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Autore: Gageta    24/11/2012    1 recensioni
Anno 1960.
Nella poco conosciuta cittadina di Snape, Inghilterra, nasce Sophie Stones.
All’apparenza una strega come tante altre, Sophie cresce insieme alla madre, aspettando il momento in cui potrà finalmente riunirsi a suo padre e fare ciò per cui è stata preparata fin da bambina: conquistare il mondo magico.
Tra magia, amicizie, amore e battaglie Sophie continuerà ad andare avanti per la via più buia finché qualcuno non la cambierà per sempre, riuscendo a smascherare il suo oscuro segreto.
«Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts» annunciò Voldemort. «Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?»
«Non credo che siano tutti d’ accordo con voi su questo punto». […]
Sophie avanzava verso di lui, la folla che si faceva da parte per lasciarla passare. Aveva gli occhi arrossati come di chi aveva appena pianto molto e il viso stanco di chi non dormiva da giorni. Ma era tranquilla e determinata. Alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò, fiera.
«Forse, prima di prendere decisioni affrettate, dovreste considerare alcune cose. Non credete… padre?»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Figlia della Notte

Capitolo VIII

Il provino

C

on l’avvicinarsi dell’autunno i giorni si erano fatti più freddi e grigi.

Le giornate nel castello si svolgevano lente e noiose, una dietro l’altra. Sembrava solo pochi giorni prima che la scuola era iniziata, e, invece, era già ottobre.

Nonostante le giornate si susseguissero incessantemente, tutte uguali tra loro, tra gli studenti di ogni anno si poteva facilmente intravvedere una certa agitazione.

Non c’era nessuno nella scuola che non sapesse a cosa era dovuta questa agitazione: ottobre, era il mese delle selezioni per ricavarsi un posto nella squadra di Quidditch della propria Casa, nonché mese della prima competizione dello sport che appassionava tanto il mondo dei maghi.

I ragazzi di tutte le classi dal secondo anno in su erano in fermento, non erano pochi coloro che volevano far parte della squadra della propria Casa. I favoriti erano principalmente gli studenti più grandi, ragazzi corpulenti e forti, di certo più adatti per un ruolo da Cacciatore o Battitore. I più visti per il ruolo di Cercatore erano, invece, gli studenti più piccoli, anche se molti altri ragazzi degli anni superiori ambivano a quel posto, dato che era visto da molti come il ruolo migliore della squadra Quidditch.

Quando si parlava di Quidditch, Rose si sentiva sempre presa in causa e si intrufolava nei discorsi, anche di studenti con cui non aveva mai parlato.

Quell’anno anche lei era abbastanza in fermento. Finalmente era al secondo anno, e finalmente poteva realizzare il suo sogno: entrare a far parte della squadra di Serpeverde.

Come certo si può prevedere, Rose non faceva altro che parlare di Quidditch, e per questo in quel periodo non tiravano buone acque tra lei e Sophie. A quest’ultima importava molto poco dello sport e cercava di concentrarsi di più sullo studio. Cosa pressoché impossibile con un’amica come Rose. L’unica cosa positiva che Sophie riusciva a vedere in tutto quello, era che, in quel periodo, la biblioteca era quasi del tutto vuota, ed era molto più facile appropriarsi dei libri scolastici. La maggior parte dei ragazzi, infatti, cercava di svolgere i propri compiti il più velocemente possibile durante le ore buche o subito dopo pranzo, così da poter uscire e ad avere tutto il pomeriggio libero per allenarsi nel volo con la scopa o per rintracciare i capitani delle varie Case, cercando di estrapolare loro qualche informazione su come si sarebbero svolte le selezioni per entrare in squadra.

Rose non facevano altro che stressare tutti quelli che le stavano intorno ed era un sollievo quando la ragazza si addormentava finalmente la sera.

Non era solo la ragazza Serpeverde a essere agitata. Anche Adam Mulciber era deciso a guadagnarsi un posto in squadra e passava la maggior parte del suo tempo a parlare con il suo migliore amico, Avery, di Quidditch. Per questo, Sophie non era l’unica a essere stressata dal Quidditch.

