese infine Sherlock. Nessuno dovrebbe avere un potere così grande, pensai.
 
Tornai a concentrarmi sullo schermo del mio portatile e sul racconto che avevo quasi finito di scrivere, ma dopo appena qualche minuto venni interrotto di nuovo. Questa volta era il mio cellulare. Lo guardai per i primi due squilli, come a volergli intimare di smettere di suonare, poi mi rassegnai e feci per alzarmi dal divano. Ma Sherlock mi fermò con un gesto, prese il cellulare dal tavolo e me lo passò.
Mormorai un debole “grazie”.
<< Pronto? >>.
Era Lestrade. Avevano trovato il corpo di un certo Alan Wilson, ventiquattro anni, in una casa abbandonata.
<< Perché avete chiamato me e non Sherlock? >>, chiesi, genuinamente perplesso.
Perché Alan Wilson era il proprietario della casa che una volta era appartenuta a Samuel Welch. La casa che era stata distrutta dalle fiamme. La Casa Maledetta.
Ufficialmente era stato Alan a spararmi. Poi aveva dato fuoco alla casa ed era scappato con una grave ferita alla spalla. 
Ovviamente, solo io e Sherlock sapevamo che in realtà era stato Samuel a prendere il controllo del suo corpo. Alan non era stato altro che un’altra vittima innocente.
La polizia aveva bisogno di me per identificarlo come l’uomo che aveva tentato di uccidermi.
 
<< Ebbene? >>, chiese Sherlock non appena terminai la telefonata.
<< Hanno trovato Alan Wilson, il ragazzo il cui corpo era controllato da Samuel. Quello a cui tu hai sparato mentre eri me >>.
<< Era intenzionato ad uccidermi, cioè ad ucciderti, quindi può considerarsi autodifesa >>.
<< Adesso è morto e vogliono che io lo identifichi >>.
<< Ma tu non l’hai mai visto >>.
<< Ufficialmente sono l’ultima persona che l’ha visto prima che scappasse. Immagino che non sia il caso di spiegare alla polizia che in quel momento io ero te >>.
<< Vorrà dire che dovrò accompagnarti >>, concluse Sherlock.
Non dissi nulla, perché sapevo che mi avrebbe accompagnato in ogni caso. In quegli ultimi giorni era stato taciturno e nervoso, e sapevo che era per via degli eventi inspiegabili a cui aveva assistito, nonostante non ne parlasse mai. Era bastata quella telefonata a provocare quello scintillio nei suoi occhi che avevo imparato ad associare agli inseguimenti per le strade, all’adrenalina e alle notti in bianco.
Mi alzai appoggiandomi al bastone, mentre Sherlock aveva già preso il cappotto e mi aspettava sulla soglia della porta.
Avevo uno strano presentimento, come se non fosse ancora tutto finito.
 

 

   
 
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