Severus passava le sue giornate a sentirsi raccontare la storia del tanto famoso sport. Tra regole, falli, Bolidi, Boccini e porte, stavano veramente rischiando anche lui un esaurimento nervoso.

Per fortuna, a fargli compagnia c’era Sophie, con la quale si trovava molte volte in biblioteca a studiare, mentre i loro amici si godevano le ultime giornate di sole della stagione. Perfino Lily era diventata un po’ stressante in quei giorni. Severus odiava ammetterlo ma certe volte cercavano sempre un modo per allontanarsi dalla fedele amica. La ragazza, infatti, essendo una Nata Babbana, non faceva altro che chiedergli informazioni sul Quidditch, che a quanto pareva, sembrava affascinarla ogni giorno di più. Severus, purtroppo, di esso sapeva ben poco, e tutto ciò che poteva dirle, era qualche monosillabo con risposta alle sue domande.

In compagnia di Severus, Sophie poteva finalmente rilassarsi e pensare alle cose che la interessavano di più. Quando non c’era di mezzo la rossa, Sophie si dilungava in argomenti di ogni tipo, passando dai più importanti argomenti scolastici ai più futili, come, per esempio, gli scacchi magici.

Ogni tanto, in Sala Comune, Sophie e Severus si sfidavano in lunghe e (agli occhi di tutti) noiose partite. Entrambi erano ottimi giocatori ed entrambi erano troppo orgogliosi per voler perdere anche solo una partita. Le loro sfide diventavano così accanite guerre di stratagemmi e lunghi silenzi pensierosi, sotto le occhiate perplesse degli altri amici Serpeverde, che libri e regolamenti alle mani, elaboravano ipotesi su come passare il provino.

«Non esiste un qualche tipo d’incantesimo che riesce a renderti più forte e veloce per una giornata?» chiese Mulciber un giorno.

«Se vuoi c’è la Felix Felicis, ma dubito che tu riesca a prepararla…» gli rispose Severus pensieroso, mentre un cavallo di Sophie gli mangiava un pedone.

La ragazza sorrise all’amico e all’espressione allibita di Mulciber, che non aveva neanche la più pallida idea di cosa potesse essere una Felix Felicis. «Adam forse no… ma tu, se ti ci metti d’impegno, potresti riuscirci, mi sa!» ridacchiò Sophie.

Severus arrossì, e in quell’attimo di distrazione fece una mossa sbagliata, lasciando il via libera a Sophie per vincere la partita. «Scacco matto!» urlò infatti la ragazza, esibendosi in un piccolo balletto di gioia.

Severus sbuffò e incrociò le braccia al petto. Erano rare le volte in cui Sophie riusciva a batterlo. Nonostante il suo orgoglio fosse stato intaccato, però, non riuscì a non sorridere all’espressione felice di Sophie.

«Allora domani è il grande giorno!» s’intromise Rose, arrivata in quel momento da chi sa dove, con il mantello bagnato fradicio di pioggia.

Mulciber la squadrò da capo a piedi e scosse la testa con aria di superiorità. «Preparati a venir delusa, Rose».

La ragazza gli fece la linguaccia. «Lo vedremo, Adam…».

Sophie era talmente contenta per l’inaspettata vittoria che si espresse in un sorriso allegro per Rose e alzandosi disse «Verremo tutti a fare il tifo per voi, domani».

Rose spalancò gli occhi stupita e dopo aver scoccato un’occhiata d’intesa con Mulciber, si affrettò ad augurare la buona notte a tutti quanti e a seguire l’amica su per la scala del dormitorio.

«Che ti succede? Da quando in qua ti interessi al Quidditch? O meglio, ti interessi a me?» chiese, una volta seduta sul letto, lavata e profumata in attesa di mettersi sotto le coperte.

Sophie fece spallucce. «Così, tanto per… non può farmi che bene distrarmi un po’ dallo studio».

Rose si strinse nelle spalle e si mise sotto le coperte, sperando di riuscire ad addormentarsi, nonostante l’agitazione che la avvolgeva.

 

***

«Avanti, muoversi!» gridò il ragazzo.

«Una scopa a testa e seguitemi…»

L’allegra combriccola di ragazzi seguì il ragazzo fuori dallo spogliatoio, all’aria aperta sul campo di Quidditch.

Rose, insieme a Mulciber e un altro paio di ragazzi del loro anno, chiacchieravano animatamente tra loro.

«Visto? Non c’è nessuna ragazza nella squadra!» stava dicendo Mulciber, mentre l’aria fredda della mattinata li colpiva improvvisamente sul viso, strappandoli dalla tiepida aria dello spogliatoio.

Rose sbuffò. «Non hai notato che solo Serpeverde non ha giocatrici femmine? Siete proprio dei maschilisti…»

Mulciber rise di gusto e si fermò davanti a quello che sperava, sarebbe stato il suo futuro capitano.

«Buongiorno a tutti, ragazzi. Sono Rupert Williams, il capitano della squadra di Serpeverde». Il suo sguardo passò in rassegna gli aspiranti nuovi giocatori, soffermandosi su Rose, l’unica ragazza del gruppo. Alzò un sopracciglio. «E tu? Che ci fai qui?» chiese.

Rose alzò il mento e lo fronteggiò, caparbia. «Sono qui per fare il provino, ovviamente!»

Il gruppetto rise sommessamente e anche il capitano sorrise ironico. «Non siamo qui a discutere di smalti, vestiti e pettinature ragazzina…».

Rose incrociò le braccia al petto, per niente decisa a mollare, mentre i ragazzi intorno a lei continuavano a ridere. «Non mi pare che sul regolamento ci sia scritto “vietato il gioco alle ragazze”».

«La squadra di Serpeverde non ha mai avuto giocatrici femmine» ribatté cocciutamente il capitano.

«E allora vorrà dire che io sarò la prima!» esclamò Rose stizzita.

Il ragazzo scosse la testa e a un suo cenno i ragazzi si zittirono. «Va bene… vedremo. Dividetevi per ruolo: chi vuole fare il Cacciatore da una parte, Battitori da un'altra e così via…».

Con gran sorpresa di tutti, Rose si unì al gruppo dei Cacciatori. I ragazzi più grandi già in fila per quel posto la osservarono accigliati. Rose li guardò e sorrise loro con aria di sfida. Erano tutti molto più alti di lei e molto più muscolosi.

Mulciber si unì al gruppo dei Battitori e si allontanò con loro verso un altro punto del campo, dopo aver salutato l’amica con un sorriso che esprimeva tutta la sua disapprovazione.

«Cominciamo! Salite sulle scope e proviamo» esclamò Rupert. A un suo cenno il primo ragazzo del gruppo dei battitori si alzò in volo sulla propria scopa, con la mazza in mano, e si portò a una discreta altezza. Rupert aprì la valigia contenente le palle da Quidditch, e con la massima cautela slegò dal laccio la palla color nero pece. «Pronto?» chiese.

Il ragazzo annuì e il capitano libero definitivamente la palla, spostandosi poi subito di lato per evitare di prendersela in faccia.

La palla schizzò fuori e dopo quello che sembrò un attimo d’indecisione, partì a razzo verso il gruppo dei Cercatori, che si sparpagliò spaventato. Il ragazzo volò veloce verso la palla e riuscì ad intercettarla con un forte colpo, prima che essa potesse colpire qualcuno. Il Bolide partì dalla parte opposta e a un cenno del capitano un altro ragazzo si alzò in volo, correndo dietro alla palla e ricacciandola indietro con un altro colpo.

Quando arrivò il turno di Mulciber, dagli spalti si levò un urlo d’incitamento. Stupita, Rose alzò lo sguardo verso di esso e vide Avery che agitava forsennatamente le braccia, urlando a squarciagola il nome dell’amico.

Mulciber sorrise e si alzò in volo. Il bolide venne spedito dritto verso di lui da un ragazzo del quinto anno. Era un colpo potente e tutti credevano che l’avrebbe colpito, ma all’ultimo momento Mulciber caricò e sferrò un potente colpo con la mazza, mandando il Bolide quasi in faccia a un altro ragazzo.

Con la coda dell’occhio Rose, vide il capitano sorridere compiaciuto.

Andarono avanti così per un bel pezzo, mentre gli aspiranti Battitori colpivano ripetutamente la palla, cercando di fare del proprio meglio. Alla fine i ragazzi scesero dalle proprie scope e andarono a cambiarsi, aspettando il giudizio del capitano che sarebbe arrivato solo alla fine.

Venne il momento dei Portieri. I ragazzi si distribuirono davanti ai vari anelli, e a turno, cercarono di parare alcune Pluffe, lanciate dai vecchi Cacciatori della squadra.

A mano a mano che i vari ruoli venivano assegnati, il cielo si scuriva. Quando arrivò il turno dei Cacciatori, Rose si stiracchiò, mezza intorpidita, e salì a cavalcioni della scopa. Insieme agli altri ragazzi si alzò in volo e fece un girò del campo per riscaldarsi. Rose sfrecciò per il campo, mentre sentiva l’adrenalina scorrerle per il corpo. Finalmente era arrivato il suo momento.

Si fermò di colpo davanti al capitano, mentre questi si alzava anche lui in volo, tenendo stretta nella mano una Pluffa vermiglia.

Al suono del suo fischietto passò la palla a un ragazzo lì di fianco, che dopo averla afferrata, se la mise sotto braccio e partì spedito verso l’anello centrale. In men che non si dica tutti gli altri ragazzi gli furono addosso, cercando di carpirgli la palla da sotto il braccio, o di bloccare la sua corsa veloce. Rose rimase un attimo spaesata, poi corse anche lei incontrò agli altri, tentando inutilmente di farsi passare la palla. I ragazzi, invece, non la degnarono neanche di uno sguardo e con abili mosse riuscirono a fare goal nell’anello sinistro. Il ragazzo che aveva segnato volò in circolo alzando le mani al cielo e ululando felice.

Il gioco riprese. Rose tentò più volte di appropriarsi della Pluffa, ma gli altri ragazzi erano troppo forti e la spingevano sempre via.

Quando ormai si stava giungendo alla fine e il capitano sembrava che stesse per fermare il gioco, Rose si guardò intorno sconsolata.

Alcuni ragazzi, seduti a guardare le selezioni sugli spalti, la indicavano ridacchiando.

Rose strinse i denti, arrabbiata, mentre sentiva il suo sogno di Cacciatrice scivolarle via dalle mani. Il suo sguardo si posò su Sophie, che seduta di fianco a dei festanti Mulciber e Avery, la guardava fisso. Quando incrociò il suo sguardo, Sophie sorrise all’amica e Rose colse in quel sorriso un tentativo d’incoraggiamento. Rose ripensò alle parole che l’amica le aveva detto il giorno prima e strinse i pugni. Se doveva perdere, l’avrebbe fatto combattendo.

Con nuovo vigore tornò ad osservare il gioco. Un ragazzo aveva appena segnato e il portiere si stava affannando per recuperare la Pluffa.

Con un’improvvisa idea in testa si avvicinò lentamente al gruppo di ragazzi che aspettava di ricevere la palla e osservò attentamente i movimenti del portiere, tenendosi ben salda sul suo manico di scopa.

Il ragazzo afferrò la Pluffa e risalì verso l’anello, fermandosi davanti ad esso. Dopo aver dato una veloce occhiata alzò il braccio e con un gesto veloce lanciò la Pluffa verso i ragazzi che aspettavano impazientemente.

A Rose sembrò di vedere tutto al rallentatore. Con un calcolo veloce riuscì a capire dove sarebbe andata a finire la palla e con uno scatto in avanti si lanciò verso di essa. Era piccola e riuscì a schizzare tra gli altri ragazzi più velocemente di loro. Con un balzo riuscì ad afferrare la Pluffa e un attimo dopo stava già sfrecciando verso gli anelli. Gli altri ragazzi le furono subito attorno.

Il gioco di squadra prevedeva che la palla dovesse essere passata tra i vari giocatori, perché essa potesse riuscire a superare la difesa nemica e andare in porta. Purtroppo per lei, però, Rose sapeva che se l’avesse passata a qualche compagno, egli se ne sarebbe appropriato e lei non avrebbe avuto altre possibilità per cercare di entrare nella squadra. Così si disse che, meglio di niente, ci avrebbe provato.

Zigzagando tra i ragazzi, Rose volò verso gli anelli. Era veloce e riusciva a sfuggire dalle possenti mani dei ragazzi più grandi che, goffamente, cercavano di fermarla. Teneva ben salda la Pluffa sotto il braccio, mentre il vento le fischiava forte nelle orecchie. Con una rovesciata riuscì ad evitare un ragazzo che le stava davanti e con un abile cambio di direzione ne evitò un altro. Ormai era quasi arrivata e si preparò a segnare. All’ultimo momento, però, un ragazzo sbucò da sotto e le si parò davanti, bloccandola. Rose tentò di sorpassarlo ma inutilmente. Qualcun altro la chiamò, più avanti. Era un ragazzo biondo, del quarto anno, che agitava velocemente le braccia, cercando di attirare la sua attenzione. Rose respirò profondamente e si arrese. Anche se lo avesse voluto, non sarebbe mai riuscita ad eludere il ragazzo che le stava di fronte. Così alzò il braccio con la Pluffa e con una bella finta riuscì a passare la palla al ragazzo biondo che afferrata la Pluffa, tirò e segnò.

Il fischio del capitano risuonò acuto per il campo, segnando la chiusura del provino per i Cacciatori.

Rose atterrò goffamente sull’erba, lo sguardo basso per la delusione. Non era riuscita a procurarsi un posto in squadra.

Si avviò triste verso lo spogliatoio femminile e si liberò della divisa di seconda mano, datale in prestito per l’allenamento. Ci impiegò un sacco a cambiarsi e quando uscì di nuovo nel campo, si accorse che i provini erano finiti. Tutti i ragazzi si stavano radunando intorno al capitano, che teneva in mano una tavoletta per gli appunti, sul quale, immaginò Rose, stavano scritti i nomi dei nuovi componenti della squadra.

Sophie raggiunse l’amica e, con grande sorpresa di quest’ultima, le strinse la mano e si complimentò «Sei stata bravissima! Dovevi vedere la faccia degli altri ragazzi quando sei riuscita a prendere la Pluffa!»

Rose spalancò gli occhi stupita e la guardò insicura, cercando di capire se l’amica la stesse prendendo in giro. Ma non fece in tempo a replicare che il capitano chiamò tutti all’attenzione e cominciò a parlare. «Siete stati tutti bravi, ma purtroppo per voi i posti in squadra sono limitati e soltanto i migliori possono averne uno» fece una pausa, poi ricominciò. «Prima di tutto voglio dire che i giocatori della squadra dell’anno scorso sono tutti confermati anche quest’anno».

Tra i vecchi componenti si alzò un applauso e i ragazzi si scambiarono pacche gioviali sulle schiene.

Rose, invece, abbassò lo sguardo. Se i membri della vecchia squadra erano tutti confermati, voleva dire che i posti disponibili per il ruolo di Cacciatore si riducevano a uno solo.

«E ora passiamo ai nuovi componenti». Rupert abbassò lo sguardo sulla tavoletta e dopo aver tossicchiato per attirare l’attenzione cominciò. «La squadra di Quidditch di Serpeverde dell'attuale anno scolastico sarà composta da: Dean Bellow nel ruolo di Portiere; Hadrian Macready e Adam Mulciber nel ruolo di Battitori…»

Mulciber sorrise e si scambiò una pacca sulla spalla con l’amico Avery. Poi si voltò verso Rose e le fece l’occhiolino. Rose distolse lo sguardo, infastidita, e tornò ad ascoltare il capitano.
«…Kenneth Raine nel ruolo di Cercatore, e Bruce Jarrel, Rupert Williams…»

Rose chiuse gli occhi.

«…e Rose Dounby nel ruolo di Cacciatori».

Il cuore di Rose perse un colpo. Sentì le urla di protesta levarsi tra i ragazzi che avevano perso il posto mentre la voce del capitano cercava di calmarli, inutilmente.

«La ragazza ha fegato da vendere. È agile e veloce e riesce ad evitare gli avversari con abilità. Sfido chiunque a dire che non si è meritata questo posto nella squadra!» urlò a gran voce Rupert, sovrastando le chiacchiere degli altri ragazzi.

Si fece improvviso silenzio, mentre i ragazzi lanciavano a Rose occhiate feroci e alcuni se ne andavano imprecando.

Sophie le saltò addosso da dietro e la abbracciò, contenta. «Allora? Sei felice?» le chiese e Rose non poté non notare il suo sguardo allegro. Possibile che fosse veramente contenta per lei?

Rose aprì la bocca per replicare ma da essa non le uscì alcun suono per l’emozione.

Mulciber gli stampò una manata sulla schiena, talmente forte che per poco non la fece cadere. «Te lo sei meritato, Rose» annuì convinto. «Qua la mano, nuova compagna di squadra…» e le porse la mano che Rose strinse con vigore, mentre un sorriso le si apriva sulle labbra.

Il capitano si avvicinò ai ragazzi e si complimentò con Mulciber per la sua potenza, poi si rivolse a Rose. «Complimenti, Rose. Mi hai stupito, davvero. In effetti, non avevo pensato ai vantaggi che ci può portare una Cacciatrice abile e veloce. Magari non riuscirai a segnare, ma puoi facilmente arrivare vicino agli anelli e passare la Pluffa a qualcun altro. Sono sicuro che riusciremo a vincere anche quest’anno. Veramente un bel lavoro, ragazza» e le diede una pacca sulla schiena, sorridendole.

Rose sorrise a sua volta al ragazzo e poi, insieme ai suoi amici si avviò verso il castello.

«Ho vinto la scommessa, Adam. Visto?» rise Rose, mentre varcavano l’ingresso della Sala Grande.

Mulciber annuì e le sorrise. «Te lo sei meritato» ripeté. «Però anch’io sono entrato in squadra. Ho vinto anch’io la scommessa!»

Rose scosse la testa ridacchiando e si sedette sulla panca.

Si stava servendo una coscia di pollo quando un urlo di trionfo si alzò da qualche parte dietro di lei.

I ragazzi Serpeverde si girarono sorpresi verso il tavolo di Grifondoro, dove un gruppo di ragazzi aveva appena fatto il suo ingresso.

Rose allungò il collo, cercando di intravvedere cosa stesse succedendo. Poi, nella folla, intravide Sirius Black e James Potter, e quest’ultimo teneva saldamente in mano una pallina dorata delle dimensioni di una noce, dotata di minuscole ali. James Potter, teneva in mano un vecchio Boccino D’oro.

 

Angolo autrice:

Eccomi tornata con l’ottavo capitolo (nono, contando anche il prologo).

La nostra Rose è riuscita a tirare fuori la sua grinta e a conquistarsi finalmente il suo ben meritato posto in squadra. Dove riuscirà ad arrivare? Intanto, credo proprio che ne vedremo delle belle nel prossimo capitolo, che, vi anticipo, credo proprio parlerà della prima partita. Il secondo anno scolastico delle nostre amiche è principalmente dedicato al Quidditch, come avrete intuito. Credo che il prossimo sarà l’ultimo del secondo anno, sempre che io non riesca a dilungarlo troppo, tanto da doverlo dividere in due parti… bè, vedrò durante la stesura.

Ringrazio i seguiti/preferiti/ricordati e la mia fedele recensitrice :) (e colgo l’occasione anche per ringraziarti di cuore per avermi messa tra i tuoi autori preferiti: quando lo visto mi sono quasi commossa XD).

Grazie mille a tutti e… buona settimana!

Gageta98

   
 
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